< FILMOGRAFIA >

 

L'UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO

(1969)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento (con supervisone non accreditata di Aldo Lado)

Fotografia: Vittorio Storaro

Musica: Ennio Morricone

Scenografia: Dario Micheli

Montaggio: Franco Fraticelli

con: Tony Musante, Suzi Kendall, Enrico Maria Salerno, Eva Renzi, Mario Adorf , Giuseppe Castellano

Prodotto da: Salvatore Argento per la SEDA Spettacoli s.p.a. (Roma) e la C.C.C. Film GMBH (Berlino)

Distribuzione: Titanus

Durata: 96 minuti

Trama:

Uno scrittore assiste all'aggressione di una donna in una galleria d'arte moderna e si improvvisa detective per scoprire il colpevole, convinto che si tratti del maniaco che ha recentemente ucciso delle ragazze. Un quadro lega gli omicidi ed è la chiave del film.


Giudizio critico: * * * 1/2

Primo capitolo della "trilogia zoonomica" ed esordio del giovane critico (Paese Sera) Dario Argento dietro la macchina da presa, che inaugura con questo film la lunga stagione del giallo all'italiana (e getta le basi per un nuovo genere cinematografico) che avrà un numero sterminato di emuli mai all'altezza del suo lavoro. Inizialmente fu un flop nelle sale. Ma poco dopo la sua uscita venne riscoperto e divenne, in breve, oggetto di culto. Una sceneggiatura ben architettata, asciutta, essenziale. Ma che contiene in sè tutti gli elementi del cinema argentiano che successivamente verranno sviluppati, maturati ed alcuni tralasciati. L'idea che il folle omicida fosse una donna fece scandalo e si prestò a diverse letture (politica, sociologica). A partire da questo film, Argento conserva quella struttura del giallo che da Suspiria in poi sarà abbandonata per alcuni anni. Oltre alla parte visiva, affidata al grande Vittorio Storaro (oscar per Apocalypse Now di F.F. Coppola) hanno grande importanza suoni, rumori, amplificazioni e distorsioni. Da notare che fin da questo primo film Argento inaugura la consuetudine (che durerà fino agli ultimi tre film) di utilizzare attori stranieri come protagonisti. Le musiche, terrificanti, sono di Ennio Morricone, che comporrà ancora altre due colonne sonore per il regista.


IL GATTO A NOVE CODE

(1970)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento, Luigi Collo e Dardano Sacchetti

Fotografia: Enrico Menczer

Musica: Ennio Morricone

Montaggio: Franco Fraticelli

con: Karl Malden, James Franciscus, Catherine Spaak, Cinzia De Carolis, Tino Carraro

Prodotto da: Salvatore Argento per la SEDA (Roma) e Labrador Film (Parigi)

Distribuzione: Titanus

Durata: 112 minuti

Trama:

La misteriosa morte di uno scienziato attiva le indagini di due improvvisati detective che si mettono sulle tracce dell'assassino in un ospedale. Questo li porterà, a rischio della vita e attraverso altri delitti, ad una terribile scoperta.


Giudizio Critico: * *

Seconda opera del regista romano, secondo capitolo della "trilogia zoonomica". Di sicuro uno dei film meno riusciti di Argento. Si avvale, come era tradizione iniziale del regista, di un cast quasi totalmente straniero e delle musiche "psichedeliche" di Ennio Morricone. Un film che ha molti difetti nella struttura narrativa e con una sceneggiatura incoerente e piuttosto disorganizzata anche se rispetta in pieno le regole del giallo argentiano. Poco amato anche dal suo autore. Tuttavia non mancano momenti (come la bellissima sequenza del cimitero) in cui il talento onirico-visionario di Argento si manifesta appieno. Ed inoltre gli attori risultano decisamente efficaci.


