Amore. Essere innamorati. Esseri innamorati.
Millenni e nulla da imparare. Siamo sulla buona strada per riconoscerlo.
Eppure, il gioco vorticoso del sentimento più ostile ai pioppi, ama le stoffe preziose, la raffinata sottomissione. E noi amiamo lui. Non sapremmo cosa farcene di questa vita, se non potessimo così amabilmente ridicolizzarla, temporaneamente dimenticarla nell'excessus mentis di un organismo condannato alla reclusione in sé.
Certo, talvolta è solo la qualità della reclusione a renderci più o meno desiderosi di fuggirla. Ma questo non basterebbe.
Chiunque possa definirsi 'uomo' e quindi surrettiziamente 'sano di mente' prima o poi si ritrova nell'imbarazzante situazione di scagliarsi contro sé stesso. Ora, ciò è fisicamente impossibile. Ma non lo è 'emotivamente'.
Qui attecchisce il bisogno di allargare la sfera delle proprie miserie ad un altro essere.
I più raccattano ciò che capita prima. Vi sono dei vantaggi enormi in questa rapida pratica, primo fra i quali, vivere nella forte convinzione di assolvere un compito assegnatoci dal nostro destino morfologico.
La possibilità di scelta nella metropoli poi rende tanto più fluido il cambio e ricambio continuo. Ad un rimpiazzo per la solitudine e un'estensione fisico/plastica della masturbazione non occorre scavare dentro, non occorre dedicare la foto nel portafoglio e quella sul comodino. Né tantomeno, decidere di renderla cooresponsabile del crimine contro l'umanità numero uno: la riproduzione.
Nel caso in cui l'amatore di turno sia viceversa votato allo scacco consapevole, e ami centellinare in pregiati sorsi il residuo di spurgo dell'anima umana, la situazione si ricopre di automatiche proliferazioni di immaginoso quanto vacuo teorizzare. In genere questa via è battuta da individui con temperamento moderato, o abili auto-suggenti a scopi commerciali.
Più di uno è riuscito nell'intento di gonfiare il proprio conto in banca e riempire di latte di vitella la propria piscina profondandosi in una disperazione autoinnalzante e scaltramente chiosata.