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Il fisco, 1994, n.47, Editore Eti, Roma ________________________________ DOLO SPECIFICO
Emissione
o utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti Il dolo specifico si distingue da
quello generico, rappresentato dalla previsione e dalla volizione dell'evento
da parte dell'agente quale conseguenza della sua azione od omissione ai sensi
dell'art.43 c.p., per esser esso costituito dal particolare motivo o dallo
scopo speciale propostosi dal soggetto attivo del reato (1) Non per questo, in ogni caso in cui la
norma penale contempla un motivo od un determinato fine specifico per
qualificare come penalmente rilevante l'azione o l'omissione criminosa, ci
troviamo conseguentemente di fronte ad una ipotesi di dolo specifico. Laddove la norma non da rilevanza al
fine propostosi dal soggetto agente , così come nel caso in cui postula un
determinato fine per rendere punibile un fatto che altrimenti non lo sarebbe,
si resta nel campo del solodolo generico, seppure particolarmente qualificato
(2). Funzione peculiare del dolo specifico è
perciò quella di contraddistinguere tutti quei reati che apparirebbero
identici quanto a materialità e dolo generico. La sua presenza consente ad esempio di
distinguere il furto dalla violenza o dal danneggiamento, laddove chi si
impossessò della cosa lo fece per trarne profitto e non invece per farsi
ragione di un proprio diritto o per danneggiarla semplicemente. Consente altresì di specializzare la
tutela normativa, come per l'appunto nell'ipotesi di alterazione e
contraffazione dei documenti fiscali prevista dalla lettera a) del primo
comma dell'art.4 della L.07.08.1982 n.516, differenziando la condotta
incriminata rispetto a tutte quelle altre
riconducibili altrimenti alla falsità materiale in scrittura privata
ai sensi dell'art.495 c.p.. In altri casi, come ad esempio per le
falsità ideologiche, la previsione del dolo specifico sancita dalla norma
tributaria rende penalmente rilevante un fatto che altrimenti non lo sarebbe
(3). Trattasi pertanto di vero e proprio
elemento costitutivo del reato con valenza eminentemente differenziatrice
rispetto a consimili figure criminose od a fattispecie penalmente
indifferenti. Nè la sua funzione appare svalutata o
superflua in ambito penale tributario, dovendo ritenersi priva di rilievo
quella tesi che ne predica l'ininfluenza assumendo il carattere ovviamente
doloso delle relative fattispecie criminose (4). Diversamente ragionando, non potrebbe
che ravvisarsi infatti l'applicabilità della norma comune del codice penale
sul falso materiale per chi, tenendo il comportamento descritto dalla lettera
a) del primo comma dell'art.4 L.07.08.1982 n.516, alleghi alla dichiarazione
annuale dei redditi, dell'imposta sul valore aggiunto o di sostituto
d'imposta od esibisca agli uffici finanziari o agli ufficiali od agenti della
polizia tributaria o comunque rilasci o utilizzi documenti contraffatti o
alterati. Non distinguendo tra atti pubblici e
scritture private, la norma penale tributaria costituirebbe per l'appunto
disposizione generale, destinata perciò a segnare il passo dinnanzi a quella
codicistica in ipotesi di concorso apparente di norme. Verrebbero inoltre puniti comportamenti
che nulla hanno a che vedere con l'evasione, come nel caso di emissione od
utilizazione di fatture false per simulare a terzi l'esistenza di crediti
ingenti (5). L'accoglimento della tesi della
irrilevanza del dolo specifico trasformerebbe infine i reati penal tributari
in discussione da reati di pericolo in reati di sospetto. Finirebbe quindi per divenire
penalmente rilevante, ai sensi dell'art.4 L.07.08.1982 n.516, qualsiasi fatto
nel quale fosse dato ravvisare una qualunque delle condotte descritte dalla
norma, a prescindere da ogni collegamento con una evasione ancora da compiere
o da consentire ad un terzo o con un indebito rimborso da conseguire. Il reato sarebbe perciò sempre e
