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  Mauro Vanni

CONSECUZIONE DI PROCEDURE, COMPUTO DEL PERIODO SOSPETTO E PRESCRIZIONE. COMPENSAZIONE

 

 

Appunti sugli argomenti trattati nella relazione al corso del seminario di approfondimento “Revocatorie ed accertamento dello stato passivo” ad Arezzo il 12 dicembre 2001

 

 

Si tratta di esaminare quali sono gli effetti in tema di azione revocatoria fallimentare, nel caso in cui una cosiddetta procedura concorsuale minore non abbia esito positivo e sfoci nel fallimento e di verificare, quindi, in tutte le ipotesi in cui un’impresa sia prima ammessa a concordato preventivo o amministrazione controllata, ovvero si susseguano comunque queste due procedure concorsuali senza successo e si pervenga, di conseguenza, al fallimento, se il computo del periodo sospetto previsto dall’art.67 della legge fallimentare, il quale stabilisce l’inefficacia degli atti compiuti dal fallito nei due anni o nell’anno antecedenti al fallimento, nelle rispettive ipotesi stabilite dalla norma, debba decorrere, in questi casi, dalla data della dichiarazione di fallimento o da quella della precedente ammissione alla procedura minore (1).


Quando viene posto in essere, tra un terzo e l’imprenditore, che sarà poi dichiarato fallito, un atto suscettibile di revoca in quanto rientrante in una delle tipologie stabilite dall’art.67 della legge fallimentare, di norma, questo atto resta salvo e non potrà essere dichiarato inefficace se il fallimento non è dichiarato entro il termine indicato dalla stessa disposizione, di due anni per le ipotesi regolate dal primo comma e di un anno per quelle previste al secondo.


Si tratta, allora, di vedere se, tuttavia, ammesso l’imprenditore a concordato preventivo o ad amministrazione controllata prima della scadenza del suddetto periodo, il terzo potrà comunque ritenere salvo il suo atto al raggiungimento di detta scadenza o dovrà, invece, attendere la definizione con esito positivo della procedura minore alla quale è stato sottoposto l’imprenditore e col timore che un’eventuale dichiarazione di fallimento intervenuta nel corso di tale procedura, sia pure anche molto tempo dopo lo spirare del termine di scadenza del suindicato periodo, possa comunque determinarne, con il conseguente esercizio dell’azione revocatoria, il travolgimento.


Ritenere che, in ipotesi di consecuzione di procedure concorsuali minori seguite dal fallimento, il periodo sospetto stabilito dall’art.67 della legge fallimentare debba essere computato a ritroso dalla data di dichiarazione di fallimento significa assegnare al terzo, autore dell’atto che potrebbe essere dichiarato inefficace una sorta di franchigia, per cui sarebbe sufficiente un’apertura di una procedura minore in prossimità della scadenza di detto periodo per escludere l’esercizio dell’azione revocatoria, ove il fallimento fosse dichiarato anche poco tempo dopo detta scadenza, ma comunque dopo di essa
Ritenere che, invece, il computo del periodo sospetto dev’essere effettuato a ritroso dal momento di apertura della prima procedura minore, indipendentemente dal rilievo del momento successivo in cui viene dichiarato il fallimento, significa porre il terzo che ha compiuto l’atto in una situazione di incertezza senz’altro non indifferente.

 
Si consideri, al riguardo, che per l’amministrazione controllata, la stessa legge prevede un periodo di durata della procedura che può giungere sino a due anni, mentre i tempi del concordato preventivo possono variare in termini assai differenti, in specie a seconda del carico del contenzioso presso l’ufficio giudiziario e di come questo funziona ed è organizzato l’ufficio giudiziario.

 

Il problema della retrodatazione del periodo sospetto è stato risolto esplicitamente dal legislatore soltanto con riferimento alla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, laddove all’art.49 del decreto legislativo 8 luglio 1999 n.270 è stato espressamente stabilito che, quando sia pronunciato il fallimento, il periodo sospetto per l’esercizio dell’azione revocatoria si computa a ritroso dalla dichiarazione dello stato di insolvenza che apre la procedura di amministrazione straordinaria e non dalla data del fallimento.

 

Nella liquidazione coatta amministrativa è stabilito che, se l’impresa si trova in stato di insolvenza, questo stato deve essere dichiarato dal Tribunale, prima dello stesso provvedimento che dispone la liquidazione, ai sensi dell’art.195 della legge fallimentare, o anche dopo questo stesso provvedimento, ai sensi del successivo art.202, mentre il seguente art. 203 sancisce che, una volta accertato giudizialmente lo stato di insolvenza, le disposizioni sulla revocatoria sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione.

 

La giurisprudenza, proprio traendo spunto dai principi che sono stati affermati in tema di computo del periodo sospetto dell’azione revocatoria nell’ambito della consecuzione di procedure, ha tuttavia chiarito che questa norma dev’essere interpretata nel senso che l’azione revocatoria può essere esperita soltanto dal momento della liquidazione perché solo da quel momento è stato nominato il commissario liquidatore (2), quale unico soggetto a cui spetta il legittimo potere del suo esercizio, ma non significa, invece, che anche il periodo sospetto si calcola dalla data del provvedimento di liquidazione, in quanto, nei casi in cui quest’ultimo è stato preceduto dalla dichiarazione di insolvenza, è dalla data di quest’ultima che dev’essere computato il periodo sospetto (3).


Occorre, in via preliminare, esaminare innanzitutto quando può effettivamente parlarsi di consecuzione di procedure.
Si ha senz’altro consecuzione di procedure quando una o più procedure minori si susseguono sfociando, senza soluzione di continuità, nel fallimento, dovendosi tuttavia osservare che un eventuale intervallo di tempo tra la definizione della procedura minore e il successivo fallimento non esclude la consecuzione nelle ipotesi in cui risulti comunque identica la situazione di crisi economica che ha dato luogo tanto alla procedura minore quanto al successivo fallimento (4).

 
Al concordato preventivo può susseguire in consecuzione il fallimento quando il debitore non ha provveduto al deposito della somma necessaria per la procedura stabilito dall’art.163 della legge fallimentare, ovvero ha commesso taluno o più atti frodatori indicati dal successivo art.173, per aver occultato o dissimulato parte dell’attivo, omesso di denunciare uno o più crediti esposto, passività insussistenti, commesso altri atti di frode, compiuto atti di amministrazione non autorizzati dal commissario giudiziale o comunque diretti a frodare i creditori ovvero nei casi in cui sono venuti comunque a mancare le condizioni previste per l’ammissibilità del concordato, così come nelle ipotesi in cui non sono state raggiunte le maggioranze necessarie per l’approvazione ai sensi dell’art.179 L.F. o non viene omologato il concordato ai sensi del successivo art.180 (5).

 

In tutti questi casi il fallimento consegue effettivamente ad un procedura effettivamente ammessa ed in corso, che tuttavia non riesce ad evolversi positivamente giungendo al suo naturale punto d’arrivo.

 

Si ha il fallimento, senza tuttavia alcuna consecuzione, nelle ipotesi in cui il concordato è stato regolarmente richiesto, con il deposito del ricorso stabilito dall’art.161 della legge fallimentare, e tuttavia, ai sensi del seguente art.162, la proposta è stata dichiarata inammissibile per la mancanza dei requisiti e delle condizioni stabilite dal precedente art.160 (6), ovvero si verifica, ai sensi dell’art.186 L.F., la risoluzione del concordato, perché le garanzie promesse non sono state date o non sono stati adempiuti gli obblighi del concordato oppure il suo annullamento, in quanto si è scoperto che il passivo era stato dolosamente esagerato ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo

 

Nel corso dell’amministrazione controllata può innanzitutto intervenire il fallimento e si ha consecuzione nei casi in cui, così come per il concordato preventivo, non è stata depositata la somma necessaria ai sensi dell’art.188 della legge fallimentare ovvero non sono state raggiunte le maggioranze necessarie per l’approvazione come previsto dal successivo art.189.

 

In queste ipotesi, tuttavia, il fallimento non è automatico, dovendo il Tribunale valutare se sussistano le condizioni dello stato di insolvenza e se non vi sia comunque richiesta di concordato preventivo (7).

 

Per quanto concerne i casi di revoca, che possono determinare, ai sensi dell’art.192 L.F., il fallimento consecutivo occorre distinguere le ipotesi in cui essa interviene per atti frodatori commessi dal debitore, stante l’espresso richiamo dell’art.173 L.F. operato, per l’amministrazione controllata, dal successivo art.188, ovvero perché viene a risultare la mancanza dei requisiti soggettivi dell’imprenditore prescritti per l’ammissione alla procedura, da quelle in cui la revoca dipende da fatti sopravvenuti che sconsigliano la prosecuzione della procedura rendendo plausibile l’impossibilità di un suo esito finale positivo, ovvero perché viene a risultare la mancanza dei requisiti oggettivi per l’ammissione alla procedura, posto che soltanto in quest’ultima serie di ipotesi il fallimento non è automatico e può essere fatta proposta di concordato preventivo, così come anche accade, ai sensi dell’art.193 L.F., nel caso in cui al termine della procedura sia constatato che l’impresa non risulta comunque in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni (8).

 

Anche per l’amministrazione controllata si ha fallimento automatico, senza tuttavia consecuzione, nel caso in cui la domanda non venga nemmeno ammessa (9).

 

La consecuzione delle procedure, quale fenomeno che non è stato appositamente disciplinato dal legislatore, pone tutta una serie di problematiche che certamente non si riducono alle riferite questioni in tema di azione revocatoria.

 

Di grande rilievo è innanzitutto la sorte, nel fallimento consecutivo, dei crediti che sono nati durante la procedura minore, poiché è evidente che l’ammissione a questa procedura, non determinando alcun arresto dell’attività commerciale dell’impresa, ma anzi dovendosi presupporre una sua maggiore vitalità, sicuramente almeno per l’amministrazione controllata, mette indubbiamente a rischio, per il caso che sussegua il fallimento, i crediti di tutti coloro che hanno continuato ad intrattenere rapporti commerciali con l’imprenditore (10).

 

Ritenere che questi crediti, nel fallimento consecutivo, abbiano natura concorsuale, significa evidentemente scoraggiare sia i creditori dal continuare ad intrattenere ancora rapporti commerciali con l’imprenditore ammesso alla procedura minore, sia i terzi dall’instaurarne di nuovi con esso.
Ritenere che detti crediti debbano, invece, essere pagati in prededuzione nel fallimento consecutivo, significa quanto meno incentivare i creditori e i terzi alla continuazione ed alla instaurazione dei rapporti commerciali con l’imprenditore ammesso alla procedura minore, senza dover ricorrere a forme di garanzia o condizioni di pagamento diverse da quelle in uso agli ordinari rapporti commerciali e allora, poiché almeno per l’amministrazione controllata la prosecuzione dell’attività commerciale ed il suo più positivo sviluppo costituiscono l’indispensabile presupposto per la stessa ammissione alla procedura, non poteva evidentemente esservi diversa soluzione per la sorte dei crediti nati nel corso di questa procedura.

 

Si è pertanto osservato che, mentre i crediti sorti in corso di concordato preventivo hanno natura concorsuale nel fallimento consecutivo e debbono perciò essere pagati come tutti gli altri precedenti all’ammissione alla procedura, in quanto la funzione di questa procedura minore sarebbe meramente liquidatoria, essendo l’attivo dell’impresa esistente all’inizio della procedura destinato esclusivamente alla liquidazione, i crediti sorti durante l’amministrazione controllata nel fallimento consecutivo debbono configurarsi come debito della massa ed essere pertanto pagati in prededuzione, in quanto funzione di questa procedura sarebbe la gestione dell’impresa in crisi, dovendo intendersi i nuovi debiti collegati funzionalmente agli obiettivi della procedura stessa e destinati quindi a realizzare un interesse dell’intero ceto creditorio (11), ferma tuttavia la prededucibilità, indistintamente affermata per entrambe le ipotesi, del compenso spettante al commissario giudiziale (12).

 

Le altre problematiche concernono la sorte dei contratti pendenti (13) degli atti autorizzati compiuti nel corso della procedura (14) del regime degli interessi (15) del divieto di compensazione e, quindi, in tema di azione revocatoria, la decorrenza della prescrizione dell’azione ed il computo del periodo sospetto.
E’, quindi, ormai principio consolidato ed univoco della S.C. che, allorquando il fallimento consegue a concordato preventivo o ad amministrazione controllata, il periodo sospetto per l’esercizio dell’azione revocatoria si calcola a ritroso (16) dalla data di ammissione alla prima procedura (17) e ciò vale anche nel caso di revoca degli atti compiuti dal socio illimitatamente responsabile dichiarato fallito dopo il fallimento della sua società precedentemente ammessa ad amministrazione controllata (18).

 

Esso si fonda sul postulato che all’origine del procedimento che inizia con l’ammissione alla procedura minore vi è sempre uno stato di insolvenza, il cui accertamento dovrebbe considerarsi già insito nello stesso provvedimento giudiziale di ammissione alla procedura minore e che questo procedimento, iniziato con l’avvio di quest’ultima e terminato con il fallimento consecutivo, dovrebbe configurarsi in modo unitario a tutela della par condicio creditorum, in modo che gli interessi della massa dei creditori non restino pregiudicati dagli sviluppi di un procedimento che comunque termina con la statuizione di uno stato di insolvenza eguale a quello che aveva segnato l’ammissione alla procedura minore ed i cui effetti non possono pertanto restare vanificati dalla mera circostanza che la statuizione che ha accertato, nella veste di sentenza dichiarativa, il fallimento, sia intervenuta a distanza di tempo dalla effettiva sussistenza dello stesso stato di insolvenza, sia pure accertata con provvedimento diverso dalla sentenza di fallimento.

