Fatti della guerra

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INDICE DELLA SEZIONE:

 

Le forze in campo

1° Episodio: Eroi Dimenticati: Marco Janni

2°        “          La morte del Ten. Glauco Frenguelli

3°        "          Il marò e le bombe

4°             "            La battaglia di Natale

 5°             "          L’uccisione del S.Ten. Paolo Carlo Broggi

 6°             "    I caduti di Vergemoli

 7°             "   La difficile ritirata

8°              "   La morte di una bimba

9°              "   Il maresciallo sbaglia strada

10°           "    Il saccheggio del magazzino TODT di Isola Santa

11°           "   La vera storia del Tenente pilota Lyth

12°           "   Un po' di umanità

13°              L’incubo dei bombardamenti aerei

14°              Lo sfollamento

15°              L’Ospedale Militare

16°              Il bombardamento dell’Ospedale Militare

 

 

Le forze in Campo

 

1943

 

Al momento della costituzione della R.S.I. in Garfagnana c’erano soltanto le caserme dei carabinieri che, quasi tutti, rimasero ai loro posti. Con la costituzione della G.N.R. (Decr. 8.12.43-XXII n. 913 (Costituzione) e Decr.Legisl. 18.12.43-XXII n.921 (Ordinamento e funzionamento), anche i carabinieri entrarono a farne parte e ancora, in Garfagnana, quasi tutti rimasero ai loro posti.

 Presidi tedeschi in Garfagnana non risulta ce ne fossero, se si eccettuano i militari che sorvegliavano i lavori dell’Organizzazione TODT spesso gestiti da imprese italiane. Operazioni di polizia venivano però svolte dai tedeschi che erano stanziati a Lucca. Tali operazioni erano volte, soprattutto, a scoraggiare il fenomeno della renitenza e, soprattutto, le attività di sostegno ai prigionieri di guerra inglesi e americani che erano fuggiti dal Campo di concentramento di Fossoli (MO) e di Fontanellato (PG49) e che si erano rifugiati sui monti. Il 19 dicembre, ad esempio, fu arrestato il prete di Tiglio, Don Sabatini, e il  23 Don Sessi di Sillico, entrambi con l’accusa di aiutare i prigionieri di guerra fuggiti. Don Fausto Cecchini di Capricchia sfuggì all’arresto nascondendosi e, dopo un po’, anche gli altri due vennero rilasciati.

 

1944

 

Fin dai primi mesi dell’anno alle caserme dei carabinieri (che avevano mantenuto le loro divise) si aggiunsero piccoli presidi di G.N.R. costituiti da volontari spesso del luogo. Questi vestivano in grigioverde. Oltre a ciò cominciarono a farsi frequenti gli interventi di reparti tedeschi e di reparti della Flottiglia MAS che risalivano da La Spezia (Maggio 1944).Dopo il 4 giugno, caduta di Roma, i lavori di fortificazione sulla linea Gotica si fecero, anche in Garfagnana, più intensi e i tedeschi, dopo le prime azioni di sabotaggio partigiane, cominciarono a presidiare varie località della Garfagnana e ad effettuare frequenti azioni offensive contro i partigiani. Alcuni esempi: Il 1° giugno un reparto tedesco subisce un attacco mentre si stava recando verso Fabbriche di Vallico, un piccolo paese dal quale si raggiunge un passo che mette in comunicazione con la  Versilia e che, evidentemente, i tedeschi si preoccupavano di presidiare. Il 10 giugno fu effettuano un rastrellamento  a Mezzana in comune di Careggine. Il 20 i partigiani tendono un agguato presso Poggio a una camionetta della TODT e i tedeschi, che erano a Castelnuovo,  attuano un fulmineo rastrellamento che non finisce in tragedia per l’intervento del  Commissario Prefettizio Micotti di Camporgiano che convince i tedeschi dell’estraneità di quelle persone. Il 23 giugno un reparto delle SS sventava un tentativo di sabotaggio al ponte di Petrognano uccidendo un partigiano e ferendone un altro. Il 28 i tedeschi sferrano un attacco in forze contro i partigiani di Foce di Careggine che resistono un po’ poi si disperdono. Nello stesso periodo e fino all’autunno, infine, in una selva di castagni presso,  Camporgiano funzionò un grosso autoparco dove si riparavano e si tenevano in efficienza  mezzi di trasporto di ogni tipo. Nel luglio la presenza tedesca si fece ancor più massiccia. Esistevano presidi a Varliano, a Minucciano, Gambarotta, Col di Favilla, Careggine, Camporgiano, Poggio, Filicaia,Castiglione... E dure azioni repressive furono condotte, il 13 luglio, contro i partigiani del “Valanga”. Intanto il 18 agosto il Generale Frido Von Senger und Etterling pone il Comando del XIV Corpo d’Armata (al quale,evidentemente, appartenevano tutte le truppe tedesche di cui abbiamo parlato fin qui) a Villa Collemandina in Garfagnana. Egli controllava tutto il settore fra gli Appennini e il mare. Dalla fine di giugno, inoltre, è attiva ed operante la 36° Brigata Nera “Mussolini”, costituitasi, prima in assoluto, sotto l’impulso di Pavolini, avendo per comandante Idreno Utimperghe. Essa, in settembre, si ritirerà in Garfagnana, prima di trasferirsi a Nord.                                                                                    Il 4 settembre gli americani sono a Lucca e i tedeschi si ritirano piano piano, per assestarsi sulla linea Gotica che dividerà a metà la Garfagnana. Essi hanno bisogno di bonificare il terreno alle loro spalle per cui, dopo una riunione a Barga presieduta dal Generale Kesserling, cui parteciparono anche Senger e Crisalli, in cui, presumibilmente, si studiarono le necessarie strategie, il 15 settembre fu operato un grande rastrellamento in tutta la Garfagnana che portò alla cattura di 170 uomini. Finalmente il 28 settembre si delinea la linea di resistenza: Il II° Btg del 25° Rgt della 42° Divisione Jager si ritira a Castelnuovo lasciando un reparto a Fosciandora a difesa della sponda sinistra del Serchio,  il Btg si dispiega dall’Alta Versilia alle Panie e giù fino a Vergemoli, mentre reparti  della 40° Divisione si schierano da Vergemoli fin a cavallo del fiume Serchio. Il fronte è predisposto e si attendono gli alleati che stanno risalendo la valle con esasperante prudenza. E Von Senger il 29 lascia Villa Collemandina e trasferisce il comando ad Albinea in provincia di Modena.                                       In ottobre il fronte si stabilizza nei luoghi detti senza che accadano fatti di rilievo. Le truppe che  fronteggiano i tedeschi appartengono al F.E.B., Corpo di spedizione brasiliano. Intanto le divisioni della R.S.I. addestrate in Germania hanno fatto ritorno in Italia e si decide di mandare alcuni reparti a dare il cambio ai tedeschi della 42° Divisione sul fronte della Garfagnana.

