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FARADAY E LA FONDAZIONE DELL'ELETTROMAGNETISMO

Il magnetismo di rotazione: una scoperta interessante
di Carla Romagnino* e Laura Loy**

 

Una proposta didattica
Lo scarso interesse che troppo spesso gli alunni dimostrano nei confronti delle materie scientifiche nasce spesso dal tipo di approccio a tali materie proposto nella maggior parte delle nostre scuole. In quasi tutti i manuali in uso nella secondaria superiore, infatti, è perseguito un obiettivo di informazione scientifica su teorie 'vincenti', per cui la scienza sembra essere un metodo certo e stabilizzato per descrivere i fenomeni.
La storia della fisica permette di conoscere le difficoltà connesse all'elaborazione di un concetto, il contesto nel quale esso si è sviluppato, la mediazione scaturita dal confronto tra ipotesi diverse.
In questo lavoro si vuole proporre un itinerario didattico per la piena comprensione del fenomeno dell'induzione elettromagnetica, la cui scoperta, fatta da Faraday nel 1831, fu così importante per lo sviluppo dell'elettromagnetismo.
La proposta didattica prevede una fase sperimentale, che consiste nell'esecuzione di alcune esperienze sulle correnti indotte, accompagnata dalla lettura di brani di memorie storiche originali, una fase teorica in cui esporre la storia delle scoperte relative agli esperimenti eseguiti e, infine, una fase critica in cui, sulla base degli spunti didattici offerti dal fenomeno, commentare e discutere con gli alunni i problemi e le interpretazioni che ne scaturiscono.

Le scoperte di Coulomb, Oersted e Ampère
Coulomb alla fine del '700 identifica l'interazione tra cariche elettriche come una interazione a distanza, analoga all'interazione newtoniana tra masse. Per Coulomb inoltre elettricità e magnetismo erano due stati fisici non collegati fra loro.
Le convinzioni di Coulomb, fatte proprie dai ricercatori che gli sono succeduti, sono messe in crisi dall'esperimento di Oersted del 1820, in cui un ago magnetico, posto vicino a un filo percorso da corrente, non viene attratto o respinto, ma ruota. Dal punto di vista didattico la realizzazione dell'esperimento di Oersted e la sua interpretazione e discussione possono essere abbinati alla lettura della relativa memoria (H. Oersted, Experimenta circa effectum conflictus electrici in acum magneticum). È così possibile un confronto fra l'interazione circuito-ago magnetico e l'interazione coulombiana e, nel contempo, una riflessione sulle motivazioni di Oersted e sulla sua formazione filosofica.
L'esperimento di Oersted getta lo scompiglio nel mondo scientifico e si cerca di darne una spiegazione nei modi più differenti:
Ampère, newtoniano convinto, suppone che nella materia ci siano delle correnti elementari e spiega il fenomeno con forze di attrazione e repulsione di tipo centrale. Anche in questo caso l'attività didattica - che prevede la ripetizione dell'esperienza di Ampère con la bilancia delle correnti e la lettura del relativo brano dai Rendiconti (A. M. Ampère, Rendiconti, brani relativi alle letture fatte all'Académie de France nelle sedute del 18 e del 25 settembre 1820 - Opere di A.M. Ampère, a cura di M. Bertolini, collezione "Classici della Scienza", Torino, UTET, 1969) - mette in rilievo non solo gli effetti dell'azione mutua fra correnti, ma anche l'ottica in cui si pose Ampère, newtoniano alla ricerca di forze centrali, nello sperimentare e nell'interpretare i fenomeni.
Faraday, invece, privo di precedenti schemi concettuali, spiega l'esperimento di Oersted supponendo che attorno al filo percorso da corrente compaiano delle forze circolari e chiarisce in che modo una spira circolare può comportarsi come un magnete, arrivando quindi al concetto di linee di forza.

