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Gennaio 2003: il Papa, |
Vi proponiamo ampi stralci del messaggio di Giovanni
Paolo II per la Giornata della Pace. E' il nostro augurio per un 2003 disarmato
PACEM
IN TERRIS:
UN
IMPEGNO PERMANENTE
1.
Sono trascorsi quasi quarant'anni da quell'11 aprile 1963, in cui Papa Giovanni
XXIII pubblicò la storica Lettera enciclica Pacem in terris. (…)
Il legame tra pace e verità
7. Contestando la visione di
coloro che pensavano alla politica come ad un territorio svincolato dalla morale
e soggetto al solo criterio dell'interesse, Giovanni XXIII, attraverso
l'Enciclica Pacem in terris, delineò una più vera immagine dell'umana realtà
e indicò la via verso un futuro migliore per tutti. Proprio perché le persone
sono create con la capacità di elaborare scelte morali, nessuna attività umana
si situa al di fuori della sfera dei valori etici. La politica è un'attività
umana; perciò anch'essa è soggetta al giudizio morale. Questo è vero anche
per la politica internazionale. Il Papa scriveva: "La stessa legge naturale
che regola i rapporti tra i singoli esseri umani, regola pure i rapporti tra le
rispettive comunità politiche" (Pacem in terris, III: l.c., 279). Quanti
ritengono che la vita pubblica internazionale si esplichi in qualche modo fuori
dell'ambito del giudizio morale, non hanno che da riflettere sull'impatto dei
movimenti per i diritti umani sulle politiche nazionali e internazionali del XX
secolo, da poco concluso. Questi sviluppi, che l'insegnamento dell'Enciclica
aveva precorso, confutano decisamente la pretesa che le politiche internazionali
si collochino in una sorta di "zona franca " in cui la legge morale
non avrebbe alcun potere.
Forse non c'è un altro
luogo in cui si avverta con uguale chiarezza la necessità di un uso corretto
dell'autorità politica, quanto nella drammatica situazione del Medio Oriente e
della Terra Santa. Giorno dopo giorno e anno dopo anno, l'effetto cumulativo di
un esasperato rifiuto reciproco e di una catena infinita di violenze e di
vendette ha frantumato sinora ogni tentativo di avviare un dialogo serio sulle
reali questioni in causa. La precarietà della situazione è resa ancor più
drammatica dallo scontro di interessi esistente tra i membri della comunità
internazionale. Finché coloro che occupano posizioni di responsabilità non
accetteranno di porre coraggiosamente in questione il loro modo di gestire il
potere e di procurare il benessere dei loro popoli, sarà difficile immaginare
che si possa davvero progredire verso la pace. La lotta fratricida, che ogni
giorno scuote la Terra Santa contrapponendo tra loro le forze che tessono
l'immediato futuro del Medio Oriente, pone l'urgente esigenza di uomini e di
donne convinti della necessità di una politica fondata sul rispetto della
dignità e dei diritti della persona. Una simile politica è per tutti
incomparabilmente più vantaggiosa che la continuazione delle situazioni di
conflitto in atto. Occorre partire da questa verità. Essa è sempre più
liberante di qualsiasi forma di propaganda, specialmente quando tale propaganda
servisse a dissimulare intenzioni inconfessabili.
Le premesse di una pace
durevole
8. C'è un legame
inscindibile tra l'impegno per la pace e il rispetto della verità. L'onestà
nel dare informazioni, l'equità dei sistemi giuridici, la trasparenza delle
procedure democratiche danno ai cittadini quel senso di sicurezza, quella
disponibilità a comporre le controversie con mezzi pacifici e quella volontà
di intesa leale e costruttiva che costituiscono le vere premesse di una pace
durevole. Gli incontri politici a livello nazionale e internazionale servono la
causa della pace solo se l'assunzione comune degli impegni è poi rispettata da
ogni parte. In caso contrario, questi incontri rischiano di diventare
irrilevanti e inutili, ed il risultato è che la gente è tentata di credere
sempre meno all'utilità del dialogo e di confidare invece nell'uso della forza
come via per risolvere le controversie. Le ripercussioni negative, che sul
processo di pace hanno gli impegni presi e poi non rispettati, devono indurre i
Capi di Stato e di Governo a ponderare con grande senso di responsabilità ogni
loro decisione.
Pacta sunt servanda, recita
l'antico adagio. Se tutti gli impegni assunti devono essere rispettati, speciale
cura deve essere posta nel dare esecuzione agli impegni assunti verso i poveri.
Particolarmente frustrante sarebbe infatti, nei loro confronti, il mancato
adempimento di promesse da loro sentite come di vitale interesse. In questa
prospettiva, il mancato adempimento degli impegni con le nazioni in via di
sviluppo costituisce una seria questione morale e mette ancora più in luce
l'ingiustizia delle disuguaglianze esistenti nel mondo. La sofferenza causata
dalla povertà risulta drammaticamente accresciuta dal venir meno della fiducia.
Il risultato finale è la caduta di ogni speranza. La presenza della fiducia
nelle relazioni internazionali è un capitale sociale di valore fondamentale.
Una cultura di pace
9. A voler guardare le cose
a fondo, si deve riconoscere che la pace non è tanto questione di strutture,
quanto di persone. Strutture e procedure di pace – giuridiche, politiche ed
economiche – sono certamente necessarie e fortunatamente sono spesso presenti.
Esse tuttavia non sono che il frutto della saggezza e dell'esperienza accumulata
lungo la storia mediante innumerevoli gesti di pace, posti da uomini e donne che
hanno saputo sperare senza cedere mai allo scoraggiamento. Gesti di pace nascono
dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di
pace. Sono frutto della mente e del cuore di "operatori di pace" (Mt
5, 9). Gesti di pace sono possibili quando la gente apprezza pienamente la
dimensione comunitaria della vita, così da percepire il significato e le
conseguenze che certi eventi hanno sulla propria comunità e sul mondo nel suo
insieme. Gesti di pace creano una tradizione e una cultura di pace.
La religione possiede un
ruolo vitale nel suscitare gesti di pace e nel consolidare condizioni di pace.
Essa può esercitare questo ruolo tanto più efficacemente, quanto più
decisamente si concentra su ciò che le è proprio: l'apertura a Dio,
l'insegnamento di una fratellanza universale e la promozione di una cultura di
solidarietà. La "Giornata di preghiera per la pace", che ho promosso
ad Assisi il 24 gennaio 2002 coinvolgendo i rappresentanti di numerose
religioni, aveva proprio questo scopo. Voleva esprimere il desiderio di educare
alla pace attraverso la diffusione di una spiritualità e di una cultura di
pace.
GIOVANNI PAOLO II
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