TORTOISE: standards

 


Il nuovo disco dei Tortoise.

Già questo sembrerebbe anticipare ogni possibile recensione, oltre che ostacolarla. E l'impedimento nascerebbe proprio dalla partecipazione ad un gioco le cui regole sfuggono ai crismi sedimentari di 50 anni di rock. Sin dal rivoluzionario esordio del 1994 le regole sono state fissate dal gruppo stesso, e modificate in fieri lungo il corso torrentizio di svariati fra lp, mini, progetti collaterali, tutti nel segno di una (chissà quanto) volontaria renovatio degli standards vigenti. Sarebbe arduo voler entrare nel merito di un genere (?!) che altro referente non ha che non i Tortoise stessi.

Nuovi standards per nuove generazioni verrebbe da dire, anche se alla fine occorre soffermarsi sull'evidenza che qui lo standard è un non-standard, un suono sempre in movimento, intuitivamente alla ricerca di una definizione sempre da venire.
Dopo l'avvento dei Tortoise la via della destrutturazione ha ingranato l'ultima marcia: può capitare così che un disco come Standards possa anche essere recepito come una salutare sosta a rimirare il percorso intrapreso, e suoni (mi si perdoni l'eufemismo) più naive dei lavori dell'ultimissima generazione di "post rockers".

Il primo dato a risaltare è il ridimensionamento di quel virtuosismo in odor di prog. che aveva appesantito un'opera pur notevole come TNT, che qui sfocia in una maggiore attenzione al ritmo e nell'esplorazione di territori più di confine come il lounge (Monica, tripudio di synth umili, la mia favorita, o Blackjack, che sembra estratto alambiccare di cento intro hit pop anni 80 deflagrante in una cavalcata di cyberValchirie morriconiane), il dub, e persino l'ambient (la misteriosa Firefly, o Benway, quasi una music for films eniana fino all'apertura midtempo di marimba che la trasforma repentinamente in una soundtrack ideale per un cocktail party "Bradburiano"). Notevole pure l'inizale Seneca con la sua apertura di chitarra marziale digradante nel caracollante minimalismo melodico della chitarra inseguita da organetto sonnolento, e Eros, prolungato assolo jazz di moog, jitter e marimba.

In sintesi, il nuovo disco dei Tortoise potrebbe anche portare nuovi adepti al suo culto; è una vulgata e al contempo una nuova partenza. Un puntuale e gustoso pentolone colmo di tutti i tentativi di effrazione rock degli ultimi 7 anni.

Con sollievo possiamo affermare che l'ombra dell'omogeneizzato è ancora lontana da questi solchi.

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