DALLA PREISTORIA ALL’887 d. C IN VALCAMONICA

 

BREVE DECRIZIONE DEL CONTENUTO.

Camunni nella preistoria della Valcamonica; incisioni rupestri nella preistoria della Valcamonica; caccia nella preistoria della Valcamonica; pastorizia nella preistoria della Valcamonica; divinità nella preistoria della Valcamonica; culti preistorici in Valcamonica; Benedettini in Valcamonica; Carlo Magno in Valcamonica.

 

<<La Valcamonica scende dal cuore delle Alpi, dai ghiacciai dell’Adamello e del Cevedale. Dai passi del Tonale e dell’Aprica due torrenti confluiscono a Edolo da dove il fiume Oglio percorre circa sessanta chilometri prima di sfociare nel lago d’Iseo. In questo tratto si concentrano, per la massima parte, le vestigia degli antichi Camuni>> (E. ANATI., VALCAMONICA. UNA STORIA PER L’EUROPA. IL LINGUAGGIO DELLE PIETRE, STUDI CAMUNI, Edizioni del Centro, 1995, p. 47).

È all’ottavo millennio a. C. che risalgono le prime incisioni rupestri dell’Uomo in Valle, ovvero allo <<stadio climatico Pre-Boreale>>, in cui <<la temperatura è in aumento e una vegetazione di alto fusto, composta prevalentemente di pini e di betulle, invade la Valle.

Giungono allora gruppi di cacciatori alla ricerca di preda: sono gli autori delle più antiche figure rupestri che conosciamo nell’area alpina>> (Ibid, pp. 50-51).

I Camunni erano principalmente cacciatori ma non disdegnavano attività quali l’allevamento e l’agricoltura. Dalle incisioni rupestri si ricava che essi usavano il carro agricolo a quattro ruote e l’aratro di legno.

In epoca neolitica, la pastorizia e l’agricoltura sussistevano in un rapporto di scambio. Ci ricorda G. Goldaniga, riprendendo P. Massajoli, che i <<pastori domesticatori potevano ricavare un maggior numero di prodotti ed una migliore qualità di nutrimento per le loro bestie, come il foraggio tagliato e conservato, ed altri sottoprodotti agricoli, mentre i coltivatori potevano scambiare i loro prodotti con latte, burro, formaggio, lana, carni, pelli, tutti elementi di cui non potevano disporre. Lo sviluppo parallelo, certo inteso a grandi linee, delle due fondamentali attività umane favorì il miglioramento del sostentamento degli uomini e degli animali, l’accrescimento corporeo degli animali addomesticati, un elevato tenore di vita>> [G. GOLDANIGA., Gaì, Gavì, Gaù di Valcamonica e delle valli bergamasche, l’antico gergo dei pastori , tipolitografia Lineagrafica, Boario Terme (BS) 1995, p. 7].

Effettivamente, l’<<addomesticamento, l’asservimento degli animali all’uomo, con la relativa conseguenza di avere cibo a disposizione, portò alla proliferazione umana e quindi una eccezionale crescita demografica. La pastorizia costituì l’attività primaria delle popolazioni alpine non solo nella preistoria ma anche nelle epoche successive: continuò prospera nei periodi romano e medioevale e fino a tutta la seconda metà dell’ottocento>> (Ivi).

Gli abitati erano collocati <<sulle colline laterali>> e non sul fondovalle che, soprattutto nei periodi di massimo disgelo dei ghiacciai, era soggetto a frane e smottamenti. Perfino gli abili Romani, dopo la conquista della Valle, <<dovettero abbandonare l’idea di costruire una via diretta e facile nel fondovalle, e quella che progettarono, la Via Valeriana, tortuosa e difficile, si snodava a mezza costa sulla montagna al di sopra dei pantani e laghetti, lontana dai pericoli di alluvione ed erosione. Lungo questa strada sorsero abitati; e i villaggi di oggi ne conservano, in molti casi, le stesse ubicazioni>> (E. ANATI,. VALCAMONICA. UNA STORIA PER L’EUROPA. IL LINGUAGGIO DELLE PIETRE, op. cit., p. 54).

