Massimo Cogliandro
I.
Allan Kardec e Léon Denis nella seconda metà del XIX°
secolo sull’onda dell’affermazione del positivismo in ogni campo del sapere
umano hanno posto le basi di una dottrina scientifica degli spiriti, che fonda
le proprie conclusioni sull’uso sperimentale sistematico delle esperienze
accumulate da “persone che per la delicatezza e la sensibilità del sistema
nervoso si prestano specialmente alla manifestazione degli spiriti” e che “si
chiamano medium” (Léon Denis, La dottrina degli spiriti).
Allan Kardec, Léon Denis e tutta la spiritologia
scientifica successiva sono giunti alla conclusione univoca che la natura
dell’essere umano si compone di tre realtà fondamentali: 1) il corpo; 2) il
perispirito; 3) l’anima.
Il “perispirito” e l’”anima” costituiscono quello noi
chiamiamo “spirito”.
Per la spiritologia scientifica “il perispirito è un
organismo fluidico, […] un substrato invisibile composto dall’essenza d’una
materia che penetra tutti i corpi” e che “possiede sensi analoghi a
quelli del corpo, ma molto più potenti” (Léon Denis, La dottrina degli
spiriti).
II.
Spiritologia scientifica e manicheismo
E’ interessante notare come la moderna spiritologia sia
giunta con le semplici armi dell’indagine sperimentale a dare una base
scientifica alla teoria dello spirito di matrice gnostico-manichea.
La Gnosi dei primi secoli, erede della tradizione religiosa
espressa dall’apocalittica giudaica, ne ha ereditato anche la dottrina relativa
agli spiriti.
Per gli gnostici valentiniani gli uomini si dividono in tre
categorie a seconda della natura del proprio spirito:
a) gli
“ilici”, il cui spirito non comprende l’anima (pneuma) ed è costituito solo
dallo “spirito di opposizione”, cioè dal perispirito, che, trascorso un certo
periodo di tempo dopo la morte fisica, va incontro ad una lenta ed
impercettibile trasformazione e dissoluzione;
b) gli
“psichici”, il cui spirito di opposizione tiene imprigionata l’anima per tutta
la vita dopo la morte: gli spiriti di questi uomini vanno incontro alla
reincarnazione fino al giorno in cui la loro anima non riuscirà a liberarsi
completamente dai vincoli del perispirito;
c) gli pneumatici,
il cui pneuma divino, che costituisce quella che noi chiamiamo anima, presenta
già durante la vita un certo grado di autonomia rispetto al perispirito: al
momento della morte la sua liberazione dai vincoli del perispirito e il proprio
ritorno ad una piena comunione con l’Assoluto sono quasi immediati.
In un antico testo manicheo
rinvenuto a Turfan, troviamo descritta in maniera precisa ed organica la
concezione gnostica della natura del “perispirito” o “spirito del corpo” e i
suoi rapporti con l’anima:
"Il
fatto che [lo spirito del corpo] sia della stessa sostanza del corpo
risulta manifesto da quanto sopra io ho scritto e dagli illuminati interpreti
delle norme della religione.
Inoltre,
poiché queste due [entità], tanto la corporeità quanto lo spirito
corporeo, sono entrambe oscure, incapaci di conoscenza e dannose, e […] sono
un’unica cosa e formano la realtà e la natura del corpo" (Fr. M 9 di
Turfan, ed. Andreas-Henning II, pag.
299).
A dire il
vero, la dottrina manichea dello spirito, al contrario della moderna
spiritologia scientifica, porta alle estreme conseguenze le conclusioni
derivanti dalla scoperta dell’esistenza del perispirito: lo spirito del corpo
(perispirito) è una realtà vivente costituita da una sostanza che ha tutte le caratteristiche
tipiche della materia, cioè l’estensione nello spazio, la durata nel tempo, la
sua tensione verso il molteplice e il sensibile.
In una
parola, il perispirito per il fatto di essere costituito da una sostanza
corporea, sia pure di tipo energetico o “fluidico” come direbbe la moderna
spiritologia, è soggetto ai limiti della concupiscenza tipici di tutte le
realtà materiali.
Il ruolo
del perispirito tanto nella gnosi e nel manicheismo quanto nella moderna
spiritologia scientifica è quello di mediare il legame di quella goccia di luce
divina (nous) che è l’anima ad una realtà limitata e condizionata dalle leggi
dello spazio e del tempo, come quella del corpo.
