Introduzione: questa e' una mail inviata da Tonino verso L'anno 1999/2000 mi colpisce perche' anch'io soffro di vertigini e lui racconta in modo esaudiente e divertente, le senzazioni e limbarazzo che si provano. Aggiungeri soltanto, lo stress che provocano quelle situazioni, lasciando gambe "anchilosite" e stomaco "rattrappito" per almeno un paio di giorni.

 

 

Congratulazioni per la macchina. Era ora, dopo aver tanto aspettato.

Io sul tetto di dieci metri ieri mi ci sono quasi ammazzato.

E’ stata un’esperienza interessante. Dopo aver comprato lo scalone da pompiere mi sono

finalmente deciso a cercare di riparare quel buchetto che deve essere nascosto

lassu’ da qualche parte. Due o tre viaggi da Lowes e sembra che avessi tutti

gli attrezzini che potessero servire. Mi arranco su per la scala - io che

soffro di vertigini - e arrivo su. Appena arrivato, mi rendo conto che quello

scivolo e’ piu’ ripido di quanto sembri da sotto, e capisco subito che su quel

tetto non ci si va, perche’ una volta su non ci sarebbe verso di restarci. Do

queste notizie a Dora, che regge la scala sotto, e lei accoppia le mani a mo’

di megafono e mi fa: ma come non ci si va, si che si va, scendi giu’ che ci

vado io. Eh no, allora mi ci arrampico io, le grido. Mi rigiro verso il tetto,

salgo altri due pioli, provo a mettere un piede su, che comincia subito a

scivolare, e allora faccio un salto e mi attacco al camino. Mi rendo

immediatamente conto che l’ idea non era buona, perche’ anche cosi’ non mi

reggo. Con vari saltarelli mi arranco su, tirando con le unghie, una mano, e

poi col braccio, le gambe consapevolmente inutili. In un secondo (un’

eternita’) mi ritrovo incastrato dietro al camino, spalle sul tetto e piedi

puntellati sul camino. Dora di sotto mi vuole subito giu’, perche’ adesso e’

d’ accordo con me che su quel tetto non ci si va. Io vedo le cose un po’

meglio da lassu’. Infatti vedo chiaramente che non c’e’ maniera di tornare

indietro. Se mi sposto da dietro al camino scivolo e mi ammazzo. La scala e’

un metro e mezzo piu’ giu’ (una distanza infinita). Mi arrendo all’ idea che

ci passero’ un po’ di tempo in quella posizione, e allora mando Dora a

prendere una scopa, almeno pulisco le foglie da dietro al camino e mi faccio

un domicilio un po’ piu’ comodo. Poi non volevo far vedere che ero impaurito,

allora ho pensato bene di mostrare che ero li’ per qualche ragione precisa e

utile. Ogni tanto mandavo Dora a prendermi qualcosa: un pennello, un panino,

del bitume, carta igienica, ecc., e poi le davo il resoconto della situazione

da lassu’. Lei che si raccomandava di non spostarmi da dietro il camino. Io

che le dicevo “ma dove vuoi che vada?”. Nel frattempo cominciava a fare buio e

mi ero messo li’ rassegnato a guardare le stelle. Cercavo di immaginarmi come

finalmente sarei riuscito a scendere senza sfrittellarmi sul selciato, e la

visione dei pompieri che venivano a portarmi giu’ sulle spalle, come un

gattino, diventava sempre piu’ realistica, ma in qualche maniera

inaccettabile. Bisogna prendere una decisione, prima che non ci si vede piu’.

Confabuliamo un po’ su dove mettere la scala perche’ io la possa raggiungere

con piu’ sicurezza. Di scale adesso ce ne sono tre, di vari tipi, ma non

quella che chiaramente mi salva la vita. Ci parliamo un po’ tesi, tra i denti,

senza aprire la bocca, per decidere dove metterla, la scala. Io voglio

scendere come sono salito: la scala e’ un po’ lontana ma in direzione di

caduta. Dora insiste che deve stare piu’ vicina, attaccata al camino, cosi’ mi

ci attacco quando scivolo, ma poi mi tocca fare il giro intorno alla scala per

salirci. Alla fine scelgo di avere tutte e due le scale. Dora ne regge una e

Corey l’ altra. Io mi giro e vado giu’, reggendomi di nuovo con un braccio,

 

poi una mano, infine solo le unghie sull’ angolo del camino. Con l’ altra mano

finalmente raggiungo la scala piu’ vicina, quella di Dora, e mi sento

abbastanza sicuro, eppur si muove. Dico a Corey di lasciare l’ altra scala e

aiutare Dora a reggere questa. Piano piano, riesco a girare intorno alla scala

e a metterci un piede sopra. Ale’, e che ci voleva?! Aveva ragione Dora, ci si

va su quel tetto. E’ finita bene, ma veramente ce la siamo vista brutta. Oggi

mi risono riarrancato a fare quelle riparazioni, ma dalla scala, senza saltare

sullo scivolo. Stanotte sembra che piovera’, e allora vedremo se ne e’ valsa

la pena. Buona notte. t

 

Ps: Marioca. il tetto era a 2 metri e mezzo dal balcone, che a sua volta era a 2 Mt. da terra. Insomma, con un saltello si poteteva scendere !