GUELFI E GHIBELLINI IN VALCAMONICA

BREVE DECRIZIONE DEL CONTENUTO

 

I Federici nella storia della Valcamonica; Federico Barbarossa nella storia della Valcamonica; i guelfi nella storia della Valcamonica; i ghibellini nella storia della Valcamonica; i Visconti nella storia della Valcamonica; Berardo Maggi nella storia della Valcamonica; San Obizio di Niardo: Venezia nella storia della Valcamonica; Iseo; Contea di Edolo e Dalegno.

 

Un capitolo a parte della storia camuna ha riguardato gli innumerevoli scontri tra potenti famiglie camuno-sebine, di cui il più famoso è relativo alle terre di Volpino. I fatti che hanno avuto inizio nel 1126 sono stati così tramandati da Bortolo Rizzi: <<Giovanni dei Brusati, ricchissimo Camuno, aveva ricevuto questa terra e quelle di Qualino e Ceratello in feudo dalla maggior chiesa di Brescia. Risoluto di spogliarsene, il Brusati offriva ai consoli della città la giurisdizione sui detti contadi; ed avendola essi, non si sa per qual motivo, rifiutata la cedeva ai Bergamaschi. Intanto era sceso in Italia il Barbarossa, e teneva il campo a Roncaglia. Il Vescovo nostro Raimondo presentavasi all’imperatore, ed esponeva le sue lagnanze contro i nuovi possessori di Volpino; e otteneva un decreto, che i Bergamaschi o restituissero quelle terre, o ne ricevessero l’investitura dalla chiesa bresciana. Sordi quei di Bergamo, rifiutarono l’una e l’altra cosa, e si ebbero la guerra. Scontratasi gli eserciti a Palosco, combatterono valorosamente, e la vittoria fu dei Bresciani; i quali nell’atto di pace ricuperarono le contrastate terre>> (B. RIZZI., Illustrazione della Valle Camonica, Fausto Sardini Editore, Treviglio 1870, p. 50).

Tale vittoria non costituì la fine dello scontro tra Bresciani e Bergamaschi; anzi, quest’ultimi chiesero aiuto all’imperatore Barbarossa. Egli sostenne la causa bergamasca, emanando decreti a loro favore nel corso della seconda Dieta di Roncaglia del 1158. <<Di certo si ha che intorno al 1159 i Bresciani fortificarono le mura del castello di Volpino ed è forse questa misura che irritò i Bergamaschi provocandoli appellarsi all’imperatore mentre quei di Brescia si affidavano al Papa che ne avrà forse scritto vivacemente a Federico>> (PUTELLI., Intorno al castello di Breno. Storia di Valle Camonica. Lago d’Iseo e Vicinanze, Associazione "Pro Valle Camonica", 1915, pp. 14-15).

Nel 1162, i Bergamaschi conquistarono il castello di Volpino. Va aggiunto che le truppe germaniche e bergamasche piombarono anche sulla piazza di Iseo occupandola.

I Camuni passarono sotto il diretto controllo imperiale e per questo vassallaggio ottennero, nel 1164, un diploma nel quale il Barbarossa offriva parziale indipendenza alla Valcamonica., attraverso la possibilità di eleggere propri consoli (Cfr. Ibid, pp. 41-49. Il documento da cui risulta l’accordo tra il Barbarossa e la Valle è una pergamena depositata presso l’Archivio Comunale di Breno. Tale diploma è stato riconosciuto pure da PADRE GREGORIO DI VALCAMONICA in Curiosj trattenimenti continenti ragguagli sacri e profani dé popoli camuni, i, Forni editore, Bologna 1965, pp. 356-357).

Da alcuni documenti risulta che <<i consoli di Valcamonica dovevano essere tre>> e probabilmente a Breno risiedeva il regime consulare (Cfr. Ibid, pp. 53-54).

Al Barbarossa, la Valle dovette sicuramente fedeltà in cambio della protezione, in quel rapporto che, in un regime feudale, divenne una regola a partire dai secoli VIII e IX, probabilmente in epoca carolingia. I signori della Valle divennero vassalli, cioè uomini liberi nella dipendenza in quanto <<ingenui in obsequio>>. La protezione del Barbarossa doveva essere contraccambiata con la fedeltà, nel <<non intraprendere nulla contro colui al quale si deve essere fedele>> (F.L. GANSHOF., Che cos’è il feudalesimo, Einaudi Editore 1989, p. 39), ed <<era sanzionata dalla pena di cento lire d’oro per i violatori da dividersi tra la Comunità valligiana e il fisco>> (PUTELLI., Intorno al castello di Breno. Storia di Valle Camonica. Lago d’Iseo e Vicinanze, , op. cit., p. 41).

Lo scontro politico-militare tra l’Impero ed i Comuni non si interruppe.

La famosissima vittoria di Legnano (1176) portò alle trattative di pace che furono discusse a Costanza nel 1183: nei vari "capitolati" furono salvaguardate le libertà comunali contro la prepotenza imperiale.