comunque ravvisabile, sia nell'ipotesi in cui esso appaia effettivamente
preordinato al raggiungimento di uno degli obiettivi suindicati, sia nel caso
in cui esso sia stato commesso per tutt'altri motivi od anche per coprire
un'evasione od un indebito rimborso già conseguiti (6). Come pertanto nei reati di mero
sospetto, il comportamento incriminato costituirebbe indice sintomatico di un
fatto criminoso pregresso e non accertato. Il problema è stato in particolare
affrontato in relazione all'ipotesi di contraffazione od alterazione dei
documenti fiscali delineata dalla citata lettera a) del primo comma
dell'art.4 della L.07.08.1982 n.516, avendo la giurisprudenza di merito più
volte escluso il dolo specifico, e perciò la configurabilità stessa del
reato, nel caso in cui il documento alterato sia stato esibito agli agenti o
agli uffici finanziari o giudiziari non in modo spontaneo dal contribuente,
ma invece su specifico invito od ordine degli stessi (7). Più cautamente, la dottrina ha
circoscritto le ipotesi di non configurabilità del delitto in questione ai
casi in cui l'esibizione sia effettuata su invito del giudice o della polizia
giudiziaria immediatamente prima dell'esecuzione del decreto di perquisizione
o di sequestro (8) o addirittura alla sola ipotesi del rinvenimento del
documento contraffatto durante le ricerche effettuate dagli organi indaganti
(9). Con accortezza, si osservato al
riguardo che, se da un lato integra giustamente il dolo specifico richiesto
dalla norma l'esibizione del documento alterato da parte del contribuente per
contrastare accertamenti già effettuati o in corso, non potrebbe egualmente
sostenersi validamente l'implicita permanenza della suddetta finalità
evasiva, senz'altro ben presente all'atto dell'alterazione documentale, in
ogni successivo comportamento dell'agente, potendo l'esibizione del documento
configurare il reato sopra citato soltanto in presenza di un'attuale finalità
evasiva del contribuente (10). La giurisprudenza della Suprema Corte,
che ha di frequente analizzato il problema in occasione di contestate
alterazioni dei documenti fiscali effettuate dal contribuente durante la
verifica degli agenti tributari allo scopo di ristabilire in senso veritiero
i dati falsamente indicati in precedenza, ha in alcuni casi escluso la
finalità evasiva, e pertanto la configurabilità del delitto, ritenendo
diretto il comportamento del soggetto ad uno scopo nettamente opposto
rispetto a quello originario d'evasione, sia pure per il semplice motivo di
evitare l'applicazione della sanzione (11). Di recente ha sul punto mutato
indirizzo e ravvisato il reato in occasione della constatata alterazione dei
documenti accompagnatori della merce trasportata durante le operazioni di
controllo degli agenti tributari, ritenendo di poter anticipare la condotta
tipica già al momento dell'iniziale alterazione eseguita prima del trasporto
con indubbia finalità evasiva (12). Parimenti, in altre ipotesi concernenti
l'utilizzazione di bolle di accompagnamento alterate al fine di evadere le
imposte ed esibite all'ufficio finanziario successivamente al periodo di
imposta ad esse riferito, la Suprema Corte ha ritenuto configurarsi il reato,
assumendo ravvisabile anche il tal caso il dolo specifico per esser stata la
condotta comunque finalizzata a render perfetta l'evasione già consumata
(13). In altre ipotesi ancora, la necessaria
sussistenza del dolo specifico è stata ribadita per distinguere la
fattispecie criminosa dell'esibizione agli uffici finanziari e alla polizia
tributaria di documenti contraffatti e alterati prevista dall'art.4 primo
comma lett.a) della L.07.08.1982 n.516 da quella stabilita invece dall'ultimo
comma dell'art.7 del D.P.R. 06.10.1978 n.627 concernente la contraffazione o
l'alterazione e uso degli appositi moduli stampati sui quali debbbono essere