 A fine ottobre le truppe italiane della R.S.I. arrivano. Sono:

Della DIVISIONE ALPINA “MONTEROSA”:

Il Comando di Divisione, il Comando del 1° Rgt, il Btg INTRA, il  Btg BRESCIA con, 

aggregata, la 1° Cmp del Btg AOSTA, il Comando Rgt Artiglieria con i gruppi Mantova e 

Bergamo, il Gruppo Esploratori “Cadelo”, il Btg Pionieri, il Btg Collegamenti, 

l’intendenza, la Sanità, la Cmp controcarro divisionale. (1)

Della Divisione di Marina “SAN MARCO:

Il 2° Btg (Battaglione Uccelli) del 6° Rgt.

  Queste forze, fra il 26 e il 28 ottobre prendono posizione sul fronte:

Sulla sinistra del Serchio si attesta, dal fiume fin oltre Treppignana, la 1° Cmp del Btg 

AOSTA, che è in contatto, sulla sua sinistra, con due Btg tedeschi del 235° Rgt (poi 

sostituiti da due Btg del 285° Rgt), che controllano la linea fin sugli Appennini, avendo, 

ancora alla loro sinistra, la 232° Divisione tedesca che arriva fino a Sestola.

Sulla destra del Serchio sono tutti italiani:

Dal fiume fino a Campo regge il fronte il Btg BRESCIA, che ha il comando a Palleroso

da Campo a Grottorotondo e alle Rocchette c’è il Btg. Uccelli della SAN MARCO, e da qui al Monte 

Altissimo, sulle Apuane, c’è il Btg.INTRA che, alla sua destra, ha la 148° Divisione 

tedesca che regge il fronte fino al mare.

 Nel mese di novembre, poi, il fronte verrà rinforzato con l’inserimento, fra il 2° Btg. 

della SAN MARCO e il Btg. INTRA, il Gruppo Esploratori “CADELO” che, impiegato 

per respingere un attacco americano, dalla metà di novembre rimarrà sul fronte fino 

all’arrivo della Divisione ITALIA. Quest’ultima invierà alcuni reparti già il 19 dicembre 

(pare che alla Wintergewitter, la famosa battaglia di Natale, abbiano partecipato anche 

piccoli reparti della Divisione ITALIA).

 

1945

 

Ed ora arrivano  in forze anche i Bersaglieri della Divisione ITALIA. Il 31 gennaio arriva 

il III° Btg del Cap. Bruniati e da il cambio al “Cadelo” fra Sassi. Eglio e la Pania Secca.

 Il 1° febbraio giungono:

Il 2° Btg del 1° Rgt (Cmp dalla 6° alla 10°) del Cap.Lucchesi Palli che da il cambio al 285° 

tedesco da Treppignana in su, verso l’Appennino. (2)

Il 1° Btg (Cmp dalla 1° alla 5°) che da il cambio al Btg. BRESCIA.

Il comando di Reggimento col Col. Zelli che sostituisce il Col. Pasquali a Torrite.

Il Btg Pionieri, il Btg Collegamenti, la Cmp divisionale contro-carro e i servizi.

 E il 15 febbraio giungono ancora:

Il 2° Gruppo artiglieria ippotrainato che da il cambio al Gruppo MANTOVA  della 

MONTEROSA.

Il 1° Btg del 2° Rgt, del Cap. Ferrario, che ha per motto “Non ho tradito”.

Il 2° Btg  del 2° Rgt, che indossa la camicia nera ed ha per motto “Non mai secondo 

per virtù e valore”.

