PLACENTA - 2001

rame, ottone, stagno, vetroresina - cm 54x52x22



Gilberto Zorio e Andrea Marini a cura di Bruno Corà
Villa Vogel - Firenze in collaborazione con il centro per l´Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato

È un´atmosfera di attesa, quella che si respira addentrandosi nei percorsi di questo breve itinerario, in cui le opere rimandano costantemente al concetto di tempo. Nel caso di Zorio ............
In Marini, il concetto di trasformazione ci viene costantemente suggerito dalle immagini che le sue opera evocano. Sembrano forme potenzialmente destinate a diventare altro, come fermate durante l´atto della loro evoluzione. Spostano l´attenzione dell´osservatore verso il loro possibile divenire. In "disseminazione" alcuni involucri pendenti da un albero si presentano quasi come fossero elementi organici, colti in uno stato di crescita; l´apparente contrasto tra il richiamo ad una forma vitale e l´artificialità del materiale che la compone, di fatto colmato dal desiderio di fondere due mondi possibili, reali. Con questo intento Marini crea forme virtualmente esistenti, in parallelo con la vita. È da notare come le opere dei due artisti interagiscano con il contesto che le ospita diventandone parte integrante, e lasciando una traccia significativa nella memoria di questi luoghi.

Paola Amadio
exibart - luglio 2001

Il segno di Zorio .................. Decisamente diverso il segno di Andrea Marini, artista fiorentino. I suoi materiali sono tutti elementi appartenenti al mondo dell´artificiale ma immaginati come in procinto di generare qualcos´altro di sconosciuto, qualcosa di artificialmente naturale o, meglio, di naturalmente artificiale. Appesi, come frutti o come parassiti, ad un albero del giardino di Villa Vogel vi sono degli involucri biancastri, dei bozzoli, dai quali sembra stiano per nascere o cadere, come semi, delle palle di ferro. Nelle tre stanze, oscurate, della limonaia di Villa Vogel altre mutazioni sono in corso. Su alti sottili trespoli, dentro ad inquietanti nidi di filo di ferro, aspettano uova-lampadine dalla luce flebile ed opaca mentre alla parete una semitrasparente placenta racchiude ancora strani organismi in sviluppo. Nella seconda stanza la luce violetta delle lampade di Wood illumina un´infiorescenza della cui lenta ma inesorabile crescita si sentono anche i sinistri scricchiolii. Infine una straordinaria selva fatta da nove elementi che possono anche somigliare ad alberi, ma non hanno foglie, hanno radici esterne e soprattutto non sembrano aver bisogno di nulla per vivere, né di terra, né d'acqua, né d'aria. Con un po' di attenzione si scopre che la loro disposizione segue un criterio non casuale che è forse la loro vera energia: a seconda di come ci muoviamo vediamo che il primo apparente disordine si trasforma in ordine perfetto e via avanti così di continuo. L'impressione che ci danno i lavori di Marini è quella dell'inconsapevolezza, e della superficialità, con le quali abbiamo generato le condizioni favorevoli a trasformazioni che è troppo poco dire che oramai sfuggono al nostro controllo.

Gianni Caverni
Il Corriere di Firenze - luglio 2001

La trasformazione è in costante divenire come nella vita. ................. Sono da vedere queste opere di Gilberto Zorio e Andrea Marini che resteranno esposte nella Villa Vogel. La mostra racconta la ricerca di un sé difficile da trovare, come lo è nel mutamento ineluttabile della vita. La bravura di Zorio sta nell'offrire al visitatore questa idea di incompiuto, aspetto fondamentale perché nell'opera risultino giustificati alambicchi e crogioli, che insieme a mezzi tecnologici sembrano riaffermare nell'idea la trasformazione e la continuità tra passato e presente. E continuando su questo filo conduttore troviamo Andrea Marini: anche le sue immagini, le forme che propone, che scorpora e inventa sono destinate ad essere altro. Sembrano bloccate nel momento esatto della loro evoluzione. Ed esiste, fortissimo, il contrasto tra il richiamo a forme vitali e l'artificialità tragica della materia con la quale si compone un'opera che di fatto non è altro che la possibilità di fondere due mondi. Le sue forme esistenti Marini ce le offre andando di pari passo con la vita. Ed è bello vedere come due artisti così assoluti e alla ricerca della razionalità riescano a lavorare insieme, ad essere un tutt'uno paradossale col luogo dove espongono.

Titti Giuliani Foti
La Nazione Firenze - luglio 2001