QUATTRO MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO

(1971)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento, Luigi Cozzi, Mario Foglietti

Fotografia: Franco Di Giacomo

Musica: Ennio Morricone

Montaggio: Francoise Bonnot

con: Michael Brandon, Mimsy Farmer, Francine Racette, Bud Spencer, Oreste Lionello

Prodotto da: Salvatore Argento per la SEDA Spettacoli s.p.a. (Roma) e Marianne Production /Parigi)

Distribuzione: Paramount

Durata: 105 minuti

Trama:

Un celebre batterista uccide involontariamente un uomo che lo sta seguendo da giorni di nascosto ma qualcuno fotografa l'accaduto e inizia a minacciare il musicista con lettere e telefonate minatorie. Non riuscendo a capire cosa voglia il misterioso maniaco si rivolge prima ad un suo amico e poi ad uno scalcinato ma efficace detective privato, i quali lo aiuteranno a risolvere il fitto mistero che avvolge la storia

Giudizio critico: * * * 1/2

E' l'ultimo film della "trilogia zoonomica" e sotto l'aspetto tecnico certamente il migliore. E' il più visionario dei tre film e da questo film il disinteresse per la logica narrativa aumenta considerevolmente. Argento dimostra qui di essere diventato un autore maturo e conscio delle sue enormi capacità visive mostrandoci una storia complessa ma ben articolata. Disturbante e geniale l'idea dello strumento in grado di rilevare l'ultima immagine fissata sulla retina delle vittime. Ottimo il cast, che vede come interpreti minori, ma di grande efficacia, Oreste Lionello e Bud Spencer (nel ruolo di "Dio"). Non è ancora l'Argento di Profondo Rosso ma si vede che non manca molto...


PROFONDO ROSSO

(1975)

Regia di: Dario Argento

Soggetto: Dario Argento

Sceneggiatura: Dario Argento e Bernardino Zapponi

Musiche: Giorgio Gaslini e i Goblin

Fotografia: Luigi Kuveiller

Montaggio: Franco Fraticelli

con: David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Macha Meril, Eros Pagni, Glauco Mauri, Giuliana Calandra, Clara Calamai

Prodotto da: Salvatore Argento per la SEDA Spettacoli s.p.a. (Roma)

Distribuzione: Cineriz

Durata: 123 minuti

Trama:

Una sensitiva percepisce durante una conferenza di parapsicologia la presenza di un assassino tra il pubblico, risvegliando in questo l'istinto omicida sopito. E' l'inizio di una serie di sconcertanti delitti che coinvolgono un pianista americano, testimone involontario dell'omicidio della sensitiva, ed una giornalista.

Giudizio Critico: * * * * *

Un film girato con abilissima maestria tecnica, scritto con acuta intelligenza, ben interpretato, asciutto, ed accompagnato forse dalla più bella colonna sonora che sia mai stata composta per un film del genere. Tutto questo fa di Profondo Rosso forse uno dei capolavori della storia del cinema. Un film suadente, affascinante ed ipnotico che supera i precedenti film di Argento per corposità di ritmo e per sapienza linguistica. Visivamente bellissimo, con una fotografia inquietante, eccessivamente contrastata e tetra. Un montaggio preciso e dei movimenti di macchina per l'epoca rivoluzionari (fu uno dei primi film girati con la Snorkel camera) e oggi lezione di stile per ogni cineasta. Non un tempo morto, né una scena di troppo. L'antononiano ed inespressivo David Hemmings risulta al meglio di sé, Daria Nicolodi rende quanto mai simpatico il ruolo disturbante della giornalista impicciona. E la tensione è pressoché imperante per tutte le due ore e dieci del film: i particolari macroscopici, le carrellate seducenti e lunghissime o la geniale ed azzardata idea di far vedere in faccia l'assassino dopo soli dieci minuti sono tra gli aspetti costitutivi di questo film; così come l' angosciante nenia infantile, il suono progressive dei Goblin o quello vellutato del jazzista Gaslini. E gli omicidi assumono una ferocia ed allo stesso tempo una eleganza senza eguali, filmati in tutto il loro realistico orrore. Insomma con questo film tutto l'arsenale orrorifico e visionario di Argento si mobilita per dare vita ad un teorema estetico sul fascino del delitto e della paura finendo per influenzare, inevitabilmente, il modo di fare cinema e di intenderlo degli anni a venire.


SUSPIRIA

(1977)

Regia: Dario Argento

Soggetto: Dario Argento e Daria Nicolodi

Sceneggiatura: Dario Argento

Fotografia: Luciano Tovoli

Montaggio: Franco Fraticelli

Costumi: Piero Cingoletti

Scenografia: Giuseppe Bassan

Musica: I Goblin e Dario Argento

Effetti speciali: Germano Natali

con: Jessica Harper, Alida Valli, Joan Bennett, Stefania CAsini, Flavio Bucci, Udo Kier, Miguel Bosè

Prodotto da: Claudio e Salvatore Argento per la SEDA di Roma

Distribuzione: P.A.C.

