Dott. Massimo Cogliandro

 

 

Il Vangelo di Tomaso e la Grande Chiesa

 

(Epistola ai membri della Chiesa della Luce del 16/10/2003)

 

 


 

Cari Fratelli nella Luce,

come molti di voi sanno la maggior parte degli studiosi ritiene che il Vangelo di Tomaso sia stato considerato un Testo Sacro solo presso le Chiese Gnostiche, confortati in questo dalle testimonianze di Ireneo e di Tertulliano, che, a cavallo tra il II° ed il III° secolo d.C., affermavano che i Vangeli che i Cristiani sono tenuti a considerare sacri sono solo quattro (Matteo, Marco, Luca e Giovanni).

Per comprendere fino in fondo la falsità di queste affermazioni, va innanzitutto precisato che fino ai primi anni del IV° secolo d.C. la Chiesa non era una realtà monolitica e la volontà di un Vescovo (Ireneo) o di un apologeta (Tertulliano) non sempre coincideva con le idee radicate nell’episcopato contemporaneo e nelle comunità cristiane primitive.

In realtà, il Vangelo di Tomaso è stato il Testo Sacro centrale su cui è ruotata la Grande Chiesa per secoli e che ha spinto, per la radicalità del suo insegnamento esoterico, molti Cristiani ad affrontare il martirio con una fermezza che trascendeva i limiti umani.

Ne troviamo una prova negli Acta Martirum e in particolare negli Atti di Perpetua e Felicita. In questi Atti, in parte scritti in forma autobiografica da Perpetua, la principale protagonista, troviamo:

 

1.    alcuni chiari riferimenti al Vangelo di Tomaso;

2.    una chiara sensibilità di tipo gnostico, dimostrata in particolare dalle visioni di Perpetua e Saturo, che rappresentano lo schiudersi dell’anima umana di fronte alla Verità dell’Ineffabile, l’apertura del cuore divino dell’Essere Umano alla Luce della Gnosi, nel momento in cui lo Gnostico con il Sacrificio Supremo della propria vita si prepara ad accogliere la Conoscenza Assoluta (Gnosis) in quello stato che i manichei chiamavano Perinirvana.

 

Allo sviluppo di questa sensibilità di tipo gnostico all’interno della Grande Chiesa ha contribuito in larga misura lo studio e l’uso anche liturgico del Vangelo di Tomaso.

Perpetua, discepola fedelissima del Vescovo Optato, nel raccontare la visione che ha avuto il giorno prima del combattimento fa un chiaro riferimento al loghion n° 114 del Vangelo di Tomaso, come possiamo verificare facilmente confrontando i due testi:

 

 

“Fui spogliata e trasformata in un maschio” (Atti di Perpetua e Felicita, X, 7)

 

Simon Pietro disse loro: “Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della vita”. Gesù disse: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel regno dei cieli.” (Vangelo di Tomaso, loghion n° 114)

 

 

L’identificazione simbolica di Perpetua con Maria Maddalena, cioè con la donna che possiede la Gnosi al più alto grado e che come in Pistis Sophia giunge a conquistare il primato tra i discepoli di Gesù, è simbolicamente rappresentata dalla fierezza con cui incede nell’anfiteatro; una fierezza caratteristica di un vera donna “trasformata in maschio” dal possesso della Gnosi, che possiamo ammirare leggendo il seguente passo degli Atti di Perpetua e Felicita:

 

 

“Procedeva Perpetua con dignitoso portamento, da vera matrona di Cristo e con lo sguardo fiero che faceva abbassare gli occhi a tutti” (Atti di Perpetua e Felicita, XVIII, 2)

 

 

Troviamo un’altra traccia dell’importanza che aveva il Vangelo di Tomaso nella Comunità Cristiana che faceva capo al Vescovo Optato nel dispregio di Perpetua per la famiglia carnale, riportato negli Atti Minori di Perpetua e Felicita:

 

 

Ma la donna, respingendo il bambino e allontanando i parenti, disse: “Via da me, artefici dell’iniquità, perché non vi conosco: infatti non potrò considerarvi più grandi e più buoni di Dio, che si è degnato di condurmi fino a questa gloria” (Atti Minori di Perpetua e Felicita, VI, 6)

 

 

Il tono sdegnoso di Perpetua è lo stesso che ha Gesù nel loghion n° 99 del Vangelo di Tomaso, quando si rifiuta di vedere i propri parenti carnali:

 

 

I discepoli gli dissero: “Fuori ci sono tua madre e i tuoi fratelli”. Egli rispose: “Quelli che sono qui, quelli che fanno la volontà del Padre mio, costoro sono miei fratelli e mia madre. Questi entreranno nel Regno di mio Padre” (Vangelo di Tomaso, loghion n° 99)

 

 

Lo stesso grido di libertà lanciato da Perpetua - una donna! - nell’anfiteatro la dice lunga sulla sensibilità di tipo gnostico, egualitaria e libertaria, che pervadeva le comunità cristiane del II°-III° secolo d.C.:

 

 

Quando giunsero alle soglie dell’anfiteatro furono costretti a indossare dei costumi: gli uomini di sacerdote di Saturno, le donne di sacerdotesse di Demetra, ma la fiera Perpetua lottò fino alla fine con la sua fermezza.

Disse infatti: “Per questo siamo giunti spontaneamente fin qui, affinché la nostra libertà non fosse calpestata; per questo abbiamo rinunciato alla nostra vita, per non essere costretti a fare niente di tutto ciò: questo avevamo pattuito con voi” (Atti di Perpetua e Felicita, XVIII, 4-5).

 

 

Il successo che hanno avuto gli Atti di Perpetua e Felicita per tutto il IV° secolo d.C., tale da preoccupare perfino Agostino di Ippona, dimostra in maniera inequivocabile la diffusione del Vangelo di Tomaso e del modo di vedere gnostico nelle principali comunità cristiane che facevano capo alla Grande Chiesa.

Vi saluto nel Signore,

 

Dott. Massimo Cogliandro

 


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