 

Per questo orientamento, mentre la richiesta di concordato preventivo costituisce essa stessa atto di natura confessoria di uno stato di insolvenza già in essere, essendo identica la condizione dell’imprenditore, costituita dal trovarsi in stato di insolvenza, che per essa viene dichiarato fallito ai sensi dell’art.5 della legge fallimentare ovvero può richiedere il concordato preventivo ai sensi del successivo art.160, nel caso dell’amministrazione controllata, laddove non vi è alcun riferimento esplicito ad un stato di insolvenza, essendo invece previsto, ai sensi dell’art.187 L.F., che l’imprenditore che si trova in temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, se ricorrono le condizioni stabilite dai n.1,2 e 3 del primo comma dell’art.160 L.F. e se vi siano comprovate possibilità di risanare l’impresa, può chiedere al Tribunale il controllo della gestione della sua impresa e dell’amministrazione dei suoi beni a tutela degli interessi dei creditori per non oltre due anni, deve comunque ritenersi che quella temporanea difficoltà sia ontologicamente identica allo stato di insolvenza stabilito dal citato art.5 e che la richiesta possibilità di risolvere la crisi possa soltanto configurarsi come elemento prognostico, affatto capace di mutare l’oggettività del fenomeno al quale attiene, per cui l’insolvenza sussiste comunque anche in questo caso e l’unico fattore che può variare, quale quello prognostico delle possibilità di risanamento, su di essa non ha alcuna incidenza (19).

 

In contrario, si è osservato che l’art.67 L.F. indica come dies a quo soltanto la dichiarazione di fallimento, per cui non sarebbe lecito far decorrere il computo del periodo sospetto da un momento diverso rispetto a quello normativamente stabilito, che inoltre “insolvenza” e “temporanea difficoltà di adempiere” sono evenienze diverse non assimilabili tra loro, che peraltro, a livello pratico, l’ampliamento del periodo sospetto renderebbe alquanto incerta la sorte dei pagamenti ricevuti dal creditore quando non vi erano significative manifestazioni di difficoltà economiche anche potenziali del debitore e che, infine, l’art.67 della legge fallimentare pone una presunzione assoluta di insolvenza ancorandola ad un periodo collegato soltanto con l’accertamento dello stato di insolvenza contenuto nella sentenza di fallimento. senza possibilità di altri equipollenti, dovendosi tra l’altro anche ritenere che l’esito negativo dell’amministrazione controllata non sempre dimostrerebbe che sin dal suo inizio l’insolvenza era definitiva e irreversibile e che era quindi errato il giudizio sulle possibilità di risanamento, ma può dipendere da fatti sopravvenuti (20).

 

Secondo questo avviso, il principio della consecuzione non avrebbe allora appigli testuali nella legge, che si limita soltanto a stabilire un eventuale sbocco della procedura minore nel fallimento e, anche ammettendo la consecuzione e la conseguente permanenza di alcuni effetti della procedura minore nel fallimento, come per la prededucibilità dei crediti sorti durante la procedura minore, non sarebbe comunque consentito trarre eguale conseguenza anche per l’azione revocatoria, che è azione propria soltanto del fallimento.

 

Per la stessa tesi, ritenuto che la presunzione di insolvenza posta dalla legge apparirebbe del tutto incongrua ed iniqua, ove non effettivamente collegata ad un circoscritto periodo di tempo predeterminato e contiguo al fallimento, potendo questo intendersi soltanto come accertamento giudiziale dell’insolvenza in forma definitiva, non dovrebbe nemmeno sfuggire che, quantomeno nell’amministrazione controllata, la moratoria dei pagamenti non può essere intesa coma una confessione di insolvenza, perché si postula invece la possibilità di recupero e il debitore può ancora godere di credito presso terzi e creditori (21).

 

Il dissenso rispetto agli argomenti che sono stati posti a fondamento del principio della retrodatazione del periodo sospetto, muove allora, innanzitutto dalla stessa lettera della legge.

 

Poiché negli artt. 64 e segg. della legge fallimentare il periodo sospetto è testualmente collegato alla dichiarazione di fallimento, essendo in effetti sempre prevista la revoca di atti compiuti nel biennio o nell’anno anteriore a detta dichiarazione, non sarebbe ammissibile far decorrere questo periodo da una data anteriore e relativa all’emissione di un provvedimento diverso dalla sentenza di fallimento, quale per l’appunto il decreto di ammissione del concordato preventivo o dell’amministrazione controllata (22).

 

Al riguardo si è, tuttavia, osservato che, essendo il principio della consecuzione delle procedure esclusivamente frutto dell’elaborazione giurisprudenziale, non pare corretto cercare di risolvere il problema, verificando se il testo normativo contenga o meno un espresso riferimento alla procedura minore, dovendo semmai vedere se possa essere ammissibile un’interpretazione estensiva o analogica del termine “fallimento”, da intendersi come “provvedimento contenente l’accertamento dello stato di insolvenza”, verificando se, in effetti, la revocatoria può dipendere soltanto dalla dichiarazione di fallimento, quale unico provvedimento che è in grado di accertare in modo definitivo lo stato di insolvenza o può, invece, dipendere anche da altri provvedimenti che, pur diversi dalla dichiarazione di fallimento, contengano comunque un accertamento definitivo dell’insolvenza (23).

 

Si è già detto che, nella liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’art.203 L.F., quando sia accertato giudizialmente lo stato di insolvenza, le disposizioni sulla revocatoria sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione e tuttavia, nei casi in cui quest’ultimo è stato preceduto dalla dichiarazione di insolvenza, è dalla data di quest’ultima che dev’essere computato il periodo sospetto (24), mentre nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, l’art.49 del decreto legislativo 8 luglio 1999 n.270 stabilisce che, quando sia pronunciato il fallimento, il periodo sospetto si computa a ritroso dalla dichiarazione dello stato di insolvenza che apre la procedura di amministrazione straordinaria, anziché dalla dichiarazione di fallimento e, allora, in quest’ultima ipotesi, o il legislatore ha stabilito esplicitamente un principio già valevole per il concordato preventivo e per l’amministrazione controllata, oppure la mancata applicazione della revocatoria in caso di consecuzione delle procedurerappresenta una deroga alla regola generale, ma in questo caso occorrerebbe trovare una giustificazione a questa deroga (25).

 

Altra ragione del dissenso rispetto al principio della retrodatazione è costituita dalla differenza tra i concetti di temporanea difficoltà e insolvenza, secondo la distinzione comunemente affermata tra insolvenza reversibile, che consente l’amministrazione controllata nella prospettiva di una idonea possibilità di risanamento dell’impresa e insolvenza irreversibile che causa invece il fallimento, ma si è anche qui osservato che, se ai sensi dell’art.5 della legge fallimentare insolvenza significa incapacità del debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, pare del tutto evidente che chi è costretto a dover beneficiare della moratoria dei pagamenti per poter proseguire la sua attività si trova senz’altro in stato di insolvenza, mentre il fatto che la concessione dell’amministrazione controllata si fondi su una positiva valutazione circa la “futura” possibilità di risanamento dell’impresa non toglie che, al momento “attuale” dell’ammissione all’amministrazione controllata, questa sia in effetti incapace di far fronte alle proprie obbligazioni (26).

 

In contrario, è stato sostenuto che l’imprenditore godrebbe ancora della fiducia dei creditori disposti a concedergli ulteriore credito (27), ma l’avviso non sembra cogliere nel segno se si considera che l’ammissione all’amministrazione controllata non dipende dalla votazione dei creditori, successiva, ma dalla sola sussistenza dei requisiti stabiliti dall’art.187 L.F., che sono la temporanea difficoltà di adempiere e la possibilità di risanamento dell’impresa e che il debitore ben potrebbe godere della moratoria senza o anche contro la volontà dei creditori, tanto che, se la maggioranza dei creditori vota contro, il debitore fallisce, ma intanto ha già goduto della moratoria, mentre se un creditore o una minoranza anche rilevante non è d’accordo e, a cose normali, sarebbe più che sufficiente per provocare il fallimento del debitore, questi continua invece a godere della moratoria.

 

Altra obiezione, addotta a giustificazione del dissenso rispetto al principio della retrodatazione, è che l’ammissione all’amministrazione controllata potrebbe essere anteriore al manifestarsi dell’insolvenza, in base alla valutazione dell’imprenditore sull’equilibrio tra attività e passività a breve e sul prossimo sopraggiungere della crisi di liquidità, ma anche questo non sembra esatto poiché, se l’imprenditore accerta che lo squilibrio tra attività e passività a breve è tale da impedirgli nel breve periodo di far fronte alle proprie obbligazioni, deve chiedere egli stesso il fallimento, mentre se non lo fa e aggrava così il dissesto, risponde del reato di bancarotta semplice previsto dall’art.217, n.4, della legge fallimentare, se dissimula il dissesto e continua a ricorrere al credito risponde dell’altro reato di ricorso abusivo al credito previsto dal successivo art.218 e se, infine, paga i crediti più immediati, viola la parità di trattamento dei creditori, aggravando così lo stato di decozione, per il solo fatto che sui crediti insoddisfatti matureranno interessi, dovendosi pertanto ritenere, sul presupposto che comunque l’imprenditore verifica sempre già tecnicamente uno stato di insolvenza anche se può evitare il fallimento con l’ammissione all’amministrazione controllata, che allora la temporanea difficoltà ad adempiere altro non è che una forma di insolvenza e che questo stesso stato di insolvenza deve ritenersi accertato e consacrato nel medesimo decreto di ammissione all’amministrazione controllata (28).

 

Vi è però un altro argomento che induce a questa conclusione.

 

Posto che l’art.173 della legge fallimentare, richiamato per l’amministrazione controllata dall’ultimo comma del successivo art.188, stabilisce l’apertura del fallimento, quale conseguenza sanzionatoria per l’imprenditore ammesso ad amministrazione controllata, nel caso in cui egli abbia compiuto taluno degli atti vietati da tale disposizione, si apre il fallimento, ci si deve chiedere se il fallimento possa essere in effetti dichiarato come mera sanzione per comportamenti vietati, senza un preventivo accertamento dello stato di insolvenza e, se non può ammettersi, come pare, che da questo accertamento possa comunque prescindersi, ci si deve allora chiedere dove, in queste ipotesi, sia possibile rinvenire la presenza ed il provvedimento che lo statuisce.
L’art.192 L.F. stabilisce, inoltre, che in qualunque momento risulti che l’amministrazione controllata non può più essere utilmente proseguita deve farsi luogo al fallimento ed anche in questo caso, allora, il fallimento sembra dipendere soltanto dalla mancata possibilità di risanamento dell’impresa, senza rilievo di un preventivo accertamento dello stato di insolvenza.

 

Se, come non può porsi in dubbio, il fallimento può essere pronunciato soltanto quando sia stato accertato uno stato di insolvenza, pur potendo ricorrere altre condizioni che ne escludono il venire in essere o che invece lo legittimano, deve necessariamente concludersi che in tutti questi casi il fallimento può in effetti essere dichiarato perché l’accertamento dello stato di insolvenza, quale condizione indispensabile per la pronuncia del fallimento, è già contenuto nel decreto che ha ammesso l’amministrazione controllata.

 

La verifica dello stato di crisi dell'impresa è, peraltro, il presupposto indispensabile per la concessione del provvedimento di ammissione alla procedura da parte del Tribunale, la cui motivazione deve rendere percepibile l'operazione di giudizio compiuta nel raffrontare la situazione di fatto con il modello normativo e nel valutare la capacità dell'impresa di permanere sul mercato in condizioni di competitività e di superare lo stato di crisi grazie alle sue potenzialità strutturali e operative, essendo necessario e sufficiente che, dalla motivazione, emerga se è stata esaminata la situazione economica e finanziaria dell'impresa, se sono state vagliate le cause della crisi e valutato il programma di risanamento e, infine, operato in concreto il giudizio di meritevolezza, che può anche essere fondato sull'assenza di elementi significativi di segno contrario (29).

 

Secondo l’orientamento che non ammette la retrodatazione del periodo sospetto, il principio di consecuzione esporrebbe, inoltre, i terzi che hanno avuto rapporti con l’imprenditore ad una situazione di incertezza difficilmente definibile, per cui, mentre se si riconosce che il periodo sospetto stabilito dall’art.67 L.F. può decorrere soltanto dalla data della dichiarazione di fallimento, il terzo che ha negoziato con l’imprenditore rischia solo per il biennio o per l’anno dal compimento dell’atto, con la conseguenza che, se in questo periodo il fallimento non viene dichiarato, il suo atto è salvo, ammettendosi, invece, la validità dei richiamati principi in tema di consecuzione di procedure, nel caso in cui, prima che sia trascorso detto periodo, venga aperta la procedura minore, il terzo non potrebbe avere alcuna certezza, essendo difficilmente prevedibile se e quando potrebbe essere dichiarato il fallimento ed essere esperita l’azione revocatoria, soggetta alla prescrizione quinquennale, che oltre tutto non decorre né dal compimento dell’atto né, in forza del criterio stabilito per il computo del periodo sospetto dai principi in tema di consecuzione di procedure, dalla data dell’ammissione della prima procedura minore, ma invece dalla successiva data della medesima dichiarazione di fallimento (infra), così che, mentre il computo a ritroso del periodo sospetto diretto a travolgere l’efficacia degli atti va ad estendersi considerevolmente nel passato, consentendo la caducazione di atti e negozi che furono compiuti anche a notevole distanza dal fallimento, sia pure rientranti nel periodo indicato dalla legge computato dalla data dell’ammissione alla prima procedura minore, altrettanto considerevolmente va ad estendersi nel futuro il termine entro il quale può essere esercitata l’azione revocatoria, in quanto decorrente dal successivo momento della consecutiva dichiarazione di fallimento, proiettando senz’altro così ancora più in avanti la situazione di incertezza del terzo (30).