Durata: 97 minuti

Trama:

Una ragazza americana giunge in una scuola di danza tedesca dove un'allieva che lei incontra viene uccisa la notte del suo arrivo. Terrificanti scoperte attendono la giovane nella sua permanenza all'interno del collegio, fino allo sconvolgente finale.

Giudizio Critico: * * * * *

Primo film che, con il successivo Inferno (1980), ha inaugurato la Trilogia del Soprannaturale ancora in attesa di essere completata. Ed inoltre è questo il film che segna l'allontanamento di Argento dal giallo, dal trhiller, per approdare all'irrazionale completo. Per fare questo Argento ci racconta una favola. Una favola nerissima sulle Streghe ispirata a "Biancaneve e i sette nani", sostenuta da una sceneggiatura ben architettata, da una recitazione tutto sommato buona, dal terribile carillon dei Goblin suonato all'infinito, e dalla fotografia in technicolor ed iper-contrastata di Luciano Tovoli. E se con "Profondo rosso" il virtuosismo tecnico di Argento si era perfettamente fuso con una ambigua e disturbante eleganza a ritrarre e filmare gli omicidi e le atrocità, con questo film riesce a portare avanti il discorso. A dire qualcosa di più. E l'inizio è esemplare: una perfetta sinfonia di morte, dominata da scene di violenza raccapriccianti e da quella padronanza della macchina da presa che fa di Dario Argento un grande regista. L'intera pellicola è dominata da una subliminale inquietudine che si trasmette e si amplifica di scena in scena. Basti ricordare quella del dormitorio, i primi due omicidi, oppure la bellissima e geniale sequenza del "rumore dei passi" risolta con delle carrellate e dei movimenti di macchina eccezionalmente "narrativi". Oppure la scena risolutiva finale, quell'ingresso nel labirinto del Male, dietro le apparenze e dietro quella porta, aperta girando un fiore.
Se Profondo rosso è il capolavoro di Argento, non si deve però di certo considerare questo film inferiore. Infatti, come recitava anche la locandina dell'epoca "l'unica cosa più terrificante degli ultimi dieci minuti di questo film sono i primi novantadue..." Argento racconta che le grandi dimensioni delle stanze e dei corridoi del collegio in cui si svolge il film furono da lui decise per dare agli spettatori la sensazione che le giovani protagoniste fossero delle bambine (la produzione si era infatti opposta infatti all'idea originale che prevedeva come protagoniste proprio delle bambine). Insomma un bellissimo film, inquietante, terrificante e che porta in sé la motivazione della sua stessa forza. E cioè che la stregoneria è "Quoddam ubique, quoddam sempre, quoddam ab omnibus creditum est". Cioè che è da tutti, ovunque, sempre creduta.


INFERNO

(1980)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento

Fotografia: Romano Albani

Musica: Keith Emmerson

Montaggio: Franco Fraticelli

Scenografia: Giuseppe Bassan

con: Leight McCloskey, Eleonora Giorgi, Gabriele Lavia, Irene Miracle, Daria Nicolodi, Alida Valli, Anja Pieroni

Prodotto da: Salvatore e Claudio Argento per la Intersound (Roma)

Distribuzione: Fox

Durata: 107 minuti

Trama:

Le tre Madri (Mater Lacrimarum, Mater Suspiriorum e Mater Tenebrarum) governano il mondo da tre case costruite da un architetto loro succube a Roma, New York e Friburgo. Una ragazza scopre tutto tramite un libro e manda una lettera al fratello in Italia. Inizia così per lui un allucinante viaggio verso l'Inferno.

Giudizio Critico: * * * 1/2

Bel film, ricco di tensione e di colpi di scena in cui il talento visionario di Argento raggiunge il culmine, quasi la sua esasperazione. Buona la sceneggiatura, anche se è parsa a molti come inconcludente o troppo poco esplicativa e soprattutto ci sembra che il finale non sia all'altezza del resto del film. E' comunque tra le pellicole migliori del regista con alcuni tra i più violenti omicidi del cinema italiano (da antologia la sequenza iniziale con la lettura del libro di Varelli e soprattutto la scena del Va' Pensiero verdiano come prologo all'omicidio di Eleonora Giorgi). Una fotografia allucinata, con gelatine alla Suspiria ed una scenografia tra il gotico ed il barocco. Impossibile non menzionare la splendida, bellissima, maestosa colonna sonora del grande Keith Emerson. Le sequenze subacquee e gli effetti speciali visivi sono una delle ultime cose di Mario Bava!