La storia della Valle insegna che i dissesti idrogeologici hanno fatto spesso la loro comparsa, comportando disagi e la distruzione parziale o totale di villaggi.

Il primo evento documentato (un’alluvione lungo il corso del fiume Oglio) risale addirittura al 560 d. C., ma non sono stati forniti riferimenti precisi ai luoghi interessati (Cfr. C. BERRUTI., Levandosi i fiumi sopra le rive. Per una mappa storica del rischio idrogeologico, Grafo Edizioni Brescia, 1998, p. 11).

I Camunni adoravano il Sole come prima divinità, avendo il terrore che esso potesse scomparire e non scaldare più la Terra. Il fatto stesso del tramonto del Sole era per loro inspiegabile e, probabilmente, credevano che si rifugiasse in un mondo ultraterreno abitato pure dalle anime degli antenati. Nell’età del ferro (1200-700 a. C circa), i Camunni adorarono pure il celtico Dio Cernunnos, rappresentato sulle rocce attraverso una figura umana con corna di cervo, ed il camoscio per propiziarsi fortuna nella caccia (Cfr. DON LINO ERTANI, La Valle Camonica attraverso la storia, Tipolitografia Valgrigna., Esine, 1996, pp. 28-32. I Camunni usavano come armi la spada, il pugnale e la <<cateia>>. Tipica era pure la caccia con reti o trappole).

Sono state scoperte tracce di antica presenza camuna in Alta valle, fatto che stimola i ricercatori ad esplorare anche questa parte del territorio e non solo la Media e Bassa valle.

In località Mortirolo, sono state individuate delle incisioni rupestri a circa 2000 m slm. Esse indicano l’importanza di questa zona per i Camunni, probabilmente come via di transito tra la Valcamonica e la Valtellina <<per motivi venatori>>, <<per poi ridiscendere sul fondo valle nei periodi meno propizi a tale attività di sostentamento>> (A.PRIULI., Archeologia, Incisioni rupestri a Monno, in ‘I Sintér 1997, pp. 5-6.).

Probabilmente, partendo dalla tesi che i cacciatori mesolitici privilegiassero come riparo le rive dei laghi, la via passava <<dai laghi di Belviso a quelli di Pian di Grembo, di Guspessa per proseguire fino al Mortirolo, dal lago del Mortirolo ed altri piccoli circostanti, a quello del Col di Val Bighera, ora ridotto ad estesa torbiera (è proprio qui che ho trovato le nuove incisioni), dai laghi Seroti al Tremoncelli, al Riguccio, ai laghetti Fontana dei Cavalli e su fino al Gavia>> (Ibid, p. 6.).

Un particolare segno di culti preistorici è offerto da <<una incisione a ferro di cavallo o asino, su un sasso situato vicino ad una sorgente, presso la vecchia strada del Mortirolo>>. (G. BROUND-, Archeologia. Culti preistorici al Mortirolo, in ‘l Sintér’ , 1998. p. 22.).

Il ferro di cavallo, fin dai tempi della mitologia greca, assumeva il significato di invocare la presenza dell’acqua. Essa era implorata per propiziarsi la divinità, come fonte della vita, e per guarire dalle infermità. Allo stesso modo, si invocava l’acqua (la pioggia) nei periodi di siccità per la campagna (Cfr. D. MARINO TOGNALI, <<Il culto delle acque. "Laudato sì , mì Signore per sor’acqua">>, in ‘l Sintér ‘1998, pp. 10-12).

La Valcamonica fu occupata dal 16 a. C. al 476 d. C. dai Romani.

L'<< interesse di Giulio Cesare per la Lombardia Orientale era dettato dalla necessità di approvvigionarsi di armi. Intorno alle miniere camune e ai suoi forni fiorivano officine armiere all'avanguardia. Gli artigiani celti erano riusciti a produrre un acciaio di prima qualità , flessibile e resistente. D'altra parte Roma non dimenticava il pericolo corso con le scorrerie delle popolazioni nord italiche fino alle porte della città. Le mire romane nei confronti delle Alpi non erano orientate ad ottenere qualcosa nel campo alimentare, dal momento che il territorio era, in questo settore, deficitario, ma per raggiungere il vero oro prodotto da queste montagne, il ferro e l'acciaio per le loro guerre. Una volta raggiunto il possesso della regione, i romani controllarono i prodotti siderurgici e d'altra parte offrirono alle officine bresciane i grandi mercati che essi avevano aperto con le loro imprese militari, fino al Medio Oriente e all'Inghilterra>> (F. BONTEMPI, La civiltà del ferro nelle Alpi. Storia della Valle dell'Allione, Comune di Paisco Loveno, pp. 105-106).