 

Si è allora sostenuto che, essendo previsto, nell’ordinario sistema delle impugnazioni degli atti negoziali del diritto sostanziale, che i termini entro cui possono essere esperite le relative impugnazioni, decorrono generalmente dal compimento dell’atto, proprio per dare certezza ai rapporti giuridici che ne derivano e che i casi in cui il termine d’impugnazione decorre da un elemento temporale variabile debbono considerarsi del tutto eccezionali, come ad esempio nella fattispecie dell’annullamento del contratto per vizi del consenso stabilita dal secondo comma dell’art.1442 c.c., laddove è previsto espressamente che il termine della prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui è cessata la violenza o è stato scoperto l’errore o il dolo (31), nel sistema della disciplina fallimentare, la presunzione assoluta di sussistenza dello stato di insolvenza nel periodo sospetto può giustificarsi e ritenersi ammissibile soltanto se non sacrifica in modo eccessivo la certezza dei rapporti giuridici, mentre la retrodatazione del periodo sospetto violerebbe proprio questo criterio, determinando un ingiustificato sacrificio dei diritti dei terzi in ordine alla certezza della sorte dei loro atti (32).

 

In contrario, deve tuttavia osservarsi che, innanzitutto, nel sistema fallimentare, l’aggravamento della situazione di incertezza può dipendere soltanto dal concreto periodo di durata della procedura minore, in quanto, dichiarato il fallimento, i tempi sono i soliti di questa procedura e che, inoltre, dato che anche nelle impugnazioni dei negozi giuridici sostanziali l’incertezza può durare più a lungo, com’è previsto nei casi eccezionali stabiliti dalla disposizione del codice civile sopra richiamata, nel sistema della disciplina delle procedure concorsuali, la tutela della par condicio pare poter senz’altro autorizzare un ampliamento della difesa, come per quei casi eccezionali citati, rilevandosi peraltro che, presupponendo la revocatoria sempre e comunque la prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo o comunque la prova di quella non conoscenza, l’atto non potrà mai essere dichiarato inefficace se, al momento dell’ammissione al concordato preventivo o all’amministrazione controllata, non vi erano significativi segni esteriori dell’insolvenza (33).
In materia di prescrizione, sono ormai principi consolidati che l’azione revocatoria, così come l’eccezione, si prescrive nel termine di cinque anni (34), decorrente dalla data della dichiarazione di fallimento e non dalla data dell’atto impugnato (35) e che la prescrizione, stante l’affermata natura costitutiva dell’azione (36) non può essere interrotta dalla costituzione in mora stragiudiziale effettuata dal Curatore (37).

 

Il principio della decorrenza della prescrizione dell’azione revocatoria fallimentare dalla data della sentenza di fallimento, affermato in applicazione della regola stabilita dall’art.2935 c.c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, per la conseguente deduzione che prima della sentenza dichiarativa di fallimento, con cui viene nominato il Curatore, non esiste nemmeno il soggetto che può far valere tale azione (38), è univocamente sancito anche in tema di consecuzione di procedure (39).

 

In tema di compensazione, l’art.56 della legge fallimentare stabilisce, al primo comma, che i creditori del fallito possono compensare i loro debiti con i loro crediti, anche se non scaduti prima della dichiarazione di fallimento e, al secondo, che non è tuttavia possibile la compensazione se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell'anno precedente.

 

La norma mostra in modo evidente il suo fine peculiare, dettato da esigenze di equità, che è quello di evitare che il terzo sia costretto a pagare integralmente al fallimento il suo debito, senza poter riscuotere, se non in moneta fallimentare, il suo rispettivo credito, ma rivela anche tutte le incongruenze che inevitabilmente ne derivano, per cui chi ha regolarmente adempiuto nei termini stabiliti prima del fallimento, potrà riscuotere il suo credito soltanto insinuandosi nel passivo, senza poter avvalersi di alcuna compensazione, mentre chi è moroso, non avendo ancora adempiuto la propria prestazione alla data del fallimento, potrà invece compensare il suo debito con il suo credito, sia pure nei limiti di quest’ultimo, con la conseguenza, di cui non può peraltro sfuggire il paradosso, che detto credito potrà così, in concreto, essere pagato integralmente alla stesso stregua dei crediti ammessi alla prededuzione.

Presupposti per l’operatività della compensazione sono la preesistenza del credito e del controcredito alla dichiarazione di fallimento (40) e la sussistenza delle condizioni stabilite dall’art.1243 c.c. in tema di compensazione legale e giudiziale, ad eccezione della esigibilità del credito (41).
Rispetto ai generali principi stabiliti dal diritto sostanziale, la peculiare disposizione dettata in ambito fallimentare dall’art.56 incide pertanto sul requisito della esigibilità (42), che normativamente parrebbe valere soltanto per il credito del fallito, il quale dev’essere esigibile alla data del fallimento e non, invece, per il credito del terzo, che può anche non essere scaduto alla data del fallimento, per cui, mentre il debito del fallito, che costituisce credito del terzo, può essere scaduto o non scaduto alla data del fallimento, nulla potendo al riguardo essere di ostacolo all’operatività della compensazione (43), il debito del terzo, che costituisce credito del fallito, soltanto se è scaduto alla data della dichiarazione di fallimento potrebbe consentire la compensazione, con la conseguenza che il terzo, in questo caso soltanto, non dovrebbe pagare nulla al fallimento o potrebbe comunque contenere il suo pagamento nella misura soltanto eccedente il suo rispettivo credito, dovendosi invece escludere l’operatività della compensazione, in caso di debito del terzo non ancora scaduto al momento della dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che il terzo dovrebbe pagarlo integralmente il suo debito e potrebbe riscuotere il suo credito soltanto in moneta fallimentare (44).

 

Orientandosi in base a questi principi, tratti peraltro dalla stessa lettera della disposizione dettata in materia fallimentare, per cui il credito non esigibile, se è del terzo, può essere sempre opposto in compensazione, in quanto anche se non è scaduto prima del fallimento, si considera egualmente scaduto ex lege alla data della dichiarazione di fallimento, mentre invece, se è del fallito, non può essere utile al terzo per opporre la compensazione (45), si era altresì esclusa la possibilità di argomentare in contrario, per ritenere comunque scaduto anche il credito del fallito alla data della dichiarazione di fallimento e quindi ammissibile anche in questo caso la compensazione, in base all’art.1184 c.c., il quale sancisce che, se per l’adempimento è fissato un termine, questo si presume a favore del debitore e quindi, in virtù della valenza della possibilità per il terzo debitore di rinunciare, anche implicitamente e tacitamente, al termine dell’adempimento previsto in suo favore e scadente, nella fattispecie, dopo la dichiarazione di fallimento, con conseguente surrettizia scadenza del debito alla data di quest’ultima e con conseguenziale automatica esigibilità del corrispondente credito del fallito (46), ma sulla questione, di recente, la giurisprudenza della S.C. ha radicalmente mutato indirizzo, affermando l'ininfluenza della scadenza o meno del credito del fallito alla data della dichiarazione di fallimento, quale condizione per l’operatività della compensazione, per cui questa può allora essere sempre opposta indipendentemente dall'esigibilità o meno di detto credito a quella data, essendo necessario e sufficiente soltanto che esso sia sorto prima di detta pronuncia (47).
In tema di revocatoria, gli effetti della compensazione non possono essere invocati per sostenere la compensabilità del credito vantato dal terzo nei confronti del fallito con il suo debito di restituzione nascente dall’esito positivo dell’esercizio dell’azione revocatoria, in quanto manca l’identità dei soggetti, perché, in questo caso, il terzo, pur vantando un credito verso il fallito, ha invece un debito verso la massa dei creditori (48).
Per quanto concerne le procedure minori ed i conseguenti effetti in ipotesi di fallimento consecutivo, deve rilevarsi che, mentre nel concordato preventivo, essendo espressamente richiamato l’art.56 L.F. dal successivo art.169, vale quella deroga al requisito della esigibilità previsto dall’art.1243 c.c. dettata dalla sopra citata prima disposizione, per cui potranno essere senz’altro compensati tutti i crediti e i debiti sorti prima del ricorso (49), nell’amministrazione controllata, non essendovi alcun richiamo dell’art.56 ed essendo quindi conseguentemente esclusa qualsiasi possibilità di deroga ai criteri previsti dall’art.1243 c.c., la compensazione può operare soltanto tra debiti e crediti, non solo sorti prima della proposizione del ricorso per l’ammissione alla procedura, ma anche già scaduti alla data di tale domanda e ciò in forza del cosiddetto principio della cristallizzazione del passivo che si determina con l’ammissione all’amministrazione controllata, per cui dopo di essa tutti i crediti divengono inesigibili (50), essendo peraltro rilevante, onde consentire la compensazione, soltanto che il momento in cui essa opera sia precedente a detta ammissione ed invece irrilevante che la pronuncia dell’operata compensazione intervenga successivamente ad essa (51).

 

Per entrambe le procedure minori resta il fatto che sono comunque compensabili tutti i debiti e i crediti sorti durante il corso della procedura e, inoltre, tutti i debiti e i crediti sorti prima della domanda con i crediti e i debiti sorti dopo il positivo esito finale della procedura, quali il decreto di remissione in bonis per l’amministrazione controllata e l’omologazione per il concordato preventivo (52).

 

In ipotesi di fallimento consecutivo, mentre la compensazione può senz’altro operare con effetto dalla stessa data della domanda di ammissione al concordato preventivo, stante il già citato espresso richiamo dell’art.56 da parte dell’art.169, con riguardo all’amministrazione controllata, facendo leva sul mancato richiamo in questa sede dell’art.56, la compensazione dovrebbe operare soltanto con effetto dalla data del fallimento (53) ed il divieto della compensazione per i crediti acquistati inter vivos nell’anno precedente il fallimento dovrebbe retrodatare all’anno antecedente all’ammissione della procedura.

NOTE:

 

