LA MALA EDUCACIÓN [LA MALA EDUCACIÓN, 2004]

Nel 1980 Ignacio si presenta alla casa di produzione di Enrique, suo ex amante ai tempi del collegio, per proporgli La Visita, una sceneggiatura da lui scritta. Enrique, anche se povero di idee, non considera la potenzialità dello script, ma mentre lo legge si accorge che il racconto non è altro che la loro storia: quando frequentavano il collegio, i due bambini erano innamorati, ma Ignacio era sottoposto alle attenzioni e alla gelosia di Padre Manolo, il direttore. Da allora si sono visti solo una volta e senza riconoscersi e ora Enrique è intenzionato a dirigere il film, con Ignacio nella parte di se stesso.

Le due cose più potenti del film sono la sceneggiatura e il montaggio, entrambi in funzione di un intreccio complicato di vicende ambigue e incomprensibili che però si snoda nel finale, ma lascia comunque dubbi e quesiti per cui è necessaria una seconda visione.

Almodóvar è sempre lo stesso nei colori, nelle inquadrature, nei personaggi, ma stavolta c’è qualcosa di più. Forse qualche elemento autobiografico che negli altri suoi lavori resta celato nei particolari della storia, qui è più esplicito. Forse una storia un po’ più complicata e meno diretta delle solite. Forse un tipo di regia e di recitazione da parte degli attori più lineare, senza momenti che trasmettono grande sofferenza o grande gioia, tutto resta sullo stesso piano emozionale, senza apici.

L’attore Gael Garcia Bernal nella parte di Ignacio, nel suo tentativo di sedurre ancora una volta Enrique, offre un’interpretazione soffusa e poco personale nella prima parte del film, ma che al contrario nella seconda parte si fa più attiva e rilevante con l’evolvere del personaggio nella sua vera identità. Da segnalare anche la bravura di Lluis Homar nella parte di Berenguer, drammatico e ambiguo.

Si apprezza il fatto che la vicenda delle attenzioni di Padre Manolo per Ignacio è raccontata dalla regia e dalla sceneggiatura con pudore, innocenza e senza quel tono di accusa e di rancore verso la chiesa che lo spettatore si aspetta conoscendo la trama.

Bello, come al solito, l’uso di luci e colori. Tonalità prevalentemente scure e fredde per il 1977, le classiche tinte pastello e calde per gli interni nelle scene del 1980 e del 1963 (rappresentato esclusivamente dal punto di vista del film di Enrique).

Un film non facile per il tema affrontato e per la storia, che richiede più di una visione per finire poi per apprezzarlo interamente nella sua poesia e bellezza.

 

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