ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE PARCO NORD
Via Gorki, 100 - Cinisello Balsamo (MI)
PROGETTO ERICA
Castelfranco Veneto 147771478
- Venezia 1510
All’inizio del 1500
prende consistenza a Venezia un indirizzo artistico, la pittura tonale, che si
pone consapevolmente nei termini di un’alternativa agli ideali ed alle forme
del classicismo maturato tra Firenze e Roma. Nel riformulare un nuovo
classicismo antidogmatico e non idealizzante Venezia intendeva anche contestare
quel primato per rivendicarne uno proprio. La spingevano a questo la coscienza
di una diversità storica ed ambientale, l’apertura verso fenomeni culturali
anche distanti e le esperienze concrete di vita maturate con gli scambi
commerciali, oltre che la contrapposizione con la Chiesa. Forte di questa
coscienza, nel corso del XVI secolo, Venezia specifica e consolida la propria
posizione artistico - culturale, fissando e divulgando poi in tutta l’Europa i
valori profani della sensualità e della bellezza, il gusto per la
trasfigurazione poetica, ma cordialmente partecipe, delle cose.
Se è fuori di dubbio che la prima fase rinascimentale servì da stimolo per la
definizione di un nuovo modo di avvicinarsi alla realtà, fu Giorgione, nato a
Castelfranco Veneto nel 1477 e morto a Venezia nel 1510, che creò una nuova
sensibilità per il naturale e trovò i mezzi pittorici per darvi compiuta
espressione poetica. Egli cominciò a dare alle sue pere più morbidezza e
maggior rilievo con un nuovo approccio basato sull’osservazione diretta di cose
naturali e la resa della loro naturalità, attraverso la consistenza fisica del
colore e la fusione atmosferica delle forme.
Giorgione dipingeva senza usare una griglia disegnativa e senza avvalersi di un
precostituito supporto per i chiaroscuri, procedeva liberamente alla creazione
delle forme e del medium ambientale.
L’artista operava per accostamenti ed aggiustamenti di masse cromatiche, fino
ad ottenere l’equilibrio compositivo e, soprattutto la giusta intonazione
luminosa; una luce avvolgente e tremula che sgrana e fonde le masse degli
alberi e degli elementi naturali, addolcisce gli incarnati ed ammorbidisce i
panneggi, colorando e colorandosi di un tono cromatico unitario, umido.
Mentre l’unità delle opere quattrocentesche era data dall’impaginazione
prospettica degli elementi della rappresentazione, a realizzare l’unità
d’insieme è, in questo tipo di pittura il colore - luce che variando di
consistenza d’impasto e modulando l’intensità luminosa, assume sia funzione
plastica, di definizione di volumi, sia funzione spaziale, di profondità
prospettica e densità atmosferica.
E’ questa la grande innovazione di Giorgione alla quale si rifarà poi Tiziano.
Ma non si tratta solo di una novità tecnica, che si esaurisce nella capacità di
fondere senso plastico e colore, fino al riassorbimento in esso del disegno e
dei contorni. E’ qualcosa di più e di diverso: l’unione del momento ideativo a
quello esecutivo, la convergenza dell’immagine concettuale con il sentimento
lirico che colma la distanza fra l’idea del mondo e il mondo stesso, così come
appare e viene comunicato dalla sensibilità.
Insegnando un nuovo modo di vedere e di sentire la realtà, Giorgione ha
rivoluzionato il corso dell’arte. Il fascino del suo linguaggio necessariamente
fu immediato e profondo.
Partendo dalle premesse dell’umanesimo di Giovanni Bellini, Giorgione chiarì i
termini del problema del rapporto tra storia e natura. L’influenza delle
dottrine neo - aristoteliche elaborate nello Studio padovano, ed incentrate sul
concetto di immanenza del divino e sulla priorità della sensazione, furono
certamente di stimolo al maturare degli interessi naturalistici di Giorgione.
Si tratta di interessi non di un pittore scienziato bensì di un “musico e
poeta”.
Se la natura è il filtro complesso che ridefinisce i rapporti fra gli uomini,
attraverso la vibrazione emotiva che non solo li lega tra di loro, ma anche al
paesaggio, allora ci si può riconoscere in essa per immedesimazione poetica,
per un musicale accordo del vibrare soggettivo con quello universale. Ed è in
fondo in termini musicali e poetici che dobbiamo rapportarci alle opere di
Giorgione per cercare di comprenderne il senso: un’armonia del tutto che è
profonda e reale ma razionalmente indimostrabile. Si può parlare di una pittura
senza storia.
I quadri di Giorgione, quasi sempre di piccolo formato, erano destinati al
diletto di pochi e raffinati committenti. Non si vedrà più uno scenario in cui
l’uomo recita la sua storia, ma contesto vitale della sua esistenza esso
riassorbe in sé il principium idealizzato. La sua luce non è che una luce
fisica, morbida quasi palpabile che avvolge e permea di sé tutte le cose. La
fusione atmosferica diventa effusione sentimentale, abbandono confidenziale e
fiducioso dell’uomo all’abbraccio con la natura, panteisticamente intesa come
principio unitario della realtà. Si ha la rivelazione dell’intima vitalità
della natura, colta nel momento in cui si scatena nell’effusione del momento
vitale, una natura che genera e si rigenera, nello scorrere del tempo in
simbiosi con tutto il reale, uomo compreso.
Questa è la visione di un nuovo umanesimo che non si eccepisce idealisticamente
della natura, ma la pone come suo dato costitutivo e fondamentale.