E così, a fine febbraio, se ne va anche il Btg. “Uccelli” della SAN MARCO.

 E fino alla fine non ci saranno altri avvicendamenti.

 

NOTE:

(1)   Avrebbe dovuto esserci anche il Btg VESTONE che, però, si era dissolto al rientro 

dalla Germania.

(2)   Tuttavia anche in seguito ci saranno i tedeschi del 266° Btg.

 

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1° EPISODIO

                                                                                                                                                           

                   EROI  DIMENTICATI :  MARCO JANNI

 

  Erano gli ultimi giorni di guerra , i tiepidi giorni primaverili dell’aprile 1945, 

e per le valli della Garfagnana echeggiava una canzone. Era la canzone dei bersaglieri, 

che evocava luoghi, episodi e camerati caduti di quella durissima guerra.

 Si intitolava “Castelletto”, a ricordo di un famoso avamposto che, insieme a Ca’ di Matteo,

 rappresentava, in quei giorni, il punto più avanzato dello schieramento della Divisione 

“Italia” della R.S.I.

 Castelletto e Ca’ di Matteo ( detta anche Ca’ de Mattei) erano posti lungo il costone che 

dal crinale di Monte Perpoli degrada verso Gallicano e il fondo valle, ed erano molto 

esposti, non avendo ripari di montagne o colline fra loro e il nemico. Qui era facile 

morire e, infatti, qui molti morirono.

  E la canzone parlava anche di loro.

  Una strofa diceva:

 

                  Marco Janni, Marco Janni

                  Volontario prode e fiero,

                  Immolasti la tua vita

                  Per la Patria e per l’onor

                  Dei bersaglier

 

 Chi era Marco Janni, per meritare una citazione così onorevole nella canzone dei 

bersaglieri ?

 Era, anzitutto, un giovanissimo volontario, che aveva lasciato la casa e la famiglia 

per correre in aiuto di quella Patria che sentiva minacciata da eserciti stranieri.

 Era nato al Alassio, in provincia di Savona, il 16 giugno 1926. Suo padre l’architetto 

Marco, era uno stimato professionista ed egli , unico figlio, era uno studente di liceo 

poco più che adolescente quando, animato da un forte spirito patriottico, si arruolò 

volontario nell’esercito della R.S.I.

  Probabilmente si era arruolato in un reparto di “Fiamme bianche” , i giovanissimi 

volontari delle classi 1926,1927,1928 e quasi certamente non sarebbe stato inviato 

in prima linea. Ma egli non voleva combattere contro altri italiani per cui, temendo 

di essere impiegato in azioni anti-partigiane, chiese insistentemente di essere inviato 

al fronte. Lo ottenne e venne trasferito alla Divisione “ITALIA”.

  Liberato Iannantuoni, un sergente suo amico, che era con lui al momento della sua morte,

 dice che Janni gli confidò : ” Io mi sono arruolato volontario per combattere il nemico 

che calpesta il nostro suolo, non per fare la guerra fratricida. Non odio i partigiani,

 né voglio imporre loro la mia idea. Essi sono italiani come noi e se non fossero stati 

traviati dai rinnegati e traditori, sarebbero qui con noi a combattere per la salvezza 

di questa nostra infelice e martoriata patria”.

  Il suo comportamento in combattimento fu tale che lo impose subito all’attenzione dei 

suoi camerati. Era un buon ragazzo, affabile e gentile, amico di tutti e da tutti ammirato 

per il suo coraggio. Le azioni più rischiose lo vedevano volontario. Generoso fino al 

sacrificio, si offriva spesso di sostituire i commilitoni che dovevano affrontare compiti 

pericolosi.

  Iannantuoni lo descrive così: “Studente, di squisiti sentimenti umanitari e patriottici,

 cattolico convinto, volenteroso, d’una bontà ammirevole e coraggioso fino alla 

temerarietà.” (1)

  E infatti, non pago di essere sul fronte di guerra, chiese e ottenne di essere 

costantemente utilizzato negli avamposti, ove il contatto col nemico era più diretto.

 Profondamente consapevole del suo compito di soldato d’Italia, era orgoglioso di 

essere un combattente e, col suo animo entusiasta, scriveva ingenue poesie da adolescente 

con titoli come IL MARINAIO, LA BAIONETTA, SALVA L’ITALIA…., nelle quali esprimeva 

tutto il suo amor di Patria e il suo dolore per quella che, poi, avremmo chiamato

 “la morte della Patria”:

                                                                                                                                                                                                                                  ………………….                                                                                            Ha udito il fievole lamento

                        Della Patria che in sé molto soffriva

                        E’ corso veloce come il vento

                        Pensando ch’Ella muore.

                                                                                                                                          ……………………

   Il primo giorno d’aprile era Pasqua e Marco Janni , come sempre, si trovava in un 

avamposto molto avanzato, Ca’ di Matteo, con il compito di sorvegliare le mosse del 

nemico e con l’ordine di difendere la postazione ad ogni costo.

  Quel giorno di Pasqua trascorse serenamente malgrado il continuo cannoneggiamento 

degli americani contro la postazione di Ca’ di Matteo, particolarmente esposta. 