In un
frammento manicheo rinvenuto a Turfan infatti troviamo scritto:
"Allo
stesso modo e alla stessa maniera in cui
l’argento è legato al rame[C1], così l’anima è legata alla forza e alla corporeità
del corpo (cioè alle ossa, alla carne, alla pelle al respiro […] e agli
escrementi), mediante i vincoli dello spirito [del corpo…]" (Fr. M 9 di
Turfan, ed. Andreas-Henning II, pag.
300).
Léon
Denis, uno dei padri della spiritologia scientifica, giungeva alle stesse
conclusioni nella sua opera principale:
"Il
perispirito serve da mediatore tra il corpo e l’anima; trasmette a questa le
impressioni dei sensi e comunica al corpo la volontà dello spirito" (Léon
Denis, La dottrina degli spiriti).
La
teologia politica cattolica tardo-antica e medievale ha visto sempre nella
antica tradizione sul carattere triplice
della natura umana (corpo, anima, perispirito) di cui sono permeate l’apocalittica giudaica e la teologia gnostico-manichea, un grave
pericolo per la legittimazione politico-teologica della stessa esistenza della
nascente burocrazia clericale.
La
constatazione da parte delle scuole gnostiche e manichee dell’esistenza di una
categoria di uomini - ad es. gli pneumatici per gli gnostici valentiniani, gli
Eletti per i manichei -, che dopo numerose reincarnazioni ha ottenuto la
possibilità di giungere alla riscoperta del proprio pneuma divino e alla sua
liberazione dai vincoli dello spirito di opposizione che alberga nel proprio
cuore, metteva in discussione i meccanismi di formazione dei “quadri” di quella
organizzazione politico-religiosa di massa che era la Grande Chiesa.
Questo è
il motivo per cui in un contesto storico in cui il manicheismo era all’apice
della sua espansione soprattutto nelle regioni ancora sotto il controllo
dell’Impero Romano d’Oriente dopo lunghi tentennamenti l’ottavo concilio ecumenico
di Costantinopoli dell’869 d. C. ha sancito l’affermazione della teoria secondo
cui nell’uomo esistono solo il corpo e l’anima e non anche lo spirito del
corpo.
III.
I limiti della moderna spiritologia scientifica
Il
maggiore limite della moderna spiritologia scientifica consiste nel fatto che,
partendo dal rilievo sperimentale di alcune manifestazioni del perispirito
anche a distanza di tempo dalla morte di una persona, essa giunge
aprioristicamente alla conclusione che lo spirito preso nel suo complesso sia
immortale.
In
realtà, lo spirito è costituito da un’anima immortale (nous) e da un corpo
energetico (perispirito) destinato dopo un certo periodo di tempo a separarsi
dall’anima e ad andare incontro ad una trasformazione che lo conduce alla
perdita della sua specifica individualità energetica e, quindi, alla morte.
Troviamo
trattato in maniera sistematica il tema della separazione dell’anima dal
perispirito già in Pistis Sophia, uno dei principali testi gnostici della tarda
antichità:
"Quando l’anima giunge al luogo degli arconti della
via di mezzo, questi le vanno incontro con grande paura; l’anima presenta loro
il mistero della paura ed essi temono davanti a lei, la quale consegna l’ora
fatale al suo luogo, consegna lo spirito di opposizione - cioè il perispirito –
al suo luogo, dà la difesa e i sigilli a ognuno degli arconti della via di
mezzo, dà l’onore, la gloria e la lode dei sigilli e degli inni a tutti quelli
del luogo della luce" (Pistis Sophia, 113, 3).
Il tema
della morte del perispirito emerge in maniera chiara anche dall’analisi degli
insegnamenti e delle esperienze riferite dalla spiritologia popolare.
La
spiritologia popolare afferma che gli uomini, medium per natura, possono entrare
in contatto con lo spirito solo per un certo numero di anni. Essa giustifica
questa osservazione partendo dal presupposto, mutuato dalle superstizioni di
cui sono intrise le religioni popolari alienanti, che lo spirito degli esseri
umani, soprattutto lo spirito delle persone che muoiono in circostanze violente
o comunque non naturali, resta sulla terra fino al momento in cui arriva l’ora
fissata da Dio per la loro morte, dopodiché viene richiamato nell’aldilà e non
è più evocabile dagli esseri umani.
In
realtà, la spiritologia popolare è giunta là dove la moderna spiritologia
scientifica non poteva ancora arrivare e ha confermato le conclusioni delle
scuole gnostiche dell’antichità sul carattere mortale del perispirito. Gli
esseri viventi, infatti, possono venire in contatto con l’anima dei propri
defunti solo fino a quando questa è imprigionata nel “corpo fluidico” o
perispirito, l’entità energetica per mezzo della quale durante la vita terrena
l’anima è tenuta prigioniera nel corpo che le è stato assegnato.