L'esperimento di Arago
Ciò premesso per introdurre storicamente il fenomeno dell'induzione elettromagnetica, prendiamo in esame gli studi e le osservazioni fatti, a partire dal 1822, da Dominique François Arago (1786-1853) e da lui resi noti nel 1824 in una comunicazione all'Académie des Sciences di Parigi.
Nel 1822 Arago si trovava sulla collina di Greenwich per fare misure d'intensità magnetica assieme all'amico Alexandre de Humboldt (D.P. Arago, Oeuvres, Tomo IV). Si accorse che l'ago di declinazione, posto a oscillare, raggiungeva più facilmente la posizione di riposo se si trovava vicino alla scatola che lo conteneva che non quando si trovava lontano da qualsiasi altro corpo. Decise di approfondire la questione ed effettuò degli esperimenti atti a mettere in rilievo l'influenza che i metalli e altre sostanze esercitavano sull'ago magnetico. Il 22 novembre 1824 fece una comunicazione verbale dei risultati delle sue osservazioni all'Académie des Sciences di Parigi e riferì che, se si sospendeva un ago magnetico sopra un piatto di rame, di legno, o di altro materiale, e lo si poneva in oscillazione, l'ampiezza delle oscillazioni fatte dall'ago per passare da un angolo di 53° a un angolo di 43°, si trovava che il numero delle oscillazioni necessarie alla diminuzione dell'ampiezza dipendeva dal materiale di cui era fatto il disco e dalla distanza a cui esso si trovava.
Arago decise di approfondire la questione ed eseguì esperimenti ad hoc. In particolare realizzò una esperienza suggeritagli da questa considerazione: se un piatto di rame posto vicino a un ago magnetico ha il potere di alterarne l'ampiezza delle oscillazioni, allora, per il principio di azione e reazione, un ago in quiete dovrà essere posto in movimento da un disco in rotazione. Arago, appunto, fece ruotare un disco di rame sotto un ago magnetico sospeso e osservò che l'ago deviava dalla sua posizione di equilibrio lungo il meridiano terrestre, tanto più quanto maggiore era la velocità di rotazione del disco e quanto minore era la distanza dal disco. A partire poi da una certa velocità di rotazione, l'ago, a qualsiasi distanza dal disco, ruotava in maniera continua intorno al filo al quale era sospeso (Fig. 1, tratta da Marazzini - Tucci, La formazione del concetto di induzione elettromagnetica. Un itinerario didattico, FrancoAngeli Editore, 1983).


Fig. 1

L'interpretazione dell'esperimento: il magnetismo di rotazione
Questa esperienza fu spiegata da molti fisici con l'ipotesi che sotto ciascun polo dell'ago venisse a formarsi un polo di nome contrario proveniente dalla decomposizione del fluido neutro del piatto. Si era riscontrata, infatti, la presenza di tre forze: una verticale (perpendicolare al disco), repulsiva; una orizzontale e perpendicolare al piano verticale contenente il raggio passante per la proiezione del polo dell'ago sul disco (è la forza tangenziale che dà il movimento di rotazione all'ago); la terza parallela al raggio (della sua esistenza ci si renderebbe conto se l'ago fosse disposto verticalmente e potesse ruotare attorno a un asse perpendicolare a uno dei raggi del disco).
Furono avviate molte ricerche in Inghilterra, Germania, Svizzera, Italia e nella stessa Francia per dare una spiegazione del fenomeno.