I soldati ebbero un buon rancio, sigarette e viveri di conforto. Dice Iannantuoni che 

avevano ricevuto recenti notizie da casa e, questo, contribuiva a rasserenarli. (2)

  Ma il giorno dopo, due aprile, il lunedì in albis, il fuoco americano si intensificò:

 fitto cannoneggiamento e scariche di mitragliatici pesanti martellavano le nostre 

postazioni e i nostri bersaglieri si riparavano alla meglio dentro le trincee che, 

a Ca’ di Matteo, erano state scavate in una vigna.

  Ed è sempre Iannantuoni che racconta quei momenti e dice che, a un certo punto, 

Janni gli fece promettere che, se gli fosse capitato di morire, lui, il più caro amico, 

avrebbe subito avvertito i suoi genitori e lo avrebbe ricordato nelle sue preghiere. 

  Iannantuoni promise ma lo invitò con asprezza a non avere certi pensieri. E aggiunse 

che, in fondo, la mala sorte avrebbe potuto capitare a lui. Al che Janni insorse dicendo:

“ Non sia mai ! Il Signore non lo permetterà. Tu hai moglie e figli !”.

 E, subito dopo il rancio di mezzogiorno, fu lui che si assunse il compito di vigilare 

sulle mosse del nemico, forse accollandosi il compito del camerata Iannantuoni che,

 ritiratosi “nel cantuccio più remoto della trincea”, scriveva una lettera.

 Verso le due del pomeriggio l’infernale pioggia di granate continuava senza sosta,

 mentre Marco Janni, ligio al dovere e ardimentoso come sempre, sorvegliava attentamente 

le mosse del nemico dalla posizione più esposta, rintuzzando efficacemente col suo 

fucile mitragliatore i tentativi di attacco.

  Fu quella l’ora segnata dal destino. Una granata, sibilando sinistramente, si schiantò 

sulla trincea, proprio nel punto dove si trovava Marco Janni, “riducendolo un ammasso 

informe di carni fumanti”.

  La notizia della sua morte si diffuse rapidamente e impressionò profondamente. 

Iannantuoni parlò della conversazione avuta al mattino col giovane e parve che si 

fosse trattato di una premonizione.

  Era conclusa la sua avventura terrena, ma stava nascendo la sua leggenda. Di lui 

si parlava come di un giovane eroe, e si raccontavano le sue gesta e il suo coraggio.

  Di lui si parlò nelle canzoni e ci fu l’immediato conferimento sul campo della 

Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria con questa motivazione:

 

                   REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

          MINISTERO DELLA GUERRA – COMANDO DELLE FF.AA.-

                      DIVISIONE “ITALIA”

 

                    M O T I V A Z I O N E

DELLA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE CONCESSA SUL CAMPO ALLA MEMORIA AL BERSAGLIERE 

MARCO JANNI.

 

Volontario di guerra, giovanissimo, dopo ripetute domande ottenne di essere inviato in 

prima linea per la difesa del patrio suolo. Intrepido, temerario, cosciente, trascinatore 

con l’esempio, già distintosi in precedenti azioni di guerra, sempre primo a correre dove 

la battaglia si svolgeva più cruenta. 

Ferito da schegge di mortaio, rifiutava recisamente di abbandonare la postazione. 

Rimasto a difendere un’importante posizione durante un violento attacco nemico, con 

perizia pari ad indomito valore, conteneva l’avversario superiore di numero e di mezzi,

 seminando strage nelle file nemiche col fuoco ben diretto della propria arma. 

Colpito mortalmente da granata nemica che stroncava la sua ardente giovinezza, spirava 

col grido d’Italia sul labbro.

 Esempio luminoso e fulgido di alte virtù militari, indomito coraggio, sublime amor di Patria.

 

Valle del Serchio – Ca’ de Mattei 2 aprile 1945

                                                 Per IL MARESCIALLO D’ITALIA

                                                          R.Graziani

                                               Firmato IL GENERALE DELLA DIVISIONE

                                                           M.Carloni

 

  Sulla Medaglia d’ Oro,  fra due fronde di alloro, compare la scritta:

                  BERSAGLIERE MARCO JANNI – VALLE DEL SERCHIO 2.4.45

 

   Erano gli ultimi giorni di guerra, ma, evidentemente, il Generale Carloni non volle 

che il sacrificio del giovane bersagliere rimanesse senza un adeguato riconoscimento.

 E la medaglia d’oro con la motivazione del conferimento fu consegnata in tempi brevissimi 

ai genitori dell’eroe.

    Attualmente medaglia e motivazione sono gelosamente custoditi dalla Signora Raffaella 

Marco, cugina in secondo grado di Janni.

   I suoi resti furono tumulati nel piccolo cimitero di Montatissimo, ma non trovarono 

qui il riposo definitivo.

