LA MORTE TI FA BELLA
[DEATH BECOMES HER, 1992]
La vicenda comincia nel 1978 e si conclude
nel 2029. Madeline Ashton (Meryl Streep) è una pessima
attrice di teatro che comincia a sentire sempre più l’avanzare della terza età.
Allarmata da questo dilemma, sposa il chirurgo
plastico Ernest Menville (Bruce Willis), fidanzato della
vecchia amica Ellen Sharp (Goldie Hawn) che, quattordici
anni più tardi decide di vendicarsi. Ma nel frattempo,
entrambe hanno acquistato da una misteriosa fattucchiera (Isabella Rosselini) l’elisir dell’eterna giovinezza e
dell’immortalità, che le renderà inseparabili – nel bene e nel male – per
sempre. Ma trovatesi di fronte ad alcuni inconvenienti e problemini pratici necessitano
dell’aiuto “eterno” di Ernest, che però è mortale…
Un’estrema commedia grottesca
dall’umorismo nero che affronta temi controversi come la celebrità, la
vecchiaia, la morte e l’agoniata ricerca
dell’immortalità e dell’eterna giovinezza. I temi vengono svelati e
proposti con eleganza e gradualità. Senza imporsi o prevalere l’uno sull’altro,
ma sono troppi o comunque troppo poco approfonditi
dalla sceneggiatura di David Koepp e Martin Donovan, che da questo
punto di vista si indebolisce compiacendosi troppo del ricercato cattivo gusto.
Personaggi stilizzati e impostati, forse volutamente. Meryl Streep, comica e nevrotica,
si cala nella comicità espressiva e nella gag fisica. Altrettanto
estreme e bilaterali le parti di Bruce Willis, chirurgo debole e facilmente manipolabile che
fallisce nel proprio lavoro, ma è un genio come truccatore di cadaveri; Goldie Hawn, con i suoi occhi
vuoti, è una manipolatrice stronza e sgallettata.
Concentrato eccessivamente sul gusto per il kitsch e per il grottesco, che raggiunge
il suo apice nella macabra e gustosa pianificazione dell’omicidio di Mad da parte di Ellen ed Enrnest, ma che è sempre
vigile nell’interminabile temporale che si scatena su Beverly Hills, nelle scenografie teatrali nella prima parte e
sempre più fredde nella seconda, in una colonna sonora dagli archi schizofrenici
di Alan Silvestri e negli sbalorditivi effetti
speciali d’avanguardia, questa acida commedia è inevitabilmente divertente,
comica e appetibile.
Quello che poteva essere una sprezzante denuncia o una
geniale critica, rimane solo una commedia ironica e perfida, ma che poteva
diventare un piccolo capolavoro degli anni ‘90. La regia di Robert
Zemeckis perde irrimediabilmente colpi rispetto ai
precedenti (ma si riprenderà alla grande due anni dopo
con Forrest Gump), ma ci
si può comunque sedere e gustare un’altra minimalista interpretazione della Streep e di un umorismo macabro e, ancora una volta, visto
che parola più adatta non esiste, grottesco. Ancora moderno come tematica e sorprendentemente destinato ad acquistare sempre
più attualità con il tempo.
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