trascrizione di Francesca "june"

Questa intervista è stata realizzata da Ivan Zeno ed è apparsa nel mensile "All Music Magazine" dell'aprile 2003.


Hanno esordito sei anni fa e, da allora, hanno già venduto oltre venti milioni di copie in tutto il mondo. Il loro terzo lavoro si chiama “More than you think you are” ed è arrivato il momento che li conoscessimo bene anche in Italia. La band americana ha registrato il disco dopo un tour durato quasi due anni, ed è con quello spirito live che hanno lavorato ad ogni singola canzone. Ad attendermi ci sono due dei cinque componenti del gruppo (senza dubbio, i più rappresentativi): il cantante Rob Thomas e il chitarrista e arrangiatore Kyle Cook.



Perché Matchbox Twenty?

RT: “In realtà, non so dirti perché abbiamo scelto di chiamarci così. Non c’è nessun significato nascosto. Successivamente, però, ho scoperto che mio padre, quando era nell’esercito, andava in giro con venti dollari chiusi in una scatola di fiammiferi. Era la sua piccola scorta in caso di emergenza e la chiamava la sua “Matchbox Twenty”. Quando ha saputo come si chiamava la nostra band, non poteva crederci!”

Quali sono le idee cha hanno dato vita a questo lavoro?

RT: “Non c’è una formula precostituita. Ogni canzone può venire fuori in modo diverso. A volte basta strimpellare una chitarra per capire che ci si può lavorare su. Altre volte si inizia dal testo. Capita anche che qualcuno di noi porti un brano già finito. E’ successo con Paul Doucette, il nostro batterista: aveva realizzato Could I be you, una canzone che intendeva inserire nel suo album da solista. Quando l’ho ascoltata gli ho detto che, ormai, era un pezzo dei Matchbox Twenty.”

Quali scelte vi hanno indirizzato verso il sound del rock dei mitici anni Settanta?

KC: “Uno degli aspetti fondamentali che influisce sulle nostre canzoni è la grande varietà di conoscenze musicali che ogni componente mette al servizio della band. Negli arrangiamenti di alcuni brani trovano spazio anche ampie sezioni d’archi, proprio perché alcuni di noi hanno una forte inclinazione verso la musica classica.”
RT: “Noi non ci definiamo un gruppo rock e neanche pop. Se riteniamo che un pezzo abbia bisogno di un arrangiamento country, lo facciamo e basta. Senza porci il problema dell’immagine.”

Avete detto che è stato l’ultimo tour, più di ogni altra cosa, a stimolarvi per lavorare a un nuovo disco. Anche per ricercare quell’atmosfera da palco che, spesso, si dissolve negli studi di registrazione. Perché non avete pensato a un live in studio?
RT: “Sebbene non si tratti di un live in studio, abbiamo realizzato “More than you think you are” nella maniera più vicina a una registrazione collettiva. Negli album passati, ognuno suonava in ambienti separati. Questa volta, invece, eravamo tutti insieme in un’unica sala a incoraggiarci l’un l’altro. Non c’è stato un solo giorno in cui qualcuno fosse assente in studio.”



E un disco live vero e proprio?

KC: “Per quello c’è sempre tempo. Abbiamo già raccolto un bel po’ di materiale. In particolare di un concerto tenuto in Australia. Vedremo più avanti.”
Dopo il lungo tour di Mad season by Matchbox Twenty, hai scritto canzoni per altri grandi artisti, tra cui Willie Nelson. Come è nata questa collaborazione?
RT: “In effetti, abbiamo suonato i suoi pezzi da sempre. Poi, come spesso accade, ci siamo incontrati per caso e non è stato difficile contribuire alla sua opera.”

Com’è lo stato di salute del rock, oggi?

KC: “Nonostante la maggior parte degli artisti contemporanei miri a creare un sound perfetto e pulito, mediante uno sfrenato uso dell’elettronica, credo che negli ultimi cinque anni il rock stia recuperando terreno. E, insieme al rock, tutta la musica suonata realmente. Adesso, anche personaggi pop, come Christina Aguilera e Craig David, preferiscono avere musicisti anziché campionatori. La necessità di colmare un vuoto strumentale, esistito tra gli anni Ottanta e Novanta, comincia a farsi sentire e la gente rivuole il suono degli strumenti veri.”
Cosa invidiate al rock inglese?
RT: “Non credo sia più opportuno parlare di rock inglese o americano. Oggi, la musica parla un linguaggio universale. Però, posso dirti quali artisti inglesi mi piacciono. Oltre a nomi leggendari come Rolling Stones e Beatles, negli ultimi tempi ho apprezzato molto i Coldplay.”

Nel prossimo tour ci saranno anche tappe italiane?

RT: “Per adesso abbiamo dei concerti confermati in Inghilterra, Germania e Olanda. Per quanto riguarda l’Italia, dipenderà molto da come andrà il disco. Quindi, non esitate a comprarlo!”

Cosa vi ha colpito dell’Italia?

RT: “Facilissimo. Le donne e il cibo!”
KC: “Sapevo che avresti risposto così. Per me, venire in Europa, in particolar modo qui in Italia, è un’occasione per ammirare tutto il patrimonio artistico che avete. Insomma, stiamo parlando della culla della musica classica e dell’architettura.”
RT: “Ok. Ma non dimenticarti delle donne. Qui, anche la ragazza più brutta è veramente bella. La vostra cucina, invece, è stata una scoperta eccezionale. Mi è bastato mangiare un semplice piatto di pasta al pomodoro per capire che dalle nostre parti si mangia un po’ ‘diversamente’!”

di Ivan Zeno
Da “All Music Magazine”, Aprile 2003