Al capitolato n° 1 si affermò espressamente che: <<Noi Federico, imperatore dei Romani, ed Enrico, figlio nostro, concediamo per sempre a voi città, luoghi e persone della Lega le regalie e le vostre consuetudini sia nelle città, sia sul territorio extraurbano, ad esempio in Verona e nel suo castello e nel distretto suburbano e nelle altre città, luoghi e persone della Lega>> [G. ANDENNA (a cura di), I capitoli della pace di Costanza, in F. CARDINI, G. ANDENNA, P. ARIETTA (a cura di), Federico Barbarossa e i Lombardi. Comuni e imperatore nelle cronache contemporanee, p. 194].

Si riaccesero gli scontri tra Bergamaschi e Bresciani finché si giunse alla battaglia di Rudiano del 7 luglio 1191. Essa fu vinta dai Brescani, tra le cui file vi erano soldati camuni, come il famoso San Obizio di Niardo che in seguito <<decise di ritirarsi in un monastero dove poi morì il 6 dicembre 1204>> . (PUTELLI., Intorno al castello di Breno. Storia di Valle Camonica. Lago d’Iseo e Vicinanze, op. cit,. p. 70).

La Valle passò sotto il controllo del vescovo-conte di Brescia spalleggiato da feudatari guelfi in contrapposizione agli indipendentisti e filoimperiali feudatari ghibellini.

Tra i Guelfi, molto forti nella media Valcamonica, ricordiamo queste famiglie: i Nobili di Lozio, i Lupi e Camozzi di Borno, i Beccagutti di Esine, gli Antonelli di Cimbergo, i Magnoni di Malonno, i Ronchi e gli Alberzoni di Breno, i Palazzo e i Sala di Cividate, i Griffi di Losine, i Pellegrini e i Bottelli di Grevo.

I Ghibellini o facevano parte dei rami della prolifica e potente famiglia dei Federici (discendenti dei Brusati-Mozzi) o provenivano da famiglie che le erano legate, controllando i castelli della Bassa ed Alta Valcamonica: a Montecchio, Erbanno, Gorzone, Artogne, Volpino, Vezza d'Oglio d'Oglio e Mù.

La casata principale della Valle è quella dei Federici <<così d’antichità, et nobiltà, come di numero, et di ricchezze, et tanto è propagata che ha steso li suoi rami non solo in Brescia, dove tiene antichissimo ceppo, ma anco in Bergamo, Milano, Pavia, dove fiorisse sotto il nome de Todeschini, Genova, Bologna, Fiorenza, Roma, Napoli, Venetia, Treviso, et nel Friuli, et sino in Costantinopoli.

La seconda è la Griffa, nella quale sono doi case ricche, le altre sono tutte povere, ma però antichissima e nobile.

Segue la Beccaguta, et Roncha, una et l’altra de quali quantonque siano antiche, et nobili, sono al presente con pocche ricchezze>> [G. VITALI., A. D. 1609. Dossier sulla Valcamonica. Il catastico di Giovanni da Lezze, San Marco, Cividate Camuno (BS),1977, pp. 98-99].

I Federici che Tebaldo Sinistri <<fa risalire ai Longobardi, all’inizio sono detti di Montecchio; in seguito prendono possesso dei castelli di Gorzone e di Erbanno.

Mentre il ceppo di Gorzone si insedia nella bassa e media Valle Camonica, quello di Erbanno fissa le sue mire sull’alta Valle e partendo da Edolo dà corpo alla propria espansione e al proprio potere, che superano i confini valligiani per consolidarsi a Teglio in Valtellina e a Ossana nel Trentino>> (ANTONIO PERINI., Edolo. Le sue vicende. L’arte. Le bellezze naturali. Notizie e immagini, Tipografia camuna, Breno 2000, p. 33).

Secondo Don Romolo Putelli il potere dei Federici in Valle non fu assoluto non solamente per il <<contrasto indubitabile di altre famiglie valligiane assai potenti e di opposto partito>> ma anche perché gli stessi <<Federici ebbero fra noi dominazione diffusa, non accentratrice, e dai molteplici loro castelli spadroneggiavano nel raggio di loro competenza non aspirando ad una signoria generale fra noi>> (PUTELLI., Intorno al castello di Breno. Storia di Valle Camonica. Lago d’Iseo e Vicinanze, op. cit., pp. 171-172).

Sul finire del XIII secolo e l'inizio del XIV il potere vescovile in Valle fu impersonificato dal vescovo Berardo Maggi la cui azione di riordino e inventariazione di tutti i beni ecclesiastici <<fu volta principalmente, oltre che alla Valle Camonica, alla zona da Iseo a Pisogne e alla riviera del lago di Garda, a quelle località, cioè, sulle quali si esercitava la pressione rispettivamente dei Visconti e degli Scaligeri>> [IRMA VALETTI BONINI., Le Comunità di valle in epoca signorile. L'evoluzione delle Comunità di Valcamonica durante la dominazione viscontea (sec. XIV-XV), Vita e Pensiero, Milano, 1976, p. 65].

La lotta tra guelfi e ghibellini ottenne una parziale tregua con la pace del 31 dicembre 1397 presso il famoso ponte Minerva a Breno.