Questo
vuol dire che il perispirito, se non va incontro alla reincarnazione,
sopravvive al corpo per un periodo di tempo più o meno lungo, ma anche che la
fine di questa entità energetica dopo la sua separazione dall’anima è
inevitabile.
IV.
La formazione del perispirito secondo la
teologia gnostica
Gli gnostici
ritenevano che ogni anima disincarnata, quando giunge il momento della propria
reincarnazione, si libera del vecchio perispirito di cui si è servita nel corso
della sua ultima incarnazione e si riveste di un nuovo perispirito, che trae la
propria energia vitale dal nuovo corpo.
Il
distacco del vecchio spirito corporeo o perispirito dall’anima disincarnata
comporta necessariamente la perdita della memoria delle esperienze accumulate
durante la vita terrena precedente.
La
memoria, in quanto facoltà che permette all’uomo di conservare la molteplicità dei
ricordi e delle esperienze accumulate durante la vita terrena, non può non essere
una facoltà legata alla vita dello spirito corporeo, che per la sua stessa
natura di corpo energetico, al contrario dell’anima, è intimamente legato alla
realtà del mondo materiale. Il distacco del vecchio perispirito dall’anima
disincarnata, quando giunge il momento per quest’ultima di reincarnarsi, segna quindi
la fine della possibilità per l’anima di ricordare i singoli eventi delle
proprie vite passate.
La molteplicità
delle esperienze vissute durante le vite precedenti permette comunque all’anima
di sviluppare un senso di negatività verso tutto ciò che è materiale e
contingente e di liberarsi progressivamente dalla necessità di continuare a
reincarnarsi.
In Pistis
Sophia troviamo illustrata nel modo più semplice e chiaro la dottrina gnostica
relativa alla nascita, alla evoluzione e alla natura del perispirito:
“Quando
per mezzo degli arconti del destino, un’anima antica è in procinto di
discendere, gli arconti di quel grande destino […] danno all’anima antica un
calice dell’oblìo, proveniente dal seme della cattiveria, ripieno di ogni genere
di passioni e di ogni oblìo.
Non
appena l’anima beve dal calice, dimentica tutti i luoghi nei quali era andata,
e tutti i castighi tra i quali era passata. Quel calice dell’acqua dell’oblìo
diventa un corpo all’esterno dell’anima, rassomigliante all’anima in tutte le
forme, e simile a lei: esso è il cosiddetto «spirito di opposizione» (Pistis
Sophia, 131,5)
V.
Il ruolo dei medium
nelle antiche comunità gnostiche
Elaine
Pagels nel suo libro intitolato “I Vangeli Gnostici” mette in luce come nelle
principali comunità gnostiche accanto alle figure del sacerdote e del vescovo
esisteva la figura del “profeta”. Il “profeta” in genere era un uomo dalle
spiccate capacità medianiche in grado di mettersi in contatto con quelli che la
spiritologia moderna chiama Spiriti Superiori e, in particolare, con gli
spiriti di Gesù e degli apostoli.
Questo
spiega perché numerose opere gnostiche, scritte anche secoli dopo la morte di
Gesù, riportano insegnamenti attribuiti al Salvatore o agli apostoli
sostanzialmente diversi da quelli presenti nei sinottici o nel Vangelo di
Tomaso, cioè nei testi che riportano le parole dette da Gesù durante il periodo
della sua incarnazione, attribuendo comunque loro un valore sacro.
Gli
insegnamenti di Gesù riportati nelle
opere gnostiche successive alla prima metà del II° secolo erano considerati
sacri non perché attingessero a fonti o a tradizioni liturgiche più o meno
antiche o autorevoli, ma perché nella maggioranza dei casi provenivano dal
contatto diretto tra lo Spirito di Gesù e gli spiriti di quel particolare
genere di medium che erano i “profeti”. Si pensi, ad esempio, a certe scene
riportate in opere come le Apocalissi di Giacomo che sono il frutto di visioni
con cui questi medium gnostici si sono posti in contatto con lo Spirito del
Salvatore.
VI.
La reincarnazione
Lo pneuma
divino che costituisce l’anima degli psichici dopo la morte cerca la
reincarnazione nel corpo di un altro essere umano perché l’ignoranza del
carattere divino della propria natura lo spinge a temere la inevitabile morte
del perispirito. Gli spiriti dunque si reincarnano per evitare l’esaurimento
del fluido energetico del perispirito, che si è formato durante le proprie
incarnazioni precedenti e che continua a rivestire l’anima nel periodo
immediatamente successivo alla morte del corpo.
