Massimo Cogliandro

 

Storia dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola elementare pubblica italiana

 

 

 

Introduzione

 

L'insegnamento della religione nella scuola italiana si è sviluppato o ha subito dei momenti di arresto a seconda dell'evoluzione dei rapporti tra la borghesia di Stato nazionale italiana e la burocrazia clericale.
Un ruolo centrale nell'economia di questo discorso lo ha avuto la vicenda della conquista di Roma nel 1870 e il conseguente raffreddamento dei rapporti tra il nuovo Stato nazionale italiano e la Chiesa cattolica.
Se i programmi del 1860 della legge Casati non risentivano ancora di un clima di rottura tra la nascente borghesia di Stato nazionale italiana e il potere temporale dei Papi e davano una importanza particolare all'insegnamento della religione cattolica, inteso ancora come uno strumento privilegiato di dominio politico e ideologico della borghesia di Stato sulle classi sociali subalterne, al punto che veniva posto a fondamento dell'insegnamento morale e civico, la situazione era destinata a cambiare radicalmente con l'evolvere della situazione politica…

 

1.

L'insegnamento della religione nei programmi Casati

 

L'insegnamento della religione nei programmi Casati non era più finalizzato all'ossequio verso un mondo fondato sul condizionamento esercitato sulla menta umana da un Dio lontano, che trascendeva completamente l'uomo, e sul potere tutto terreno di una casta sacerdotale - la burocrazia clericale -, che deteneva le leve del potere non solo religioso, ma anche economico e politico, ma diventava uno strumento di dominio per la nuova classe sociale dominante - la borghesia di Stato -, che, nella prima metà dell' '800, aveva scalzato soprattutto negli Stati regionali del Nord Italia le classi sociali dominanti tradizionali della società feudale, cioè l'aristocrazia e la burocrazia clericale.
La religione, come spiegano bene le Istruzioni relative ai Programmi del 15/9/1860, aveva il compito di inculcare nei fanciulli l'idea dell'importanza dell' "obbedienza […] verso le Podestà costituite, non già per timore de' castighi, ma per ossequio a quei principi di pubblico interesse, che esse rappresentano e tutelano" in maniera non dissimile dall'obbedienza filiale che si deve dimostrare verso il Dio Padre del cattolicesimo.
E' da notare, quindi, che già nei Programmi Casati, vi era un uso tutto laico dell'insegnamento religioso, che veniva ridotto a mero strumento di potere e di condizionamento delle coscienze da parte della borghesia di Stato.
E' importante rilevare che anche dopo la parentesi dei programmi Gabelli, Baccelli e Orlando-Orestano, che per ragioni politiche e filosofiche legate alla scelta più o meno strategica della borghesia di Stato di lasciare un certo spazio allo sviluppo nell'economia del modo di produzione capitalistico e della piccola e media borghesia urbana e, nel campo delle idee, all'ideologia laicista di cui questa classe sociale era portatrice, la borghesia di Stato farà sempre un simile uso meramente strumentale dell'insegnamento della religione nella scuola.

 

2.

L'insegnamento della religione nei programmi Coppino

 

Nei Programmi Coppino del 1867, pur non cambiando la matrice ideologica di fondo dell'insegnamento religioso, ci si è posti il problema di una sua semplificazione e di non caricare troppo le menti dei fanciulli di problematiche, che, per quanto importanti, diventavano in quel contesto storico secondarie.
Al potere della borghesia di Stato e della monarchia sabauda in quanto classe sociale dominante su base nazionale avrebbe potuto rendere un servigio ben maggiore l'unificazione culturale e linguistica del nostro paese.
Le spinte centrifughe verso la disgregazione del nuovo Stato nazionale italiano erano ancora molto forti per la permanenza tra le varie regioni di economie radicalmente diverse con sistemi di rapporti sociali di produzione estremamente differenziati, che, in un contesto di permanenza di lingue e culture locali radicalmente diverse, mettevano in forse l'esistenza stessa di una borghesia di Stato nazionale.
L'insegnamento religioso passava, quindi, in secondo piano rispetto all'insegnamento di materie come la lingua italiana e l'aritmetica (in quegli anni era stato generalizzato in Italia l'uso del sistema metrico decimale).

 

3.