La sponda destra dell'Oglio fu occupata dai guelfi guidati da Baroncino Nobili di Lozio. Erano presenti i rappresentanti delle comunità della Valle: Borno, Braone, Breno, Ceto, Cimbergo, Grevo, Losine, Lozio, Niardo, Prestine e Saviore.

La sponda sinistra era occupata dalla famiglia Federici e dai rappresentanti delle comunità ghibelline camune: Angolo, Berzo, Cerveno, Cividate, Corteno, Dalegno, Edolo, Erbanno, Esine, Gorzone, Incudine, Malegno, Monno, Mù, Sonico, Vezza d'Oglio e Vione.

Si giurò di fronte al Vangelo e alle Sacre scritture di restituire le terre ed i beni rubati., nonché di sciogliere tutte le bande armate (Cfr B. RIZZI., Illustrazione della Valle Camonica, op. cit., p. 83; PADRE GREGORIO DI VALCAMONICA., Curiosj trattenimenti continenti ragguagli sacri e profani dé popoli camuni, op. cit, pp. 409-416).

Le ostilità ripresero molto presto, tanto è vero che nel 1404 Gian Maria Visconti ottenne il governo di Brescia e di tutta la provincia col favore della fazione ghibellina, togliendo spazio a Pandolfo Malatesta sostenuto dalla fazione guelfa.

Le lotte tra le due parti proseguirono, giungendo al culmine la notte di Natale del 1409 :<<Di questo tempo una tragica scena aveva luogo in Lozio. I ghibellini di qué contorni congiurarono di mettere a morte tutta la famiglia del nobile Baroncino. Era inverno crudissimo; quando convenuti i detti ghibellini, facevano scorrere un grosso ruscello per la contrada, che dalla casa dei Lozj conduceva alla rocca, dove solevano ritirarsi nei grandi pericoli. L’acqua in brevi momenti pel rigido freddo agghiacciò; ed essi allora diedero l’assalto alla casa dei nemici. Se ne stavano eglino inermi e senza alcun sospetto; onde, veduta quella furia di armati, uscirono in fretta per ripararsi nel forte. Ma non potendo camminare sul ghiaccio, né difendersi, tutti, non eccettuate le donne ed i fanciulli, furono crudelissimamente scannati. La fortezza venne in possesso dei Federici di Mù, che la godettero in pace per 20 anni; ma due dei Lozj, che giovinetti trovansi in Bergamo agli studj, sfuggita la terribile catastrofe, e cresciuti in età, ricuperarono la paterna rocca>> (Cfr.Ibid, p. 85).

Va ricordato che il duca di Milano Giovanni Maria Visconti ricompensò, per la strage, i Federici istituendo <<la contea di Edolo e Dalegno, che comprende tutto il territorio pievatico reso totalmente indipendente da Brescia, e il 9 aprile 1411 l’assegna con pieni poteri militari e giuridici, il così detto mero e misto imperio, a Giovanni Federici, che viene nominato conte. La famiglia Federici raggiunge così il massimo splendore e il suo stemma, composto da uno scudo partito, con tre bande trasversali scaccate di bianco e azzurro, può fregiarsi dell’aquila imperiale, posta in campo dorato>> (ANTONIO PERINI, Edolo. Le sue vicende. L’arte. Le bellezze naturali. Notizie e immagini, op. cit., p. 34; Cfr. PUTELLI. Intorno al castello di Breno. Storia di Valle Camonica. Lago d’Iseo e Vicinanze , op. cit., p. 260).

 

In tal modo << i Visconti miravano ad isolare dalla valle, incerta fra tante sollecitazioni, tutta la zona a nord, accentrata nelle mani dei Federici, di importanza decisiva per il controllo dei passi alpini, per le comunicazioni con la Valtellina e, di conseguenza, per una valida difesa contro le ingerenze della Lega Grigia e del vescovo di Coira>> [IRMA VALETTI BONINI., Le Comunità di valle in epoca signorile. L'evoluzione delle Comunità di Valcamonica durante la dominazione viscontea (sec. XIV-XV), op. cit., pp. 151-152].

Va precisato che l'<<investitura feudale fatta a Giovanni Federici è in sostanza la concessione di tutti i diritti legati al territorio della contea e spettanti al Visconti: tali diritti vengono ceduti al nuovo signore che nella fedeltà sempre rinnovata e in nome del duca si accingeva a governare>> (Ibid, p. 154). Così l'<<Alta Valle Camonica era in pratica già separata: aveva un suo vicario e vi si amministrava la giustizia>> (Ibid, p. 155).

Malgrado ciò, Il potere visconteo in Valle fu breve: Venezia, nelle sue campagne di conquista sulla terraferma, entrò in possesso di Brescia nel 1426 e di tutta la Valcamonica nel 1428.

I Federici <<pur senza subire drastiche punizioni, vengono privati di ogni potere giurisdizionale e politico e di gran parte dei beni che avevano tolto agli avversari con la violenza>> (ANTONIO PERINI, Edolo. Le sue vicende. L’arte. Le bellezze naturali. Notizie e immagini, op. cit, p. 34).

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