compilati i documenti di accompagnamento dei beni viaggianti (14). Dato comune degli orientamenti
giurisprudenziali citati è che la verifica della sussistenza del fine evasivo
ha costantemente costituito il fondamentale presupposto normativo e logico
per decidere sulla sussistenza o meno del reato. Invero, analizzando la ratio stessa
della disposizione legislativa in esame, non può prescindersi
dall'osservazione che essa, trasformando radicalmente la precedente
disciplina in ordine alle ipotesi di frode fiscale, ha modificato le
previsioni incriminatrici concernenti le imposte dirette e l'imposta sul
valore aggiunto svincolandole sì da ogni collegamento con l'evasione
dell'imposta, ma soltanto per ancorare la punibilità alla configurazione di
condotte costituenti il mero pericolo dell'evasione (15). Non ha quindi di certo inteso il
legislatore del 1982 escludere qualsiasi riferimento all'evasione ma, dotando
di notevole più efficacia la portata della disciplina, semplicemente
arretrare la soglia di punibilità ad un momento antecedente, ritenendo
sufficiente, ma pur sempre necessario, che la condotta criminosa sia
proiettata verso la finalità evasiva. Resta pertanto ben saldo il legame di
ordine psicologico tra le condotte criminose descritte dalla norma e
l'interesse ulteriore dello Stato alla repressione dell'evasione (16). Com'è stato puntualmente rilevato, il
dolo del reato in esame concorre ad esprimere non soltanto una relazione tra
la psiche dell'agente ed il fatto commesso, ma caratterizza lo stesso
comportamento illecito, contribuendo ad integrare la fattispecie tipica alla
stessa stregua degli elementi obiettivi (17). Laddove la norma orienta le condotte
incriminate verso un particolare scopo, si instaura indissolubilmente un collegamento
funzionale e strumentale, mancando il quale la condotta risulterebbe del
tutto priva del carattere di offensività e per questo non punibile ai sensi
dell'art.49 secondo comma c.p. (18). La tesi della essenzialità del dolo
specifico di evasione consente pertanto di arginare nella categoria dei reati
di pericolo sia pure presunto le figure criminose in oggetto, evitando quelle
storture e quelle conclusioni aberranti che senza alcun dubbio non
corrispondono alla ratio della disciplina ed alla intenzione del legislatore. E, così ragionando, debbono perciò
escludersi dall'ambito di operatività dell'art.4 L.07.08.1982 n.516 tutte
quelle condotte che, seppure identiche dal lato materiale a quelle tipizzate
dalla norma, non appaiano sorrette né adeguatamente qualificate da una delle
finalità evasive descritte nella prima parte di essa, dovendo in tali casi
ritenersi affatto configurabile il delitto de quo per mancanza del prescritto
dolo specifico. Il quadro non muta, né lo potrebbe,
spostando l'esame sull'ipotesi normativa che più specificatamente trattiamo e
cioè quella descritta dalla lettera d) del citato art.4, concernente
l'emissione o utilizzazione di fatture per operazioni in tutto o in parte
inesistenti o recanti l'indicazione dei corrispettivi o dell'imposta sul
valore aggiunto in misura superiore al reale, ovvero l'emissione o
l'utilizzazione di fatture o altri documenti recanti l'indicazione di nomi
diversi da quelli veri in modo che ne risulti impedita l'indicazione dei
soggetti cui si riferiscono. Con tale disposizione, il legislatore
ha colto e posto in risalto l'importanza e la delicatezza del ruolo che hanno
la fattura e i documenti a questa equipollenti nel meccanismo di applicazione
del tributo, ivi essendo attestate le operazioni fiscalmente rilevanti
effettuate dal contribuente. Considerato infatti che la fattura
consente al tempo stesso all'emittente di addebitare al cessionario od al
committente, a titolo di rivalsa, l'imposta relativa al corrispettivo
dell'operazione ed autorizza il soggetto che la riceve ad effettuare la
corrispondente detrazione, appare evidente come la simulazione tra le parti