(1)                Arato, La consecuzione delle procedure concorsuali, in Fall., 1999, 751; Azzolina, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1961, II, 1385; Id, Sul computo del biennio di cui all'art.67 legge fallimentare nel caso di fallimento preceduto da concordato preventivo, in Giur.it., 1956, I, 2, 620; Bontempi, Decorrenza del periodo sospetto per l'esercizio dell'azione revocatoria in caso di consecuzione di procedure concorsuali, in Nuova giur. civ. commentata, 1995, I, 535; Bucci, Brevi cenni sulla decorrenza dei termini per l'esercizio dell'azione revocatoria ex art.67 legge fallimentare, in Giur.it., 1988, I, 2, 966; Camilletti, Brevi considerazioni in tema di revocatoria fallimentare nel caso di consecuzione di amministrazione controllata e fallimento, in Giur. comm., 1997, II, 420; Carbone, Il "dies a quo" dell'azione revocatoria nell'ipotesi di estensione del fallimento ad altri soggetti e di consecuzione di procedimenti concorsuali nei confronti dello stesso imprenditore, in Fall., 1991, 819; Carratta, Corte costituzionale, Cassazione e decorrenza dei termini per la revocatoria nel fallimento successivo all'amministrazione controllata, in Giur.comm., 1995, II, 792; Castagnola, Fallimento consecutivo ad amministrazione controllata e decorrenza dei termini per le azioni revocatorie: un ripensamento della Corte di Appello di Milano, ivi, 1991, II, 950; Id., Decorrenza dei termini per le azioni revocatorie in caso di fallimento consecutivo ad amministrazione controllata, ivi,1988, II, 755; Castellano, Il decorso dei termini per l'esercizio dell'azione revocatoria, in caso di consecuzione di procedure concorsuali, nella giurisprudenza del Tribunale di Milano, in Dir.fall., 1990, II, 214; Catalano, I limiti della consecuzione delle procedure concorsuali, in Corr.giur., 1994, 337; Cesqui , Termini per la proposizione dell'azione revocatoria in caso di fallimento dichiarato nel corso dell'amministrazione controllata, in Nuova giur.civ commentata, 1988, I, 198; Cuneo, Le procedure concorsuali, Milano, 1970, II, 1253; Danovi, Consecuzione di procedure concorsuali e computo dei termini per l'esercizio dell'azione revocatoria, in Dir.fall. 1989, II,459; Di Gravio, Ancora sulla retrodatazione delle revocatorie fallimentari al decreto di ammissione ad amministrazione controllata, in Dir. fall. 1996, II, 74; Id., L'ideologia milanese nella "retrodatazione" delle revocatorie fallimentari ed il relativo problema di costituzionalità, ivi, 1998, I, 672; Id., Il decorso del periodo sospetto e la tutela dello scopo produttivo nella consecuzione delle procedure concorsuali, ivi, 1993, II, 458; Fabiani, Consecuzione di procedure concorsuali e revocatoria fallimentare: perché non chiedere l'intervento della Corte costituzionale?, in Foro it., 1994, I,1808; Id., Retrodatazione del periodo sospetto per gli atti dei soci illimitatamente responsabili, in Fall., 1994, I,1153; Id., Revocatoria fallimentare: un puzzle tutt'altro che definito, in Foro it., 1992, I, 152; Giudici, Decorso delle revocatorie in caso di conversione di procedure concorsuali, in Dir.fall. 1989, II, 646; Granara, Revocatoria fallimentare: decorrenza del "periodo sospetto" in caso di consecuzione di procedure concorsuali; pubblicazione dei bollettini dei protesti e conoscenza dello stato di insolvenza, in Riv. giur. Sarda, 1998, I, 122; Guglielmucci, Fallimento consecutivo ad amministrazione controllata e decorrenza dei termini a ritroso per l'esercizio delle azioni revocatorie, in Fall., 1990, 473; Inzitari, Il problema della "retrodatazione" dei termini per la revocatoria fallimentare nella consecuzione delle procedure concorsuali, in Giur.comm. 1991, I, 253; Laurini, Fallimento consecutivo ad amministrazione controllata e computo del termine per la revocatoria, in Banca, borsa e tit.cred., 1977, II, 85; Lo Cascio , Ancora sul computo del periodo sospetto per l'esperimento delle azioni revocatorie fallimentari nell'ipotesi di consecuzione di procedimenti concorsuali, in Giust.civ., 1990, I, 828; Id., Costituzionalita' della retrodatazione del periodo sospetto (osservazioni a sent. C.cost. 6 aprile 1995 n.110), in Fall., 1995, I, 709; Id., Consecuzione di procedimenti concorsuali e retrodatazione del periodo sospetto per l'esperimento dell'azione revocatoria fallimentare, in Giust.civ. 1988, I,1831; Id., Consecuzione di procedimenti e decorrenza dei termini per l'azione revocatoria, in Fall., 1992, 1012; Id., L'amministrazione controllata, Milano, 1989, 249; Id., Consecuzione di procedimenti concorsuali: disarmonie interpretative, in Giust. civ., 1994, I, 2813 ss.; Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 1991, sub art. 67; Marescotti, Effetti del decreto di cessazione della procedura di amministrazione controllata nel successivo giudizio di revocatoria fallimentare, in Fall., 1980, 557; Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, Napoli, 1986, 564, 581; Meli, La consecuzione delle procedure concorsuali: problematiche e soluzioni con particolare riferimento al computo del periodo sospetto ai fini della revocatoria fallimentare; decorrenza degli interessi; alla prededuzione; alla preesistenza dei rapporti giuridici, in Dir.fall. 1992, I, 749; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1998, 303 - 682 e segg.; Panzani, Consecuzione di procedure e "dies a quo" per l'esercizio dell'azione revocatoria, in Fall., 1993, I, 129; Id., Legittimita' costituzionale della retrodatazione del periodo sospetto, ivi, 1995, I, 210; Pinto, Sulla revocatoria fallimentare degli atti posti in essere durante il precedente concordato preventivo, in Giur.comm. 1988, I, 556; Poggi, Termini per l'esercizio dell'azione revocatoria in caso di fallimento successivo ad amministrazione controllata, in Nuova giur.civ.comm., 1992, I, 815; Previti, La revocatoria degli atti compiuti e autorizzati nel concordato preventivo e nell'amministrazione controllata, in Dir.fall., 1990, I, 32; Proietti, Fallimento consecutivo a amministrazione controllata e termini per la revocatoria, in Societa' e dir., 1994, II, 383; Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, IV, 2364; Provinciali-Ragusa Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 988, 296; Rabito, Consecuzione di procedure concorsuali e revocatoria fallimentare: nuovi orientamenti giurisprudenziali, in Dir.fall., 1992, I, 55; Rago, E' ammissibile la revocatoria fallimentare degli atti compiuti durante il concordato preventivo nel caso in cui venga successivamente dichiarato il fallimento?, ivi,1998, II, 1129; Ragusa Maggiore, Decorrenza del termine di prescrizione per l'esercizio della revocatoria fallimentare, in caso di consecuzione di procedure concorsuali, ivi, 1997, II, 45; Ruggeri, Fallimento consecutivo ad amministrazione controllata e termini per l'esercizio dell'azione revocatoria, in Fall., 1988, 222; Russo, Consecuzione e autonomia di procedure concorsuali, ivi, 1985, 552; id., Consecuzione di procedimenti concorsuali e decorrenza del periodo sospetto per l'azione revocatoria fallimentare, ivi, 1991, 903; Sapienza, Conversione e consecuzione di procedimenti concorsuali, Milano, 1958, 150; Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1974, 394, 411, n. 824; Spolidoro, Procedure concorsuali consecutive e revocatoria fallimentare. Interviene la Corte costituzionale, in Notariato, 1995, II, 444; Tarnassi, Stato di insolvenza e temporanea difficolta' di adempiere, in Giur.it., 1989, I, 2,173; Tarzia, Consecuzione di procedure concorsuali e revocatoria fallimentare, in Fall. 1987,1173; Id., Retrodatazione del periodo sospetto: riflessioni dopo l'intervento della consulta, ivi, 1995, I, 985; Travi, Ancora sul computo del periodo sospetto in caso di fallimento consecutivo a concordato, in Giur. it., 1956, I, 2, 791;Vigo, Il termine per la revocatoria fallimentare degli atti compiuti dal socio: la Corte di cassazione modifica la sua giurisprudenza (nota a sent. Cass., Sez.I, 1 agosto 1996 n.6971; Trib.Catania 27 febbraio 1997), in Giur. comm., 1998, II, 499.


(2) Cass., 13 aprile 1994, n.3421, in Fall., 1994, 1048. Trib.Padova, 9 giugno 2000, in Fall., 2000, 1303; Trib. Bergamo, 20 maggio 2000, ivi; Trib.Torino, 13 marzo 2000, in Giur.it., 2000, 1870; Trib.Como, 22 settembre 1999, ivi, 115. Il principio della decorrenza della prescrizione dalla data del decreto con cui viene nominato il soggetto che, ai sensi dell’art.2935 c.c., è l’unico che può far valere l’azione, è stato affermato anche dalle sezioni unite della S.C., sia pure con riferimento all’amministrazione straordinaria: Cass., Sez.Un., 15 giugno 2000, n.437, in Giust.civ.Mass., 2000, 1172.

 

(3)                Cass., 14 giugno 1999 n.5858, in Foro it., 1999, I, 2515.

 

(4) In questo senso, per l’ipotesi di concordato preventivo proposto dopo la ripresa della normale attività dell’impresa, precedentemente ammessa ad amministrazione controllata, successivamente sfociato nel fallimento: Cass., 26 giugno 1992 n.8013, in Dir.fall., 1993, II, 55. Nel senso che il decreto di remissione in bonis, emesso al termine dell’amministrazione controllata, di per sé non può, tuttavia, che deporre per la non sussistenza di uno stato di decozione e, quindi, per la diversità dell’origine della crisi che poi ha dato luogo al fallimento, cfr.: Cass., 28 luglio 1999, n.8164, in Giust.civ.Mass., 1999, 1735. Per l’indifferenza dell’eventuale intervallo di tempo intercorso tra una procedura e l’altra, quali espressioni della medesima crisi dell’impresa, salvo che detto intervallo costituisca uno degli elementi dimostrativi della variazione dei presupposti soggettivi ed oggettivi del fenomeno dell’unificazione delle varie procedure, cfr.: Cass., 14 dicembre 1998, n.12536, in Riv.dott.comm., 1999, 753. Per il Tribunale di Firenze, non può esservi, invece, un intervallo nel quale l’impresa ha ripreso la sua attività normale, così da alterare l’identità tra massa di creditori nel cui interesse viene svolta la procedura minore e, nella fattispecie, l’amministrazione controllata e la massa dei creditori fallimentari che subiscono la prededuzione (Stanghellini, La prededuzione nelle procedure concorsuali con particolare riguardo al concordato preventivo, in AAVV, Le procedure concorsuali nella giurisprudenza toscana, Torino, 2000, 69).


(5) La sentenza di fallimento può tuttavia essere pronunciata soltanto se e quando sia già stato pubblicato il provvedimento di rigetto dell’omologazione. Così: Cass., 7 marzo 2000, n.2456, in Giust.civ.Mass., 2000, 543.

 

(6) Cass., 22 giugno 1991, n.7046, in Giur.it., 1992, I, 1, 741; Cass., 22 novembre 1991, n.12573, in Fall, 1992, 379.

 

(7) Cass., 14 marzo 2000, n.2917, in Giust.civ.Mass., 2000, 574.

 

(8) Sulla valenza del richiamo all’art.173 L.F. per le ragioni di matrice fraudolenta che possono importare la revoca, cfr.: Pajardi, Manuale, op.cit., 76.
Per la revoca con conseguente automatica dichiarazione di fallimento senza né audizione del debitore né facoltà di presentazione del concordato, cfr.: Provinciali, Trattato, op.cit., 2458. E in giurisprudenza: Trib.Rimini, 29 marzo 1971, in Dir.fall., 1971, II, 783. Nel senso dell’inidoneità, per determinare la revoca, di un semplice atto di amministrazione non autorizzato, a meno che esso non possa rappresentare di per sé indice del fatto che il debitore non è più meritevole del beneficio o che la procedura non può più essere utilmente proseguita, cfr.: Cass., 23 giugno 1988, n.4278, in Foro it., 1988, 1178. Per l’ammissibilità della revoca quando vengono meno i requisiti di ammissione alla procedura, cfr.: Cass., 2 luglio 1988, n.4407, in Dir.fall., 1989, II, 53. E, tuttavia, per la sua illegittimità, ove il perdurante stato di insolvenza debba comunque ritenersi reversibile, che vi è in mancanza di prova della sua definitiva irreversibilità, cfr.: Cass. 2 luglio 1988, n.4408, in Giur.comm., 1989, II, 546.

 

(9) Cass., 17 gennaio 2001, n.555, in Giust.civ.Mass., 2001, 94.

.

(10) Sulla prededucibilità in generale, in dottrina, cf.r.: Ferrara, Il fallimento, Milano, 1974, 526; La China, Fallimento. Liquidazione e ripartizione dell'attivo, in Giur. comm., 1975, I, 407; Provinciali, Trattato, op.cit., 1657 ss.; Satta, Diritto, op.cit.,122; Bonsignori, Della liquidazione dell'attivo, in Comm. Scialoja-Branca, I, Zanichelli Foro it., 1976, sub art.111, 657; Vaselli, I debiti della massa nel processo di fallimento, Padova, 1951, 19 ss., 30; Censoni, L'amministrazione straordinaria delle imprese armatoriali e i “debiti della massa”, in Giur. comm., 1983, I, 185 ss. Sulla prededucibilità, in particolare, dei crediti sorti in amministrazione controllata e in concordato preventivo, cfr.: Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, Milano, 1987; Azzolina, Il fallimento, op.cit.,1319; Bianchi D'Espinosa, L'amministrazione controllata nella sua pratica attuazione, in Dir. fall., 1957, I, 41 ss.; Id., L'amministrazione controllata, ivi, 1966,1, 65 ss.; Bonfatti, Procedure concorsuali minori e prededuzione, in Giur.comm., 1986, I, 857; Borselli, Nessuna prededuzione nel concordato preventivo, in Dir.fall., 1980, II, 197; Candian, Il processo di concordato preventivo, Padova, 1937, 288 ss.; Id., Fallimento consecutivo al concordato preventivo e retrodatazione, in Riv, dir.comm., 1936, II, 517; Casella, I debiti contratti per la continuazione dell'impresa in amministrazione controllata ed in concordato preventivo e la riforma delle procedure concorsuali, in Fall., 1982, 361 ss.; De Marco, Consecuzione di procedimenti concorsuali, in Dir. fall., 1953, I, 283; De Martini Esperienze pratiche e profili teorici dell'amministrazione controllata, ivi, 1947, I, 5, 71, 125; Ferrara, Il fallimento, op.cit., 625 ss.; Ferri, Prededucibilità dei crediti sorti nel corso dell'amministrazione controllata in sede di fallimento, in Riv. dir. comm., 1978, II, 791; Lascaro, I crediti sorti in pendenza di concordato preventivo, in Dir. fall., 1982, II, 1577; Martella, Prededucibilità in sede fallimentare dei crediti legittimamente costituiti durante l'amministrazione controllata, in Giur.di merito, 1981, I, 342; Pazzaglia L'amministrazione controllata, op.cit., 89 ss.; Pellegrino, Pagamento dei crediti sorti durante la procedura di concordato, in Banca, borsa, tit. cred., 1981, II, 54; Pericoli, Sulla tutela dell'interesse dei creditori nell'amministrazione controllata, in Giur. comm., 1984, I, 731 ss.; Provinciali, Trattato, op.cit., 2258, 2462 ss.; Satta, Diritto, op.cit., 409 ss.; Id., voce "Amministrazione controllata", in Enc.dir., II, Milano, 1958, 189; Semiani Bignardi, Debiti assunti dall'ammesso all'amministrazione controllata, in Foro it., 1956, I, 967; Tedeschi, I crediti del professionista nel fallimento consecutivo ad amministrazione controllata, in Giur. comm., 1974, II, 729; Id., Amministrazione controllata, panorama di giurisprudenza, ivi, 1980,I, 350 ss.; Id., Amministrazione controllata, panorama di giurisprudenza, iví, 1986, I, 924 ss.- 956 ss; Vaselli, I debiti, op.cit.; Vitali, I debiti di massa nel fallimento, Milano, 1975, 189 ss.; Lo Cascio, L'amministrazione controllata, nota a Cass n. 12157/1990, in Dir. fall., 1992, II, 777, 258 ss.