TENEBRE

(1982)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento

Fotografia: Luciano Tovoli

Musica: Claudio Simonetti, Fabio Pignatelli, Massimo Morante

Montaggio: Franco Fraticelli

Scenografia: Giuseppe Bassan

Effetti Speciali: Giovanni Corridori

con: Anthony Franciosa, Giuliano Gemma, Daria Nicolodi, John Saxon, Veronica Lario, Eva Robbins

Prodotto da: Salvatore e Claudio Argento per la Sigma Cinemant (Roma)

Distribuzione: Titanus

Durata: 110 minuti

Trama:

Un maniaco assassina giovani donne secondo le modalità descritte nel libro di un celebre scrittore americano, il quale resta coinvolto nella vicenda. Bisogna risalire ad un trauma subito molti anni prima dall'assassino per scoprirne l'identità.

Giudizio Critico: * * *

Ritorno al giallo per Argento che, dopo Suspiria ed Inferno, ci propone una storia disturbante e piena di sanguinosi delitti (forse troppi!) che si ispira ad un episodio realmente accaduto al regista tempo prima. L'omicidio è la chiave di questo film. L'omicidio in quanto "atto di annientamento" e, guardando il film, ce ne si convince subito. I delitti sono filmati con la solita maestria ed eleganza anche se stavolta ci sembra che Argento abbia un po' esagerato con i litri di sangue (soprattuto nella scena dove compare la signora Berlusconi, Veronica Lario). Ci sono come sempre la brava Daria Nicolodi e le musiche dei Goblin (qui orfani del batterista ma sempre in gran forma) a completare il quadro di un film che, anche se zoppica in alcuni punti, conferma e ratifica il talento del suo regista. L'apertura è con la voce di Argento che legge in sottofondo un significativo passaggio del libro.


PHENOMENA

(1985)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento e Franco Ferrini

Fotografia: Luciano Tovoli

Musica: Claudio Simonetti, Bill Wyman, Iron Maiden

Montaggio: Franco Fraticelli

Scenografia: Maurizio Garrone, Luciano Spadoni

Effetti Speciali: Sergio Stivaletti

con: Jennifer Connely, Donald Pleasance, Daria Nicolodi, Patrick Bauchau, Dalila Di Lazzaro

Prodotto da: Dario Argento per la D.A.C. Film

Distribuzione: Titanus

Durata: 109 minuti

Trama:

La figlia di un celebre attore americano va in un collegio in Svizzera e fa la conoscenza di un entomologo del luogo, il quale sta aiutando la polizia a scoprire il colpevole di alcuni atroci delitti avvenuti nella zona. Grazie alla sua capacità di entrare in contatto con gli insetti la giovane scoprirà il colpevole

Giudizio Critico: * * * 1/2

Bellissimo film del maestro romano che ci propone una favola nerissima interpretata da ottimi attori e sorretta da musiche ed effetti speciali molto ben fatti. Argento sfrutta al massimo il suo estro e le potenzialità del soggetto regalandoci una storia in cui orrore ed amore per gli insetti si fondono alla perfezione. E l'impressione di stare assistendo ad una favola è confermata da ogni scena che segue, che perdona (e non considera) particolari contraddizioni ed inverosimiglianze. La Connely ma soprattutto Pleasance sono eccezionali. Grandissima come sempre nel suo ruolo Daria Nicolodi. L'unica cosa che lascia il sapore amaro è l'ultima parte del film, in cui si fondono (e confondono!) ben quattro finali diversi con altrettanti colpi di scena.
In ogni caso, come abbiamo detto, una favola. Una favola nerissima, anche triste per certi aspetti, indubbiamente terrificante. Bellissima proprio per questo.