   A fine guerra, infatti, tutti i caduti del fronte della Garfagnana furono raccolti 

nel cimitero di guerra di Pontardeto e anche i resti di Marco Janni furono portati in 

quel cimitero. Sulla sua tomba, davanti alla austera croce di legno, fu posta una lapide 

che diceva:

 

                 AL DISOPRA DEGLI ODI E DELLE VENDETTE

                    STRAZIANTI IL CORPO DELLA PATRIA

                               MARCO JANNI

                              MEDAGLIA D'ORO

                  FIAMMA ARDENTE D'AMORE E GIOVINEZZA

                 SI SPENSE SULL'ARA DELLA PATRIA IN ARMI

                  IL SUO PIUMETTO RIMANE SUL BALUARDO

                  DELL'ULTIMA BATTAGLIA E DICE AI VIVI

                        LA PATRIA NON MUORE MAI

                 Alassio (Genova) 1926 - Val di Serchio 1945

 

 

E quella tomba fu meta di pellegrinaggi non solo di ex commilitoni, ma anche di gente 

del luogo. Anche Don Palmiro Pinagli, autore di quell’interessante diario dei giorni 

di guerra, la visitò e ne rimase profondamente colpito, tanto che, a conclusione del 

suo diario, ritenne di trascrivere integralmente questa bella epigrafe.

 Ma la storia di Marco Janni non era ancora conclusa. Nel 1965, infatti, tutte le salme 

del cimitero di Pontardeto furono traslate al Cimitero Lupi di Livorno, in una apposita 

sezione. E nell’elenco delle salme traslate figura anche il nome di  Marco Janni.                                                                                                                                                             

 Se non che, dopo quasi venti anni, nel 1994, alcuni operai che rimuovevano della terra 

nel luogo che ospitò il cimitero di Pontardeto, rinvennero delle ossa umane insieme 

ai frammenti della lapide di marmo di Marco Janni.

  Il sindaco di Pieve Fosciana, uomo di destra sensibile e scrupoloso, ordinò che i 

resti, presumibilmente una parte del corpo del bersagliere Marco Janni, venissero tumulati 

nel cimitero di Pieve Fosciana, il che accadde il 13.11.1994 con una solenne cerimonia 

cui parteciparono anche ex combattenti della R.S.I.

  Sulla tomba il sindaco Tognarelli fece apporre, sfidando l’incredibile indignazione 

dell’Istituto storico della resistenza,  la seguente lapide:

                               QUI RIPOSANO

                        I RESTI MORTALI DEL SOLDATO

                            presunto MARCO JANNI

                          N.16.6.1926  M. 2.4.1945

                            M.O.V.M. BERSAGLIERE

                              DIVISIONE ITALIA

                            RIESUMATO DAL CIMITERO

                           DI GUERRA DI PONTARDETO

 

                         IL RICORDO DI TUTTI I CADUTI

                            CI STIMOLI OGNI GIORNO

                            A LAVORARE PER LA PACE

 

13-11-1994                          

L'Amm.Comunale

 

 E così il giovanissimo bersagliere Marco Janni ha ora due tombe che lo ricordano e 

riposa, presumibilmente, per metà a Livorno e per metà a Pieve Fosciana, nel bel mezzo 

della Garfagnana.

 Qualcuno trova che questo sia un particolare un po’ macabro e che le vicissitudini 

di questi poveri resti siano una triste storia.

  Io trovo, invece, che questa sia una bella e degna conclusione della leggenda di Marco 

Janni. Egli, che aveva avuto la premonizione della sua morte, ha voluto che una parte 

del suo corpo rimanesse a riposare in quella terra di Garfagnana che aveva visto il suo

 eroismo e aveva bevuto il sangue della sua ardente giovinezza..

  E questa terra di  Garfagnana ne sarà orgogliosa e gelosa custode.

 

   NOTE:

 

(1)     Tutte le citazioni fra virgolette sono tratte dal libro di Liberato Iannantuoni 

CAMPI SPINATI – Dal fronte della Garfagnana ai reticolati in quel di Pisa – 

Edito in Belgio .

(2)     Vedi nella sezione DOCUMENTI la lettera che Janni scrisse al padre proprio il

 giorno di Pasqua, cioè il giorno prima della sua morte.

(3)     Questo articolo è stato pubblicato, con qualche taglio, su ACTA, il bollettino 

dell’Istituto Storico della R.S.I. nel numero 2 del Maggio-Luglio 2000.

 

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2° EPISODIO

 

        LA MORTE DEL TENENTE FRENGUELLI

Primi contatti coi brasiliani

 Le truppe italiane avevano appena preso posizione sul fronte (fra il 26 e il 28 ottobre). 

Ed ecco che subito il giorno 28 una pattuglia brasiliana riesce a catturare due alpini 

nella zona di Treppignana (1) e i brasiliani hanno l'impressione di avere davanti soldati

senza esperienza di combattimento, nuovi dell'ambiente e alquanto disorientati. Così il 

Gen. Zenobio della 1ª Divisione chiede al Gen. Crittemberg l'autorizzazione a tentare 

un attacco. Quest'ultimo chiede  al Gen. Mascarenhas il quale, dopo molte esitazioni e 

senza entusiasmo, la concede. In realtà i brasiliani erano alla ricerca di un successo 

che tonificasse il morale delle truppe e desse soddisfazione ai comandanti.

L’attacco brasiliano

  E, all'alba del 29, scatta l'attacco. E’ il Btg. del maggiore Gross che lo conduce. 

