l Placito Feretrano

Questo è il primo documento che in qualche modo e con non poche forzature per secoli è stato considerato testimonianza delle origini antichissime della dimensione statuale di San Marino. Fu rinvenuto nel 1749 da Annibale degli Abati Olivieri nell'Archivio della Repubblica di San Marino. Non è il documento originale, essendo una copia che si pensa possa essere stata scritta alla fine del secolo XI. Il primo studioso che ha analizzato scientificamente e con la necessaria competenza il Placito Feretrano è stato Cesare Manaresi nel 1957; un altro studioso di rinomanza internazionale che pure ha esaminato il documento, ricavandone preziose informazioni per svelare maggiormente l’oscuro Altomedioevo sammarinese, è stato lo svizzero Paul Aebischer nei primi anni '60. Il dibattito intorno al documento si può dire che è appena iniziato, per cui in futuro potremo registrare senz'altro ulteriori contributi.

Il Placito narra di un fatto accaduto il 20 febbraio 885, giorno in cui in una non meglio definita "corte di Stirvano" posta in località Cerreto in territorio montefeltrano, si riunirono alla presenza di Giovanni, vescovo di Montefeltro, e del duca Urso, giuristi e magistrati, una trentina circa, per giudicare sulla vertenza sorta tra Delto, vescovo di Rimini, e Stefano, prete e abate del monastero di San Marino.
Delto accusava Stefano di detenere illegalmente diverse terre che a suo dire appartenevano di diritto alla sua giurisdizione; la causa in pratica doveva servire per stabilire una volta per tutte di chi fossero tali terre.
Uditi i contendenti, difesi entrambi da avvocati, e constatato che Delto non aveva prove reali che dimostrassero l'effettiva appartenenza delle terre contese al suo vescovado, il tribunale diede ragione a Stefano, riconoscendogli così il possesso delle stesse.
Al di là della diatriba giuridica di cui tratta questo placito, il documento è assai importante sia perché è il più antico che si conservi nell'Archivio sammarinese, sia perché per lunghi anni è stato considerato la prova certa della remota indipendenza sammarinese.
Dice per esempio Francesco Balsimelli all'interno del suo testo del 1966 "Elementi di diritto pubblico sammarinese":
Il Placito venne celebrato (...) in territorio neutro e, a parte tutto, è la chiara dimostrazione che dalla fine del secolo IX San Marino era riconosciuto indipendente sia dal Vescovo di Rimini, che dalla Potestà religiosa e civile del Montefeltro: infatti il Monastero di San Marino non dipendeva dal Vescovo di Rimini in quanto è lui che chiama in giudizio l'Abate Stefano appellandosi ad un giurì neutrale; non dipendeva dal Vescovo né dal Duca di Montefeltro, perché sono entrambi giudici della contesa e non parti in causa; onde potremmo supporre che la frase testamentaria "relinquo vos liberos ab utroque homine", attribuita anacronisticamente a Marino, sia stata scritta alla fine del secolo IX o ai primi del X da qualcuno che aveva avuto conoscenza del Placito, perché in quell'occasione San Marino dimostrò chiaramente d'essere libero tanto dal Vescovo di Rimini, quanto dal Vescovo di Montefeltro, cioè ab utroque homine.
In realtà la questione è molto più complessa perché il Placito Feretrano non è una dimostrazione così lampante di un'indipendenza che in questi secoli sarebbe stata storicamente molto prematura, ovvero piuttosto paradossale. I medievalisti che hanno affrontato il problema della cosiddetta libertà perpetua di San Marino sono concordi nell'affermare, come d'altra parte è storicamente logico, che l'indipendenza sammarinese inizi a svilupparsi solo vari secoli dopo la vicenda narrata dal Placito, tra mille difficoltà ed insidie, in piena epoca comunale.
Ciò non elimina tuttavia l'importanza del Placito Feretrano tramite cui possiamo capire, come ha detto con sintetica chiarezza Paul Aebischer, che tra il IX e il X secolo a San Marino esistevano:

un monastero, dei possedimenti di proprietà di detto monastero, e dei coloni che li coltivavano. Questo monastero e queste terre dipendevano dalle autorità montefeltrine. E' tutto.
Studi ancora più recenti, compiuti da Carlo Dolcini, hanno prodotto anche una nuova interessante teoria tendente a porre in relazione il Placito con un altro documento del 1070, conservato sempre presso l'Archivio di San Marino. Questa carta è una concessione di una serie di fondi da parte del vescovo di Rimini all'abbazia di San Gregorio in Conca. Poiché tra queste proprietà ne vengono elencate cinque che il Placito Feretrano attribuiva al Monastero di San Marino, e poiché il Placito ci è pervenuto in copia parzialmente contraffatta e interpolata della fine del secolo XI, Dolcini pensa che quest'ultimo documento sia
un estremo tentativo di fabbricare una qualche base giuridica per la rivendicazione del patrimonio già disgregato dell'abbazia di San Marino, e anche un segno evidente di una rivalità economica e giuridica, ancora aperta alla fine del secolo XI, nei confronti della Chiesa riminese, in un'epoca anteriore all'origine e formazione di San Marino come istituzione comunale di fatto indipendente.
In sintesi possiamo dire che intorno al Mille il Monte Titano era presumibilmente popolato da una comunità venutasi a sviluppare attorno ad un monastero fondato vari secoli prima e verosimilmente dotata di un castello. Inoltre, come comprovato da numerosi documenti riguardanti la sua zona geografica, doveva essere compreso religiosamente nella diocesi di Montefeltro, e politicamente nel comitatus di Montefeltro.
I Sammarinesi dell'epoca dovevano essere poco numerosi, per lo più dediti a modeste e anonime attività silvopastorali e alla cura della loro semplice sopravvivenza. Anche il loro castello doveva essere solo un piccolo nucleo fortificato sotto il monte della Guaita, dove oggi sorge la cosiddetta 1a torre. Nel suo circondario s'innalzavano certamente altri piccoli castelli più o meno fortificati, e dovevano esservi già all'epoca case isolate e piccoli villaggi.
Da questa misera e marginale realtà sociale, che non a caso ci ha potuto lasciare pochissimi documenti di sé, si è poi sviluppata la dimensione comunale di San Marino.