DOGVILLE [DOGVILLE, 2003]

Raccontata in nove capitoli e un prologo - come un’opera letteraria - accompagnati da didascalie esplicative e dal commento di un narratore, è la vicenda di Dogville, minuscola cittadina sulle Montagne Rocciose americane, il cui grigiore viene interrotto dall’arrivo improvviso di Grace (Nicole Kidman), giovane donna inseguita dai gangster; Tom (Paul Bettany), scrittore ragionevole e clemente, decide di ospitare Grace che, per farsi meglio accettare, dovrà svolgere ogni giorno piccoli lavoretti per la gente di Dogville. Quando una taglia viene messa sulla sua testa e gli abitanti della cittadina ne vengono a conoscenza, l’atteggiamento nei confronti di Grace cambia, si fa duro e cattivo; se prima svolgeva solo piccoli lavoretti, ora è costretta al lavoro forzato e alle molestie sessuali di tutti gli uomini del villaggio.

Primo episodio della seconda trilogia di Lars von Trier: il titolo del secondo sarà Mandalay e avrà come tematica la schiavitù del profondo sud, con protagonista Bryce Dallas Howard (The Village) nel ruolo di Grace, mentre il terzo capitolo, di cui si sa veramente poco, probabilmente avrà come titolo la storpiatura del nome della città di Washinghton. Presentato a Cannes, con il proposito di ripetere il successo di Dancer in the Dark (vincitore della Palma d’Oro e premio come miglior attrice per Björk nel 2000), provocando invece una spaccatura della critica: chi lo acclamò, chi sparò a zero e chi si astenne da un giudizio. Sei mesi di produzione, pieni di nervosismo e stress, tanto da fare allestire, appena fuori dal set, un piccolo confessionale dove tutto il cast poteva ritirarsi e liberarsi delle proprie tensioni (il trailer non mostra scene del film, bensì brevi spezzoni di queste dichiarazioni). Lars von Trier non riceve mai molta stima dal pubblico americano, che lo accusa di rappresentare l'America (e di conseguenza tutti i suoi lati oscuri e socialmente decadenti) pur non essendoci mai stato, ma è anche vero che Dogville, più che un film sull’America, è un film sulle persone.

Ed è proprio con lo scopo di dare rilevanza alle persone che il film è stato girato completamente in un teatro di posa in Svezia - come un’opera teatrale – dove il giorno e la notte sono scanditi da sfondi rispettivamente bianco e nero, dove le case e le loro mura sono solamente disegnate sul pavimento e sono arredate solo con il mobilio essenziale allo svolgimento della storia, così da permettere allo spettatore di vedere in ogni momento i cittadini di Dogville e le loro attività; perché a Dogville tutti sanno tutto di tutti, anche se non sembra.

Dogville è un film, ma non è solo cinema: è anche letteratura, teatro e TV, nel quale le inquadrature in steadycam del regista inseguono letteralmente dei bravissimi attori (Paul Bettany tiene alto il confronto con la perfezionista Nicole Kidman), che dominano completamente, e non senza difficoltà, su un set ridotto ad uno scheletro. Un’opera nella quale però vi è una esagerata spaccatura tra ciò che sono le scelte tecniche, di regia, e ciò che sono gli scopi narrativi e le tematiche, che non sempre si conciliano nel fin troppo ostinato intreccio di tre diverse arti quali il cinema, il teatro, la letteratura e la televisione. Nichilista e cattivo, è un film grave che assume una posizione altrettanto amara, ma che non è quella di tutti; o così può sembrare.

A detta del regista, Grace, nel finale, è come l’Angelo di Sodoma e Gomorra, che scende sulle città del peccato per incendiarle e poi ascendere nuovamente; se nel primo blocco del film il nostro angelo si trova a rapportarsi con le problematiche della fiducia, dell’accettazione e dell’integrazione, successivamente, in un finale all’insegna di un nero nichilismo, la stessa donna, pur patendo la sofferenza che le sue scelte le impongono, reagisce accidiosa e rabbiosa con la sua vendetta sui cittadini di Dogville e si ritrova ancora una volta davanti ad una riflessione: perdono o vendetta. Ed è qui che la sceneggiatura di Lars von Trier voleva arrivare, per mostrarci i lati più nascosti, innati e bestiali dell’animo umano: la sottomissione, l’approfittarsi del debole e la vendetta di questo su chi l’ha oppresso.

Presentato nei cinema italiani con la durata di 135 minuti, è stato rilasciato in DVD nella sua versione originale presentata a Cannes, con 42 minuti in più.

 

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