Piove. Il 1ª plotone della 1ª Compagnia dell'Aosta, schierato dal fiume a Treppignana 

regge bene, ma alla sua sinistra il 2ª plotone, il cui comandante è morto poco prima su 

una mina, cede. Ancora più a sinistra, poi, il 3ª plotone, che è incompleto, viene 

aggirato e si arrende. La situazione si fa molto pericolosa. La profondità delle nostre 

linee, infatti, è modesta e, una volta penetrati, i brasiliani non troverebbero resistenza 

fino a Castelnuovo, che è il loro obiettivo. Sul costone ci sono i nostri mitraglieri 

rimasti senza ordini, che non sanno che fare.

Il sacrificio di Glauco Frenguelli

 Il Ten. Glauco Frenguelli si rende conto della gravità della situazione e, con estrema 

tempestività, raccoglie tutti gli uomini della squadra comando (cucinieri compresi) e 

accorre sul costone per prendere il controllo del plotone mitraglieri. Impartisce ordini 

concitati, poi, nel tentativo di trascinare con l’esempio,  afferrata una mitraglia, 

fa fuoco disperatamente contro i brasiliani che sono vicinissimi. Ma una granata lo coglie 

in pieno e muore eroicamente abbracciato alla sua arma. Sarà insignito di Medaglia d’Argento 

al Valor Militare.

Il contrattacco

 Il 1ª plotone continua a resistere, come i due Btg. del 232ª tedesco, più in alto, 

ma nella breccia aperta i brasiliani si incuneano e marciano verso Fosciandora.

 Cadono Le Lame e Pian del Rio presso Treppignana.

 Accorre il comandante del Brescia con un plotone e, balzando qua e là contiene alla 

meglio l'avanzata del nemico (rimase tre giorni senza dormire. A questo punto il 

colonnello Shirowski (che comanda tutto il settore in attesa che Carloni ne assuma il 

comando) richiama il Btg della 42ª Divisione appena sostituito e che, fortunatamente, 

si trova ancora a Castelnuovo, e l'avanzata dei brasiliani viene fermata. Nel pomeriggio, 

poi, il Gen. Carloni, il Gen. Jost e il Col. Shirowski preparano il contrattacco. 

Il Brescia e un Btg del 232ª attaccheranno alla base del saliente mentre il Btg della 

42ª appena richiamato e gli alpini della compagnia dell'Aosta attaccano frontalmente. 

Il 30 parte il contrattacco che ha pieno successo e riporta le nostre truppe sulle 

posizioni di prima. Il Gen. Clark parla di "duri colpi" assestati ai brasiliani (che 

pochi giorni dopo, come vedremo, verranno sostituiti).

 In effetti ebbero 13 morti (fra cui il Ten. Jose` Maria Pinto Duarte), 87 feriti e 

7 dispersi.(2)  Ma anche la compagnia dell'Aosta, fra morti, feriti e prigionieri perse 

una ottantina di uomini.

 

NOTE:

1)       Si trattava del S.Ten Capovilla e del maresciallo Zamolo della 13° Cmp del Btg INTRA, mandati a 

dare man forte alla 1° Cmp del Btg. AOSTA. Capovilla, poi, riuscirà a fuggire.

2)       Padre D’Amato, che si trovava nel convento di Migliano, parla anche di 16 brasiliani prigionieri.

 

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3° EPISODIO

                 Il marò e le bombe

Il mese di novembre è un mese caldo: gli attacchi si susseguono a

breve distanza l'uno dall'altro. Già il 4 i "Buffalo" tentano un

attacco che viene agevolmente respinto.

Una decina di giorni di calma, poi un altro attacco più consistente

Nella zona fra Grottorotondo e il paese                                                                                                                                                                                                                                                                                      di   Montaltissimo. Dopo una forte preparazione con artiglieria e

bombardamenti aerei, al mattino del 16 scatta l'attacco dei "Buffalo"

(il giorno prima il 370ª Rgt aveva avuto di rinforzo il III

Btg. del 371ª) contro i reparti del San Marco e del Cadelo,

attaccati anche alle spalle da partigiani in borghese. I negri hanno

il solito successo iniziale e, sopraffatti i difensori fra

Grottorotondo e Brucciano, puntano su Eglio e Sassi. Poi c'e` la

sosta notturna. E all'alba del 17 l'attacco riprende.

Ma le riserve locali riescono a contenerla. I pionieri del San Marco,

guidati dal loro comandante costringono l'avversario a retrocedere

con un assalto alla baionetta (uno dei rarissimi episodi del

genere in tutta la guerra). Anche quota 619, dove è un osservatorio

d'artiglieria del San Marco,resiste tenacemente. Oltre ai marò ci

sono due squadre del 2ª Squadrone dei bersaglieri del Cadelo

ed elementi della compagnia controcarro reggimentale. Da due giorni

sono sotto il fuoco dei cannoni e dei mortai e hanno subito forti

perdite.

 Verso sera sono allo stremo. I Buffalo sono ormai vicinissimi e le

bombe a mano sono finite. All'ultimo momento si vede un marò che

arranca per la salita balzando qua e là fra le cannonate. Ha un

sacco in spalla. Arriva in postazione esausto e apre il sacco. Sono

bombe a mano O.T.O., non molto potenti ma sufficienti a far desistere

i Buffalo che stavano per tentare l'assalto decisivo. Le perdite

sono gravi (le due squadre del Cadelo sono ridotte a pochi uomini)

ma la posizione è salva.  Il marò che, con il suo tascapane di bombe a mano, consentì di respingere

l'assalto si chiamava Allegretti e, durante quell'azione, rimase gravissimamente ferito alle gambe.