OPERA

(1987)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento e Franco Ferrini

Fotografia: Ronnie Taylor

Musica: Claudio Simonetti, Bill Wyman, Brian Eno, Giuseppe Verdi

Montaggio: Franco Fraticelli

Scenografia: Davide Bassan

Effetti Speciali: Sergio Stivaletti, Germano Natali, Giovanni Corridori

con: Cristina Marsillach, Daria Nicolodi, Ian Charlescon, William McNamara, Urbano Barberini

Prodotto da: Dario Argento per la A.D.C. Film - Cecchi Gori Group-Tiger Cinematografica

Distribuzione: Columbia

Durata: 105 minuti

Trama:

Una giovanissima cantante, figlia d'arte ma ancora cantante "di riserva", deve sostituire la celebre Mara Cecowa, infortunatasi prima della prova generale, nel ruolo principale del Macbeth verdiano, che secondo la tradizione è un'opera maledetta. Inizia così la sua terribile vicenda, che la vede perseguitata da un maniaco che la obbliga a vedere i delitti da lui compiuti legandola e attaccandole degli spilli sotto le palpebre per non farle chiudere gli occhi.

Giudizio Critico: * * 1/2

E' forse l'ultimo film del "periodo d'oro" di Argento, il quale dirige con rara maestria questa pellicola che risente però di qualche incertezza di sceneggiatura e di alcune evidenti forzature anche se i personaggi sono delineati con uno spessore poche volte riscontrato prima. Kezich, in una sua recensione, parlò degli "strepitosi venti minuti iniziali". Siamo perfettamente d'accordo con lui. Il resto, però, non ci convince molto. Buoni i protagonisti, anche se forse il commissario sembra un po' troppo giovane per il suo ruolo nel film. E' comunque ancora l'Argento dei più sanguinari delitti e delle grandi invenzioni registiche (il tutto sorretto da ottime musiche heavy e da celebri brani di musica classica).


DUE OCCHI DIABOLICI - IL GATTO NERO

(1989)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento e Franco Ferrini

Fotografia: Beppe Maccari

Musica: Pino Donaggio

Montaggio: Pat Buba

Scenografia: Cletus Anderson

Effetti Speciali: Tom Savini

con: Harvey Keitel, Madeline Potter, Martin Balsam, Kim Hunter

Prodotto da: Achille Manzotti per la BEMA e da Dario Argento per la ADC s.r.l. Roma

Durata: 63 minuti

Trama:

Un celebre fotografo, specializzato in scene macabre e sanguinarie, vive felicemente con la sua fidanzata finchè questa non porta in casa un gatto. L'animale diverrà l'ossessione dell'uomo e segnerà la "fine" del loro rapporto

Giudizio Critico: * *

Tralasciamo ovviamente il primo dei due episodi che compongono il film, poichè diretto da George Romero (e anche perchè non è certamente all'altezza di quello diretto da Argento). L'episodio del maestro dell'horror, tratto dal racconto omonimo di Poe, può contare sull'interpretazione dello splendido Harvey Keithel e su una magistrale regia. Ma non è abbastanza. Il film causò la momentanea rottura tra i due registi, da tempo collaboratori ed amici, per "divergenze tecniche"... Pare infatti che Argento non rimase soddisfatto del lavoro di Romero nel suo episodio e che per questo avesse litigato col regista americano, ritenendo che quest'ultimo avesse rovinato il film. Anche l'episodio di Romero è comunque vedibile. Argento ci ha abituato ad altro, per cui risulta difficile accontentarsi di questo prodotto.


TRAUMA

(1993)

Regia: Dario Argento

Soggetto: Dario Argento, Giovanni Romoli e Franco Ferrini

Sceneggiatura: Dario Argento e T.E.D. Klein

Fotografia: Raffaele Mertes

Musica: Pino Donaggio

Montaggio: Dario Argento

Effetti Speciali: Tom Savini

con: Asia Argento, Christofer Ryddle, Piper Laurie, Frederych Forrester, Brad Douriff

Prodotto da: Dario Argento per la D.A.C. film (Roma)

Durata: 106 minuti

Trama:

Maniaco assassino decapita per vendetta a Minneapolis (Minnesota) una mezza dozzina di persone, portandosi via le teste in ricordo. Risolvono il caso un giovanotto intrepido e un ragazzetto miope e impiccione. Nonostante la terribilità truculenta dei misfatti, è anche una storia di amore e di guarigione, qua e là innervata di fili argentei d'ironia e di mordace umorismo. Bravina come anoressica Asia, figlia del regista. Nel cast c'è anche, mimetizzato e inquietante, Frederic Forrest.