 

(11) Per la prededucibilità dei crediti maturati durante l'amministrazione controllata nel successivo fallimento o concordato preventivo, ma non per la prededucibilità, nel fallimento consecutivo, anche dei crediti maturati durante il concordato preventivo: Corte Cost., 27 gennaio 1995, n.32, ord., in Giur.it., 1995, I, 1, 241. Cass., Sez.Un., 14 ottobre1977, n. 4370, in Foro it., 1978, I, 411; Cass., 12 marzo 1999, n.2192, in Giust.civ.Mass., 1999, 550; Cass., 14 luglio 1997, n.6352, in Fall., 1998, 177; Cass., 27 ottobre 1995, n.11216, ivi, 1996, 529; Cass., 12 luglio 1994, n.6566, ivi, 1995, 164; Cass., 10 marzo 1994, n. 2337, ivi, 1994, 997; Cass., 2 giugno 1994, n. 4236, ivi, 1253; Cass., 5 febbraio 1993, n.1444, ivi, 1993, 724; Cass., 15 luglio 1992, n. 8590, in Fall., 1993, 40; Cass., 26 giugno 1992, n.8013, ivi, 1992, 1027; Cass., 16 novembre 1989, n.4892, ivi, 1990, 402; Cass., 21 dicembre 1990, n.12157, ivi, 1991, 680; Cass., 18 ottobre 1990, n.10167, ivi, 1991, 352; Cass., 5 febbraio 1988, n.1258, ivi, 1988, 967; Cass., 16 maggio 1983, n. 3369, ivi, 1983, 1372; Cass., 3 luglio 1980, n.4217, in Dir.fall., 1980, II, 590; Cass., 6 gennaio1979, n. 57, in Giur, comm., 1980, II, 187; Cass., 6 gennaio 1979, n. 62, ivi, II, 187; Cass., 3 luglio 1979, n. 3131, in Fall., 1980, 290; Cass., 27 gennaio 1978, n. 395, ivi., 1979, 64; Cass., 5 aprile1976, n. 1171, in Dir.fall., 1976, II, 361; Cass., 18 luglio1961, n. 1738, ivi, 1961, Il, 757; Cass., 8 aprile1959, n. 1024, ivi, 1959, II, 17. Trib.Milano, 18 settembre 1986, in Riv. it. leasing, 1988, 488; Trib.Pavia, 6 febbraio 1987, in Fall., 1988, 376; Cass., 5 febbraio 1988, n. 1258, ivi, 453; Cass., 17 febbraio 1981, n.948, ivi, 1981, 493; Cass., 4 giugno 1980, n.3636, in Dir.fall., 1980, II, 366. Trib. Velletri, 11 gennaio 1993, ivi, 1993, 1151; Trib.Bologna, 11 dicembre 1990, in Giur. it., 1991, I, 2, 337; Contra: Trib. Monza, 3 gennaio 1991, in Fall., 1991, 847; Appello, Roma, 29 aprile 1991, in Foro it., 1991, I, 154; Trib.Perugia, 16 dicembre 1988, in Dir. fall., 1989, Il, 740;Trib. Como, 12 aprile 1988, in Fall., 1988, 1032; Trib. Milano, 30 maggio 1985, ivi, 1985, 1189; Appello, Milano, 18 ottobre 1983, ivi, 1984, 323. Per la prevalente dottrina, nel senso della prededucibilità anche dei crediti sorti durante il concordato preventivo, cfr.: Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 1986, 286; Bozza-Schiavon, L'accertamento dei crediti nel fallimento, Milano, 1992, 585; D'Alessandro, Procedure concorsuali consecutive e prededuzione, in Giust.civ., 1992, II, 149; Apice, Prededucibilità dei crediti sorti in pendenza di concordato preventivo, in Fall., 1988, 949; Id., Consecuzione di procedure ed effetti del fallimento, ivi, 1996, 721. Più di recente, tuttavia, per la prededucibilità, nel fallimento consecutivo, dei crediti sorti durante il concordato preventivo, soltanto nel caso in cui la gestione dell'impresa abbia costituito una modalità essenziale della procedura di concordato, parte della stessa proposta di concordato, oggetto dell'ammissione da parte del Tribunale e dell'approvazione da parte dei creditori, nonché oggetto dell'omologazione finale, cfr.: Cass., 15 agosto 1996, n.7140, in Fall., 1997, 269. Nello stesso senso, per la giurisprudenza di merito, cfr.: Trib. Genova, 17 novembre 1995, ivi, 1996, 300; Trib. Milano, 20 giugno 1996, ivi, 1996, 1136; Appello, Roma, 31 marzo 1995, citata in nota, in Arato, La consecuzione, op.cit., ivi, 1999, 752; Trib. Monza, 31 gennaio 1991, ivi, 1991, 531. Nel senso che, riguardo all’amministrazione controllata, il principio della prededucibilità vale tanto per i crediti, da pagarsi in occasione dei piani di riparto e non via via che sono disponibili fondi liquidi e la cui domanda di prededuzione dev’essere fatta con l’insinuzazione tempestiva o tardiva, quanto per gli interessi sugli stessi, le spese di gestione e il compenso del Commissario Giudiziale, cfr.: Cass., 12 marzo 1999, n.21929, cit. Nello stesso senso è anche l’indirizzo, ricavato dalle risposte date ad una serie di quesiti appositamente posti al riguardo, dei Tribunali di Firenze, Pistoia, Grosseto, Prato e Massa, mentre per il Tribunale di Lucca la consecuzione costituirebbe, invece, un’invenzione della giurisprudenza di legittimità non meritevole di seguito, potendosi ammettere soltanto la prededuzione del compenso del Commissario giudiziale e per le altre spese della procedura in senso stretto per cui è prevista la precostituzione di deposito ad hoc (Stanghellini, La prededuzione, op.cit., 43 e segg.). Lo stesso indirizzo dei tribunali toscani sopra citati esclude la prededucibilità dei crediti sorti nel concordato preventivo, a meno che la prosecuzione dell’impresa non sia stata prevista come modalità essenziale dello stesso, in conformità al principio già espresso da Cass., 5 agosto 1996, n.7140, cit. (op.ult.cit.)

 

(12) Nel senso che la consecuzione della procedura di concordato preventivo a quella di amministrazione controllata, per la quale sia stata depositata la somma prescritta dall'art.188 L.F., non fa venire meno la necessità dell'imposizione al debitore, che fa istanza di ammissione alla seconda procedura, del rispettivo deposito stabilito dall'art.163 L.F., trattandosi di procedure distinte che hanno spese proprie, salva la possibilità, dopo la chiusura della prima, di utilizzare l'eventuale residuo attivo per la seconda, cfr.: Cass., 5 aprile 2001, n.5054, in Giust.civ.Mass., 2001, 712. Per l’obbligo della trasmissione del fondo spese del Commissario Giudiziale al Curatore da parte del primo, senza possibilità di trattenere il suo compenso, ancorché già liquidato dal Giudice, si è pronunciato il Tribunale di Firenze, mentre il Tribunale di Pistoia concorda per la tendenza alla nomina come Curatore dello stesso professionista che ha ricevuto l’incarico di Commissario Giudiziale (Stanghellini, La prededuzione, op.cit., 43 e segg.). Quanto al credito del garante, esclusane la prededucibilità da parte dei tribunali toscani citati, lo stesso Tribunale ultimo citato, in conformità con l’orientamento già espresso da Cass., Sez.Un., 18 febbraio 1997, n.1482, in Giur.it., 1998, 731, in tema di conservazione nel fallimento della garanzia prestata nel concordato, propende per il principio di conservazione, nel fallimento consecutivo, della garanzia prestata nel concordato preventivo, con conseguente obbligo di adempimento da parte del terzo sia pure nel limite della perecentuale concordataria (op.ult.cit.). Per la prededucibilità del compenso del Commissario Giudiziale anche nel concordato preventivo, cfr.: Cass., 3 ottobre 1983, n.5753, in Fall., 1984, 688. Nello stesso senso, per il credito di chi ha pagato il deposito delle spese ex art.163 L.F., cfr.: Appello, Roma, 31 marzo 1995, in Fall., 1996, 281.

 

(13) Gli artt.72 e 73 L.F non si applicano al concordato preventivo e all’amministrazione controllata, per cui i rapporti giuridici continuano ad avere esecuzione e l’imprenditore deve eseguire e adempiere tutte le proprie obbligazioni precedenti e successive alla procedura. Nell’amministrazione controllata vale il divieto di pagamento dei debiti pregressi, nonostante l’esplicito riferimento della legge al solo divieto di azioni esecutive, che può essere escluso soltanto in casi eccezionali, quando il mancato pagamento pregiudicherebbe lo stesso sviluppo della procedura, come ad esempio per i crediti dei lavoratori, per cui eventuali pagamenti vietati saranno revocabili nel fallimento successivo.
I debiti contratti per l’amministrazione controllata nel fallimento consecutivo sono considerati prededucibili, mentre i debiti precedenti, di per sé concorsuali nel fallimento consecutivi, possono divenire prededucibili soltanto quando, per le particolari caratteristiche del rapporto, le prestazioni che ne derivano non possono configurarsi in modo autonomo e distinto, ma costituiscono momenti esecutivi di un’obbligazione rigidamente indivisibile, che fa attrarre nell’orbita dell’amministrazione controllata l’intero credito. Modificando il proprio orientamento espresso sino alla metà degli anni novanta, la giurisprudenza ha stabilito che ciò non si verifica, in quanto nonostante l’unitarietà del rapporto genetico le singole prestazioni risultano plurime e distinte (Cass., 27 agosto 1997, n.8076, in Giust.civ.Mass., 1997, 1533), tanto nei casi di appalti con pagamenti a stati di avanzamento, quanto nelle ipotesi di somministrazione di forniture elettrice (Cass., Sez.Un., 22 maggio 1996, n.4715, in Fall., 1997, 30). Per la non applicabilità, nell'amministrazione controllata e nel concordato preventivo, degli artt. 72 e 83 della legge fallimentare, cfr.: Cass., 3 dicembre 1968, n.3868, in Dir. fall, 1968, II, 933; Cass., 5 giugno1976, n. 2037, in Giust. civ., 1976, I, 1638; Cass., 14 febbraio 1979, n. 973, in Giur. it., 1979, I, 1, 1680; Cass., 14 febbraio 1979, n. 974, ivi, 1681; Cass., 14 febbraio1979, n. 976, in Mass. Giur. it., 1979; Cass., 3 luglio1980, n. 4217, in Fall., 1980, 999; Cass., 8 giugno1981, n. 3683, ivi, 1981, 897; Trib.Macerata, 19 gennaio1987, ivi, 1987, 647; Appello, Firenze, 25 novembre1989, in Dir. fall, 1990, II, 1438; Appello, Firenze, 10 gennaio1990, ivi, 1991, II, 561. Nel senso della prededucibilità dei crediti per forniture derivanti dal contratto di somministrazione e anteriore all'amministrazione controllata o al concordato preventivo, cfr.: Cass., 23 marzo1992, n. 3581, in Dir. fall., 1992, II, 700; Cass., 5 febbraio1993, n. 1444, in Giur. it., 1993, I, 1, 1428; Cass., 21 dicembre 1990, n. 12157, in Dir. fall., 1992, II, 777; Cass., 18 ottobre 1990, n. 10167, in Riv. dir. comm., 1991, II, 497. Appello, Firenze, 17 luglio 1991, in Rass. giur. Enel, 1992, 695. Per la configurazione dell'appalto come contratto ad esecuzione prolungata, cfr.: Rubino, L'appalto, in Trattato Vassalli, IIIV, Torino, 1980, 295 ss.; Stolfi, Appalto Trasporto, II ed., in Trattato Grosso e Santoro Passarelli, Vallardi, 1966, 5, 17; Giannattasio, L'appalto, in Trattato Cicu Messineo, XXIV, II, Milano, 1977, 14 s.; Moscarini, L'appalto, in Trattato Rescigno, Torino, 1984, II, 726. Per la più risalente tesi dell'appalto come contratto ad esecuzione continuata o periodica, cfr.: Osti, La c.d. clausola “rebus sic stantibus” nel suo sviluppo storico, in Riv. dir. civ., 1912, 1 ss.; Id., voce “Contratto (concetto, distinzioni)”, in Nuovo Digesto it., IV, Torino, 1938, 36 ss., 67; Id., voce “Contratto”, in Noviss.Digesto it., IV, Torino, 1959, 462 ss., 496; Laurizio, Il contratto di appalto, parte generale, Padova, 1939, 142 ss. In giurisprudenza, sulla qualificazione dell'appalto come contratto ad esecuzione prolungata, cfr.: Cass., 23 novembre1965, n. 2406, in Foro it., 1966, I, 234; Cass., 19 febbraio 1968, n. 574, in Mass. Foro it., 1968. Per l'indivisibilità delle prestazioni dell'appaltatore, cfr.: Cass., 20 novembre 1956, n. 4276, in Mass. Giur. it., 1956; Cass., 29 agosto1963, n. 2398, in Giust. civ., 1964, I, 153; Cass., 23 novembre1965, n. 2406, cit.; Cass., 19 febbraio1968, n. 574, cit.; Cass., 9 novembre 1977, n. 4818, in Rep. Giur. it., 1977, voce “Appalto privato”, n. 4; Cass., 18 agosto 1993, n. 8752, in Mass. Giur. it., 1983; Cass., 13 gennaio 1984, n. 283, in Giust. civ., 1984, I, 2847. Per gli effetti dell'amministrazione controllata e del concordato preventivo sui rapporti giuridici preesistenti, cfr.: Bregoli, I rapporti giuridici pendenti, in Fall., 1985, 511 AAVV, Seminario di studi sui rapporti giuridici pendenti nelle procedure concorsuali, ivi, 1984, 1084; Russo, La sorte dei rapporti giuridici pendenti nelle procedure concorsuali minori, in Dir. fall., 1987, 1, 472 ss.; Satta, Diritto, op.cit.; Bonfatti, Procedure, op.cit., 857; Lo Cascio, L'amministrazione controllata, op.cit., 217 ss.

