Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2001, n.5, 585, Editore Ipsoa, Milano

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Dichiarazione di fallimento

PRESUPPOSTI PER LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO

 

Tribunale Pisa - Decreto 6 aprile 2000 - Pres. Bonfiglio - Est. Alì - A.G.M. s.r.l. c. S.Gioielli s.r.l.

con nota di Mauro Vanni

 

Fallimento - Dichiarazione - Insolvenza - Presupposti - Credito contestato in sede stragiudiziale

(Art. 5 legge fallimentare)

Ai fini della dichiarazione di fallimento, la sussistenza dello stato d'insolvenza dell'imprenditore non può essere desunta dalla sola circostanza del mancato adempimento di una sola obbligazione.

 

Il Tribunale (omissis) .

osservato che: 1) il credito dell'istante, non consacrato in titolo giudiziale, è contestato dal debitore (v. lettera del 6 ottobre 1999); 2) non ricorrono significativi sintomi dello stato d'insolvenza attribuito alla società resistente; infatti: a) l'amministratore unico è perfettamente reperibile, essendo comparso all'udienza fissata per la audizione, ove ha spiegato le proprie difese; b) non pende alcuna procedura esecutiva contro la società resistente, né sono state presentate altre istanze di fallimento; c) non è vero che presso la sede della società non vi è nulla di utilmente pignorabile, il sequestro penale avendo riguardato circa il 30% della merce (preziosi) esistente presso il negozio di via Borghetto (v. verbale di sequestro 18 settembre 1999):

(omissis) .

 

Nota

Mauro Vanni

 

La decisione annotata è stata resa a conclusione di un procedimento per dichiarazione di fallimento promosso con relativa istanza al competente Tribunale fallimentare, a sostegno della quale, era stata dedotta la sussistenza di un ingente suo credito, pari ad oltre duecentocinquanta milioni di lire, per le forniture effettuate, così come documentato dalle fatture all'istanza allegate, il protesto di assegni elevato a carico della società debitrice per oltre cento milioni di lire ed altre circostanze, sia pure semplicemente asserite, quali la cessazione dell'attività da parte di quest'ultima, la mancanza di beni utilmente pignorabili e l'irreperibilità del suo amministratore, deducendosi da tutto ciò l'evidenza di uno stato di insolvenza tale da legittimare la dichiarazione di fallimento.

All'udienza fissata dinanzi al giudice delegato per l'audizione del legale rappresentante delle società debitrice, veniva tuttavia rilevato che il credito vantato dalla parte istante risultava contestato, sia pure stragiudizialmente, in epoca anteriore alla proposizione dell'istanza fallimentare e non poteva trarsi alcun elemento della dedotta condizione di decozione, essendosi regolarmente presentato l'amministratore della debitrice dinanzi al giudice e mancando qualsiasi prova sull'asserita mancanza di beni pignorabili presso la sede della stessa che, ad avviso della istante avrebbe giustificato l'omissione del previo tentativo di esecuzione forzata, peraltro contraddetta dall'oggetto dell'attività commerciale, costituito dalla vendita di preziosi, dovendosi semmai, per questo, quanto meno presumere, in difetto di contrari elementi, l'esistenza invece di in un compendio patrimoniale utilmente aggredibile.

L'esposizione di una, sia pur rilevante, posizione debitoria, ove anche caratterizzata, nella fattispecie, dalla sua diffusione, al di fuori della sfera del rapporto intercorrente tra le parti, dipendente dalla pubblicazione dei protesti degli assegni rimasti insoluti per difetto di provvista, non è stata ritenuta condizione sufficiente per la dichiarazione di fallimento, tanto in ragione della specifica contestazione del credito avanzata dalla debitrice, quanto per la mancata allegazione di altri elementi atti a dimostrare la decozione dell'impresa, tra cui, in specie, l'omesso ed ingiustificato previo ricorso alla fase di espropriazione forzata.

Ai sensi dell'art. 5 della legge fallimentare, lo stato di insolvenza costituisce il presupposto oggettivo per la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, il quale deve ritenersi realizzato ogni qualvolta le condizioni del suo patrimonio versino in una situazione di oggettiva impotenza economica, funzionale e non transitoria, per la quale questi non sia più in grado di far fronte, con regolarità e mezzi normali, all'adempimento delle proprie obbligazioni a seguito del verificarsi di eventi che pregiudicano la liquidità e il credito necessari allo svolgimento della propria attività [1], venendosi così a determinare oggettivamente una situazione di illiquidità non transeunte [2] e manifesta [3] del patrimonio del debitore, senza comunque potersi attribuire significativo rilievo alle cause che ne hanno dato origine [4].

