KING ARTHUR [KING ARTHUR, 2004]

King Arthur fa parte della peggiore categoria di film. Quella categoria che non sfrutta al massimo le potenzialità e le idee di base. Si perché l’idea era buona: ricostruire la vera storia che ispirò la leggenda dal mitico sovrano britannico, dei suoi fedeli cavalieri e della regina Ginevra, mostrandone il lato più realistico attraverso un punto di vista storico e meno fiabesco. E anche se alcune idee da parte della regia ci sono, ciò che rende il film debole e poco coinvolgente è la sceneggiatura: il ritmo è praticamente assente, la storia è poco chiara, i personaggi non bene sviluppati e le battute sono quasi vergognose (una fra tutte, quella di Ginevra a Lancillotto: “Non preoccuparti, non permetterò che ti violentino”, riferendosi all’orda di Sassoni all’attacco).

Insomma, un film che avrebbe potuto essere quello definitivo su Re Artù (visti i precedenti), ma che non sfrutta al pieno l’idea e che, nonostante la bella fotografia e le musiche di Hans Zimmer (a tratti inserite anche dove la musica non sarebbe necessaria), rischia di passare per la solita megaproduzione firmata Bruckeimer, impacchettata secondo le infallibili regole di mercato (il film, nel solo primo weekend di proiezioni è gia al primo posto) destinata al successo.

Una grossa delusione per la recitazione assente di Clive Owen, perfetto come Artù, ma che sembra cadere dalle nuvole prima di recitare ogni battuta, e di Keira Knightley che, oltre ad avere un brutto personaggio, non emerge come il trailer voleva farci credere. Ma questo ormai lo abbiamo imparato.

 

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