I Romani ebbero massimo rispetto dei Camuni, ammirando la loro forza d’animo e la loro abilità bellica. Alla Valcamonica fu concessa autonomia di governo e addirittura la cittadinanza romana, essendo stata aggregata alla tribù Querina.

I Camuni furono pronti ad inserirsi attivamente nella vita sociale romana e ad arruolarsi nell’esercito.

La capitale dei Camuni fu l’antica Vannia che prese il nome di Civitas, da cui poi Cividate Camuno. Ivi fu costruito il forum romano ed istituiti il tribunale ed il mercato.

L’influenza romana comportò il diffondersi del culto di dei romani come il Sole a Breno, Saturno e Marte a Edolo ed Ercole a Esine. Col trascorrere del tempo, si diffuse pure la predicazione del cristianesimo ad opera di molti predicatori fra i quali vanno annoverati anche alcuni martiri uccisi dai pagani come Rustico e Bianco dei Plani.

Va ricordata l'edificazione del santuario brenese dedicato a Minerva <<divinità femminile classica legata all'idea di fecondità e di salute, dispensatrice di acque purificanti e taumaturgiche. Sulla diffusione di questo rito relazionato a tali attributi abbiamo conferma, per quanto riguarda il santuario da Breno, agli ex-voto rinvenuti in sito. Dagli archeologi apprendiamo che il santuario raggiunse l'apogeo in Età Flavia (tra il 69 e il 96 d. C.), quando fu al centro di un'articolata opera di ristrutturazione e probabilmente fu ampliato e arricchito dal punto di vista decorativo.

I fedeli potevano scendere al santuario seguendo alcune vie d'accesso, sia su terra ferma che acquatica, attraverso il fiume Ollium; la parte centrale del tempio era costruita da un blocco di tre celle; nella centrale, la più grande, si trovava la statua di Minerva, fulcro e soggetto dei riti>> [M.CENTINI., L'acqua, il mito e il rito. Alle origini di un culto atavico, in O. FRANZONI (a cura di), Civiltà d'acqua in Valle Camonica, p. 17].

La Valcamonica ha subito anche in epoca romana le scorribande dei <<barbari>>. Dopo la distruzione dell’Impero Romano, si assistette all’arrivo degli Eruli e poi degli Ostrogoti che, nel 542, seminarono morte ovunque.

Dal 568 al 774 la Valle fu nelle mani dei Longobardi che stabilirono la capitale del loro Regno a Pavia.

La capitale della Valle continuò ad essere Cividate anche se Breno iniziava ad assumere prestigio.

La Valcamonica fu occupata, nel 774, dalle truppe dei Franchi. Va ricordato che Carlo Magno affidò la Valle al Monastero francese di S. Martino di Tours, <<causa vestimentorum>>, con l’atto di donazione <<Monumenta Germaniae historica diplomatum Karolinorum>> del 16 luglio 774 (Cfr. MGH, Diplomatum Karolinorum, t. I, 81, a. 774, 16 luglio).

Riguardo alla possibile venuta di Carlo Magno in Valcamonica, non si hanno documenti attendibili, sebbene in alcune chiese della Valle e del Trentino risultino scritte o raffigurazioni relative al suo passaggio da Bergamo in Valcamonica per giungere in Trentino. Possiamo però ricordare che Padre Gregorio di Valcamonica nella sua opera ne ha fatto menzione (Cfr. PADRE GREGORIO DI VALCAMONICA., Curiosj trattenimenti continenti ragguagli sacri e profani dé popoli camuni, Forni editore, Bologna 1965, pp. 395-396).

A sua volta, Carlo il Grosso, nell’anno 887, riconfermò a San Martino di Tours l'infeudamento della Valle (Cfr. CDL, 338, a. 887).

home