Gli esperimenti di Babbage ed Herschel
Tutti i ricercatori, erano persuasi che se un magnete, in questo caso in movimento, influenzava un disco, su di esso dovevano manifestarsi delle polarità magnetiche. Per questo motivo il complesso dei fenomeni di cui sopra fu indicato con la dizione 'magnetismo per rotazione'.
Una delle più esaurienti ricerche sulla natura del fenomeno fu fatta da Charles Babbage (1792-1871) e da John F.W. Herschel ( 1792-1871) che avevano assistito alla descrizione dell'esperimento di Arago fatta da Gay-Lussac a Londra nella primavera del 1825 (Samuel Devons,"The search for electromagnetic induction ", in The Physics Teacher, vol. 16, dicembre 1978, pp. 628-631).
Essi decisero di ripetere gli esperimenti di Arago modificando l'apparecchiatura necessaria.
Un potente magnete era fatto ruotare sotto un disco di rame liberamente sospeso: si osservava il disco ruotare nello stesso senso del magnete. S'interponevano poi tra il disco sospeso e il magnete sottostante dischi di differente materiale. La presenza di questi dischi non produceva alcun cambiamento nel fenomeno, eccetto che per il ferro, il quale riduceva sensibilmente l'azione esercitata dal magnete sul disco di rame. Continuarono misurando la deflessione prodotta dal magnete rotante su dischi di vario materiale e trovarono che l'effetto era vistoso per dischi di metallo, ma era pressoché nullo per dischi di materiale non metallico.
Babbage ed Herschel operarono poi dei tagli radiali nei dischi metallici (Fig. 2, tratta da Samuel Devons,"The search for electromagnetic induction", in The Physics Teacher, vol. 16, dicembre 1978, pp. 628-631). e osservarono che il magnetismo indotto era via via soppresso.


Fig. 2

Questo risultato era previsto dai due fisici, in quanto, in accordo con la teoria di Ampère, ritenevano che i tagli interrompessero il flusso delle correnti molecolari e quindi ne impedissero la propagazione. Essi interpretarono il fenomeno affermando che, in corrispondenza col polo del magnete, sul piatto, era indotto un polo di segno opposto: quando il magnete ruotava i punti del piatto che si trovavano sotto di esso non acquistavano, e non perdevano, istantaneamente il loro magnetismo; di conseguenza si aveva il trascinamento del disco o dell'ago magnetico. Era la prima volta che si affermava che l'ago induce lo stato magnetico nella sostanza in movimento. Sino ad allora, l'ago era stato considerato solo un indice capace di rilevare il grado di magnetizzazione del corpo in movimento.

L'interpretazione di Ampère
Nel 1826 anche Ampère s'interessò dell'esperimento di Arago riproducendolo nel suo laboratorio e ne interpretò i risultati come un'ulteriore conferma dell'equivalenza tra barra magnetica e solenoide percorso da corrente. Ampère non si pose il problema di alcune contraddizioni insite nell'interpretazione del fenomeno mediante la sua teoria. Ci si dovrebbe, infatti, chiedere perché è proprio il movimento a generare l'interazione tra magnete e disco, se, come supposto da Ampère, le correnti sono preesistenti. È certamente singolare che il grande fisico francese, pur avendo assistito ad uno spettacolare fenomeno d'induzione elettromagnetica, non solo non lo abbia saputo interpretare, ma neppure abbia avuto l'interesse di farlo.
Ampère non fu solo. Dopo due anni il grande interesse verso il fenomeno di Arago svanì. L'enigma, indubitabilmente molto complesso, rimase irrisolto fino al 1832, dopo che Faraday ebbe ripreso l'intero argomento dell'induzione elettromagnetica.
Già i primi esperimenti di elettromagnetismo fatti nel 1821 avevano portato Faraday alla scoperta della rotazione elettromagnetica e alle prime congetture sulle cause delle interazioni tra correnti e magneti. Come già si è accennato, egli aveva stabilito che l'attrazione e la repulsione erano dovute a forze circolari circondanti i fili rettilinei percorsi da corrente e aveva chiarito in che modo una spira circolare poteva comportarsi come un magnete: se un filo rettilineo viene curvato a cerchio (Fig. 3, tratta da Marazzini- Tucci, La formazione del concetto di induzione elettromagnetica. Un itinerario didattico, FrancoAngeli Editore, 1983), lungo l'asse ci saranno due o più forze operanti nello stesso senso; un ago, posto sull'asse, simulerà perciò un'attrazione e una repulsione in linea retta e la spira risulterà ora avere due polarità. Queste considerazioni portarono Faraday al concetto di linee di forza.