Giudizio Critico: * * *

Di questo film se ne era parlato tanto prima che venisse realizzato. Il suo titolo originario era "L'enigma di Aura". A noi è parso come un piccolo passo falso del nostro grandissimo regista che, nonostante un ottimo colpo di scena finale, ci presenta un film un pò troppo americano rispetto al modo di dirigere e concepire le storie a cui ci aveva abituato prima. A partire dalla scelta della figlia Asia (che dimostrerà in tanti altri film di essere una discreta attrice, ma che qui non dà forse il meglio di sè) nel ruolo della protagonista anoressica e passando per una sceneggiatura che risulta abbastanza confusa, tutto il film risente di una certa stanchezza e forse di una sorta di autocelebrazione prematura per un regista ancora giovane e nel pieno delle sue "capacità" artistiche. Probabilmente il voler cercare strade diverse dal "giallo argentiano" ha creato dei problemi di creatività proprio ad Argento o forse altri problemi con la produzione e la troupe americana hanno influito sulla realizzazione del film, ma fatto sta che la pellicola regala non troppe emozioni ed è un vero peccato perchè alcuni effetti (del mitico Tom Savini) sono buoni e anche gli attori (a parte i grandi Piper Laurie e Brad Douriff) in generale sono sopra la media.


LA SINDROME DI STENDHAL

(1996)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento e Franco Ferrini

Fotografia: Giuseppe Rotunno

Musica: Ennio Morricone

Montaggio: Franco Fraticelli

Scenografia: Giuseppe Bassan

Effetti Speciali: Sergio Stivaletti

con: Asia Argento, Thomas Kretcman, Marco Leonardi, Luigi Diberti, Franco Diogene

Prodotto da: Giuseppe Colombo e Dario Argento

Distribuzione: Medusa

Durata: 114 minuti

Trama:

A Firenze, alla galleria degli Uffizi, poliziotta romana di squadra antistupro, sconvolta dai quadri esposti, allucina e sviene. La soccorre un giovane, lo psicopatico stupratore e assassino sul quale lei indaga. Tra i due s'instaura un rapporto che avrà un tragico epilogo. Sequenza d'apertura folgorante, una parte centrale dove struttura narrativa, disegno dei personaggi e versante tecnico-espressivo sono più equilibrati del solito, una protagonista alle prese con un doppio sdoppiamento di personalità, una squadra di collaboratori di prim'ordine tra cui spiccano gli effetti speciali di Sergio Stivaletti.

Giudizio Critico: * * 1/2

Se con Trauma già si erano visti evidenti segni di cedimento da parte di Argento, con questo film arriviamo ad un livello solo un po' più alto. Lo spunto, secondo alcuni originale e secondo altri ridicolo, è quello di una disfunzione nervosa provocata dalla visione di opere d'arte di grandissimo valore, appunto la Sindrome che colpì Stendhal durante la sua contemplazione dei capolavori artistici italiani. E proprio di questa sindrome soffre l'ispettrice Asia Argento (che tra l'altro appare un pò troppo giovane in una parte simile nonchè totalmente fuori ruolo e forzata quando tira di boxe o si produce in un "turpiloquio" da brividi nel finale ...) che nell'inseguire un maniaco ne cade preda subendo poi violenza dallo stesso. Il film prosegue quindi come un poliziesco dai contorni "scientifici" fino all'insulsa e poco convincente conclusione. Eppure la sequenza di apertura è eccezionale ed in generale il primo tempo del film procede in modo discreto! Certamente dietro alla macchina da presa c'è sempre l'esperta e sicura mano di Argento (vedi le sequenze in cui Asia "entra" nei quadri o quella in cui il maniaco guarda attraverso il foro della pallottola nella faccia di una vittima), ma stavolta qualcosa proprio non va. Forse per colpa della sceneggiatura (mediocre), sicuramente degli attori (tra cui spicca per incapacità totale ed inespressività il più che pessimo Marco Leonardi, così come anche il bravo Bonacelli non risulta all'altezza del ruolo).