 

(14) Nel senso che sarebbe irragionevole considerare che un atto autorizzato compiuto durante la procedura sia non pregiudizievole fino a che dura la procedura e invece pregiudizievole quando si apre il fallimento, posto che è proprio lo stesso principio della retrodatazione del periodo sospetto ai fini della revocatoria che incoraggia questa tesi, altrimenti si avrebbe un ordine di revocatorie per gli atti compiuti prima della procedura ed un altro ancora per gli atti compiuti durante la stessa, il che sancirebbe la fine delle procedure minori, poiché è evidente che nessun creditore effettuerebbe prestazioni a favore di un’impresa in amministrazione controllata o concordato preventivo, cfr.: Cass., 19 agosto 1992, n.9657, in Fall., 1993, 58. Appello, Roma, 1 giugno 1998, ivi, 1998, 1190; Appello, Roma, 20 gennaio 1997, ivi, 1997, 856. Trib.Roma, 23 febbraio 1994, in Dir.fall., 1995, II, 166. Per l’inefficacia nel successivo fallimento dei pagamenti di crediti sorti prima dell’amministrazione controllata ed eseguiti nel corso della stessa, cfr.: Trib.Milano, 19 dicembre 1996, in Fall., 1997, 436. Nel senso della revocabilità, nel successivo fallimento consecutivo, di crediti relativi ad obbligazioni contratte nel concordato preventivo, cfr.: Cass., 27 ottobre 1995, n.11216, ivi, 1996, 529. E, per l’eguale revovabilità di pagamenti riscossi per importi superiori alla percentuale concordataria o prima delle scadenze previste in concordato ovvero in violazione della par condicio, cfr.: Appello, Torino, 24 dicembre 1993, in Giur.it., 1995, I, 2, 54.

 

(15) In questo senso cfr.: Cass., 12 aprile 2000, n.4645, in Il fisco, 2000, 9849; Cass., 8 aprile 2000, n.4484, in Giust.civ.Mass., 2000, fasc. 4; Cass., 15 febbraio 1995, n.1638, in Fall., 1995, 945; Cass., 19 gennaio 1995, n.584, ivi, 1995, 840; Cass., 20 aprile 1994, n.3774, ivi, 1994, 1141; Cass., 10 maggio 1994, n.5284, ivi, 1995, 138. Nello stesso senso nella giurisprudenza di merito, cfr.: Appello, Milano, 24 settembre 1985, in Fall., 1986, 977. Trib. Milano, 22 febbraio 1990, in Banca, borsa e tit.cred., 1991, II, 55; Trib.Genova, 25 settembre 1990, ivi; Trib. Milano, 10 marzo 1986, in Fall., 1987, 405; Trib. Macerata, 7 gennaio 1986, ivi, 1986, 896; Trib. Roma, 2 luglio 1984, ivi, 1984, 1530. Per l'applicazione del medesimo principo, al fine dell'individuazione del triennio, per il quale l'art.54, ultimo comma, L.F., riconosce il diritto di prelazione agli interessi, con conseguente esclusione della possibilità di far retroagire l'anno in corso al momento della dichiarazione di fallimento a quello dell'ammissione all'amministrazione controllata, cfr.: Cass., 29 gennaio 1993, n.1168, in Giust.civ., 1993, I, 1177. Più di preciso, si è osservato che, essendo l’art.55 L.F., secondo cui la dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi, espressamente richiamato dall’art.169 L.F., gli interessi risultano sospesi dal momento stesso della domanda di concordato preventivo e, invece, dal giorno della sentenza di fallimento in caso di consecuzione di amministrazione controllata (Cass.,Sez.Un., 22 maggio 1996, n.4715, cit.), stante il mancato richiamo in questa sede dell’art.55 L.F. e la ritenuta impossibilità di applicare estensivamente questa all’amministrazione controllata (Cass., 12 novembre 1993, n.11193, in Giur.it., 1995, I, 1, 78). Contra.: Appello, Firenze 6 aprile 1990, in Giur.comm., 1990, II, 970. Trib. Reggio Emilia, 18 agosto 1989, in Fall., 1990, 425; Trib.Bologna, 19 marzo 1988, ivi, 1989, 301; Trib.Varese, 15 marzo 1988, ivi, 1989, 1129; Trib.Vicenza, 22 aprile 1986, ivi, 1987, 201; Trib. Milano, 7 febbraio 1985, ivi, 1985, 549; Trib. Milano, 26 settembre 1983, ivi, 1983, 1245.Nel senso, peraltro, che, non essendovi alcuna norma che disciplina la consecuzione di procedure, non sarebbe lecito assegnare questo significato al mancato richiamo dell’art.55, osservandosi inoltre che anche per la retrodatazione del periodo sospetto non c’è alcuna norma, ma soltanto il fine della tutela della par condicio e, quindi, se questo fine giustifica la consecuzione delle procedure e se lo stato di insolvenza è insito anche nell’amministrazione controllata, non risulterebbe lecito assegnare due diversi regimi sul decorso degli interessi, cfr.: Trib.Firenze, 20 giugno1990, in Dir.fall., 1991, II, 348. Nel senso che, nel fallimento consecutivo, la sospensione degli interesso retroagisce al decreto di ammissione all’amministrazione controllata, cfr.: Trib. Firenze, 25 novembre1987, in Foro it., 1988, I, 1300; Trib.Vicenza, 22 aprile 1986, in Giust.civ., 1987, I, 2698; Trib.Vicenza, 11 febbraio 1984, in Dir.fall., 1984, 549; Trib.Milano, 7 febbraio 1985, in Fall., 1985, 549; Trib.Milano, 26 settembre 1983, ivi, 1983, 1425; Trib. Milano, 27 ottobre 1980, ivi, 1981, 721. Per la non operatività del blocco sancito dall’art.55 L.F. riguardo agli interessi maturati sui crediti sorti nel corso dell’amministrazione controllata e che possono pertanto essere fatti valere nel fallimento consecutivo, salvo la prova liberatoria della colpa a carico del Curatore, cfr.: Cass., 8 aprile 200, n.4484. cit.; Cass., 6 marzo 1992, n.2726, in Fall., 1992, 639.

 

(16) Il computo del periodo sospetto si esegue secondo il calendario comune e la scadenza del termine si verifica nel giorno del mese o dell’anno corrispondente a quello del mese o dell’anno iniziale, indipendentemente dall’effettivo numero di giorni compresi nel rispettivo periodo. In questo senso, cfr.: Trib.Torino, 17 gennaio 1989, in Fall., 1989, 568. Per il rilievo, ai fini del computo, della data di pubblicazione della sentenza e non della sua deliberazione, cfr.: Cass., 11 marzo 1994, n.2382, in Fall., 1994, 819; Cass., 16 aprile 1992, n.4705, ivi, 1992, 911. Trib.Torino, 13 marzo 1998, ivi, 1998, 628.

 

(17) Per la decorrenza dalla data del decreto, cfr.: Maffei Alberti, Commentario, op.cit., 211; Provinciali - Ragusa Maggiore, Istituzioni, op.cit., 296; Pajardi, Manuale, op.cit., 683. Quest’ultimo più di recente, dopo una iniziale propensione alla tesi della decorrenza dalla data della presentazione del ricorso. In questo senso è anche la giurisprudenza della S.C. (Cass., 7 maggio 1991, n.5025, in Fall., 1991, 819) e del Tribunale di Milano sino alla metà anni ottanta. In contrario, per la decorrenza dalla data di presentazione del ricorso, cfr.: Azzolina, Il fallimento, op.cit., 1385; Mazzocca, Manuale, op.cit., 564-581; Cuneo, Le procedure, op.cit., 1253; Travi, Ancora sul computo, op.cit., 791-939. Nel senso che il periodo decorre dalla data di deliberazione dell'ammissione all'amministrazione controllata e non da quella della pubblicazione del provvedimento, cfr.: Trib.Pescara, 14 settembre 1999, in PQM, 2000, fasc.1, 45.

 

(18) Cass., 1 agosto 1994 n.7157, in Fall., 1995, 276; Cass., 2 luglio 1994, n.6154, in Dir.fall., 1995, II, 239; Cass., 2 maggio 1994, n.4240, ivi, 238. Trib. Monza, 17 dicembre 1987, in Foro it., 1988, I, 3421; Trib. Milano, 19 settembre 1985, in Fall., 1986, 220.

Mentre, infatti, il concordato preventivo, al quale sia stata ammessa una società di persone, ai sensi dell’art.184, ultimo comma, della legge fallimentare, ha effetto anche per i soci illimitatamente responsabili, salvo patto contrario stipulato con tutti i creditori contemporaneamente al concordato, nel senso che il pagamento in percentuale ha effetto liberatorio anche per essi, relativamente ai debiti sociali, anche laddove i soci prima di divenire tali avessero prestato fideiussione (Cass., 1 marzo 1999, n.1688, in Dir.fall., 2000, II, 566), ma non invece anche nel senso che la procedura concordataria andrebbe ad estendersi anche al loro patrimonio personale (Cass., 30 agosto 2001, n.11343, in Giust.civ.Mass., 2001, fasc.7-8), l’amministrazione controllata non ha effetto per questi soci (Contra: Trib.Firenze, 30 agosto 1983, in Fall., 1984, 987), il patrimonio dei quali non può comunque essere aggredito dai creditori della società fino a che dura l’amministrazione controllata, per gli effetti dell’art.2304 c.c. che subordina l’esecuzione sui beni del socio alla preventiva escussione del patrimonio sociale, invece temporaneamente “protetto” dalla procedura di amministrazione controllata.

Il principio della retrodatazione del periodo sospetto anche per la revoca degli atti compiuti dal socio illimitatamente responsabile alla data di ammissione della società all’amministrazione controllata si fonda sulla considerazione che, ai sensi dell’art.147 L.F., la sentenza che dichiara il fallimento della società produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, per cui il fallimento del socio ha carattere meramente conseguenziale e dipendente rispetto al fallimento della società, tanto che il socio fallisce per l’insolvenza della società ed a prescindere dall’accertamento di un suo personale stato di insolvenza e, quindi, a questi effetti, il fallimento della società e del socio deve intendersi come un unico fenomeno giuridico, dovendo reputarsi sufficiente, per la revoca dell’atto compiuto dal socio, che l’acquirente abbia avuto conoscenza dello stato di insolvenza della società. Diversamente dal più risalente avviso (inaugurato da Cass., 15 marzo 1961, n.583, in Dir.fall., 1961, II, 217), secondo il quale ogni successiva dichiarazione di fallimento avrebbe effetto ex nunc (Cass., 10 agosto 1991, n.8757, in Fall., 1992, 366), per cui il periodo sospetto dovrebbe essere computato con riferimento alla data del successivo fallimento del socio illimitatamente responsabile, più di recente è stato affermato che la dichiarazione di fallimento del socio ha effetto dalla data della precedente dichiarazione di fallimento della società. In questo senso, cfr.: Cass., 1 agosto 1996, n.6971, in Fall., 1997, 389. E per lo stesso avviso, nella giurisprudenza di merito: Trib.Milano, 19 novembre 1998, ivi, 1999, 342; Trib.Bologna, 20 dicembre 1997, ivi, 1998, 525. Con la conseguenza che, se quest’ultimo fallimento è intervenuto nel corso dell’amministrazione controllata, il computo del periodo sospetto dev’essere pertanto effettuato dalla data di ammissione alla procedura minore. Eguale discorso vale altresì per la revoca degli atti compiuti da un socio di fatto, successivamente scoperto, di un imprenditore individuale prima ammesso ad amministrazione controllata e poi fallito (Trib.Perugia 3 giugno 1989, in Fall., 1989, 949), mentre non vale invece in caso di società occulta e socio occulto, trattandosi di due fallimenti reputati tra loro autonomi (Cass., 11 novembre 1977, n.4883, in Giust.civ.Mass., 1977; Cass., 28 settembre 1973, n.2447, ivi, 1973; Cass. 13 ottobre 1970, n.1982, ivi, 1970), con la conseguenza che i termini per l’esercizio della revocatoria decorrono dalla data della dichiarazione del rispettivo fallimento (Contra: Trib. Udine, 24 aprile 1987, in Foro it., 1987, I, 3149).

