L’idea dei libri con la scadenza stampata sulla copertina non raccolse unanimi consensi. Per risolvere la crisi dell’editoria, di giorno in giorno sempre più grave, si era infatti deciso di pubblicare libri, per così dire, a termine; con scritta in bell’evidenza una data oltre la quale fosse consigliabile comprarne un’altra copia nuova, fresca di stampa. Anche se molti, ma non tutti, fra gli uomini di cultura si opposero a questa innovazione, ben presto le leggi di mercato presero il sopravvento e, nel giro di un anno, tutti i libri ebbero sul retro della copertina la seguente dicitura: “Da leggersi preferibilmente entro il …” e poi la data, solitamente un anno dopo la stampa per le edizioni di lusso e via via a scalare, sino ad arrivare ad un mese per i tascabili e le edizioni economiche. Le librerie cominciarono a riempirsi di persone: lettori, curiosi, studiosi; tutti presi dalla smania di avere la ristampa di un classico con impressa la scadenza. In breve divenne una moda. C’era chi faceva collezione del suo libro preferito comprandone una copia dopo l’altra, tutte uguali tra loro tranne che per quel piccolissimo particolare stampigliato sul fondo: la data di scadenza. Ci fu un rifiorire della letteratura e della cultura. Quasi tutti infatti, dopo aver comprato i libri, li leggevano pure e si sentivano sempre più spesso persone disquisire su Dostoevskij lungo la metropolitana o su Marcel Proust in coda ai caselli dell’autostrada. I vecchi libri, un tempo orgoglio dei bibliofili, caddero in disuso, furono addirittura banditi dalle scuole e dalle biblioteche, portati al macero per rinascere nelle nuove edizioni dalla carta patinata, dalle copertine rigide e dalla durata limitata. L’editoria divenne la prima industria del Paese, l’economia decollò, un’ondata di benessere pervase tutta la nazione e il livello culturale toccò livelli mai raggiunti prima. Ad un certo punto però, cominciarono ad accadere fatti strani. Le prime avvisaglie arrivarono da commercianti poco onesti che, a fin di lucro, misero in vendita libri con la data della scadenza contraffatta. Intanto un sempre crescente numero di persone, non riusciva più a tenere il passo con il continuo rinnovarsi delle nuove edizioni che andavano a rimpiazzare quelle che scadevano. Cominciò a diffondersi l’abitudine di tenere anche qualche libro scaduto da alcuni giorni, da alcune settimane, a volte da mesi. In fondo si potevano sempre leggere, l’importante era che non si sapesse in giro. Così le scorte di vecchio materiale cominciarono ad accumularsi nelle case, nei negozi, nei magazzini ed anche nelle biblioteche. Molti libri scadevano adesso ancor prima di essere venduti ed il vecchio trucco di metterli in commercio con le date falsificate era diventato inutile, tanto quasi nessuno ormai li comprava più. Per salvare l’editoria, che per legge era costretta a pubblicare libri di continuo, si decise di non stampare più nulla per un certo periodo. Dopo circa un anno, tutti i libri erano scaduti. Ci si accorse che si poteva benissimo vivere anche così. La famigerata data sulla copertina perse d’importanza e dopo un po’ nessuno vi fece più caso; si prendeva un libro, lo si leggeva e tutto finiva lì. I lettori più attenti, però, si accorsero che i libri non erano più gli stessi. Forse era solo un’impressione ma sembrava che qualcosa fosse cambiato. Difficile dire cosa, era comunque opinione diffusa che tra le pagine stava accadendo qualcosa di strano. Alcuni diedero colpa alle continue ristampe che, basandosi sulle precedenti e non sull’originale, ne ripetevano gli errori facendone probabilmente di nuovi; altri dissero che, a suon di leggere, la gente aveva ormai la nevrosi del libro e credeva di vedervi degli errori che non c’erano. A poco a poco il fenomeno si fece più esteso e vistoso. I libri scaduti da molto erano i più colpiti. Si cominciava con alcune parole che andavano a male, piccole cose, accenti e apostrofi spostati. D’altronde erano queste le più soggette a rischi di questo tipo: ancòra si trasformava in àncora, i prìncipi in princìpi, l’asso in lasso e così via. Poi, però, tutto prese ad alterarsi sempre più velocemente, le lettere si scambiarono di posto modificando il significato delle parole. Le parole decomposte si ricomposero in frasi sempre più scomposte, astruse, sconclusionate. Molte pagine divennero dapprima equivoche, poi bizzarre e quindi incomprensibili. I libri andati a male non erano soltanto quelli esposti al sole o comunque mal conservati ma anche quelli riposti con cura negli scaffali. Nel giro di pochi anni non ne restò intatto più nessuno. Si diceva che alcuni volumi senza scadenze, vecchi e sdruciti, scampati chissà come, stampati chissà quanto tempo fa, si potevano trovare al mercato nero, ma forse erano solo voci. In realtà ogni libro era ormai irrimediabilmente avariato, mutato, perduto. Si dovette ricominciare tutto daccapo. Ci vollero diversi secoli per rifare un patrimonio letterario meno scadente.
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