Massimo Cogliandro

 

 

 

 

 

LE RADICI STORICHE DEL PRESEPE

 

 

 

 

1.

 

Il significato esoterico del mito della Natività

 

 

Nel presepe, che tradizionalmente è mutuato da due antichi vangeli gnostici, il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello Pseudo-Matteo, la nascita del Salvatore è la metafora più generale di quell'insieme di riti di iniziazione, che conducevano secondo la dottrina gnostica alla morte dell'uomo psichico (il neofita) e alla nascita dell'uomo pneumatico (lo gnostico).
Nei suddetti Vangeli la nascita del Salvatore è ambientata in una grotta: ciò è attribuito al fatto che nei gruppi gnostici più antichi il rito che iniziava gli uomini alla Gnosi generalmente si svolgeva in una grotta.
In questi testi, che sono il frutto dell'inedita fusione tra le arcaiche ritualità iniziatorie proprie delle società post-tribali e le più moderne e sofisticate ritualità iniziatorie (in ogni caso derivate dalle prime) propagate dai nuovi culti misterici e gnostici, la grotta, intesa come luogo della morte più o meno "virtuale" del neofita, assume quindi una importanza centrale.
La prova decisiva che il mito della Natività sia portatore di profondi  messaggi esoterici legati alle ritualità iniziatorie tipiche delle antiche comunità gnostiche la ricaviamo dalla lettura di alcuni passi del Vangelo dell’infanzia armeno.
In questo Vangelo manicheo il mito della nascita del Salvatore è messo apertamente in relazione con la trasmissione di un antico scritto, che contiene un messaggio segreto destinato da Dio a chi è stato iniziato ai grandi misteri della Gnosi:

 

 

Dissero i Magi: “La testimonianza che noi possediamo non viene né da uomo né da altro essere vivente. E’ un ordine divino, concernente una promessa che il Signore ha fatto in favore dei figli degli uomini, che noi abbiamo conservato fino ad oggi.”

“E dov’è questo libro, che solo il vostro popolo possiede, ad esclusione di tutti gli altri?” domandò Erode.

I Magi risposero: “Nessun altro popolo lo conosce, né per sentito dire , né per conoscenza diretta. Solo il nostro popolo ne possiede la testimonianza scritta. Quando Adamo dovette lasciare il Paradiso, e Caino ebbe ucciso Abele, il Signore Iddio diede ad Adamo, come figlio della consolazione, Seth, e con lui questo documento scritto, chiuso e sigillato dalle mani di Dio. Seth lo ricevette da suo padre e lo trasmise ai suoi figli, e i suoi figli ai loro figli di generazione in generazione. E fino a Noè essi ricevettero l’ordine di custodirlo con somma cura” (Vangelo dell’infanzia armeno).

 

 

 

Il Vangelo dell’infanzia armeno ci racconta che questo scritto, il cosiddetto Testamento di Seth, è stato dato in dono da Melkon al Salvatore, lo Gnostico per eccellenza, che naturalmente ne conosceva già il contenuto, ma che da quel momento in poi ha reso accessibili quegli insegnamenti a chiunque tra gli uomini cerchi la Via che conduce alla Vera Conoscenza (Gnosis), il cui possesso garantisce la Salvezza:

 

 

Infine il re Melkon, preso il libro del Testamento (di Seth), che egli aveva in eredità dai suoi antenati, come già abbiamo detto, lo portò in dono al bambino, dicendo: “Ecco lo scritto, in forma di lettera, che tu hai lasciato in custodia, dopo averlo chiuso e sigillato. Prendi, e leggi il documento autentico che tu stesso hai scritto."

Questo è il documento il cui testo scritto era stato conservato in plico segreto e che i Magi non avevano mai osato aprire né dare a leggere a qualche sacerdote, né far conoscere al popolo, perché essi non erano degni di divenire i figli del Regno, essendo destinati a rinnegare e a crocifiggere il Salvatore (Vangelo dell’infanzia armeno).

 

 

 

Il contenuto del Testamento di Seth e la interpretazione che di esso dava la Gnosi Manichea ci sono rivelati in un altro passo del Vangelo dell’infanzia armeno:

 

 

Or dunque, quando Adamo dovette lasciare il Paradiso e Caino ebbe ucciso Abele […] il signore Iddio fece nascere ad Adamo il figlio della consolazione, Seth. E come dapprima Adamo aveva voluto diventare un dio, Dio stabilì di diventare uomo […]. Egli fece promessa al nostro primo padre che, tramite suo, avrebbe scritto e sigillato di propria mano una pergamena, a caratteri d’oro, con queste parole: “Nell’anno 6000, il sesto giorno (della settimana), io manderò il mio figlio unico, il Figlio dell’uomo, che ti ristabilirà di nuovo nella dignità primitiva. Allora tu, Adamo, unito a Dio nella tua carne resa immortale, potrai, come noi discernere il bene dal male.”

 

 

Per la Gnosi Manichea, dunque, l’uomo, in questo vangelo metaforicamente rappresentato da Gesù bambino, nel momento in cui viene a conoscenza dei sacri misteri contenuti negli scritti segreti dei Padri del genere umano, giunge alla conoscenza del bene e del male e di conseguenza diventa come Dio, anzi diventa Dio.

 

 

2.

