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La Buona Novella di Satana

di Marco G. Corsini

6. I Vangeli Apocrifi

Novembre 2005. Tutti i diritti riservati.

Ho volutamente privilegiato per molto tempo lo studio dei soli vangeli canonici perché il mio motto è crocifiggere i cristiani coi chiodi da essi fabbricati. Solo ora e solo perché m'è stato facile procurarmeli, dedico un rapido esame, nettamente separato, ai vangeli non riconosciuti come canonici dalla chiesa di Roma, i cosiddetti vangeli apocrifi, raccolti nel lavoro curato da Marcello Craveri, edito dalla Einaudi. Devo subito dire la mia profonda delusione sul contenuto di questi documenti e condivido pacificamente il fatto che la chiesa non li riconosca. Si tratta di lavori comunque posteriori ai vangeli canonici (spesso medievali) realizzati per lo più come pura invenzione o al di fuori dell'ambito cristiano e che dunque col cristianesimo non hanno a che fare. I vangeli dell'infanzia (Protovangelo di Giacomo; vangelo dello Pseudo-Tommaso; vangelo dello Pseudo-Matteo; vangelo dell'infanzia arabo siriaco; vangelo dell'infanzia armeno; libro sulla natività di Maria; storia di Giuseppe il falegname) hanno ad oggetto la pseudo vita di Maria, Giuseppe, Gesù ragazzo. Sono tardi, molto più tardi dei vangeli canonici, perfino medievali, elaborati come favole, senza alcun capo né coda (tipico della narrativa giudea della diaspora di cui ho letto qualcosa), palesemente frutto di invenzione e senza il benché minimo criterio o contenuto storiografico serio. Sono paragonabili ai poemi ciclici rispetto all'Iliade e all'Odissea.  Omero, come la vedo io, non trovò bell'e fatta la leggenda della guerra di Troia e quella dei ritorni, in particolare quello di Odisseo. (Tanto più che la guerra vera cui si ispirò principalmente fu l’invasione della Palestina da parte dei popoli del mare soprattutto di lingua greca) Quando Omero sembra accennare di sfuggita ad episodi prodromici rispetto alla guerra o marginali, egli non rinvia ad una materia già nota ma sinteticamente allarga il campo alla conoscenza di tutto il quadro da lui immaginato e di cui per esigenze poetiche descrive attentamente solo una piccolissima parte. Gli accenni sono in realtà una descrizione sommamente sintetica ma tale da consentire di ricostruire il quadro perfettamente. I poemi ciclici si incaricarono appunto di inventare completamente mantenendo solo i punti fermi del tratteggio omerico. I vangeli dell'infanzia ampliano a modo loro, e senza basarsi su fonti storiche che nemmeno ci sarebbero, gli accenni dei soli vangeli che hanno trattato dell'infanzia di Gesù, prima Luca e poi Matteo. La nostra conoscenza dei vangeli della predicazione giudeo-cristiani si basa su citazioni tratte dai Padri della Chiesa. Questi vangeli si fondano dichiaratamente sul vangelo di Matteo e confusamente come tutto quanto riguarda la religione cristiana (che vive e prospera sulla confusione) sono distinguibili in: vangelo degli ebioniti, vangelo dei nazarei e vangelo degli ebrei, tutti e tre variazione del vangelo di Matteo ma l'ultimo è molto variato rispetto al prototipo. Per quanto riguarda la citazione n° 41 (ms Theol. Sammel, f. 65) del vangelo dei nazarei dice: « Anche nel Vangelo dei Nazarei leggiamo che al momento della morte di Cristo l'architrave del Tempio, di immensa grandezza, si spaccò. Giuseppe dice la stessa cosa e aggiunge che dall'alto si udirono voci terribili che dicevano "Allontaniamoci da questo luogo"! » Giuseppe Flavio in Guerra giudaica 6, 293-294 scrive: « inoltre, la porta orientale del tempio, quella che era di bronzo e assai massiccia, sì che la sera a fatica venti uomini riuscivano a chiuderla... all'ora sesta della notte [a mezzanotte] fu vista aprirsi da sola. Le guardie del santuario corsero a informare il comandante, che salì al tempio e a stento riuscì a farla richiudere. » Come si intuisce, se l'architrave si fosse spezzato in due la