Il mancato adempimento delle obbligazioni assunte dall'imprenditore, malgrado costituisca, sul piano applicativo, il caso di maggior frequenza, ha soltanto un valore meramente presuntivo, potendo lo stato di insolvenza manifestarsi anche indirettamente, attraverso altri indici univocamente sintomatici tratti da ulteriori fattori esteriori [5], tra i quali, il successivo art. 7, annovera la fuga o la latitanza dell'imprenditore, la chiusura dei locali dell'impresa, il trafugamento, la sostituzione o la diminuzione fraudolenta dell'attivo da parte dell'imprenditore, così come anche a prescindere sia dall'effettiva sussistenza di inadempimenti sia dal numero e dalla gravità di essi [6], mentre, per converso, pure un solo inadempimento potrebbe legittimare la dichiarazione di fallimento, ove esso costituisca indice inequivocabilmente sintomatico dell'esistenza di un patrimonio in dissesto e dell'oggettiva impossibilità del debitore di procedere regolarmente e con mezzi normali, all'adempimento degli obblighi assunti [7].

Quello che allora deve emergere, per potersi ritenere sussistente la condizione che può legittimare la dichiarazione di fallimento, è la circostanza che l'inadempimento contestato possa configurarsi come certo ed attuale e che il creditore abbia effettuato, senza esito positivo, una vera e propria richiesta di pagamento, sempreché, tuttavia, l'imprenditore non sia riuscito a dimostrare, ovvero non sia altrimenti emersa, la capacità di far luogo comunque con regolarità al pagamento delle proprie obbligazioni e, quindi, la radicale mancanza di qualsiasi incidenza o sintomatico rilievo dell'inadempimento in questione su tale suddetta capacità [8], dovendosi quindi sempre accertare, alla stregua di tale criterio, la consistenza e la gravità del mancato adempimento, per cui anche l'inadempimento relativo ad un solo e modesto credito, ove relativo ad obbligazioni costituite per servizi essenziali all'azienda, può essere ritenuto senz'altro sintomatico di un più generale stato di insolvenza [9], in specie se questa condizione appaia chiaramente desumibile tanto dalla ingiustificata e persistente volontà del debitore di sottrarsi all'adempimento, quanto dal mancato rinvenimento di beni di sufficiente valore da assoggettare ad espropriazione forzata [10].

In mancanza, invece, di comprovate ulteriori circostanze che inducano comunque a ritenere fondatamente la sussistenza di uno stato di decozione, il semplice mancato adempimento di un'unica obbligazione non potrà costituire valido requisito che legittimi l'accoglimento della richiesta di fallimento, come nel caso in cui il credito sia stato giudizialmente contestato dal debitore e, a maggior ragione, se la contestazione sia stata avanzata prima della domanda proposta dal creditore al tribunale fallimentare, senza che, peraltro, possa essere attribuito alcun significativo rilievo all'efficacia della clausola di provvisoria esecuzione di cui eventualmente sia munito il titolo dell'istante [11], dovendo semmai porsi soltanto riguardo alla valutazione compiuta dal tribunale fallimentare, sia pure in via sommaria, sul carattere pretestuoso o meno delle eccezioni svolte dal debitore in ordine alla contestazione del credito posto a base dell'istanza, al fine di verificare se esse non appaiano manifestamente infondate o se invece risultino presumibilmente dirette esclusivamente a differire nel tempo il pagamento del dovuto ed a celare quindi un'ingiustificata volontà del debitore di sottrarsi all'adempimento degli obblighi assunti non più sostenibile [12].

Posto che la dinamica dei rapporti obbligatori intercorrenti tra i terzi e l'imprenditore e le vicende concernenti l'attuazione delle relative prestazioni a carico di esso costituiscono circostanze che possono avere adeguato rilievo, ai fini dell'accoglimento della richiesta di fallimento, soltanto nella misura in cui da esse sia consentito trarre elementi che rendano fondatamente presumibile un conclamato stato di decozione della sua impresa, si rileva che, allora, anche l'attuazione del rapporto obbligatorio nella rigorosa osservanza dei patti contrattualmente stabiliti mediante l'esatta e tempestiva esecuzione delle relative prestazioni da parte dell'imprenditore non può, di per sé, essere ritenuta circostanza sufficiente ad escludere lo stato di decozione, come nel caso in cui questi sia riuscito a far fronte alle singole scadenze ricorrendo a mezzi anormali di pagamento, quali ad esempio l'alienazione totale o parziale del patrimonio che abbia provocato o possa determinare uno squilibrio economico tale da rendere verosimilmente impossibile il rispetto degli obblighi assunti nei confronti dei creditori [13].

