Affido questa mia lettera al mare di internet, come un naufrago lo affida a una bottiglia. Anch'io, come lui, ho cercato invano il porto a cui volevo arrivare, ma le tempeste della vita mi hanno tenuto sempre lontano dall'approdo.
Spero che ti giunga, un giorno o l'altro, forse questo è il posto più affollato dove è più facile incontrarsi. Non importa se sarà domani, o dopo, il mio cuore è e sarà sempre con te.
Abbiamo cominciato insieme a percorrere la strada della vita, eri uno scoiattolino dolce, che restava volentieri nel palmo della mia mano. Io non ti stringevo troppo per paura di farti male, solo adesso capisco che avrei dovuto costruire una gabbia per tenerti con me. Avevi troppa paura, quando restavi sola.
Ci eravamo addentrati per un piano sentiero nel bosco della vita, nella calda primavera della vita, tu mi spiegavi i versi latini "nunc est bibendum", parlavamo di letteratura, di cinema, di tutto. Sono molti coloro che riescono a trovare agevolmente un radura soleggiata per fermarsi a godere lo spettacolo. Non è stato così nè per te, nè per me, soprattutto per la tua assenza. Il vento mi ha raccontato qualcosa di quello che hai passato.
Un orco terribile mi catturò e dovetti servirlo per 15 mesi, lontano da te. Se non lo avessi fatto fedelmente, avrei passato guai peggiori.
Ti mandai un disco "la canzone del sole" da Cuneo, ma anche una cosetta scema, come una penna a sfera a forma di piccozza, rivestita in camerata con del filo per formare il tuo nome, ma dubito ti siano mai arrivati. Uniche tue notizie un cartolina di Auguri per Natale firmata da tuo padre e da Fabio, e la partecipazione alla nascita di Tiziano.
Quando finalmente mi liberai delle sue pastoie ti cercai, ma avevo paura ad urlare il tuo nome dappertutto, ti avevo persa e temevo di spaventarti. Non era per caso che un giorno passai alla stazione delle autocorriere mentre tu e Fabio eravate seduti. Ero forse più spaventato di te.
Ti ricordo ancora, io indossavo una giacca di lana grigia e portavo il pizzo, la corriera era appena uscita dalla stazione e tu ti sei girata, per guardarmi. Ma non mi salutasti, e neppure io. Non sapevo cosa fare. Avevo paura a mostrare i miei sentimenti, a chiederti nuovamente il tuo amore, era considerato poco virile mostrare emozioni. Solo adesso la mia virilità è stata soddisfatta, ho superato la prova e non temo più di mostrare i sentimenti.
Poi il bosco della vita divenne più intricato, a fatica dovetti farmi strada fra rovi che mi ferirono e rami caduti che dovetti tagliare.
Ma non ti ho mai scordata, credevo solo di averti smarrita, forse per sempre, dovetti cercre un altro compagno di strada.
Ti rividi, un giorno, davanti al Commissariato del Governo, io passavo in macchina e non mi potevo fermare, forse tu stavi ritirando la patente o qualcos'altro.
Il tuo pensiero ritornava, di tanto in tanto, come l'onda sulla spiaggia, soprattutto quando mi sognavo di te.
Quando ci siamo reincontrati in occasione del concorso, non ti dissi nulla di questo. Non mi potevo presentare a te a mani vuote, dopo averti svelato le mie ambizioni giovanili e ripresi a lottare per aprirmi un varco dove il bosco era più fitto.
Fu nei miei primi approcci con Internet che cercai una tua traccia nel mondo, per scoprire che eri stata commissario d'esame a due passi da me.
Ecco perchè mi faccio vivo solo ora, adesso che so di aver raggiunto una meta, forse non economica, ma personale. Adesso so che non mi sono vigliaccamente arreso ai rovi, alle ceppaie, al freddo e al buio della notte, so di saper costruire qualcosa. Finalmente il mio animo è sereno, ti posso nuovamente guardare negli occhi, sognando di riscaldare ancora il tuo cuore di scoiattolino impaurito.
2/1/2003 L'altra notte ti ho sognata ancora. Ero in motocicletta e avevamo un appuntamento; io ero un po' preoccupato di essere in ritardo, ma tu arrivavi poco dopo in bicicletta, mi sorridevi e mi portavi con te.
Così oggi ti ho rivista, anche se ho tergiversato lungo la strada in cui abiti per incontrarti. Al solito le parole non sono uscite dal mio cuore, ma si sono fermate in gola, nel colore dei tuoi occhi.
Sai che quando ti vedo, ogni volta, ho dei dubbi sul loro colore? Oggi li ricordavo azzurri, subito dopo.
Di loro però riesco sempre a vedere quella macchiolina che segna l'iride come un'ombra.
Oggi finalmente sto bene, rilassato e felice, non canto più de Andrè sulla strada del ritorno, ma Lucio Battisti.
10/1/03
Dopo l'ultima volta, la sera facevo di tutto per reincontrarti in sogno, come faccio spesso, ma i miei tentativi erano vani.
