Massimo Cogliandro
1.
Lo zoroastrismo ebraico
Durante
l’esilio degli Ebrei a Babilonia, durato fino ai primi anni di regno
dell’imperatore persiano Dario, essi sono venuti a contatto con le religioni
dualiste di tipo gnostico del mondo iranico. Della genesi di questa influenza
reciproca della cultura iranica e della cultura ebraica, che sarà così
importante per lo sviluppo del carattere fondamentalmente dualista della
teologia essena, sono rimaste delle tracce importanti nella letteratura
veterotestamentaria sia canonica che apocrifa.
Ritengo
opportuno citare qualcuno tra i più importanti indizi della influenza della
cultura iranica sulla spiritualità ebraica, in modo da far tacere anche i più
scettici tra gli studiosi.
In
primo luogo, nel terzo libro di Ezra – apocrifo – viene riportato il testo di
un decreto in cui l’imperatore Ciro afferma di essere stato messo a capo di
tutta la terra dal Dio di Israele:
Questo dice Ciro, re dei persiani: “Il Signore di
Israele, il Signore Altissimo, mi ha eletto re di tutta la terra e mi ha
ordinato di costruirgli una casa in Gerusalemme, nella Giudea.”
Ora, è evidente che l’imperatore persiano ha
affermato di avere ricevuto il proprio potere dal Dio di Israele perché i
sacerdoti Ebrei presenti in Babilonia, quasi certamente venuti a contatto con
Zarathustra, che - come dimostrato da Herzfelfd - apparteneva alla famiglia
reale della Media e aveva una notevole influenza sull’imperatore, usavano
identificare il Dio di Israele con Ahura Mazda, il principio del Bene secondo
la teologia dualista zoroastriana. Infatti, difficilmente un imperatore avrebbe
attribuito ad un dio straniero, per di più di un popolo asservito, il merito
del proprio potere su tutta la terra, se questo dio non fosse stato
identificato con il Principio Assoluto del Bene della religione iranica, Ahura
Mazda appunto.
2.
La profezia di Zarathustra sulla venuta del salvatore del mondo
Nella
letteratura antica e medievale, il profeta Balaam - assiro -, di cui parla il
libro dei Numeri dell’Antico Testamento, è stato spesso identificato con Zarathustra. Questa
tradizione ha un’origine molto antica e non è da escludere che lo stesso autore
del libro dei Numeri, probabilmente vissuto anch’esso durante il periodo della
cattività babilonese, tendesse realmente ad identificare Balaam con
Zarathustra.
A
favore di questa ipotesi sta la profezia di Balaam sulla venuta del Messia, che
ricalca strettamente - per il fatto stesso di avere predetto la venuta di un
Salvatore che sarà annunciata da una stella - alcune versioni della profezia di
Zarathustra sulla venuta del Salvatore del Mondo:
“Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo
dell’uomo aperto d’occhio, oracolo di chi ascolta parole di Dio, e conosce la
scienza dell’Altissimo, vede quello che l’Onnipotente gli fa vedere, cade e gli
occhi si aprono. Lo vedo ma non ora, lo guardo, ma non da vicino: una stella si
muove da Giacobbe, si alza uno scettro da Israele, spezza i fianchi di Moab, il
cranio di tutti i figli di Set” (Numeri).
L’idea ebraica della futura venuta di un Messia,
quindi, è un’ idea religiosa di origine iranica, che affonda le sue radici in
alcuni miti del dualismo zoroastriano.
Tra gli autori antichi che tendevano ad identificare
Balaam con Zarathustra è importante ricordare Origene, che nella sua Omelia sui
Numeri afferma:
“Se le sue profezie furono inserite da Mosè nei
sacri libri, quanto più furono descritte da quelli, che allora abitavano la
Mesopotamia, presso cui Balaam era sommamente onorato e che consta essere stati
suoi discepoli nella magia? Da lui si dice discendere la schiatta e
l’istituzione dei Magi nelle parti dell’Oriente.”
La religione dualista di Zarathustra ha dunque avuto
una certa influenza su tanta parte della teologia ebraica, soprattutto su
quella che ha ispirato le Scritture Apocrife dell’Antico Testamento, in
particolare sui testi che più tardi sono andati a costituire il canone esseno.
E’ probabile che proprio nell’ultimo periodo della
cattività babilonese si sia formato il primo nucleo di quella che più tardi
diventerà la comunità essena, che esso abbia cominciato a dotarsi di una “casta
sacerdotale” analoga a quella su cui poggiava l’antica religione di Zarathustra
e che questi sacerdoti si siano chiamati “Magi” proprio come i sacerdoti di
Zarathustra.
I “Re Magi” del presepe in realtà erano
semplicemente dei sacerdoti esseni a cui era stato affidato il compito di
scrutare il cielo in attesa di un segno (la stella), che, come profetizzato da
Balaam-Zarathustra, annunciasse l’arrivo del Messia di Aronne della comunità
essena, cioè di Gesù Barabba.
E’ da notare che il principale testo che riprende il
tema dei Magi è proprio il Protovangelo di Giacomo, cioè il testo scritto dal
Maestro di Giustizia della comunità essena del tempo di Gesù.
3.
conclusioni
Gli scrittori cristiani del II° secolo hanno
scambiato i “magoi” esseni di cui parla il Vangelo di Matteo con i magi dello
zoroastrismo iranico del tempo.
In realtà, i Magi esseni hanno accolto il bambino
Gesù, nato da una donna ripudiata dal marito per adulterio (il padre reale di
Gesù infatti era il soldato romano Pantera), come accoglievano tutti i bambini
e le donne abbandonate per affidarli alle famiglie presenti nella comunità
essena, e hanno visto in lui il proprio Messia di Aronne in maniera non
dissimile da come ancora oggi i monaci buddisti, seguendo la propria
tradizione, hanno visto in un bambino di pochi anni il successore del Dalai
Lama.
Il fatto che Gesù sia stato scelto come Saoshyant (=
Salvatore) dai Magi dello zoroastrismo ebraico, rappresentato dalla comunità
essena, e non dai sacerdoti dello zoroastrismo persiano ufficiale, trova una
chiara conferma nel fatto che le comunità gnostico-manichee dei secoli successivi,
che si ponevano in continuità con questo zoroastrismo esseno, sono state
perseguitate in Persia dallo zoroastrismo ufficiale in quanto “eretiche”.
Tra tutti i testi dell’Antico Testamento solo i
testi dell’apocalittica giudaica usati dalla comunità essena non sono stati
rifiutati in toto dalle comunità cristiane gnostiche orientali (lo gnosticismo
occidentale ha rifiutato tutto l’Antico Testamento) proprio perché solo in
questi scritti la tradizione esoterica e dualista dello antico zoroastrismo ebraico
si era in qualche modo conservata.
Roma, 2/9/2000