LE VICINIE DI VALCAMONICA

 

BREVE DECRIZIONE DEL CONTENUTO

 

Comunità agricole nella storia della Valcamonica; Originari e forestieri nella storia della Valcamonica; opere socio-assistenziali delle Vicinie nella storia della Valcamonica.

Un capitolo importante della storia camuna, attorno all'anno mille, ha riguardato le comunità agricole che iniziarono ad acquisire coscienza della propria identità e a richiedere autonomia, ovvero un governo costituito da persone consapevoli delle loro esigenze. Si costituirono così le Vicinie, l’unione dei <<vicini>> (da vicus = villaggio). A tale governo delle comunità agricole fecero parte i capifamiglia del territorio aventi più di 25 anni e originari del luogo. Furono uniti da un vincolo religioso e rispettarono particolari consuetudini.

Don Alessandro Sina fa sua la tesi che a fondamento della Vicinia vi fossero elementi che accomunassero coloro che stipulavano tale contratto e sostiene l’idea di altri studiosi della derivazione dei Comuni, in Valle, dagli statuti delle Vicinie. Sebbene il Comune comprendesse <<tutti gli abitanti residenti entro i suoi confini, tuttavia l’amministrazione dei beni, come tutto ciò che riguardava l’ordine pubblico, le leggi ecc. rimase dal principio sino alla fine del secolo XVIII nelle mani dei cosiddetti originari, i quali soli formavano la vicinia ed esclusivamente avevano diritto al godimento dei beni comuni, fatte poche eccezioni; come del resto avevano anche l’onere di pagare le imposte>>.(A. SINA., Esine. Storia di una terra camuna, Società diocesana di storia ecclesiastica, Esine 1946, p. 17).

L’assemblea delle Vicinie si occupava di compiti di natura diversa come la costruzione di ponti e di strade, l’istituzione e la gestione delle malghe, la regolazione del taglio boschivo ecc…

È ormai assodato che la forma primitiva di Vicinia fosse rurale e precomunale. A tale organizzazione non potevano partecipare i Nobili, gli Ecclesiastici e i Forestieri. <<Questa istituzione amministrava e difendeva solo i beni degli uomini della Vicinia, non si interessava delle proprietà dei singoli e si poneva in palese antagonismo coi feudatari e più tardi con le parrocchie>> [G. GOLDANIGA., Le Vicinie di Valcamonica. L’antica organizzazione economico-agraria popolare preesistente al Comune rurale. Vicinie precomunali e Vicinie comunali, , tipografia Lineagrafica, Boario Terme (BS) 1998., p. 8].

I rapporti istituzionali con il conte e con il vescovo furono stipulati per contratto: tutti gli impegni assunti dovevano essere rispettati.

La Vicinia godette di autonomia statuaria, pur dovendo rispettare gli ordinamenti e i principi contemplati negli Statuti Civili e Criminali del governo della Valle. Poteva nominare propri rappresentanti e consiglieri esperti di legge sebbene poi la Vicinia si sia avvalsa, al sorgere dei Comuni, di funzionari comunali. Per quanto concerne i rapporti tra Comune e Vicinia va detto che questa istituzione è <<parte integrante del Comune ma non detiene tutti i poteri come prima. Il Comune è autonomo dal potere ecclesiastico e così la Vicinia, essa provvede ai fondi per la costruzione o la riparazione della chiesa, al pagamento delle spese di culto e a redigere gli statuti del sagrista-campanaro o a nominarlo, quando non viene scelto dal prete>>. (Ibid, p. 9).

Sembra che in Valle si siano costituiti i primi Comuni dopo il 1164 per l’autorizzazione da parte dell’imperatore Federico di eleggere <<suos consules sicut olim facere consueverunt>> (Ibid, p. 10).

Vi fu necessariamente un accordo fra i Consoli viciniali e i signori feudatari basandosi sul principio della originarietà, in base al quale erano esclusi di fatto i sacerdoti dal governo della Vicinia, dal momento che normalmente erano forestieri. Non va trascurato che da parte della chiesa vi furono forti pressioni per poter partecipare a tale organismo. Altri problemi derivarono dal fatto che gli interessi generali potevano contrastare con quelli dei privati cittadini.

Sul piano giuridico, era evidente che la Vicinia si occupasse degli interessi dei consociati (vicini di confine e originari) mentre il Comune era tenuto ad amministrare gli interessi generali di tutti i residenti e di coloro che si trovavano sul proprio territorio.

Col trascorrere del tempo, assumendo il Comune una funzione e una forza giuridica sempre più ampia, la Vicinia si trasformò in corporazione e, in Valle Camonica, dove resistette maggiormente, diventò <<una casta chiusa che finì per difendere interessi anacronistici e di pochi originari o fu costretta ad aprirsi ed accogliere in sé la maggior parte dei residenti. >> (Ibid, p. 11).

Per la politica assistenziale, <<nei piccoli paesi di montagna, dove ancora sussiste, svolse opera di sostegno pubblico, distribuendo pane e sale ai più bisognosi, edificando asili, caseifici, restaurando impianti, edicole rurali ed altro ancora>> (Ivi.).

Da un lato, espelleva <<i cronici, costretti a rimediare per il mondo una scodella di fave o una rapa cotta>>; dall’altro, concedeva << elemosina e breve ospitalità ad individui forestieri, quasi a titolo di compensazione per i propri invalidi che non poteva trattenere stabilmente>> [O. FRANZONI., Fonti per la storia sociale della montagna, in E. BRESSAN, D. MONTANARI, S. ONGER (a cura di), Tra storia dell’assistenza e storia sociale. Brescia e il caso italiano, Fondazione Civiltà Bresciana, p. 144].

Le prime Vicinie di Valle furono quelle di Darfo (documento dell’anno 1000), di Borno (documenti degli anni 1018 e 1090), di Fano (documento del 1116), di Montecchio (documento del 1200) ed Esine (documento del 1466).

Dal documento sulla Vicinia di Montecchio (Accordo tra nobili e vicini del borgo di Montecchio e della Corte regia di Darfo) si ricavano notizie riguardo al suo rapporto nel 1200 con la Corte regia di Darfo, costituita dall’imperatore Enrico III tra il 998 e il 1047 d. C., che poi la cedette ai monaci bresciani di San Faustino.. Si stabilì in modo preciso che ai Vicini spettassero i due terzi delle terre ubicate sopra il ponte di Montecchio ed alla Corte regia il restante terzo. Tale rapporto intercorreva anche riguardo al ricavato derivante dalla vendita di beni comuni. In modo chiaro erano indicati anche altri privilegi, diritti e doveri reciproci, relativi alle coltivazioni, alla pastorizia, al taglio della legna ecc…. [Cfr. G. GOLDANIGA., Le Vicinie di Valcamonica. L’antica organizzazione economico-agraria popolare preesistente al Comune rurale. Vicinie precomunali e Vicinie comunali, op. cit, pp. 51-52].

Per concludere, ricordo che 45 vicinie hanno visto incamerare il loro patrimonio nell’Istituto per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Brescia col decreto del Ministero dell’Interno del 29 luglio 1986 (Cfr. Ibid, p. 38).

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