IL PRINCIPE D’EGITTO [THE PRINCE OF EGYPT, 1998]

La storia di Mosè, il liberatore del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto. Tratta dal libro dell’Esodo. Un tempo antico, quando Dio parlava ancora con gli uomini.

Di fronte alla maestosità estasiante di questo film d’animazione non si può che restare commossi e travolti da un fiume di emozioni. La storia di Mosè è sviluppata sobriamente e con il giusto ritmo e i giusti tempi, merito anche delle canzoni e dei testi di Stephen Schwartz (Il Gobbo di Notre Dame, Pocahontas), che permettono alla narrazione di fare notevoli sviluppi in pochi minuti.

L’uso della computer grafica è essenziale ma limitato: prevalgono ancora i bellissimi fondali dipinti a mano e i disegni tradizionali, con un particolare riguardo per il realismo a dispetto della caricatura. Sono evidenti le citazioni da I Dieci Comandamenti, specialmente nella scena della traversata del deserto di Mosè, le musiche di Hans Zimmer (Il Re Leone) variano dall’epico al tradizionale egiziano ai canti popolari ebraici e sottolineano la drammaticità, la gioia delle scene più significative. Tra i momenti più efficaci la gara di Mosè e Ramses sui carri, tra le sfingi in costruzione, l’originalità dell’incubo dei geroglifici, la tragicità delle piaghe (straordinaria la colorazione dell’acqua del Nilo e la morte dei primogeniti), la grandezza della liberazione, la maestosità della divisione delle acque e la tensione dell’attraversamento del Mar Rosso. Discutibili alcune scene, una fra tutte quella che mostra il serpente bianco che rappresenta il dio degli ebrei che divora i due serpenti rossi rappresentanti gli dei egizi.

Nonostante questi grandi punti di forza, il film ha un grande punto debole. Pur riuscendo nell’intento che il produttore Jeffrey Katzenberg si era preposto, cioè quello di smentire il pensiero comune secondo il quale i film d’animazione sono considerati un genere a prescindere dalla storia, i realizzatori spesso dimenticano a chi il film è veramente rivolto, cioè al pubblico più giovane. In questo grande errore sta la grande pecca del film. Ma c’è da chiedersi quale fosse stato il risultato se si fosse adottato un approccio più banale e superficiale. Forse così il film avrebbe rischiato di diventare un’imitazione dei cartoni animati volgari e moralisti trasmessi di domenica mattina con lo scopo esclusivamente didattico e catechistico e non emozionale e coinvolgente.

 

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