Il graduale superamento dell'insegnamento della religione cattolica nei programmi del positivismo

 

Il "liberale" Gabelli, segretario di una apposita Commissione presieduta da Pasquale Villari incaricata dal Ministro Boselli di redigere i nuovi programmi per la scuola elementare ed estensore della Premessa e della Relazione di accompagnamento al Ministro, ha avuto una influenza decisiva nella adozione della decisione di escludere dai programmi del 1888 l'insegnamento della religione cattolica, perché "lo Stato non può fare, né direttamente né indirettamente una professione di fede, che manchevole per alcuni, sarebbe soverchia per altri" (Relazione a S.M. sulla riforma dei programmi per le scuole elementari del Ministro Boselli, 1888).
La religione, dunque, veniva di fatto, anche se non formalmente, eliminata come materia di insegnamento nella scuola elementare.
In questa fase, la borghesia di Stato nazionale vedeva più in una scuola funzionale allo sviluppo dei rapporti sociali di produzione capitalistici, della borghesia e della sua ideologia - anche in campo pedagogico -, che nel mantenimento di un insegnamento come quello della religione cattolica, che perpetuasse l'oscurantismo ideologico-religioso di derivazione feudale, il migliore strumento per stabilizzare il proprio potere.
In sintesi, era cambiata l'ideologia della classe sociale dominante - la borghesia di Stato -, che diventava sempre più laicista, e questa stessa classe sociale dominante si serviva ormai della scuola come di uno strumento per fare della propria nuova ideologia l'ideologia di tutto il popolo.
Si trattava di una operazione fondamentale per spazzare via gli ultimi residui dei rapporti sociali di produzione feudali, che affondavano il proprio potere sull'ideologia religiosa cattolica.
I Programmi Baccelli del 1894, di fatto, hanno confermato l'impostazione di Gabelli nei confronti dell'insegnamento religioso anche se lo Stato ha assunto un atteggiamento più benevolo verso il sentimento religioso visto come il luogo in cui avveniva la trasmissione dei valori della famiglia tradizionale e della ideologia di cui essa era portatrice.

 

4.

I programmi Orlando-Orestano e la completa espulsione dell'insegnamento della religione cattolica dalla scuola pubblica

 

I programmi del 1905, scritti dal filosofo F. Orestano chiudono il conto sia con la religione di matrice clericale sia con il sentimento religioso della famiglia borghese a cui tanta importanza veniva data dai programmi Baccelli.
La borghesia di Stato ha dimostrato così di non avere più realmente bisogno per il consolidamento del proprio potere né della borghesia tradizionale, né del suo sistema di valori, né tanto meno dell'appoggio della burocrazia clericale e della ideologia di cui essa era portatrice.
L'accentuazione del sistema di alienazione del plusvalore sociale e del sovrapotere istituzionale e sociale da parte della borghesia di Stato non richiedeva in questa fase di essere occultato e giustificato in qualsivoglia modo da questa o quella ideologia religiosa alienante.
La borghesia di Stato, al culmine della sua potenza sociale, dimostrava di poter fare a meno dei valori trasmessi dalla tradizione.
Il totalitarismo pedagogico di Orestano, al contrario del totalitarismo pedagogico di un Gentile, non si basava su una concezione positiva della realtà che viene proposta più ancora che imposta ai fanciulli, ma era un totalitarismo pedagogico negativo, che tendeva a distruggere il mondo di valori della società tradizionale, ma che non ne proponeva un altro. Si può, quindi, ben capire la considerazione fatta da Gentile nel momento in cui reintroduceva l'insegnamento della religione nella scuola elementare secondo cui i "vecchi" programmi nel momento stesso in cui "volevano la scuola neutra", la volevano "nulla".

 

5.

La restaurazione dell'insegnamento della religione cattolica nei programmi fascisti di Giuseppe Lombardo Radice

 

La fine del periodo giolittiano si era caratterizzato per la graduale salita al potere della burocrazia politica dei partiti "tradizionali" in un primo momento e del Partito Nazionale Fascista in un secondo momento e per la loro trasformazione da soggetti sociali antagonisti verso la borghesia di Stato a soggetti sociali pienamente integrati nella borghesia di Stato. Questo cambiamento del carattere fondamentale della classe sociale dominante, che, tramite quelle vere e proprie cinghie di trasmissione del potere e della ideologia sociale che erano i grandi partiti di massa, ha potuto, per la prima volta nella sua storia, aprire i propri ranghi a persone provenienti dalle classi sociali subalterne e ascoltare le esigenze di queste stesse classi sociali, ha reso evidente la necessità di una ripoliticizzazione dell'insegnamento religioso e di una riconsiderazione del suo inserimento esplicito nei Programmi. Con decreto reale del 1° ottobre del 1923, n° 2185, il ministro fascista Gentile ha, quindi, reintrodotto l'insegnamento della religione nella scuola elementare.
Nonostante il linguaggio notevolmente più raffinato, i motivi che Gentile ha posto per riabilitare l'insegnamento della religione sono quelli stessi dei Programmi Casati; del divino interessava solo ciò che induceva il fanciullo a comprendere "i suoi doveri di uomo" (circolare n° 2 del 5/1/1924) o, meglio, i suoi doveri di suddito della burocrazia politica fascista, la nuova classe sociale dominante in Italia in quegli anni, al punto che per i fanciulli che professavano fedi diversi veniva comunque garantita la possibilità di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.
Il reinserimento dell'insegnamento della religione nella scuola elementare pubblica permetteva anche alla burocrazia politica fascista di aprire un dialogo con la burocrazia clericale, fondamentale per la stabilizzazione del proprio potere in quanto nuova classe sociale dominante.