Fig. 3

La geniale intuizione di Faraday: produrre elettricità mediante il magnetismo
Dopo il 1821 Faraday si dedicò quasi esclusivamente a problemi di chimica, ottica ed acustica. Solo sporadicamente compaiono nei suoi diari descrizioni di esperimenti di elettromagnetismo. Nel 1831, nel tentare di mettere in relazione fra loro classi distinte di fenomeni, affrontò il problema di come produrre elettricità mediante il magnetismo. Partì dall'idea che come un corpo carico induce cariche elettriche su un altro conduttore, così una corrente circolante in un circuito deve indurre una corrente su un altro circuito. L'esser venuto a contatto con teorie relative ad altri campi della fisica gli aveva dato l'apertura mentale necessaria per risolvere il problema.
Tra tutte ebbe particolare incidenza la teoria ondulatoria della luce elaborata da Young e Fresnel e avvalorata dai molti esperimenti di acustica eseguiti da Faraday.
Quanto accadeva per l'elettricità di tensione (elettricità statica) Faraday riteneva dovesse accadere, per analogia, all'elettricità in moto (correnti elettriche). Quindi dopo numerosi tentativi falliti, eseguì il famoso esperimento dell'anello nel quale rilevò che alla chiusura e all'apertura del contatto A (Fig. 4 e 5), il galvanometro segnalava un passaggio di corrente che cessava non appena il contatto permaneva.


Fig. 4


Fig. 5

La genialità di Faraday fu quella di aver collegato il galvanometro prima della chiusura del contatto A: nel far questo, infatti, egli si aspettava che un'onda di elettricità si propagasse attraverso l'anello fino in B. A quest'esperimento ne seguirono molti altri (Per la descrizione di questi esperimenti vedi i numerosi testi che trattano dell'induzione elettromagnetica e Annales de Chimie et de Physique, - Tomo L, 1832 – Faraday, Recherches experimentales sur l'Electricité, 1 " e 3" serie, pp. 1-69; 116-121. Anche le figure 7 e 8 sono di Faraday e tratte dalle Recherches) che lo portarono in poco tempo alla comprensione del fenomeno dell'induzione elettromagnetica. Essi non solo gli permisero di capire il principio essenziale della nuova, momentanea corrente indotta, ma anche la grande varietà di circostanze in cui la si poteva ottenere.

Gli esperimenti di Faraday
Tra questi esperimenti due sono di particolare importanza (ibidem, pp. 1-69).
Il primo Faraday lo eseguì servendosi di due barre magnetiche disposte come in figura 6 (o 7), in modo cioè che da una parte i poli opposti fossero in contatto e dall'altra il contatto fosse stabilito fra gli altri poli e gli estremi di un cilindro di ferro che si trovava all'interno di un solenoide i cui terminali erano collegati ad un galvanometro.


Fig. 6


Fig. 7


Fig. 8

Tale esperimento evidenziò per Faraday il fatto che le correnti indotte erano generate in un conduttore che tagliava le linee di forza magnetiche o che era tagliato da esse. Scriveva Faraday: "Se un filo conduttore si muove in modo tale da tagliare una curva magnetica, si produce una forza [power] che tende a produrre una corrente elettrica attraverso di esso".
Il fatto che il fenomeno dell'induzione elettromagnetica fu interpretato da Faraday mediante il concetto di linee di forza tagliate e non col concetto di flusso, come abitualmente viene spiegato nei manuali scolastici, è un fatto didatticamente rilevante, che può essere meglio evidenziato attraverso la lettura diretta di alcuni brani delle memorie lette da Faraday alla Royal Society.

Il secondo esperimento Faraday (Fig. 6 o 8) lo eseguì servendosi di un solenoide collegato ad un galvanometro, all'intorno del quale poteva introdurre o estrarre una barra magnetica: con tale esperimento risultò chiaro che le correnti indotte potevano ottenersi anche col moto relativo di un conduttore o di un magnete in presenza l'uno dell'altro.