delle operazioni documentate possa irrimediabilmente distorcere e vulnerare
con estrema facilità il meccanismo applicativo del tributo. Già prima dell'entrata in vigore della
legge 07.08.1982 n.516, la fattispecie era stata criminalizzata dall'art.50
comma 4 del D.P.R. 26.10.1972 n.633. Nonostante la giurisprudenza avesse già
provveduto ad includere nel concetto di operazione inesistente l'ipotesi
dell'operazione oggettivamente effettuata ma con soggetti diversi da quelli
indicati nel documento fiscale (19), il legislatore del 1982 ha
esplicitamente criminalizzato la fattispecie dell'operazione soggettivamente
inesistente (20). Tralasciando la trattazione di tutte le
varie problematiche connesse all'individuazione della gamma delle condotte
punibili, basti in questa sede brevemente osservare che la condotta
penalmente rilevante appare integrata dal fatto che l'operazione denunciata
non sia mai stata posta in essere, sia diversa da quella effettivamente
svolta, sia intervenuta tra soggetti diversi da quelli documentalmente
indicati o ne sia stato aumentato il corrispettivo o l'imposta rispetto al
reale. Innovando rispetto al precedente art.50
del D.P.R. 26.10.1972 n.633, la norma in commento concerne non solo la
fattura e quei documenti espressamente previsti come di essa sostitutivi
quale quello emesso dal cessionario al posto del cedente inadempiente ai
sensi dell'art.41 del citato decreto (21), ma anche gli altri documenti alla
fattura ritenuti equivalenti quali le parcelle, le note, i conti, le bollette
dei contribuenti minori previste dall'art.32 del suddetto decreto (22), la
ricevuta fiscale, lo scontrino fiscale, le schede per l'acquisto del carburante,
le note di credito o di addebito di cui al precedente art.26, le bolle di
accompagnamento della merce, di importazione e di esportazione (23). La nuova normativa ha poi ricompreso
nella falsità, a differenza di quanto prevedeva la citata previgente
disciplina, l'ipotesi della parziale inesistenza dell'operazione fatturata e,
come in precedenza segnalato, ha espressamente previsto il caso della
divergenza tra i nominativi indicati nei documenti e quelli degli effettivi
protagonisti dell'operazione imponibile. Tale ultima ipotesi è stata intesa
dalla giurisprudenza nella sua massima estensione ricomprendendovi ogni
interposizione di persona sia essa fittizia o reale (24). Quanto alle condotte materiali
previste, l'emissione del documento ideologicamente falso ricomprende le
ipotesi della consegna o della spedizione di esso alla controparte (25),
mentre la sua utilizzazione si riferisce ad ogn impiego giuridicamente
rilevante (26), abbracciando perciò tutta una serie di ipotesi non previste
dalla precedente disciplina dell'art.50 D.P.R. 633/72, che si limitava a
sanzionare la sola annotazione delle fatture false nel registro degli
acquisti, quali oltre a tale annotazione (27), l'allegazione alla denuncia
dei redditi così come l'esibizione agli ufficiali ed agenti di polizia
tributaria (28) e tutte le altre operazioni di registrazione in contabilità
(29). Per le bolle di accompagnamento la
legge non prevede particolari incombenze di registrazione contabile, ma solo
la loro conservazione. Rientrando pertanto quest'ultima
nozione nel più ampio concetto di mera detenzione, non può essa rappresentare
forma alcuna del contrapposto concetto di utilizzazione previsto dalla norma
per la configurazione del reato, rimanendo pertanto il fenomeno della
conservazione del tutto estraneo alla condotta descritta dalla norma in
oggetto (30). Enucleato brevemente il contenuto della
disposizione, è ora il momento di approfondire l'esame dell'elemento
soggettivo, richiamando il disposto enunciato nella prima parte dell'art.4 della
legge 07.08.1982 n.516 che sancisce l'applicazione della pena criminale a
chiunque compia la condotta sopra citata "al fine di evadere le imposte
sui redditi o l'imposta sul valore aggiunto o di conseguire un indebito