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  4° EPISODIO

                 L'operazione " Wintergewitter"

 Esattamente cinque giorni dopo l'inaspettata visita al Btg INTRA

sul fronte del Maresciallo Graziani e del Generale Carloni scatterà

 l'operazione "Wintergewitter", meglio nota come "Battaglia di

Natale", diretta dal generale Fretter Pico.

  L'episodio è molto noto ed è stato narrato con precisione da

diversi autori quali il Cornia, o il Federigi, cui si rimandano

quanti volessero approfondire. Nella sostanza si trattò di un

attacco che scattò alle ore zero del 26 dicembre sviluppandosi

soprattutto nel versante della valle alla sinistra del Serchio.

I "Buffalo" si ritirarono precipitosamente verso sud abbandonando

armi, munizioni e, particolarmente apprezzati dagli attaccanti,

viveri e generi di conforto, e i soldati del nord il giorno 27,

dopo avere rioccupato Barga e Fornaci, si spinsero fino a Calavorno

senza più incontrare resistenza. Il giorno 28 si ritirarono più o

meno sulle posizioni precedenti, salvo minimi aggiustamenti, che

erano quelle che meglio si prestavano alla difesa. Dalle

testimonianze di persone dei luoghi emergono alcuni episodi

abbastanza singolari, che vale la pena di raccontare. Don Turriani,

parroco di Eglio, racconta che il giorno di Natale alle ore 13 i

militari che erano in loco annunciarono che stava per avere inizio

un'offensiva e che i civili (quelli rimasti erano a disposizione

per trasporto di merci e feriti) dovevano tenersi pronti.

 Anche Mons.Lombardi di Barga racconta che alle ore 7 del 25 seppe da qualcuno (non

dice da chi) che i "nordisti" stavano per scatenare una offensiva. In giornata un

ufficiale americano di origine italiana, tale Sabatino, va da Monsignore a chiedere

notizie, ma il prete dice di non sapere nulla. Più tardi altri negri chiedono del

prete ma non lo trovano. Quindi non riescono a sapere nulla ma il sospetto che

c'era in aria qualcosa dovevano pur averlo. Malgrado ciò non sembra che avessero

predisposto delle difese più consistenti, salvo il fatto che avevano da tempo

minato il ponte superstite di Barga detto di Macchiaia (che, però,

dice Mons. Lombardi, "si dimenticarono di far saltare").

Evidentemente c'era preoccupazione ma l'intenzione era di non

resistere più di tanto (pare che anche in Versilia i "Buffalo"

fossero pronti a ritirarsi in caso di necessità).

 In effetti l'unica resistenza di un qualche rilievo fu a

Sommocolonia, dove combatterono a fianco degli americani anche

partigiani italiani. Sommocolonia, dopo essere stata massicciamente

cannoneggiata, fu il primo obiettivo dell'attacco e fu il primo

paese ad essere conquistato dopo un sanguinoso combattimento (molti

morti rimasero insepolti per alcuni giorni). Nelle prime ore del

26 il Ten. Pier Donato Sommati dei partigiani di Pippo non riesce a

convincere gli americani di Barga increduli che i tedeschi sono a

Sommocolonia. Il Sommati verrà ferito a morte in quella battaglia.

Poi gli americani si rendono conto e cominciano a cannoneggiare a

loro volta Sommocolonia. Vi morirà, ucciso da un tiratore scelto

tedesco, il Ten. Fox, osservatore avanzato del 598° Btg. Art. della

92° Div. “Buffalo”, che stava sul campanile del paese e che, prima

di essere colpito, fece dirigere il fuoco delle artiglierie

americane sul paese di Sommocolonia dove lui stesso si trovava, ma

che stava, ormai, per cadere nelle mani degli attaccanti, già

abbondantemente infiltrati fra le case. Nel 1997 il Presidente

U.S.A., Clinton, conferirà alla memoria del Ten. Fox la “Medal of

Honour”, la più alta onorificenza dell’esercito americano. Ora è

Barga sotto il tiro dei cannoni tedeschi. Ma verso sera gli

americani se ne vanno abbandonando tutto. E alle 7,30 del 27 Mons

Lombardi vede i primi tedeschi : "tranquilli, coi fucili in spalla,

sembravano pacifici cacciatori". E trovano anche il tempo di

salvare una donna.

 E’ sempre Mons Lombardi che racconta di una signora, tale Teresa Rocchiccioli,

gravemente ammalata, che sta per morire. Qualcuno si rivolge ai tedeschi per

chiedere aiuto e i tedeschi fanno pervenire dei farmaci adatti che

la salvano.

 Un altro episodio singolare e, francamente, poco comprensibile è

quello narrato dall’ex Sergente americano William Wyett, dello

stesso Btg del Ten Fox e suo amico:

“..la sera prima dell’attacco, insieme a Gill, incontrammo una

pattuglia tedesca in compagnia di un’anziana signora che abitava

nella casa da noi occupata e che stava recandosi presso l’abitazione

dei suoi parenti. Questi individui erano carichi di munizioni ed

erano armati di mitra. Io avevo la pistola calibro 45 e Gill la

carabina. Inizialmente credevamo che fossero italiani, ma ci

accorgemmo che l’uso della lingua italiana era peggiore del nostro.

