PETER EISENMAN. lotta al cubo
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Peter Eisenman si compiace che il suo lavoro possa essere interpretato come la sua biografia: sarebbe infatti difficile delineare i punti salienti dell’opera di questo “inventore di architettura” prescindendo dal fascino esercitato dalla sua figura.
Ciò che risulta immediatamente evidente nello studio di Eisenman architetto e uomo è la capacità intellettuale di riversare nelle sue opere e nelle sue pubblicazioni l’inquietudine teorica derivante dal bisogno di perseguire un’architettura fatta non di aspetti superficiali ma essenzialmente di “strutture profonde” percepibili esclusivamente attraverso operazioni mentali e non sensoriali.
Nel primo Eiseman (1968-1973) tale necessità è resa manifesta nell’importanza attribuita al processo : la cardboard architecture è la descrizione della gestazione o della traiettoria del progetto. E’ la manifestazione provocatoria di una gestazione anche interiore dovuta al costante tentativo di lasciare traccia del processo della mente che ha generato l’architettura.
A questo proposito è untile citare M. Gandelsonas (On reading architecture…, p. 82):
“Eisenman ha introdotto l’importante idea della grammatica generazionale in cui il linguaggio è visto come attività generatrice, a differenza di un’idea della grammatica intesa come mera descrizione di relazioni sintattiche.(…)Eisenmann introduce questo concetto nell’architettura perché l’aiuta a stabilire ciò che vede come un processo di sintesi simile all’architettura, il processo mediante il quale si genera la forma architettonica.”
G. Terragni, Casa del Fascio, Como, 1932-36 |
P. Eisenman, House 2, Hardwick, VT, 1968 |
Nel 1978 molte cose sono accadute: i Five Architects, gruppo di cui Eisenman fa parte e con cui condivide la formazione culturale, conoscono verso la fine degli anni ’70 un periodo di decadenza e cominciano ad attuare un passaggio dall’astrazione alla figurazione dal sapore post-moderno.
L’irrequietezza di Eisenman si manifesta in un cambiamento di tendenza: l’idea di architettura come processo è ancora viva in lui ma la trasformazione sta nel concepire l’architettura come oggetto-processo, come interpretazione del divenire storico capace di materializzarsi in una forma attraverso la metafora.
Ciò che colpisce in questa fase è la necessità di operare sul contesto per manifestare l’instabilità della storia e quindi creare degli oggetti che contengano “un futuro non esistente, opposto ad un irrimediabile passato.”
“Questa capacità di suggerire un fine nel presente ha spezzato la triade classica di tempo passato, presente e futuro, e quindi la sua capacità di progresso e continuità. Prima il presente era visto come un momento tra il passato e il futuro. Adesso, il presente contiene due poli senza relazione alcuna tra di loro: una memoria di quel tempo anteriore in cui entrava il futuro e una immanenza, la presenza della fine, la fine del futuro; è un nuovo tipo di tempo.”
P. Eisenman, The futility of objects: decomposition and processes of differentiation, p. 65-66
G. B. Piranesi, Le Carceri, Carcere X |
P. Eisenman, Progetto per l'area di S. Giobbe, Cannareggio, Venezia, 1978 |
A partire dalla metà degli anni ’80 la teoria generative dell’architettura di Eisenman subisce un ulteriore passaggio sviluppandosi dal processo plastico di dinamizzazione e attivazione, attraverso addizioni e sottrazioni, implosioni ed esplosioni, strati e livelli, vibrazioni e duplicazioni, di uno spazio neutro dalle connotazioni ancora prettamente cartesiane ed euclidee ad una concezione del diagramma come matrice propulsiva dell’opera di architettura.
Il diagramma è lo strumento di rappresentazione ed intermediazione tra i modelli iconici e le conoscenze tratte da discipline diverse. Eisenman è infatti attratto dalla geometria non euclidea, dalla teoria dei frattali, dal DNA, dal comportamento dei cristalli liquidi e riesce oggi, anche grazie al computer e ai software di nuova generazione, a trasformare queste conoscenze in modelli non iconici da sovrapporre ai diagrammi tipologici e funzionali per creare l’oggetto di architettura.
Quello che l’inquietudine attuale di Eisenman rappresenta è l’esigenza di trovare nuovi algoritmi per produrre gli ambienti adeguati alla nostra presente condizione caratterizzata da una nuova relazione tra spazio e tempo.
“Le nuove complessità sono sempre esistite, nascoste all'interno delle convenzioni preesistenti. Allo stesso tempo, le attuali potenzialità forniteci dal computer reprimono e nascondono simultaneamente anche altre operative. Diventa compito di noi architetti costuire i nuovi strumenti e i nuovi algoritmi capaci di produrre i complessi ambienti necessari alla nostra attuale condizione. ”
P. Eisenman, La Carta di Zurigo, p. 37
Immagine di rappresentazione grafica deifrattali
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P. Eisenman, Una Chiesa per l'anno 2000
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