rimborso ovvero di consentire l'evasione o l'indebito rimborso di
terzi". Si nota immediatamente il dato nuovo
posto dal legislatore del 1982 rispetto al previgente art.50 D.P.R. 633/72
che richiedeva il solo dolo generico, essendo infatti stabilita
l'applicazione della pena per chi emette fatture per operazioni inesistenti o
indica nelle fatture i corrispettivi e le relative imposte in misura
superiore al reale e per chi annota nel registro degli acquisti fatture
inesistenti o relative ad operazioni inesistenti o recanti la indicazione dei
corrispettivi o delle imposte in misura superiore a quella reale (31). La giurisprudenza pareva aver posto la
dovuta attenzione alla verifica di tale atteggiamento psicologico quale
elemento costitutivo del reato stesso, escludendo decisamente la configurabilità
del delitto di cui all'art.4 primo
comma n.5 (o lettera d) nella nuova formulazione) della L.516/82 in tutti i
casi nei quali non fosse dato riscontrare l'intento di evadere il fisco (32). Così, il reato in esame non è stato
ravvisato dalla Suprema Corte allorquando scopo della falsa fatturazione
risultava quello, non di evadere il fisco, ma di ottenere esclusivamente un
finanziamento ad un tasso più conveniente (33), di perpretare una truffa (34)
o di procurare un finanziamento ad imprese in stato di dissesto mediante lo
schema del leasing (35). Quest'ultima ipotesi, data la frequente
ricorrenza del fenomeno, è stata posta più di sovente all'attenzione dei
giudici. In tali casi, gli utilizzatori
ricorrono al leasing non per ottenere la disponibilità di un bene occorrente
all'impresa, ma per usufruire del denaro che la società di leasing ha
corrisposto al fornitore del bene o anche soltanto per godere dei benefici
fiscali conseguenti, quali la deduzione dei canoni corrisposti alla società
di leasing nei limiti stabiliti dall'art.67 comma 8 del Testi Unico delle
Imposte sui Redditi e delle spese di manutenzione del bene (36). Del reato in oggetto sono
potenzialmente chiamati a rispondere l'utilizzatore e lo stesso fornitore. Nonostante l'indubbia oggettiva
inesistenza dell'operazione fatturata, si è ritenuto che quest'ultimo debba
andar esente da responsabilità, non potendo configurarsi il reato in esame,
allorquando la sua condotta sia risultata diretta non a consentire un
evasione altrui, ma soltanto a procurare un finanziamento all'impresa
utilizzatrice per la quale, data la situazione di dissesto in cui verasva, la
deduzione del canone del leasing appariva del tutto ininfluente (37). Alla stessa conclusione non potrebbe
naturalmente giungersi allorquando concorra, con la finalità di far ottenere
all'impresa utilizzatrice un finanziamento, sia pure in forma truffaldina,
anche lo scopo di consentirgli di simulare, nei rispetti dell'Amministrazione
finanziaria, componenti negativi di reddito, circostanza questa affatto rara
in specie nei casi di imprese dissestate, tra i cui creditori ricorre assai
di frequente proprio il Fisco. In tali casi, il fornitore così come l'utilizzatore rispondono del reato di
cui all'art.4 primo comma lett.d) della L.516/82, benché il fine evasivo non
abbia costituito l'unico o il principale motivo della fatturazione per
l'operazione inesistente (38). Ad escludere la configurabilità del
reato in oggetto, ove risulti la mancanza del fine evasivo nella condotta del
fornitore, non pare essere di ostacolo l'osservazione secondo la quale
questi, agendo con il dolo di truffa ai danni della società di leasing, abbia
conseguentemente accettato il rischio di consentire l'evasione delle imprese
utilizzatrici, dovendo ritenersi quanto meno prevedibile l'utilizzo dei
documenti fiscali per l'ottenimento dei relativi benefici a danno dell'Erario
(39). Così ragionando, infatti, dovrebbe
configurarsi a carico del soggetto fornitore una duplice responsabilità per
truffa a titolo di dolo principale e per frode fiscale a titolo di dolo