Faraday reinterpreta l'esperimento di Arago
Si convinse quindi che lo strano fenomeno osservato da Arago doveva essere inquadrato nell'insieme dei fenomeni da lui interpretati. Rifece perciò l'esperimento di Arago e ne studiò una variazione (ibidem, pp. 44-50)., facendo ruotare un disco di rame tra le espansioni polari di una calamita e osservando che nel disco si producevano correnti indotte. Ciò gli permise di interpretare l'effetto Arago: quando un disco ruota sotto un ago magnetico sospeso, taglia le linee di forza associate all'ago e in tal modo si producono nel disco delle correnti indotte. A queste correnti sono associate delle forze circolari che agiscono sull'ago e lo fanno ruotare. Faraday dunque considerò questo fenomeno come intimamente legato a quello della rotazione magnetica realizzato dieci anni prima.
Con quest'interpretazione chiarì perché Babbage ed Herschel avevano trovato che solo i conduttori davano luogo al magnetismo di rotazione e perché, quando si operavano dei tagli nel disco l'effetto era fortemente diminuito o distrutto (ibidem, p. 61).

Alcune riflessioni storiche ed epistemologiche
Lo studio degli esperimenti che portarono alla scoperta dell'induzione elettromagnetica permette di rendersi conto che la scienza, nel suo continuo divenire, non ha punti di arrivo, ma punti di partenza; che in essa non ci sono certezze e stabilità ma interpretazioni e teorie sempre suscettibili di modifiche; che studiare fisica vuole dire anche conoscere il travaglio che precede le conquiste, le difficoltà che ne accompagnano il cammino, i successi e i fallimenti che segnano il suo progredire.
Inoltre, nello sviluppo della storia precedente, si può capire come la formazione filosofica dello scienziato sia importante nell'impostazione del lavoro di ricerca; per cui avvenne che Oersted, studioso di Shelling e dei principi della Naturphilosophie, di eredità kantiana, ebbe una fede quasi mistica nell'unità della natura e ricercò la relazione tra fenomeni elettrici e fenomeni magnetici; Ampère invece eseguì esperimenti e interpretò gli stessi fenomeni con l'intento di cercare conferme dell'esistenza di forze di tipo newtoniano e, da buon seguace di Newton, "matematizzò" i risultati ottenuti. E ancora la storia chiarisce come lo sviluppo della conoscenza non avviene in modo unico: è infatti possibile mettere a confronto due grandi personaggi come Faraday e Ampère che hanno stili di ricerca del tutto differenti. Ampère seguì un ragionamento puramente speculativo, guidato dalla matematica e mostrò interesse per ipotetiche entità elementari interagenti a distanza secondo leggi di forza di tipo newtoniano. Faraday non fece alcun uso della matematica, non si preoccupò di indagare sulla natura dell'elettricità e del magnetismo e si occupa invece della distribuzione delle forze intorno ai corpi elettrizzati o magnetizzati. Ampère vide l'esperimento come conferma della teoria e progettò gli apparati sperimentali in stretto rapporto con la struttura matematica della teoria. Faraday invece considerò l'esperimento come una guida per esplorare la natura. Usò una strumentazione flessibile, costruita senza pregiudizio teorico, per indagare in dettaglio i fenomeni noti, scoprire eventuali interconnessioni e ricercare nuovi effetti.

*Coordinatrice del Gruppo di Storia della Fisica della Associazione per l'Insegnamento della Fisica (AIF), insegna Didattica della Fisica presso la Scuola di Specializzazione per la formazione degli insegnanti dell'Università di Cagliari. È stata membro di varie Commissioni ministeriali per lo studio di nuovi programmi di fisica.

**Già docente di ruolo di matematica e fisica nella scuola superiore, membro del Gruppo di Storia della Fisica della Associazione per l'Insegnamento della Fisica (AIF), è autrice di pubblicazioni di storia della fisica e collabora a corsi per la formazione in servizio dei docenti della scuola secondaria superiore per un approccio storico all'insegnamento della fisica.

Pubblicato il 4/12/2007

Disco di Arago, dal sito www.lngs.infn.it


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