 

(19) Cass., 16 novembre 1999, n.12669, in Giur.it., 2000, 978; Cass., 29 settembre 1999, n.10792, in Fall., 2000, 1251; Cass., 14 dicembre 1998, n.12536, ivi, 1999, 660; Cass., 1 ottobre 1997, n.9851, ivi, 1998, 691; Cass., 6 giugno 1997, n.5071, in Mass.UDA. cass.civ., 504993; Cass., 21 febbraio 1997, n.1612, in Fall., 1997, 1001; Cass., 23 gennaio 1997, n.699, ivi, 1997, 825; Cass., 2 settembre 1996, n.7994, ivi, 1997, 74; Cass., 9 maggio 1996, n.4347, ivi, 1996, 1108; Cass., 27 ottobre 1995, n.11216, ivi, 1996, 529; Cass., 5 gennaio 1995, n.189, ivi, 1995, 1095; Cass., 12 luglio 1994, n.6556, ivi, 1995, 164; Cass., 27 giugno 1994, n.6154, in Nuova giur.civ.comm., 1995, I, 521; Cass., 22 giugno 1994, n.5966, ivi; Cass., 30 maggio 1994, n.5285, ivi, 1995, 31; Cass., 2 maggio 1994, n.4240, ivi, 1994, 1147; Cass., 5 febbraio 1993, n.1444, ivi, 1993, 724; Cass., 20 maggio 1992, n.6074, ivi, 1992, 1012; Cass., 22 novembre 1991, n.12573, ivi, 1992, 379; Cass., 7 maggio 1991, n.5025, in Foro it., 1992, I, 152; Cass., 2 giugno 1988, n.3741, ivi, 1988, 972; Cass., 3 luglio 1987, n.5821, ivi, 1987, 1164, Cass., 22 giugno 1985, n.3757, ivi, 1986, 28; Cass., 28 giugno 1979, n.3614, in Giust.civ., 1979, I, 1841; Cass., 15 novembre 1976, n.4216, in Banca, borsa e tit. di cred., 1977, II, 185; Cass., 19 giugno 1972, n.1938, in Foro it., 1973, I, 73; Cass., 28 luglio 1972, n.2579, ivi; Cass., 25 giugno 1966, n.1624, in Dir.fall., 1966, II, 790. Orientamento inaugurato da Cass., 27 ottobre 1956, n.3981, in Foro it., 1957, I, 2114, per la fattispecie di fallimento consecutivo a concordato preventivo ed esteso, dalla giursiprudenza successiva, anche all’amministrazione controllata.

Per la giurisprudenza di merito, nello stesso senso: Trib. Roma, 4 febbraio 1998, in Giust.civ., 1998, I, 2, 316; Trib. Napoli, 14 febbraio 1997, in Fall., 1997, 637; Appello, Roma, 23 dicembre 1996, in Fall., 1997, 541; Trib.Roma, 23 febbraio 1994, cit.; Appello, Napoli, 11 novembre 1994, in Giur.it., 1995, I, 572; Trib.Roma, 22 gennaio 1993, in Dir.fall., 1993, II, 458; Trib. Venezia, 24 agosto 1992, in Fall., 1993, 114; Trib.Roma, 18 gennaio 1992, ivi, 1992, 647; Trib. Catania, 28 dicembre 1991, in Foro it. Rep., 1992, voce Fall., n.399; Trib. Palermo, 4 aprile 1991, ivi, 1991, voce cit., n.364; Trib.Roma, 4 aprile 1991, in Fall., 1991, 1201; Appello, Milano, 18 ottobre 1990, in Foro it. Rep., 1990, voce Fall., n.363; Trib. Palermo, 4 aprile 1991, ivi, 1991, voce cit., n.364; Appello Palermo, 29 maggio 1990, ivi, 1990, n.353; Appello Bologna, 13 ottobre 1989, ivi, 1989, n.342; Trib.Torino, 25 febbraio 1989, in Fall., 1989, 763; Appello Palermo, 20 luglio 1988, in Foro it. Rep., 1988, voce Fall., n.338; Trib. Catania, 7 luglio 1988, ivi, n.363; Trib.Udine, 31 dicembre 1987, in Foro it., 1988, I, 2394; Trib. Torino, 24 marzo 1987, ivi, 1988, n.377; Trib. Ancona, 5 febbraio 1987, ivi, n.338; Trib. Torino, 5 giugno 1986, ivi, 1986, n.370; Appello, Palermo, 16 maggio 1986, ivi, n.369; Trib. Genova, 22 marzo 1986, in Fall., 1986, 1152; Appello, Brescia, 31 ottobre1985, in Foro it.Rep., 1986, voce Fall., n.372; Appello, Milano, 30 aprile 1985, ivi 1985, n.327; Trib. Palermo, 16 febbraio 1985, ivi, n.328; Trib. Roma, 17 dicembre1984, ivi, 1986, n.374; Trib. Roma, 30 dicembre 1982, ivi, 1984, n.269. Sempre nella giurisprudenza di merito, sull’applicazione del medesimo principio della decorrenza del computo dalla data di ammissione alla prima procedura minore, in caso di fallimento consecutivo a concordato preventivo preceduto da amministrazione controllata, cfr.:Trib. Ascoli Piceno, 21 novembre 1997, in Giur.di merito, 1998, 416; Trib.Belluno, 29 settembre 1992, in Fall., 1993, 114; Trib.Roma, 18 aprile 1992, ivi, 1992, 1079; Trib.Roma, 10 febbraio 1988, ivi, 1988, 720; Trib.Roma, 28 maggio 1988, ivi, 1982, 1548. Per il contrario avviso della decorrenza del computo dalla data della sentenza di fallimento, cfr.: Appello, Ancona, 28 febbraio 1996, in Giur.it., 1997, I, 2, 546; Trib. Milano, 23 settembre 1994, in Fall., 1995, 206; Trib. Milano, 29 luglio 1994, in Giur.it., 1995, I, 2, 204; Trib. Milano, 16 settembre 1993, in Foro it., 1994, I, 1807; Trib. Milano, 2 luglio 1992, in Fall., 1993, 213; Trib. Milano, 7 maggio 1990, in Foro it.Rep., 1991, voce Fall., n.365; Appello, Milano, 24 novembre 1989, ivi, 1990, n.349; Trib. Milano, 13 aprile 1989, ivi, n.350; Trib. Milano, 20 marzo 1989, ivi, n.351; Trib. Milano, 16 marzo 1989, ivi, n.352; Trib. Milano, 7 novembre 1988, ivi, 1989, n.348; Trib. Milano, 27 ottobre 1988, ivi, n.345; Trib. Milano, 5 settembre 1988, ivi, nn.346 e 349; Trib. Milano, 7 aprile 1988, ivi, 1988, n.335; Trib. Genova, 13 maggio 1987, ivi, n.334; Trib. Genova, 2 ottobre 1986, in Fall., 1987, 1172; Trib. Pavia, 1 ottobre 1987, ivi, 1988, 78. Precedentemente schierata secondo l’orientamento espresso in materia dalla S.C., dopo la metà degli anni ottanta, la giurisprudenza milanese era concorde nell’ammettere la retrodatazione del periodo sospetto soltanto in ipotesi di fallimento consecutivo a concordato preventivo: cfr. anche, tra le piu recenti: Trib., Milano, 31 luglio 1995, in Gius, 1995, 4123; Trib. Milano, 22.06.1995, ivi, 3163. L’ammissione in seguito del principio anche in tema di amministrazione controllata (Trib. Milano, 23 settembre 1994 e 29 luglio 1994, in Fall., 1995, 206) non ha potuto non determinare un eccezione di illegittimità costituzionale ritenuta comunque manifestamente infondata (Corte Cost., 6 aprile 1995, n.110, ord., ivi, 1995, 709). In dottrina, in tema di fallimento consecutivo ad amministrazione controllata, in particolare, sull'identità della temporanea difficoltà rispetto allo stato di insolvenza, cfr.: Maffei Alberti, Voce “Fallimento (effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori)”, in Enc. giur. Treccani, XIII, Ed. Enc. it., 1989, 3; Pajardi, Manuale, op.cit., 767; Provinciali, Trattato, op.cit., II, 1023, 2471; Pazzaglia, L'amministrazione controllata. Natura giuridica ed effetti, Milano, 1957, 22 ss. Per la decorrenza del periodo sospetto, invece, dalla data di dichiarazione di fallimento, cfr.: Rabito, Consecuzione, op.cit., 55; Tarzia, Consecuzione, op.cit., 1172; Inizitari, Il problema della "retrodatazione", op.cit., 253 ss; Andrioli, voce “Fallimento” (Diritto privato), in Enc.del dir., XVI, Milano, 1967, 274 ss.; De Serra, Decorrenza dei termini per le azioni revocatorie in caso di dichiarazione di fallimento consecutivo a concordato preventivo o ad amministrazione controllata. in Banca, borsa, tit.cred., 1959, II, 572; De Martini, Decorrenza dei termini per la revocatoria in caso di fallimento consecutivo a concordato preventivo o ad amministrazione controllata, in Riv. dir. comm., 1960, II, 437; ammette la validità del principio della retrodatazione soltanto per l'ipotesi in cui il fallimento succeda al concordato preventivo: Bonsignori, Del concordato preventivo, in Comm. Scialoja Branca, Zanichelli, 1979, 97, 115, 304 ss.,

(20) Trib. Genova, 2 ottobre 1986, cit.; Trib. Milano, 16 marzo 1989, cit. Quest’ultimo, tuttavia, nel senso dell’inammissibilità del principio della retrodatazione del periodo sospetto alla data di ammissione alla prima procedura concorsuale minore, ma limitatamente all’amministrazione controllata, in quanto il concordato preventivo presuppone comunque l’avvenuto accertamento di uno stato di insolvenza, insito nella stessa domanda di concordato.

 
(21) Trib. Milano 2 luglio 1992, cit.

 
(22) Per la prima affermazione che il legislatore avrebbe inteso, a questi effetti, attribuire la stessa efficacia della dichiarazione di fallimento anche al decreto di ammissione al concordato preventivo, cfr.: Cass., 27 ottobre 1956, n.3981, cit.. Principio poi esteso dalla giurisprudenza succesiva al decreto di ammissione dell’amministrazione controllata.

 
(23) Panzani, Consecuzione, op.cit., 131

 

(24) Cass., 14 giugno 1999, n.5858, cit.

 

(25) Panzani, Consecuzione, op.cit., 131.

 

(26) Panzani, Consecuzione, op.cit., 131.

 

(27) Trib. Milano, 2 luglio 1992, cit.

 

(28) Panzani, Consecuzione, op.cit., 132.

 

(29) Cass., 24 luglio 2000, n.9680, in Giust.civ.Mass., 609. Nel senso che questi elementi debbono emergere dalla stessa motivazione del provvedimento poiché, altrimenti, questo sarebbe impugnabile comunque mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell'art.111, comma secondo, della Costituzione, per violazione della legge processuale, costituita dalla mancanza di motivazione stabilita dall'art.132 c.p.c., che si verifica sia nei casi di radicale carenza, sia nei casi in cui essa si estrinsechi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio dedicendi o fra loro inconciliabili o obiettivamente incomprensibili, a condizione che tali deficienze emergano dal provvedimento in sé, restando, viceversa, estranea la verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione in raffronto con le risultanze probatorie, cfr.: Cass., 17 marzo 2000, n.3099, in Giust.civ.Mass., 2000, 585; Cass., 14 giugno 1999, n.5870, in Fall., 2000, 748.

 

(30) Inizitari, Il problema, op.cit., 259; Bonsignori, Del concordato preventivo, in Comm. Scialoja e Branca della legge fallimentare a cura di Bricola, Galgano e Santini, Bologna-Roma, 1979, sub art.173, 308.

 

(31) Inizitari, Il problema, op.cit.

 

(32) Trib. Milano, 2 luglio 1992, cit.

 

(33) Panzani, Consecuzione, op.cit., 134. Nel senso che la retrodatazione del periodo sospetto non pregiudica il diritto di difesa del convenuto in revocatoria, in quanto la sua conoscenza dello stato di insolvenza, indipendentemente dalla prognosi espressa dal Tribunale nell’ammissione alla proced. minore, dev’essere collegata ad elementi di valutazione conosciuti o conoscibili direttamente dal terzo al momento in cui fu compiuto l’atto da revocare, cfr.: Cass., 29 settembre1999, n.10792, cit. E, inoltre, cfr. Corte Cost. 06.04.1995 n.110, cit., che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.67 L.F. in riferimento agli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione.

 

(34) Cass., 16 febbraio 1998, n.1635, in Fall., 1998, 513; Cass., 29 agosto 1997, n.8173, ivi, 1998, 498. L’identità sostanziale e funzionale dell’azione revocatoria ordinaria e fallimentare consentirebbe anche per la seconda l’applicazione analogica della prescrizionale quinquennale stabilita per la prima dall’art.2903 c.c. Nel senso che il termine decennale di prescrizione stabilito dall’art.2946 c.c. non è previsto in via generale, cosicché le prescrizioni brevi non possono essere considerate eccezionali e, pertanto, possono essere applicate in via analogica, cfr.: Cass., 4 luglio 1983, n.4461, in Giur.it., 1984, I, 1, 65.