eventuale. Rileverebbe perciò quella nozione di
dolo accessorio secondo cui la volontà diretta a commettere un fatto
contrario alla legge penale (dolo principale) implicherebbe la volontà di
fare tutto ciò che a quel fatto direttamente si riferisce, sia per eseguirlo
sia per occultarlo, sia per l'impulso dell'occasione (40). Ma è proprio l'inevitabile accostamento
tra questa forma di dolo e quella analoga di dolo eventuale che suole porre
in crisi la predetta osservazione. Alla qualificazione come eventuale del
dolo specifico consegue, infatti, la completa vanificazione dell'elemento
soggettivo, costituito dalla speciale finalità posta dal legislatore quale
elemento costitutivo del reato (41). Ammettere che l'emittente della fattura
ideologicamente falsa sia punibile a titolo di dolo eventuale, implicherebbe
in ogni caso la configurabilità del reato, anche nei casi di assoluto difetto
del fine evasivo, in quanto pressoché mai l'agente potrebbe validamente
assumere di non aver nemmeno accettato il rischio che il documento venisse
utilizzato dal consegnatario ai danni del Fisco. Invero, pur tenuto conto della
ontologica incompatibilità che si pone tra le due forme di dolo in
discussione (42), la qualificazione del dolo specifico in termini di dolo
eventuale appare accoglibile esclusivamente nella misura in cui non sia
vanificata la finalità tipica posta come obiettivo della condotta, potendo
invece concernere l'accettazione del rischio altri elementi che debbono
comunque essere voluti dall'agente e ad esso rappresentatisi per la
sussistenza del reato (43). NOTE: (1) Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1961, I, cap.X,
pag.772. (2) Malinverni, Scopo e movente nel diritto penale, Torino, 1955, pag.151; Bettiol, Diritto penale, Padova, 1978, pag.447; Frosali, Sistema penale italiano, Torino, 1958, vol.I, pag.486; Antolisei, Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, 1975, pag.284. (3) A.D'Avirro - E.Di Nicola - G.Flora -
C.F.Grosso - T.Padovani, Responsabilità
e processo penale nei reati tributari, Milano, 1992, pag.196; Antolisei, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, Milano, 1985,
pag.672; B.Assumma, I delitti tributari, in La
disciplina penale in materia di imposte dirette ed IVA, Firenze, 1985,
pag.119; G.Serao - S.Piccioli, La disciplina sulla frode fiscale,
Padova, 1990, pag.55; Traversi, I reati tributari in materia di imposte dirette e IVA, Milano,
1986, pag.519. (4) L.Stortoni, La nuova disciplina dei reati tributari, in "Giur.comm.", 1983, I, pag.396; Caraccioli, Aspetti sostanziali della L.516/1982, in "Il fisco", 1983, n.27, pag.3539. (5) A.D'Avirro - E.Di Nicola - G.Flora -
C.F.Grosso - T.Padovani, Responsabilità
e processo penale, op. cit., pag.197. (6) De Vero, Le fattispecie di frode fiscale previste dai nn.1-6 dell'art'4 legge
7 agosto 1982 n.516, in Problemi di
diritto penale tributario, a cura di G. Fiandaca, Milano, 1990, pag.110
s.; (7) Tribunale di Firenze, 25 febbraio 1988,
in "Il fisco", 1988,
pag.3955; Tribunale di Roma 28 aprile 1989, in
"Il fisco", 1990,
pag.1669; Tribunale di Rovigo, G.I.P., 18. giugno
1993 n.51, in "Riv.di dir.trib.",
1993, II, pag.763. (8) Caraccioli-Giorda- Lanzi, Diritto e procedura penale tributaria,
Padova, 1989, pag.180; Patrono-Tinti, Contravvenzioni e delitti tributari nella legge 7 agosto 1982 n.516,
Torino, 1988, pag.171 s.. (9) Giuliani, Violazioni e sanzioni delle leggi tributarie, vol.II, terza
ediz., Milano, 1986, pag.57. (10) G.Fiandaca-E.Musco, Diritto penale tributario, Milano,
1992, pag.143; T.Padovani, Problemi generali e analisi delle fattispecie previste dalle lett.
a),b),c),d),e) dell'art.4, legge n.516/1982 (mod.dalla legge n.154 del 1991),
in "Responsabilità e processo
penale", op.cit., pag.213; T.Padovani, Problemi generali e analisi delle fattispecie previste dalle lett.
a),b),c),d),e) dell'art.4, legge n.516/1982 (mod.dalla legge n.154 del 1991),
