SKY CAPTAIN AND THE WORLD OF TOMORROW
[SKY CAPTAIN AND THE WORLD OF TOMORROW, 2004]
C’era una volta uno sconosciuto cineasta del Michigan, tale Kerry Conran che, per ammazzare il tempo, sul suo Apple elaborò un filmato di sei minuti completamente
digitale: un video che mostrava una New York degli anni ’30 invasa da un
esercito di macchine distruttrici per cui furono necessari sei anni di lavoro,
dal 1994 al 2000. Immaginiamo che il nostro genietto
spedisca il filmato in giro, un po’ ovunque, con lo scopo di sviluppare quel
piccolo filmato in qualcosa di più, in un film. Riceve l’attenzione del nostro
Aurelio De Laurentis e di Jon
Avnet, che decidono di produrre il film. Inizia così
la regia di un film che per la produzione ha impiegato solo 26 giorni, ma che per
la postproduzione ha impiegato un paio d’anni.
Questa è, in breve, la leggenda di Sky Captain and the World of Tomorrow,
lungometraggio completamente elaborato a computer dove l’unica cosa reale sono gli attori: Jude Law, Gwyneth Paltrow
e Angelina Jolie i protagonisti.
La strage avviene sempre nella più classica delle
ambientazioni: New York, che nel 1939 viene invasa e
distrutta dall’esercito di macchine sopraccitato. La posta in gioco è la più
classica: la salvezza della terra. A farsi carico di questo irrilevante
onere è Sky Captain (Jude Law), affiancato dalla
giornalista Polly Perkins (Gwyneth Paltrow) e con l’aiuto
del Comandante Frankie Cook
(Angelina Jolie). Una volta
scoperto chi è il malfattore del malefico piano, i nostri eroi dovranno
fermarlo.
Sky Captain è sicuramente un film che ha
suscitato attenzione e curiosità, ma è comunque un’opera
che è facile fraintendere e che non tutti possono apprezzare nella sua novità,
ma allo stesso tempo arretratezza e classicità. Numerose e ricercate sono le
citazioni cinematografiche dei vecchi film anni ’30: il 1939 è l’anno de Il Mago di Oz e non ci viene risparmiata una breve incursione
nella Radio City Music Hall di New York, dove è proiettato. Ma
i riferimenti non sono esclusivamente espliciti: i più minimalisti restano
nascosti e sono percettibili solo da un pubblico con una cultura
cinematografica specializzata nell’età classica del cinema. Per esempio,
l’isola sulla quale si trova lo stabilimento nemico ricorda l’Isola del Teschio
di King Kong, o se vogliamo la più moderna di Jurassic Park di Spielberg;
e lo stesso stabilimento ha la stessa grandezza e magnificenza della megalopoli
di Metropolis,
capolavoro visionario e ancora oggi più che innovativo di Fritz
Lang, datato 1926.
Come già detto, il tempo necessario per la produzione è
stato brevissimo: 26 giorni nei quali gli attori hanno recitato davanti ad uno
sfondo blu circolare in Gran Bretagna. La recitazione è impostata, stereotipata
ed elementare, come deve essere per un film che è un omaggio ad un periodo ben
preciso del cinema e dei fumetti, condizionato da un pessimismo dovuto ad una
situazione di tensione riguardo all’imminente secondo conflitto mondiale.
Sky Captain è un film diverso, più rétro che avant-garde, nonostante sia comunque un lavoro completamente artificiale. Ma resta anche un film fine a se stesso, che non attirerà un gran
pubblico e che, se lo farà, sarà solo per curiosità. Un’opera
intelligente, dove le imperfezioni non mancano, ma irrimediabilmente destinata
ad una fetta troppo limitata di pubblico.