 

6.

I programmi confessionali del 1955

 

I programmi Ermini, stesi nel periodo di massimo potere dell'oscurantismo politico-religioso della burocrazia politica democristiana, si inserivano in una sorta di continuità con i programmi del 1923 di cui, però, accentuavano l'aspetto confessionale. L'insegnamento della religione nei Programmi Ermini, come del resto anche in quelli del 1923 (art. 3 comma 1 del R.D. 1° ottobre 1923, n° 2185), è stato posto a "fondamento e coronamento" di tutta l'educazione impartita dalla scuola pubblica.
L'aspetto marcatamente confessionale della svolta dei Programmi Ermini, varati in un periodo di fortissima lotta di classe a livello sociale e di netta contrapposizione ideologica con la burocrazia politica "comunista", rifletteva l'esigenza tutta partitica della borghesia politica democristiana di dare alla nuova pedagogia di Stato una connotazione politica chiaramente orientata, tale da dare in questo come in altri settori una giustificazione storica al proprio potere e alle nuove più sofisticate forme di sfruttamento che stava costruendo in quegli anni di ristrutturazione e potenziamento del capitalismo di Stato italiano (sono gli anni della liquidazione dei Consigli di Gestione all'Iri e della nascita di grandi monopoli statali come l'ENEL).
Se la parziale riforma dei programmi operata dal governo fascista nel '34 voleva "fascistizzare ancora di più" la società italiana, la centralità data all'insegnamento della religione cattolica, che doveva informare tutto l'insegnamento - sulla scorta dello sviluppo distorto in senso confessionale già a partire dalla riforma Gentile di una vecchia idea di Gabelli, secondo cui i valori della religione cattolica non potevano avere dei programmi a se stanti ma che avrebbero dovuto informare tutto l'insegnamento -, nei programmi del 1955 avevano l'unico scopo di "democristianizzare" ancora di più la società italiana.

 

7.

L'insegnamento della religione cattolica nei Programmi del 1985

 

A partire dalla metà degli anni '80 con la revisione del concordato e con l'emanazione dei nuovi programmi per la scuola elementare è ricominciato un processo di laicizzazione del mondo scolastico, che rispecchiava l'analogo processo di laicizzazione che aveva investito tutta la società italiana a partire dalla lunga serie di lotte di classe istituzionali e sociali, che, nelle scuole, nelle università, sui posti di lavoro e nelle piazze d'Italia, a partire dal 1968 ha radicamente modificato i costumi e le idee del popolo italiano.
Nei programmi del 1985, infatti, l'insegnamento della religione cattolica viene visto nel suo aspetto storico più che confessionale: era un cambiamento di prospettiva che rispecchiava anche le idee espresse in quegli anni dagli studenti in lotta nelle rituali, ma non per questo meno significative, autogestioni prenatalizie che si tenevano e si tengono tuttora nei licei e nelle scuole superiori italiane. Queste ultime considerazioni sono il frutto anche delle esperienze e dei ricordi personali che chi scrive ha di quelle autogestioni, delle rivendicazioni e delle idee che esse esprimevano relativamente al problema dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola.
In conclusione, con i programmi del 1985 si è avuta la trasformazione dell'insegnamento della religione cattolica da insegnamento confessionale a strumento di allargamento della capacità di penetrazione dei fenomeni storico-sociali. Va detto, però, che nonostante le intenzioni del legislatore, per l'ambiguità del testo programmatico, legato alla contemporanea riforma del concordato stipulato tra lo Stato e la Santa Sede, e la incapacità per lunghi anni di portare a termine la modifica del sistema di selezione dei docenti destinati all'insegnamento della religione, questa disciplina ha mantenuto fino ad oggi - anche se in un contesto di progressivo ridimensionamento - il proprio carattere confessionale.

Roma, 14-5-2000

 
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