PALA DI CASTELFRANCO (1502,
olio su tavola; 200 x 152 Castelfranco Veneto, duomo)La pala fu commissionata
dal condottiero Tuzio Costanzo, il cui stemma figura in bella evidenza, per la
cappella di San Giorgio nel Duomo. Giorgione concede la ribalta a una
tristissima Madonna, alta sul trono spropositato, accompagnata dal Bambino
conquistato dal sonno, premonizione della tragica morte. I due santi, dalle
espressioni ugualmente dimesse, tentano una mediazione con lo spettatore.
Quello di sinistra, trasfigurato da interventi restaurativi seicenteschi, può
essere Giorgio (patrono della cappella), Liberale (titolare della chiesa) o
Nicasio (santo martire dell’ordine dei cavalieri di Malta, cui Costanzo
apparteneva). L’opera, caratterizzata da una fusione di toni assoluta, rinnova
lo schema della pala d’altare veneziana che la tradizione belliniana voleva
iscritta in un’architettura.
I TRE FILOSOFI (1505,
tela, Kunsthistorisches Museum, Vienna)
Il dipinto si colloca al centro del percorso stilistico di Giorgione: i colori
sono vivacissimi, ma sapientemente armonizzati all’interno della luce
atmosferica. Il senso di sospensione, di ricerca e l’attenta lettura di alcuni
dettagli iconografici hanno fatto pensare che i Tre Filosofi (talvolta
semplicemente interpretati come allegoria delle cosiddette “tre età dell’uomo”,
tema molto caro ala cultura artistica veneziana del primo 1500) possano essere
astronomi, o anche i re Magi che assistono al comparire della stella.
RITRATTO FEMMINILE (LAURA) (1506, tela applicata su tavola,
Kunsthistoriches Museum, Vienna)
Una scritta sul retro consente di datare il dipinto con precisione. Il nome
della ragazza (la stessa modella che ricompare nella Tempesta) è tratto dalle
foglie di alloro che decorano il fondo. Secondo i cronisti dell’epoca Giorgione
ha avviato al successo questo genere di immagini, mezze figure di fanciulle: il
tema sarà praticato in seguito anche da Tiziano.
GIUDITTA (1503 circa, tavola, Emirtage, San Pietroburgo)
Come risulta dal confronto con antiche incisioni, la tavola è stata
rimpicciolita sui lati. Il tramonto sullo sfondo consente a Giorgione di
sperimentare gli effetti prodotti dalla luce radente, una tappa importante per
la conquista della tecnica del “tonalismo”.
ADORAZIONE DEI PASTORI (NATIVITA’ ALLENDALE)
(1504circa, tavola, National Gallery, Washington)
Di questa composizione, momento culminante del gruppo di soggetti religiosi,
dipinti da Giorgione durante la sua prima attività, esiste una replica
leggermente variata nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Le figure sono
raccolte in un angolo del dipinto, per lasciare il massimo spazio possibile al
paesaggio, che non è più semplicemente uno sfondo, ma partecipa in modo diretto
al soggetto, grazie alla sottile definizione atmosferica di ogni particolare.
TEMPESTA (1506 circa, tela, Gallerie dell’Accademia, Venezia)
Fra i pochissimi dipinti di Giorgione documentati dalle fonti, è inesauribile
oggetto di ricerche sul soggetto. Le più recenti teorie vedono nei due
personaggi Adamo ed Eva scacciati dall’eden; al di là delle ipotesi, il
protagonista indiscusso è il paesaggio. Per l’architettura sullo sfondo e per i
ricchi elementi vegetali, Giorgione rinuncia senz’altro alla minuta definizione
dei primi dipinti e trova qui un più ricco e sfumato impasto cromatico. Il
dettaglio degli alberi consente di apprezzare appieno la pazientissima e
fine tessitura luministica che dà al dipinto una
straordinaria, inedita suggestione.
ADORAZIONE DEI MAGI (1504, tavola, National Gallery, Londra)
Il formato allungato della tavola suggerisce a Giorgione una netta divisione in
due della scena, sottolineata dal muro di mattoni: la Sacra Famiglia, a
sinistra, è avvolta da una penombra, mentre il corteo dei Magi, di cui fanno
parte paggi dagli sgargianti costumi, è in piena luce.
VENERE DORMIENTE (VENERE DI DRESDA)
(1510 circa, tela, Gemaldegalerie, Dresda)
Il corpo della ragazza nuda sembra seguire le morbide linee delle colline,
distendendosi nel quieto chiarore del paesaggio: l’immagine, lungi da cercare
di suggerire la sensualità di Venere, sembra piuttosto un segno
dell’atteggiamento contemplativo spesso dimostrato da Giorgione nei confronti
della bellezza e della natura.
TRE ETA’ DELL’UOMO (CONCERTO)
(1510 circa, tela, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze)
Il dipinto è un caratteristico esempio delle allegorie moraleggianti prodotte
da Giorgione e dalla sua cerchia ed è possibile che sia stato eseguito a più
mani. Per la sottile trama della luce e l’atmosfera di tranquilla pensosità si
può ritenere, almeno parzialmente, uno degli ultimi quadri autografi del
maestro di Castelfranco, compiuto poco prima di morire di peste nell’estate del
1510.
SACRA CONVERSAZIONE
( 1505 circa, tavola, Gallerie dell’Accademia, Venezia)
Con l’unica eccezione della pala d’altare di Castelfranco Veneto, Giorgione ha
dipinto soggetti religiosi esclusivamente per la devozione o il collezionismo
privato, come questa piccola composizione. La pacata distribuzione delle figure
in uno spazio quietamente illuminato corrisponde alla più tipica vena di intimismo
delle opere del periodo centrale di Giorgione. Qualche studioso suppone che in
fase esecutiva sia intervenuto il giovane Sebastiano del Piombo.