Elemento essenziale, dunque, per considerare verificata la condizione di dissesto economico, costituente lo stato di insolvenza, non può ritenersi, allora, il verificarsi o il susseguirsi di uno o più inadempimenti, ma deve invece essere individuato nel fattore causale di essi e di cui questi stessi rappresentano specifico e significativo indice sintomatico, precisamente costituito dal venir meno della capacità di credito di cui gode e deve godere l'impresa, quale possibilità, più o meno immediata, per l'imprenditore, di procurarsi credito con operazioni proprie normali, ossia il venir meno della capacità produttiva, nel senso di capacità effettiva e potenziale dell'impresa di far fronte ai suoi impegni con l'utilizzazione di mezzi normali di pagamento [14], dovendo l'accertamento dello stato di insolvenza essere compiuto con il ricorso a questi compositi criteri, sulla base di presunzioni costituite da circostanze indiziarie che, per i loro requisiti di gravità, precisione e concordanza, rendano palese ed oggettivamente conoscibile la realizzazione di tale condizione, mediante un'attenta verifica compiuta dal giudice di merito e sottratta, se immune da vizi logico-giuridici, al sindacato di legittimità della Suprema Corte [15].

 

Note:

1 Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989; Ragusa Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 1994, 62; Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 46; Cass. 21 novembre 1986, n. 6856, in questa Rivista 1987, 190. Contra: Bonsignori, Il presupposto oggettivo delle procedure concorsuali, in Dir. fall. 1981, II, 360; Campisi, Orientamenti attuali sullo stato di insolvenza, ivi, 1983, II, 182. Nel senso che l'insolvenza costituirebbe un fatto del debitore e non uno stato del suo patrimonio, cfr.: Azzolina, Il fallimento, Torino, 1953, 144.

 

2 Cass. 7 luglio 1992, n. 8271, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 7; Cass. 9 maggio 1992, n. 5525, in questa Rivista 1992, 811; Trib. Torino 7 aprile 1998, in Giur. it. 1988, I, 2, 655; Trib. Torino 10 aprile 1997, in Foro pad. 1997, I, 405; Trib. Roma 10 aprile 1987, in Dir. fall. 1987, II, 784.

 

3 Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1986, 93; Andrioli, Il fallimento, in Enc dir., Milano, 1967, 316; De Semo, Diritto fallimentare, Padova, 1968, 127; Azzolina, Il fallimento, cit., 244; Ferrara, Il fallimento, cit., 131.

 

4 Ferrara, Il fallimento, cit., 128; Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 333; Satta, Diritto, cit., 45; Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, Napoli, 1980, 603. Cass. 19 novembre 1992, n. 12383, in Dir. fall. 1993, II, 1084; Cass. 9 maggio 1992, n. 5525, cit.; Cass. 21 novembre 1986, n. 6856, cit.; App. Firenze 14 luglio 1978, in Dir. fall. 1978, II, 326; Trib. Napoli 22 gennaio 1984, in Dir.giur. 1975, 476.

 

5 Azzolina, Il fallimento, cit., 209; Provinciali, Trattato, cit., 327.

 

6 Azzolina, Il fallimento, cit., 276; Provinciali, Trattato, cit., 309; Ragusa Maggiore, Il presupposto del fallimento, Padova, 1984, 109; Satta, Istituzioni di diritto fallimentare, Milano, 1963, 5. Trib. Potenza 11 giugno 1994, in Banca, borsa, tit. cred. 1995, II, 610.

 

7 Pajardi, Manuale, cit., 98; Ferrara, Il fallimento, cit., 130. Trib. Milano 27 dicembre 1972, in Dir. fall. 1972, II, 823.

 

8 Trib. Napoli 28 febbraio 1996, in Dir. fall. 1996, II, 600.

 

9 Pajardi, Manuale, cit., 98; Trib. Milano 2 dicembre 1993, in Gius 1994, fasc. 5, 95; Trib. Milano 5 settembre 1988, in Dir. fall. 1989, II, 643.