Capimmo che volevano delle sigarette. Demmo loro tutte le sigarette

che avevamo; ci ringraziarono profusamente e inchinandosi e sorridendo

continuarono per la loro strada passando vicino alla casa dove

alcuni dei nostri soldati stavano giocando a carte. Il mattino

seguente, all’inizio dell’attacco, i loro cannoni e mortai conoscevano

già la nostra posizione.”

 Intanto anche le truppe italiane hanno disceso la valle incontrando

qualche resistenza nella zona di Vergemoli, che, sul momento, viene

aggirato  e, come già detto, occupano tutti i centri della valle

fino a Calavorno, vicinissimo a Bagni di Lucca. Pare che gli americani

fossero pronti a ritirarsi fino a Lucca e pare che considerassero

problematica anche la difesa di questa città, ma gli italo-tedeschi

non avevano i mezzi (e non era nelle loro intenzioni) per proseguire

più a lungo. Così il 28 inizia il lento  ripiegamento,  che avviene

soprattutto di notte per evitare gli attacchi aerei divenuti martellanti. A Barga

alle  ore 15 si sa che i tedeschi si ritirano. Nella notte arriva la

prima pattuglia di indiani, chiamati a dar man forte ai "Buffalo".

L'offensiva è finita e, nei giorni seguenti, gli americani si

riavvicineranno cautamente alle posizioni che avevano lasciato.

In quei giorni, e anche nei giorni seguenti, l'aviazione americana

attaccherà forsennatamente tutti i paesi della valle provocando

gravi distruzioni. Il giorno 30 verrà colpito e distrutto anche

l'Ospedale Militare di Camporgiano. Vi moriranno diversi militari

ricoverati.

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 5°  EPISODIO

      L’uccisione del S.Ten. Paolo Carlo Broggi

 Il giorno 4 novembre 1944 a Foce di Careggine viene ucciso il 

S.Ten. Paolo Carlo Broggi della 13ª Cpg del Btg. INTRA della 

Divisione Alpina MONTEROSA.

 Era stato catturato il 30 ottobre mentre, con una piccola 

pattuglia, risaliva da Isola Santa verso Careggine all’inseguimento

di un gruppo di partigiani che avevano depredato un convoglio di 

viveri destinato al Btg. INTRA e catturato alcuni alpini.

 In quell’occasione l’alpino Rigoni Bruno venne ucciso, il Ten Broggi rimase ferito 

a un piede e altri due alpini rimasero pure feriti abbastanza gravemente ( essi  

furono abbandonati per via senza cure. Li salvò Don Marini, parroco di Colli di 

Capricchia, che li curò e, avvertendo il comando, fece sì che fossero trasportati in 

ospedale). Il S.Ten. Broggi fu tenuto prigioniero in un porcile con altre 13 persone.

Egli mantenneper tutto il tempo della prigionia un comportamento fiero e dignitoso,

ed esortò i suoi compagni di prigionia ad accettare con coraggio e con dignità la

sorte che li attendeva (in effetti vennero uccisi tutti. 

 Dai partigiani il S.Ten Broggi fu ripetutamente invitato a venir meno al suo 

giuramento di fedeltà alla R.S.I. in cambio della vita. Egli, che fu alfiere della

Divisione in Germania, durante la cerimonia del giuramento, presente Mussolini, 

rispose: " L'Italia può fare a meno di me, non del mio onore". E morì gridando "Viva 

l'Italia". Fu insignito di Medaglia d'Argento alla memoria.

NUOVE NOTIZIE : Il recente reperimento di nuovi documenti porta nuove informazioni sul fatto qui descritto. Si tratta di due lettere - o, forse, due parti della stessa lettera - scritte dalla madre del Ten. Broggi, Rosa Broggi. Essa, che amava appassionatamente questo figlio, e ne condivideva l'ardente amor di Patria, fu sconvolta dalla sua morte. Venne in Garfagnana mentre infuriava la guerra e, incurante del pericolo che lei stessa stava correndo, andò in mezzo ai partigiani per avere notizie sulla sorte del figlio (riuscì a recuperare la salma) e per smentire con appassionata energia le accuse con le quali si cercava di giustificare l'uccisione del figlio stesso. E anche dopo la fine della guerra continuò questa sua crociata, cercando di parlare con i partigiani che le avevano ucciso il figlio e chiedendo a loro stessi di aiutarla a smentire quelle accuse (di rastrellamenti e sevizie certamente mai accaduti: il 30 ottobre, quando Broggi fu catturato, era in Garfagnana da solo due giorni). Questi documenti sono di grande interesse perchè riportano il contenuto di suoi colloqui con partigiani della zona e, soprattutto, con un alpino che era con Broggi e che fu catturato con lui. La pattuglia comandata dal Ten Broggi al momento dell'aggressione era composta dal Ten. Broggi, dall'alpino Bruno Rigoni, dall'alpino Delio Fabbri e da un altro alpino di cui non è noto il nome. I documenti si trovano nella sezione DOCUMENTI AL N. 8

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