in "Responsabilità e processo
penale", op.cit., pag.213; Traversi, Falsificazione di bolle di accompagnamento: E' reato o illecito
amministrativo?, in " Il fisco",
1985, pag.4766. (11) Cass., Sez.III, 4 agosto 1987, in
"Cass.pen.", 1988,
pag.2157; Cass., 6 maggio 1988, in "Il fisco", 1990, pag.1236; Cass., 17 febbraio 1989, in "Rass.imp.", 1990, pag.181. (12) Cass., 21 ottobre 1988, in "Il fisco", 1990, pag.1698; Cass., Sez.III, 5 luglio 1991, in
"Corr.trib.", 1991,
pag.2535. (13) Cass., Sez.III, 13 gennaio 1992, in
"Comm.trib.centr.", 1992,
II, pag.737. (14) Cass., Sez.III, 16 gennaio 1991, in
"Riv.pen.", 1991, pag.626; Cass., Sez.III, 26 febbraio 1991, in
"Comm.trib.centr.", 1991,
II, pag.1742. (15) T.Padovani, Problemi generali, op.cit., pagg.180-181; M.Romano, Osservazioni sul nuovo diritto penale tributario, in "Diritto e prat.trib.", 1983,
pag.783; P.Nuvolone, Il nuovo diritto penale tributario, in "Ind.pen.", 1984, p.449 s.; F.Tagliarini, I delitti in materia tributaria, in "Ind.pen.", 1984, pag.14; T.Padovani, Itinerari della riforma penale tributaria, in L.P., 1984, pag.297; A.Lanzi, Lezioni di diritto tributario. Parte generale, Parma, 1985,
pag.11 s.; A.Traversi, I reati tributari, op.cit, pag.9; G.Serao-S.Piccioli, La disciplina, op.cit., pag.1. (16) F.Gallo, Tecnica legislativa e interesse protetto nei nuovi reati tributari:
considerazioni di un tributarista, in "Giur.comm.", 1984, pag.280; R.Succio, Frode fiscale e dolo specifico, in "Il fisco", 1994, n.18, pag.4526. (17) T.Padovani, Problemi generali, op.cit., pag.196; G.Bersani, Il nuovo diritto penale tributario a tre anni dall'intervento di
riforma tra dottrina e giurisprudenza, in "Il fisco" 1994, n.29, pag.7016. (18) M.Romano, Osservazioni, op.cit., pag.747. (19) Cass., 5 ottobre 1982, in "Cass.pen.", 1984, m.153,
pag.173; Cass., Sez.III, 24 ottobre 1986, in
"Il fisco", 1987,
pag.6242; Cass., Sez.III 17 giugno 1982, in
"Cass.pen.", 1984,
pag.173. (20) Scelta poi rivelatasi non indifferente
dato che da ultimo la Corte di Cassazione, modificando il suo precedente
orientamento, ha ritenuto estranea alla previgente incriminazione ex art.50
quarto comma del D.P.R. 26.10.1972 n.633 l'ipotesi di indicazione di nomi
diversi da quelli veri ( così Cass., 27 aprile 1990, in "Boll.trib.", 1990, pag.1771). (21) Cass., 13 dicembre 1984, in "Boll.trib.", 1985, pag.1364. (22) Monetti, Fatture false o per operazioni inesistenti, in "Il fisco", 1984, n.20, pag.2703. (23) A.D'Avirro - E.Di Nicola - G.Flora -
C.F.Grosso - T.Padovani, Responsabilità
e processo penale, op. cit., pag.239 s.. (24) Cass., Sez.III, 16 dicembre 1986, in
"Rass.trib." 1988,
pag.1049; Cass., Sez.III, 13 maggio 1991, in
"Il fisco", 1992,
pag.1314; Cass., Sez.III, 17 dicembre 1981, in
"Il fisco" 1992,
pag.5198; in dottrina la tesi estensiva
propugnata dalla S.C. è sostenuta da Dragone (Dragone, Interposizione di persona nella stipulazione del contratto: una
ipotesi particolare di frode fiscale, in "Rass.trib.", 1988, pag.1050) ed invece opposta da altri
autori, almeno per molti casi-limite: Caraccioli, Legge 7 agosto 1982 n.516. Prime esperienze applicative e ipotesi di
modifiche, in "Il fisco",
1986, pag.1882; G.Fiandaca-E.Musco, Diritto
penale, op.cit., pag.170. (25) G.Fiandaca-E.Musco, Diritto penale, op.cit., pag.165; T.Padovani, Problemi generali, op.cit., pag.252 s.. (26) T.Padovani, Problemi generali, op.cit., pag.253. (27) Tribunale di Viterbo, 28 maggio 1987,
in "Il fisco", 1987,
pag.6640. In dottrina vedasi Tucci, I delitti di frode fiscale nel nuovo
sistema penale tributario, in "Corr.trib.",
1983, pag.1036 e G.Serao-S.Piccioli, La