porta non si sarebbe potuta richiudere. Ma ciò che importa qui è che in ogni caso si è vista la coincidenza dei fatti e soprattutto del tempo. Orbene questi fatti narrati da Giuseppe Flavio non avvengono intorno al 33 d. C., bensì al tempo della distruzione di Gerusalemme e del tempio da parte dei romani nel 70 e sono narrati proprio subito dopo l'incendio del tempio (Gg 6, 5). I vangeli della Passione e Resurrezione sono quello di Pietro e quello di Nicodemo (Atti di Pilato e Discesa all'Inferno). Il primo è tardo e non risale certo a Pietro anche perché antigiudaico ma è interessante perché appoggia la datazione che abbiamo appena confermato della morte di Gesù nel 70 d. C. (che poi sia davvero morto a questa data non importa adesso, l'importante è la datazione dell'acme di Gesù a ridosso del 70 piuttosto che del 33) in quanto in bocca a Pietro, cioè Simone di Ghiora, viene messo: « intanto io e i miei compagni eravamo afflitti e, feriti nell'animo, ci tenevamo nascosti: infatti eravamo ricercati da loro come malfattori e intenzionati di incendiare il Tempio. » (7,26) Questo discorso vien fatto quando appunto Gesù è appena morto e sono avvenuti prodigi. Gli angeli che popolano la resurrezione di Gesù sono ancora più simili ai personaggi omerici, giganteschi, come Achille e come Polifemo. Il ciclo di Pilato (sentenza di Pilato, anafora di Pilato, paradosis di Pilato, morte di Pilato, lettera di Pilato ad Erode, lettera di Erode a Pilato, lettera di Pilato a Tiberio, lettera di Tiberio a Pilato) è una colossale sciocchezza. La dichiarazione di Giuseppe d'Arimatea lo è pure ma è interessante la descrizione dei due ladroni crocifissi col terzo, Gesù: « Sette giorni prima della passione di Cristo, al governatore Pilato furono mandati da Gerico due ladroni, condannati, i cui capi di accusa erano i seguenti: Il primo, che aveva nome Gesta, uccideva con la spada i viandanti e alcuni li lasciava spogliati; alle donne, appese per i calcagni con la testa in basso, tagliava i seni, e si compiaceva di bere il sangue dai corpi dei bambini, non conosceva Dio né ubbidiva alle leggi, ed era stato un violento fin dal principio in simili imprese. La motivazione dell'altro era la seguente: si chiamava Demas, era galileo di origine e aveva un albergo; praticava la pirateria a danno dei ricchi, ma ai poveri faceva del bene: pur essendo un ladro, infatti, come Tobia dava sepoltura ai poveri che morivano. Si dedicava a derubare la popolazione giudea, avendo portato via persino i libri della Legge a Gerusalemme, depredato la figlia di Caiafa, che era sacerdotessa del santuario, e rubato anche il mistico deposito di Salomone, collocato in quel luogo. Tali erano le sue imprese. » (I, 1-2) Nonostante le assurdità di questo passo è evidente che Demas è entrato nel tempio (lo dice anche l'accenno a Giovanni l'apostolo, cioè Giovanni di Ghiora, che è in evidente familiarità coi sommi sacerdoti che vogliono cogliere in fallo Gesù, in I, 3, perché appunto costui era entrato nel tempio depredandone il tesoro secondo Giuseppe Flavio), e ciò ancora una volta è avvenuto al tempo della distruzione di Gerusalemme nel 70 d. C. Tutto quel che segue è ancora più deludente: la vendetta del salvatore, il vangelo di Bartolomeo, l'assunzione di Maria (dormizione della santa madre di dio e transito della beata Maria vergine), vangeli gnostici (fra cui discussi quelli di Tommaso, di Filippo, della verità), vangeli dualistici (libro di Giovanni evangelista).

Conclusioni:

Da San Simone Pietro di Ghiora efferato bandito galileo ucciso nel Tullianum nel 70 d. C. a San Pio IX che scomunica piemontesi e italiani (che suo malgrado fanno l'Italia unita e Roma capitale), boia fino all'ultimo di Monti e Tognetti, accompagnato al Verano di notte come un ladro sotto una pioggia di sassi e insulti, la chiesa è stata uno stato contro lo stato. E lo è ancora.

 

Fine

 

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