 

10 Trib. Torino 17 aprile 1998, in Gius 1998, 2347; Trib. Firenze 24 agosto 1989, in Dir. fall. 1990, II, 844.

 

11 Trib. Salerno 18 marzo 1998, in Giur. merito 1999, 1015; Trib. Pisa 4 marzo 1997, in questa Rivista 1997, 845; Trib. Chieti 26 maggio 1992, in Dir. fall. 1993, II, 545.

 

12 Trib. Milano 17 novembre 1994, in Gius 1995, 449.

 

13 Satta, Istituzioni, cit., 48; Provinciali, Trattato, cit., 330.

 

14 Satta, Istituzioni, cit., 38; Bonsignori, Il presupposto, cit., 358. Cass. 20 maggio 1993, n. 5736, in questa Rivista 1993, 1135; Cass. 21 novembre 1986, n. 6856, cit.; Cass. 22 giugno 1985, n. 3877, in Giur. it. 1986, I, 1, 409; Cass. 11 maggio 1981, n. 3095, in Giur.comm. 1982, II, 463; Trib. Como 19 dicembre 1994, in Dir. fall. 1995, II, 276. Sul punto che, in mancanza di altri indizi convergenti, la pendenza di procedure esecutive non è indice univoco dello stato di insolvenza, cfr.: Trib. Salerno 18 marzo 1998, cit. Nel senso che la contestazione del credito ad opera del debitore esclude che l'inadempimento dell'obbligazione possa essere ritenuto di per sé solo prova dell'esistenza dello stato di decozione, cfr.: App. Bologna 17 ottobre 1996, in Giur. it. 1997, I, 2, 1. Per l'avviso che non è utile ad escludere lo stato di insolvenza la semplice circostanza che le condizioni economiche dell'impresa evidenzino un'eccedenza dell'attivo rispetto al passivo, cfr.: Pajardi, Manuale, cit., 96; Pellegrino, Lo stato di insolvenza, Padova, 1980, 57; Candian, Lo stato di insolvenza in uno scritto recente, in Dir. fall. 1981, I, 93; Ferrara, Il fallimento, cit., 130. Cass. 26 giugno 1992, n. 8012, in questa Rivista 1992, 1026; Cass. 9 maggio 1992, n. 5525, cit.; Cass. 11 aprile 1992, n. 4463, in Giust. civ. 1993, I, 1027; Cass. 31 gennaio 1984, n. 182, in Arch.civ. 1984, 253. Trib. Napoli 14 aprile 1997, in Dir. fall. 1999, II, 399. Contra, Satta, Istituzioni, cit., 48.

Per la sufficienza, ai fini della realizzazione del presupposto al procedimento concorsuale, la constatata perdita delle consuete condizioni di liquidità e di credito, cfr.: Cass. 26 giugno 1992, n. 8022, cit.; Cass. 11 aprile 1992, n. 4463, cit.; Cass. 24 novembre 1983, n. 2055, in questa Rivista 1983, 1022. Si ritiene che sia sufficiente, per ritenere sussistente lo stato di insolvenza, la mancanza di denaro liquido a causa di improvvidi investimenti non rapidamente reversibili (Pajardi, Manuale, cit., 97) o anche il fatto che, malgrado i magazzini ricolmi di merce, l'imprenditore non sia di fatto in grado di alienarla senza ricorrere a svendite. Cfr. sul punto: Satta, Istituzioni, cit., 48. Cass. 12 dicembre 1973, n. 267, in Giust. civ. 1973, 205. Nel senso che, per contro, l'eccedenza del passivo sull'attivo, pur mantenendo un significativo valore indiziario, non è, di per sé, indice univocamente sintomatico di una situazione di totale e definitivo dissesto, come nel caso in cui un'impresa si trovi di consueto ad operare con uno sbilancio cronico e tuttavia il consistente credito bancario e commerciale le consenta di mutare ed avvicendare costantemente le scadenza delle proprie obbligazioni, cfr.: Pajardi, Manuale, cit., 97. Trib. Genova 20 febbraio 1995, in Gius 1995, 953.

 

15 Ferrara, Il fallimento, cit., 34; Pajardi, Manuale, cit., 96; Ragusa Maggiore, Il presupposto, cit., 110.

 

 

  Mauro Vanni