Ma questa notte ti ho sognata.
Ero a una stazione ferroviaria e ti vedevo salire su un trento diverso dal mio, non avevo il coraggio di avvicinarmi a te. Non ti vedevo però partire e decidevo di scendere dal mio mentre era in corsa. Tu per qualche motivo eri scesa e quando vedevi il mio gesto eri sul marciapiede, in ritardo. Mi correvi incontro con le braccia tese, sorridendomi, e io allargavo le mie. Ma l'impeto era troppo forte, sbattevi contro un mio braccio e cadevi ruzzoloni, ridendo.
12/1/03
Anche stanotte ho avuto una rapida visione di te.
Sul PC mi è apparso un quadratino, ma era la tua voce in cui dicevi: - Ti ho detto tutto? Era sottinteso che parlavi di questi anni passati e mi avevi aperto il tuo animo.
Nel dormiveglia successivo mi sono ricordato a cosa assomiglia la tua pelle: al giglio martagone, che ha sui petali quelle macchioline scure come le tue lentiggini, che non son ancora andate via. E mi sono ricordato di averlo visto, con te. una volta, sull'altipiano di Celado.
Parlo spesso con una tua collega, la vedo spesso perchè mio figlio piccolo gioca a hockey, ogni volta invento qualcosa da dirle, perchè spero mi racconti qualcosa di te, sa che ti conosco, le ho chiesto una volta se insegni anche tu in quella scuola, e null'altro. Ma spero che mi dica qualcosa, la invidio profondamente perchè ti incontra tutti i giorni, lei vede ogni giorno il colore dei tuoi occhi, quel tuoi atteggiamenti naturali e inconsci che io ricordo bene, e che ogni volta riscopro e ravvivo.
16/2/03
Il sogno di stanotte era abbastanza confuso. In qualche modo tu eri alla scula dove insegnavo e io in centro città. Tu dovevi scendere verso il centro e io incontrarti a metà strada. Ma non ti vedevo ed ero in ansia. Poi il sogno si è perso.....
La mia vita è sempre stata costellata di situazioni che mi hanno fatto continuamente pensare a te. Ho fatto il militare con un tuo paesano, non puoi immaginare che rovistamento d'animo sentire tutti i giorni parlare il tuo dialetto.
Ho trascorso la Notte di Natale in scuderia, in mezzo ai muli, mentre la radio cantava: "Quella sua magliettaaaa finaaaaa". Altro sale sulle mie ferite.
Nel mio primo anno di insegnamento sono andato, con la 5a serale a passar una giornata a Venezia. Giunto dalle parti di Borgo, mi affacciavo al finestrino ad ogni stazione. Alla Barricata sei salita. Come al solito, sono rimasto immobile, gelato. Indossavi un soprabito-impermeabile marron col cappuccio. Che intonazione con i tuoi capelli biondi! Sei scesa a grigno, se ricordo bene.
Poi, quando mi sono sposato, sono andato in affitto in un appartamento di gestito da un altro tuo paesano, (che antipatico!, mi ricordavo che me ne parlavi). Dopo pochi giorni di matrimonio ho visto tua sorella e tua madre passare sotto casa, per andare al supermercato. Allora ho capito che lei era ritornata da Bari e abitava a qui. In quel momento ho anche compreso perchè, qualche tempo prima, ti avevo vista ferma davanti alla stazione dei treni in attesa dell'autobus diretto a Nord. Avevo fatto velocemente il giro della piazza, ma, al mio arrivo, non c'eri più.
Poi sono venuto spesso nei tuoi luoghi natii, per lavoro, e ogni volta, a metà della valle, guardavo e ricordavo le montagne che ti hanno vista nascere e crescere. Come faccio adesso. Sono finito più tardi in un altro appartamento, di proprietà di un' altra persona delle tue parti. Sua moglie credo sia proprio del tuo paese e, se non sbaglio dalla fisionomia, era anche lei al Convitto dove tu abitavi, al tempo. Lavorava da qualche parte, ma abitava lì.
24/2/03
Anche stanotte.....C'era in giro un po' di confusione, eravamo in un locale seduti a tavoli diversi e io ti ho strixxato l'occhio in segno di intesa. Tu mi hai sorrisi, avevi il volto dei tuoi 18 anni, mi hai dato un appuntamento. Finalmente!!!!!Ma mi hai solo indicato l'ora, le 15, senza specificare nè il luogo, nè il giorno.
2/3/03
Finalmente insieme! Abbiamo deciso di andarcene! Io ti spiegavo perchè i treni viaggiano sul binario di sinistra. Per raggiungere la stazione abbiamo attraversato i binari passando per dei locali di abitazione che scavalcavano la ferrovia, con le stanze collegate una all'altra come nelle vecchie case di paese. C'era un balcone pieno di gabbie di uccellini, la gente che abitava fece un'eccezione per noi.
Poi c'era della gente di pelle olivastra specializzata nel conservare le teste e ti mostrava orgogliosa la loro produzione.