ALì [ALì, 2001]

«Se qualcuno ti mette una mano addosso, fratello, tu devi fare del tuo meglio perché non metta mai più una mano addosso a nessuno.» Michael Mann parte da qui, dal 1964, a ricostruire parte della vita del peso massimo Cassius Clay. E’ spinto da questo consiglio del suo amico Malcolm X, leader di uno dei movimenti per i diritti civili dei neri degli anni ‘60, che il pugile si fa strada a pugni nel mondo della boxe e diviene campione del mondo battendo Sonny Liston, in quell’incontro che ci è mostrato per intero, da una regia attenta ed esperta – sempre – nell’uso della fotografia eclettica e funzionale alla narrazione e nella fusione – sempre in tutto il film, ora soffusa e ora ostinata – delle immagini alla musica di Lisa Gerrard e Pieter Bourke. Sembrerebbero immagini di repertorio, quelle del match con Sonny Liston, se non fosse per quella musica che si intensifica a più riprese, a volte rotta dagli applausi e dalle grida del pubblico, e per quell’immedesimazione col personaggio che risulta naturale. Clay diviene l’idolo del popolo afroamericano, in un periodo e in un’America divisa in bianco e nero; entra a far parte del Gruppo Militante Radicale Black Muslim di Elijah Muhammad con il nome originale di Muhammad Alì e si fa carico della lotta civile per i diritti dei neri dopo la morte di Malcom X ne 1976. Il suo declino ha inizio quando si rifiuta di prestare il servizio militare per un paese che non riconosce come la propria patria, è accusato di renitenza alla leva e rilasciato su cauzione ma senza il permesso di tenere incontri; perde irrimediabilmente il titolo di campione del mondo e sospende la pratica dell’islam.

La figura di Alì è centrale in tutto il film, resa sublimemente dall’immedesimazione sentita (anche fisica) di Will Smith: è un uomo fortemente penalizzato dalle circostanze, dalla società in cui vive, ma anche dalla sua personalità fiera, arrogante, egocentrica, testarda e a volte stupida. Paradossalmente, sono proprio queste sue qualità che lo porteranno, nel 1974, a rivendicare il titolo contro George Foreman nello stato africano dello Zaire, in quell’intenso incontro che è reso splendidamente, che commuove come mai un normale match di boxe potrebbe fare realmente.

Sempre con una certa consapevolezza e un moderato approfondimento, a volte difficile da cogliere, e sempre musicato e montato sapientemente, è un film documentato (soprattutto dal punto di vista storico-sociale), più che documentario, che scema leggermente nel tentativo di approfondire i risvolti personali e psicologici del suo protagonista e della sua corte, ma che è più abile e intelligente nel delineare la figura pubblica di Alì e dell’ambiente in cui si muove: l’ambiente sportivo e quello politico, quello sociale e quello giuridico, quello pubblico e quello privato, che da lui vengono affrontati nel modo in cui più eccelle: a pugni.

 

˜˜˜˜