 

I rapporti tra i Vangeli dell’infanzia e il Vangelo di Tomaso

 

 


Se esaminiamo il mito della Natività alla luce di certi insegnamenti contenuti in un altro importante vangelo gnostico, il Vangelo di Tomaso, l’insegnamento segreto contenuto nel Protoevangelo e negli altri vangeli manichei dell’infanzia si rivela in tutta la sua profondità. Il significato della scena dei Magi, considerati nel mito i più grandi sapienti del tempo, che adorano un bambino nato da pochi giorni, infatti, è sicuramente legato al messaggio esoterico contenuto nel 4° loghion del Vangelo di Tomaso:

 

 

 

Gesù disse: “L’uomo vecchio di giorni non esiti a interrogare il fanciullo di sette giorni sul Luogo della Vita ed egli vivrà. Poiché molti che sono i primi saranno gli ultimi e diventeranno uno solo.”

 

 

 

La stessa tradizione presente in alcuni Vangeli manichei dell’infanzia secondo cui i Magi,  che adoravano e interrogavano silenziosamente sul Luogo della Vita quel bambino nato in un luogo così umile come una mangiatoia, fossero dei Re serviva a mettere in rilievo che di fronte ai grandi misteri della Gnosi “molti che sono i primi saranno gli ultimi e diventeranno uno solo”.

 

 

 

3.

 

Quali sono le prove che i vangeli dell’infanzia sono vangeli  manichei?

 

 

Il carattere manicheo di questi vangeli - soprattutto nel caso del Vangelo dello Pseudo-Matteo - non è testimoniato soltanto dalla loro attribuzione da parte della tradizione a scrittori manichei del calibro di Leucio e dai chiari riferimenti  agli insegnamenti contenuti nel Vangelo di Tomaso, ma anche dalla importanza data alla stessa figura dei Magi, che, provenendo da Oriente seguendo una stella, sono giunti fino al luogo della nascita del Salvatore per offrirgli i propri doni.
I Magi, infatti, come tutti sanno, non erano dei veri re, ma, piuttosto i sacerdoti della religione zoroastriana.
L'arrivo dei Magi, giunti seguendo una stella, al luogo della nascita di Gesù, rappresenta, nell'ottica manichea, che, come sappiamo, tendeva ad unificare in un'unica grande religione universale le gnosi delle tre grandi religioni del tempo, cioè il cristianesimo, lo zoroastrismo e il buddismo, l'adempimento di una antichissima profezia di Zarathustra sulla venuta del Salvatore del Mondo.

Questa tesi trova una conferma nel Vangelo dell’infanzia arabo-siriaco, un importante testo manicheo del VI° sec. d. C.:

 

 

Ora avvenne che, quando il  Signore Gesù nacque a Betlemme di Giudea, ai tempi del re Erode, dall’Oriente vennero a Gerusalemme dei magi, come aveva predetto Zarathustra, e avevano con sé, come doni, oro, incenso e Mirra: ed essi lo adorarono e gli offrirono i doni (Vangelo dell’infanzia arabo-siriaco, VII).

 

 


Vi è, insomma, nel Protovangelo e nel Vangelo dell’infanzia arabo-siriaco, ma, in maniera ancora più marcata, nel Vangelo dello Pseudo-Matteo, dove i Magi assumono addirittura una dignità regale che in Oriente aveva un ben preciso significato sacro, la tendenza ad accreditare Zoroastro come uno dei grandi profeti di quella religione universale fondata da Mani e a collegarlo tramite la realizzazione di questa sua profezia a quell'avvenimento centrale nella storia del mondo, che è la nascita di Gesù.

 

 

4.

 

Zarathustra e il Testamento di Seth

 

 

Nel Vangelo dell’infanzia armeno troviamo la conferma che i Magi hanno ricevuto gli insegnamenti segreti contenuti nel Testamento di Seth dai loro “antenati”, cioè da Zarathustra, che nella tarda antichità era considerato il fondatore della casta sacerdotale dei Magi, e dai suoi seguaci, che a loro volta lo avevano ricevuto dai grandi patriarchi:

 

“Noè lo diede al figlio Sem, e i figli di questo ai propri figli, i quali come lo ricevettero lo trasmisero ad Abramo, ed Abramo lo affidò al sommo sacerdote Melchisedec, e per questa via giunse al nostro popolo ai tempi di Ciro, re della Persia. I nostri antenati l’hanno deposto in una sala, con grande onore, e così è pervenuto fino a noi, che, avendo ricevuto questo scritto, abbiamo conosciuto in anticipo la nascita del nuovo monarca, figlio dei Re d’Israele. ”

 

 

In sintesi, secondo la Gnosi Manichea, di cui il Vangelo dell’infanzia armeno è una tipica espressione, il messaggio che i Magi hanno consegnato al Salvatore è un messaggio divino, che Dio stesso ha affidato ai Padri del genere umano, perché lo costudissero e lo trasmettessero di generazione in generazione fino a quando non fosse venuto al mondo un uomo – Gesù – in grado di capirlo e di rivelarne il significato all’intera umanità.

 

 

5.

 

Conclusioni

 

 

Da tutto questo risulta evidente che i Vangeli gnostici che narrano la nascita di Gesù sono qualcosa di ben più serio di meri testi fiabeschi frutto della fantasia popolare, come spregiativamente grida da molti secoli la "critica" cattolica, per la quale il presepe è nulla più che una rappresentazione iconica della nascita del Salvatore del mondo, che serve a rafforzare la fede in un dogma, e non lo strumento per la trasmissione presso le nuove generazioni di antiche tecniche rituali destinate a guidare l'uomo alla riscoperta di quel che di divino si cela nel profondo del suo cuore.

 

Nota dell’autore:  il significato più profondo che si cela dietro il mistero del presepe mi è stato rivelato come in un sogno ad occhi aperti la notte di Natale dell’anno 2000...

 




 

 

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