FORREST GUMP [FORREST GUMP, 1994]

L'america - nel bene e nel male - raccontata attraverso l'ingenuità di Forrest; quell'America che è sia la disillusione del Sogno, ma anche l'America delle grandi occasioni. E non si può dire che Forrest Gump (dopo Philadelphia, Tom Hanks è ancora adorabile ed emozionante)  non ne abbia avute di occasioni: nato con un quoziente intellettivo inferiore alla media, costretto a portare un apparecchio per le gambe, sarà lui, con il suo strano modo di ballare, che ispirerà Elvis Presley per i suoi movimenti; ma appena si disfa dell’apparecchio, su consiglio dell’amichetta Jenny comincia a correre, e non si fermerà mai più: frequenta l’università solo perché corre veloce alle partite di football, conosce il futuro presidente Johnson, combatte in Vietman, ritorna, riceve la medaglia all’onore e stringe la mano a Kennedy; ma sempre a Washinghton appoggia il movimento hippie antimilitarista, partecipa ad una riunione segreta delle Pantere Nere, fa parte della squadra di Ping Pong che affrontò quella cinese in segno della pace tra gli Stati Uniti e la Cina di Mao nel 1970, conosce il presidente Nixon ed è proprio Forrest che, per caso, denuncerà lo scandalo Watergate; con un piccolo peschereccio di gamberetti diventa milionario senza saperlo, intraprende una corsa lungo tutti gli Stati Uniti per la quale diventa famoso e finisce in televisione a fianco di John Lennon. Ma Jenny è sempre presente, seppure non fisicamente, nella vita di Forrest e si potrebbe dire che tutte queste sono solo le casuali conseguenze della corsa di Forrest da Jenny. Forrest Gump vola come una piuma bianca, errante, senza una meta, come sosteneva il Tenente; ma anche, come diceva la mamma, trascinato dalla brezza del destino.

Parla di guerra, di amore, di amicizia, di morte, di pace, di solitudine e di ingenuità il film di Robert Zemeckis; e lo fa con una leggerezza, un'ironia e una delicatezza che non è mai troppo. E Forrest riesce sempre ad emozionare, e anche tutti i suoi compagni tragici. Perché la sceneggiatura di Eric Roth (basata sul romanzo di Winston Groom), vuole dimostrare che Forrest non è l’unica persona imperfetta. Jenny è altrettanto imperfetta, dal tragico destino e dalla ricorrente infelicità. E il Tenente Dan è anch’egli tragico e infelice, salvato da Forrest in Vietman e rimasto senza gambe, si abbandona ad una vita inerte e insofferente, quando ancora Forrest lo raccoglie un’ennesima volta e gli regala (di nuovo) la voglia di vivere. E che dire della mamma, colei che ha infuso nel figlio la bontà di cuore e i sani principi, saranno i suoi consigli e le sue frasi retoriche a incoraggiarlo per tutta la vita.

Estremo nel rappresentare il susseguirsi di vicende del suo protagonista, volutamente superficiale dal punto di vista storico, musicato splendidamente e dagli innovativi effetti speciali (la piuma bianca, i reportage accanto ai presidenti e a Lennon) e completamente incentrato nel magnetismo del protagonista e di Tom Hanks, Forrest Gump si preoccupa più di ricercare i buoni sentimenti nello spettatore, che si chiede, senza risposta e per tutta la durata del film, da dove vengano le lacrime.

 

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