 

(35) Cass., 5 novembre 1999, n.12317, in Fall., 2000, 1340; Cass., 16 febbraio 1998, n.1635, cit.; Cass., 23 gennaio 1998, n.616, ivi, 1998, 717; Cass., 29 agosto 1997, n.8173, cit.; Cass., 15 giugno 1997, n.4296, ivi, 1997, 1187; Cass., 6 giugno 1997, n.5071, ivi, 1998, 167; Cass., 15 maggio 1997, n.4246, ivi, 1997, 1187. Orientamento inaugurato da Cass., 25 giugno 1980, n.3983, in Foro it., 1980, I, 2780. Sullo stesso avviso, nella giurisprudenza di merito, cfr.: Trib.Roma 24 giugno 1998, in Fall., 1999, 108; Trib.Roma, 18 aprile 1992, ivi, 1992, 1079; Trib.Roma, 26 novembre 1991, ivi, 1992, 535; Trib.Milano, 15 ottobre 1990, ivi, 1991, 313; Appello, Milano, 2 dicembre 1986, ivi, 1987, 540; Appello, Palermo, 30 ottobre 1985, ivi, 1986, 1258; Appello, Milano, 29 dicembre 1983, ivi, 1984, 557; Appello, Milano, 12 maggio 1983, ivi, 1983, 559. Contra: Appello, Palermo, 20 dicembre 1993, in Dir.fall., 1994, II, 371; Appello, Palermo, 4 agosto 1989, in Fall., 1990, 334; Trib. Palermo, 13 dicembre 1984, ivi, 1986, 1218.

 

(36) Cass., Sez.Un., 15 giugno 2000, n.437, cit.; Cass., Sez.Un., 8 luglio 1996, n.6225, in Fall., 1996, 999; Cass.,Sez.Un., 13 giugno 1996, n.5433, in Giur.it., 1997, I, 1, 904; Cass. 20 aprile 2001, n.5843, in Giust.civ.Mass., 2001, 840; Cass., 14 marzo 2000, n.2909, ivi, 2000, fasc.5. Per cui l’obbligo di restituzione è la conseguenza dell’accertamento e della pronuncia d’inefficacia.

 

(37) Cass., 5 settembre 1996, n.8086, in Fall., 1997, 683. Per la rappresentazioe della situazione giuridica vantata dalla massa ed esercitata dal curatore come un vero e proprio diritto potestativo all’esercizio dell’azione, rispetto al quale non è configurabile l’interruzione della prescrizione mediante semplice atto di costituzione in mora, cfr.: Cass., Sez.Un., 8 luglio 1996, n.6225, cit.; Cass., Sez.Un., 13 giugno 1996, n.5443, cit. In questo senso, nella giurisprudenza di merito: Trib.Roma, 24 giugno 1998, cit.; Appello, Roma, 1 luglio 1996, in Fall., 1996, 1236; Trib.Milano, 12 gennaio 1995, in Giur.it., 1995, I, 3, 716; Trib.Milano, 14 giugno 1993, in Fall., 1994, 188; Trib.Torino, 17 giugno 1989, ivi, 1990, 297. Contra: Appello, Palermo, 27 ottobre 1992, ivi, 1993, 529; Appello, Roma, 15 ottobre 1991, in Foro it., 1993, I, 567; Appello, Milano, 28 febbraio 1989, in Banca, borsa e tit.cred., 1991, II, 244. Nel senso che anche l’eccezione revocatoria è soggetta alla prescrizione quinquennale decorrente dalla dichiarazione fallimento, per cui se il creditore chiede l’ammissione del suo credito in via tardiva, ai sensi dell’art.101 L.F., anche allo scadere della prescrizione, la revocabilità del credito può essere sempre eccepita, ma sempre e soltanto nei cinque anni dal fallimento, mentre la mancata istanza di insinuazione nel passivo non giustifica alcuno spostamento in avanti del termine di prescrizione dell’eccezione, cfr.: Cass., 16 febbraio 1998, n.1635, cit.

 

(38) Cass., 5 novembre 1999, n.12317, cit.; Cass., 23 gennaio 1998, n.616, cit. Appello, Torino, 24 dicembre 1993, in Giur.it., 1995, I, 54.

 

(39) Cass., 6 giugno 1997, n.5071, in Fall., 1998, 167; Cass., 2 settembre 1996, n.7994, ivi, 1997, 74; Cass., 12 maggio 1994, n.4639, in Gius., 1994, fasc.13, 160; Cass., 26 novembre 1993, n.11739, in Fall., 1994, 504. Per l’affermazione del principio anche da parte delle sezioni unite della S.C., sia pure in tema di amministrazione straordinaria, cfr.: Cass., Sez.Un., 15 giugno 2000, n.437, cit.

 

(40) Più specificatamente, rileva l'anteriorità alla dichiarazione di fallimento del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle contrapposte obbligazioni (Cass., 24 luglio 2000, n.9672, in Fall., 2001, 665), ovvero della radice causale del credito opposto in compensazione (Cass., 16 novembre 1999, n.775, in Dir.fall., 2000, II, 707). In genere, sulla necessità che i crediti da opporre in compensazione siano preesistenti al fallimento, cfr.: Cass., 12 marzo 1984, n.1689, in Dir.fall., 1984, II, 398; Cass., 1 febbraio 1983, n.857, ivi, 1983, II, 316; Cass., 20 marzo 1991, n.3006, in Giur.comm., 1992, II, 727.

 

(41) I requisiti della compensazione legale stabiliti dall’art.1243, primo comma, c.c. sono l’omogeneità, per cui gli oggetti di entrambe le prestazioni devono essere fungibili e dello stesso genere, la certezza, da escludersi nei casi in cui il credito fosse pure riconosciuto da sentenza o decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, per essere lo stesso in queste ipotesi soltanto temporaneamente esigibile, la liquidità, che manca quando il credito è contestato ovvero non è determinato o almeno determinabile con un semplice calcolo aritmetico nel suo ammontare e, infine, l’esigibilità, per cui credito e controcredito debbono essere scaduti. Nella compensazione giudiziale, stabilita al secondo comma della disposizione indicata, c’è un minor rigore per il requisito dell’omogeneità, in quanto possono essere compensati crediti di denaro con crediti di cose fatti valere come crediti di valore, purché sia agevole la conversione in denaro (Cass., 31 gennaio 1951, n.275, in Giur.it., 1951, I, 1, 716), mentre, per il requisito della certezza, l’esistenza del credito dev’essere già accertata, cosicché la compensazione non può operare tra un credito liquido ed esigibile ed un altro credito da accertare non soltanto nel quantum, ma anche nell’an (Cass., 14 gennaio 1992, n.325, in Giur.it., 1993, I, 1, 1348), dovendo infine il credito risultare di facile e pronta liquidazione, secondo la valutazione del giudice insindacabile in sede di legittimità se immune da errori logici e giuridici (Cass., 29 novembre 1993, n.11850, in Giust.civ.Mass., 1993, fasc.11 ). In ambito fallimentare, la compensazione giudiziale può essere disposta anche dal Giudice Delegato, accertando il credito del fallito e quello opposto in compensazione, nonché pronunciando condanna al pagamento e dichiarando la compensazione. Ciò è imposto dalla ratio dell’art.56 L.F., che è quella evitare che il terzo paghi integralmente al fallimento senza poter realizzare il suo credito, se non in moneta fallimentare (Cass., 6 marzo 1995, n.2574, in Fall., 1996, 1033).

 

(42) Nel senso, infatti, che detta norma ha come fine di consentire ai terzi di compensare, con i debiti del fallito, i loro crediti anche non scaduti alla data della dichiarazione di fallimento e, quindi, non esigibili, in deroga alla regola generale stabilita dall'art.1243 c.c., cfr.: Cass., 10 aprile 2000, n.4530, in Giust.civ.Mass., 2000, 771; Cass., 25 agosto 1997, n.7961, in Dir.fall., 1998, II, 1114.

 

(43) Per l'orientamento secondo cui il controcredito opposto in compensazione può anche non essere stato previamente accertato in sede di verificazione dello stato passivo, cfr.: Cass., 17 luglio 1985, n.4223, in Fall., 1986, 387; Cass., 20 maggio 1986, n.3337, in Giur.it., 1988, I, 1, 680; Cass., 9 aprile 1965, n.626, ivi, 1965, I, 1, 849. E, nel senso che, in caso di domanda di pagamento svolta dal curatore nei confronti del titolare di un credito già ammesso in via definitiva al passivo fallimentare, questi può opporre la compensazione, senza che gli si possa eccepire la rinuncia tacita alla compensazione, quale automatica conseguenza della domanda e del provvedimento di ammissione al passivo, cfr.: Cass., 21 gennaio 1999, n.535, in Giust.civ.Mass., 1999, 126. Per il contrario avviso della più risalente giurisprudenza, sulla necessaria preventiva verificazione del credito al fine di poterne opporre la compensazione, cfr.: Cass., 27 maggio 1963, n.1381, in Giust.civ., 1963, I, 2062. Mentre, sempre per quest'ultimo avviso, nella giurisprudenza più recente, cfr.: Cass., 12 marzo 1994, n.2423, in Giur.it., 1995, I, 1, 268. E, tuttavia, per una più approfondita specificazione della questione, nel senso che l'eccezione di compensazione non è condizionata dalla preventiva verificazione del credito fino a che si rimanga nell'ambito dell'eccezione riconvenzionale, mentre un'eventuale eccedenza del credito del terzo verso il fallito non può essere oggetto di condanna verso il fallimento,occorrendo a tal fine un autonomo procedimento di insinuazione al passivo, cfr.: Cass., 3 settembre 1996, n.8053, in Fal., 1997, 598. In base allo stesso avviso, nel senso che il creditore non ha l'onere, a pena di inammissibilità, di eccepire in sede di verificazione dello stato passivo la compensazione, né la mancata impugnazione del decreto che rende esecutivo lo stato passivo preclude la possibilità di opporre successivamente la compensazione rispetto ad una domanda di pagamento della curatela fallimentare, cfr.: Trib.Milano, 9 febbraio 1995, in Giur.it., 1995, I, 2, 999.

 

(44) Cass., Sez.Un., 26 luglio 1990, n.7652, ivi, 1990, II, 1305; Cass., 13 marzo 1982, n.1634, in Dir.fall., 1982, II, 557. Contra: Cass., 6 settembre 1996, n.8132, in Fall., 1997, 199; Cass., 4 agosto 1988, n.4821, in Dir.fall., 1989, II, 378.

 

(45) Nel senso che la scadenza legale alla data del fallimento, che rende esigibile il credito non scaduto, opera solo per il credito del terzo ex art. 56 L.F., cfr.: Cass., Sez.Un., 26 giugno 1990, n.7652, cit.; Cass., 28 maggio 1998, n.5271, in Dir.fall., 1999, II, 768; Cass., 25 agosto 1997, n.7961, cit.

 

(46) Cass., 11 novembre 1998, n.11371, in Fall., 1999, 415.

 

(47) Cass., Sez.Un., 16 novembre 1999, n.775, cit.; Cass., 24 luglio 2000, n.9672, cit; Cass., 5 novembre 1999, n.12318, cit.

 

(48) Cass., 5 luglio 2000, n.8798, in Dir.e prat.soc., 2000, f, 20, 77; Cass., 14 marzo 2000, n.2912, in Fall., 2001, 257; Cass., 14 ottobre 1998, n.10140, in Fall., 1999, 620.

(49) A questo fine deve aversi riguardo alla data del deposito del ricorso, tanto in caso di concordato preventivo (Cass., 28 agosto 1995, n.9030, in Giust.civ.Mass., 1995, 1541; Cass., 22 giugno 1991, n.7046, cit.; Cass., 28 giugno 1985, n.3879, in Giur.comm., 1986, II, 406), quanto in ipotesi di amministrazione controllata (Cass., 23 luglio 1994, n.6870, in Fall., 1995, 262).

 

(50) Cass., 19 agosto 1992, n.9655, in Fall., 1993, 259; Cass., 16 giugno 1988, n.4079, ivi, 1988, 981. Cass., 9 novembre 1982, n.5882, in Dir.fall., 1983, II, 45. Per la quale ultima, tuttavia, il divieto viene meno se il decreto di ammissione alla procedura è annullato e si giunge al fallimento. Nel senso che il debito liquido ed esigibile dell'imprenditore preesistente alla sua ammissione all'amministrazione controllata non può essere compensato con i crediti per somme riscosse dal creditore nel corso di tale procedura in virtù di cessione di credito a scopo di garanzia intervenuta prima dell'ammissione alla procedura, in quanto il debito restitutorio delle somme riscosse dal cessionario non può ritenersi sorto al momento della stipulazione della cessione, ma soltanto alla data dell'effettiva riscossione, cfr.: Cass., 10 gennaio 2001, n.280, in Giust.civ.Mass., 2001, 60.

 

(51) Bonsignori-Inizitari, Amministrazione controllata, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1992, 128. Cass., 22 gennaio 1998, n.559, in Fall., 1999, 156; Cass., 28 giugno 1985, n.3879, in Giur.it., 1986, I, 1, 1210.

 

(52) In conformità con il principio che ammette una consecuzione di procedure soltanto laddove il fallimento segua una procedura minore regolarmente ed effettivamente ammessa, il credito del terzo verso il debitore che ha fatto richiesta di concordato sorto prima del deposito del ricorso, potrà essere compensato con il credito sorto dopo detto deposito, ma prima della dichiarazione di fallimento pronunciata a seguito del rigetto dell'istanza di ammissione alla procedura minore. Così: Cass., 22 giugno 1991, n.7046, in Giust.civ., 1991, II, 2251.

 


(53) Nel senso che l’art.56 L.F. si applica anche nel caso in cui il fallimento segua senza soluzione di continuità all’amministrazione controllata, sempre che le posizioni di credito-debito siano sorte e coesistano prima dell'ammissione a tale procedura, cfr.: Cass., 9 gennaio 1997, n.123, in Fall., 1997, 311; Cass., 29 marzo 1995, n.3722, ivi, 1995, 1132.