IL FANTASMA DELL'OPERA

(1998)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento, Gérard Brach (dal romanzo di Gaston Leroux)

Fotografia: Ronnie Taylor

Musica: : Ennio Morricone

Montaggio: Franco Fraticelli

Scenografia: Antonello Geleng

Effetti Speciali: Sergio Stivaletti

con: Julian Sands, Asia Argento, Andrea Di Stefano, István Bubik, Coralina Cataldi Tassoni, Nadia Rinaldi

Prodotto da: Claudio Argento, Giuseppe Colombo e Dario Argento

Distribuzione: Focus Film

Durata: 106 minuti

Trama:

18a trasposizione del romanzo (1910) di Gaston Leroux, archetipo della letteratura fantastica di paura, scritta dal regista con Gérard Brach e ambientata nella Parigi del 1877, con brevi apparizioni del pittore H.-G.-E. Degas e del musicista Ch. Gounod. Novità principali: abbandonato infante, come un Mosè delle fogne, sulle acque della Senna e salvato dai topi, il "fantasma" non è più sfigurato, ma un marcantonio erculeo, biondo e capellone (J. Sands); il giovane soprano Christine (A. Argento), romanticamente straziata dalla duplice attrazione verso la tenebra (underground) e la luce (borghese); espliciti congressi carnali tra lei e lui; un episodio di pedofilia (punita); sottolineature zoologiche (ratti a iosa, un ragno, una mosca, qualche verme) con un orrido derattizzatore; i sotterranei dell'Opera trasformati in interminabili cunicoli cavernosi per accentuare la claustrofobia degli spettatori algofiliaci. In questa "fantasy" speleologica i tentativi di far dell'ironia o del grottesco pencolano sul ridicolo. Unica invenzione notevole: la macchina mobile ammazzatopi (di Sergio Stivaletti). Fotografia dell'americano Ronnie Taylor (Oscar per Gandhi; con Argento già in Opera). Vietato ai minori di quattordici anni anche per la sequenza di un lussuoso bordello alla Brass

Giudizio Critico: *

Con il cuore in mano e con tutta la buona volontà non è infatti possibile salvare niente di questa pellicola: la sceneggiatura (peraltro scritta insieme al bravissimo Gerard Brach), la scelta degli attori (a questo punto Argento forse dovrebbe capire che la pur brava e bella figlia Asia non può essere sempre inserita in qualsiasi contesto cinematografico), e tutte le grandi qualità che avevano reso celebre nel mondo il nome di Dario Argento. Spiace tanto dover constatare queste cose, tant'è che eravamo quasi tentati di non inserirlo nella filmografia. Quello che infatti ci siamo chiesti ed in parte ci chiediamo tutt'ora è cosa c'entri questo film con Dario Argento, tanto è confuso, male interpretato ed anche mal diretto!


NONHOSONNO

(2000)

Regia: Dario Argento

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento, Franco Ferrini, Carlo Lucarelli

Fotografia: Ronnie Taylor

Musica: I Goblin

Montaggio: Anna Napoli

Scenografia: Antonello Geleng

Effetti Speciali: Sergio Stivaletti

con: Max Von Sydow, Stefano Dionisi, Gabriele Lavia, Rossella Falk, Chiara Caselli

Prodotto da: Dario Argento

Durata: 63 minuti

Trama:

Una serie di efferati omicidi fanno pensare che si tratti del "Nano omicida" uno psicopatico che 17 anni prima aveva seminato il panico a Torino, ritenuto ormai morto. Moretti, detective in pensione, che aveva seguito le indagini ed archiviato il caso e Giacomo, figlio di una di quelle vittime, arrivano a scoprire l'inquietante verità. Con una agghiacciante filastrocca.

Giudizio Critico: * * *

Dario Argento ritorna al giallo. Torna alla sua Torino, alla musica dei Goblin, alle atmosfere. Ma quello che a noi torna in mente è il sospetto, che già si nutriva da tempo, di un doppio Dario Argento. Il primo è l'autore della sequenza iniziale, un abilissimo e visionario narratore che con grande maestria tecnica e virtuosismo riesce a creare tensione anche nello spettatore più smaliziato; Ed il co-autore (assieme a Ferrini e Lucarelli) di una sceneggiatura che, anche se un po'macchinosa, risulta efficace (tranne nelle scene esplicative) e con una interessante e lucida idea di fondo. Il secondo è il Dario Argento che sceglie gli attori (che arrivano a toccare livelli decisamente imbarazzanti) e che si rivela incapace di dirigerli. Che sia proprio questo "secondo" Argento a dominare la scena cinematografica di questi ultimi anni ci rammarica non poco. Ma crediamo si stia rifacendo largo il geniale autore (anche se discontinuo) che, con questo film, ci ha comunque regalato un personaggio indimenticabile, da antologia (il bravissimo Max von Sidow) ed un ottimo esempio di virtuosismo formale. Nonchè, ovviamente, la splendida, maestosa, superba musica dei Goblin.

 

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