disciplina, op.cit., pag.167 s.; contra: Monetti, Fatture false, op.cit., pag.2703; Monetti, La disciplina dei nuovi reati tributari, in Quest.giust., 1983, pag.91. (28) Cass., 19 febbraio 1988, in "Rass.imp.", 1989, pag.614; Cass., 19 ottobre 1988, in "Riv.pen.", 1989, pag.362. (29) G.Fiandaca-E.Musco, Diritto penale, op.cit., pag.168; Ferlazzo Natoli, In tema di reato di falsa fatturazione, in "Rass.trib.", 1988, pag.417; Santamaria, La frode fiscale, Milano, 1987, pag.130; Traversi, I reati tributari, op.cit., pag.476; Monetti, Fatture false, op.cit., pag.2702. (30) G.Fiandaca-E.Musco, Diritto penale, op.cit., pag.166; T.Padovani, Problemi generali, op.cit., pagg.253-254; De Vero, Le fattispecie di frode fiscale, op.cit., pag.110. (31) Parte della dottrina ravvisava tuttavia
il dolo specifico di evasione in tutte le fattispecie di reato previste dai
D.P.R. 633/72 e 600/73. Così: Flora, Profili
penali in materia di imposte dirette ed IVA, Padova, 1979, pag.222 s. e
Traversi, I reati tributari,
op.cit., pag.41. E la Cassazione, sebbene in epoca posteriore alla vigenza
della precedente dsciplina, ha avuto modo di affermare la natura specifica
del dolo della norma in questione, assumendo come necessario che la condotta
dell'agente sia accompagnata da un dolo diretto di evasione quale elemento
tipico dei delitti di frode: così Cass., Sez.III, 8 luglio 1986 n.11743, in
"Giur.imp.", 1988, n.267,
pag.1298. (32) Tribunale di Udine, 16 novembre 1990,
in "Giur.comm.", 1992,
II, pag.1033; Tribunale di Bari 24 settembre 1991, in
"Il fisco", 1992, n.36,
pag.8769; Tribunale di Treviso 18 ottobre 1991,
in "Corr.trib.", 1991,
pag.291; Appello Trento, 23 aprile 1987, in
"Corr.trib.", 1987, n.20,
pag.1504; Appello Torino, 25 ottobre 1991, in
"Il fisco", 1992, n.24,
pag.6153; Cass., Sez.III, 8 luglio 1986 n.11743,
cit.; Cass., 2 dicembre 1986 n.13449, in
"Giur.imp.", 1988, n.268,
pag.1302; Cass., 17 febbraio 1989 n.2624, in
"Corr.trib.", 1989, n.38,
pag.2657; Cass., Sez.I, 13 luglio 1989, in "Giur.imp.", 1989, n.198, pag.872;
Cass., Sez.III, 29 dicembre 1990 n.16898,
in "Corr.trib.", 1991,
n.43, pag.3233; Cass., Sez.III, 15 aprile 1991 n.4308,
in "Corr.trib.", 1991,
n.21, pag.1561; Cass., 18 ottobre 1991 n.11654, in
"Giur.imp.", 1991, n.229,
pag.962; Cass., Sez.III, 2 luglio 1992 n.8526, in "Giur.imp.", 1993, n.130, pag.462; Cass., Sez.III, 8 luglio 1993 n.7876,
in "Giur.imp.", 1993,
n.219, pag.772. (33) Cass., Sez.III, 8 luglio 1986 n.11743,
cit. (34) Cass., Sez.III 29 dicembre 1990
n.16898, cit. (35) Appello Torino 25 ottobre 1991, cit. (36) V.Renne, Il leasing e l'imposizione diretta, in "Speciale leasing", in "Il fisco", 1988, n.23, pag.3633; C.Giordanengo-A.Piccatti, Ipotesi anomale di leasing. Truffa, reati
fiscali e societari, in "Il
fisco", 1987, n.43, pag.6632; J.Troise-F.Ardito, Utlizzazione patologica del contratto di leasing, in "Il fisco", 1990, n.40, pag.6413; Imperato, Commento a sentenza di appello Torino 25 ottobre 1991, in "Il fisco" 1992, n.24, pag.6153;
G.Serao-S.Piccioli, La disciplina,
op.cit., pag.298. Nulla quaestio circa la non configurabilità
del reato in discussione per il cosidetto "lease back": cfr. in
giurisprudenza Tribunale di Napoli 24 giugno 1991, in "Riv.di dir.trib.", 1992, II,
pag.180; Tribunale di Bari, G.I.P., 24 settembre 1991, in "Foro it.", 1992, pag.542 ed in
"Il fisco", 1992,
pag.8769; in dottrina vedasi Gallo, Regime
fiscale delle operazioni "sale and lease-back", in "Riv.it.leasing", 1990, pag.33. (37) Appello Torino 25 ottobre 1991, cit. (38) Cass., Sez.III, 18 ottobre 1991, cit. Cass., Sez.III, 8 luglio 1993, cit. (39) C.Giordanengo-A.Piccatti, Ipotesi anomale, op.cit., pag.6633. (40) Manzini, Trattato, op.cit., pag.775. (41) Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 1991, pag.310. (42) Cass., Sez.I, 19 marzo 1984, in "Giust.pen.", 1992,II, pag.176; Cass., Sez.I, 18 dicembre 1987, in
"Giust.pen.", 1989,II,
pag.428; Cass., Sez.I, 29 gennaio 1990, in
"Giust.pen.", 1991,II,
pag.55; Cass., Sez.I, 13 dicembre 1991, in
"Giust.pen.", 1992,II,
pag.302. (43) Gallo, Diritto pen., in "Encicl.Dir.",
vol.XIII, pag.794. |
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