Ogni
rinascita porta l’anima umana ad una maggiore conoscenza della radice divina
della propria natura. Solo quando l’anima psichica dopo numerose rinascite sarà
diventata completamente pneumatica, non sentirà più la necessità di
reincarnarsi nel corpo di un altro essere umano e desidererà tornare, libera
dai lacci del perispirito e di qualsiasi altra realtà materiale, in seno a
quella fonte di luce divina, che noi chiamiamo Assoluto o Dio.
L’importanza
delle rinascite nel processo di purificazione interiore e di liberazione dello
pneuma umano dai lacci del perispirito è descritto in maniera mirabile in un
passo di Pistis Sophia:
Il quarto
pensiero riguarda invece la parola che hai detto: “Allorché l’anima esce dal
corpo, percorre la via con lo spirito di opposizione; quando essa non trova il
mistero dello scioglimento da tutti i vincoli e dai sigilli, connessi allo
spirito di opposizione, di modo che questo cessi di esserle assegnato, quando
dunque non lo trova [questo mistero], lo spirito di opposizione guida l’anima
alla vergine luce, la giudicatrice; la giudicatrice, la vergine luce, esamina
quell’anima; trova che ha peccato e non scopre in lei i misteri della luce;
allora la consegna ad uno dei suoi ricevitori; questo ricevitore la guida e la
immette nel corpo; e dalle trasformazioni di quel corpo essa non si libera fino
a quando non avrà compiuto l’ultimo ciclo” (Pistis Sophia, 113, 5).
Lo stesso
concetto, sia pure esposto in maniera un po’ diversa, ritorna in uno dei testi
manichei ritrovati a Turfan:
“E se
l’anima umana, mediante la conoscenza che essa possiede attraverso diecimila
rinascite, non vedesse [… Ma quando l’uomo] non vede il vantaggio che deriva
dal riconoscere il bene eterno, atemporale e incontaminato, allora gli sono
necessari un capo e una guida che gli mostrino la via ed il sentiero che
[conduce] a salvarsi dal male e a dirigersi verso l’anima, cioè verso il bene
eterno, incontaminato e immutabile” (Fr. M 9 di Turfan, ed. Andreas-Henning II, pag. 298).
Naturalmente,
quando l’anima giunge ad un elevato grado di purezza e diventa in grado di
innalzarsi e di entrare in contatto con l’Assoluto, non sente più la necessità
di unirsi al perispirito o comunque di seguirlo in tutte le sue azioni e quando
arriva il momento della morte del corpo non sente più il bisogno di
reincarnarsi. Anche questa teoria fondamentale della moderna spiritologia
scientifica ha un chiaro precedente nelle parole di Gesù riportate in Pistis
Sophia:
Gesù
proseguì il discorso, dicendo: “Se, invece, un’anima non ha seguito lo spirito
di opposizione in tutte le sue azioni, ma è diventata buona, ha accolto i
misteri della luce […], allorché giunge il tempo dell’uscita di quell’anima dal
corpo, lo spirito di opposizione e l’ora fatale seguono quell’anima sulla via
che la conduce in alto.
Ma prima
che si allontani verso l’alto, essa [l’anima] pronuncia il mistero che scioglie
i sigilli e tutti i vincoli dello spirito di opposizione con i quali gli
arconti lo avvinsero all’anima: dopo che l’ha pronunciato, i vincoli dello
spirito di opposizione si sciolgono, egli si astiene dall’andare in
quell’anima, abbandona quell’anima eseguendo il comando degli arconti del
grande destino, i quali gli avevano detto: «Non allontanarti da quest’anima
fino a quando essa non ti avrà detto il mistero dello scioglimento di tutti i
sigilli con i quali ti abbiamo avvinto all’anima»” (Pistis Sophia, 112, 1-2).
In
conclusione, il ciclo delle rinascite terminerà solo quando l’anima riuscirà a
penetrare “il mistero dello scioglimento di tutti i sigilli con i quali” il
perispirito è stato avvinto allo pneuma umano. Solo allora l’anima potrà
abbandonare “lo spirito di opposizione agli arconti del destino”, cioè
all’esaurimento della propria energia vitale e alla morte.
Roma, 3/6/2001
[C1]Vi è qui un chiaro riferimento alla dottrina gnostica espressa in Pistis Sophia 113, 2 secondo cui l’argento ed il rame che costituivano la moneta con l’effigie di Cesare mostrata a Gesù rappresentavano rispettivamente l’anima e il perispirito, che insieme costituiscono lo spirito umano proprio come l’argento ed il rame insieme costituivano la moneta con l’effigie di Cesare.