Avrei
potuto pubblicare già fin d’ora la più parte delle iscrizioni da quelle
più lunghe a quelle più significative, ma il lavoro giace nei dischetti
scritti col wordstar 4 (il relativo computer nel frattempo ha
collassato) e il nuovo sistema word 2000 non me li legge se non
alterando ampiamente il testo. Ciò significa un lavoro supplementare che mi
costringerà a pubblicare i documenti uno alla volta. Inizio la pubblicazione
dalle tre lamine auree di Pyrgi perché utili alla comprensione del mio lavoro
sui poemi omerici e in particolare sull’Odissea, il poema di Tarquinia (e
prima di tutto del suo porto di Pyrgi) Signora del Mare.
Dopo il mio studio sui poemi omerici (vedi) e in particolare sull’Odissea è accertato che il santuario pirgense risale al primo quarto del VII sec. a. C. per volere di una classe dirigente tarquiniese trainata da corinzi e dedicato alla dea Ino Leucotea (Pseudo-Aristotele, Oecon. II, 1349 b. 33-35)-Ilizia (Strabone, Geogr. 5, 2, 8; Ilizia, che aveva aiutato Latona a partorire Artemide e Apollo, proveniva dal paese degli Iperborei: Pausania, I, 18, 5; Juno Lucina è ricordata da Orazio – Carmen Saeculare, 14ss – con l’appellativo di Ilizia Lucina o Genitale; da identificare con la Uni-Astarte delle lamine auree di Pyrgi, Augustinus, Heptat. VII, 16: Lingua punica Iuno Astarte vocatur, e anche con Atena: aveva per attributo la lancia, Juno Quirite, ed era cinta alla vita da una pelle di capra, tanto da richiamare l’egida d’Atena) e ancora a Tinia/Zeus e ad Apollo (Eliano, Var. Hist. I, 20), ricorda il saccheggio delle preziose offerte ad Apollo e Leucotea avvenuto sulle coste dell’Etruria. I personaggi omerici invocano insieme Zeus Atena e Apollo. Per quanto riguarda il culto catactonio di Adone rinvio a quanto ho scritto a riguardo nell'Odissea.
Foto
della lamina aurea in punico
Il
testo punico (parallelo a TLE 874)
L
RBT L
‘AŠTRT AŠR
QDŠ AZ AŠ P‘AL
W AŠ
JTN TBRJA
WLNŠ MLK
‘AL KJŠRJA
B JRH ZBH ŠMŠ
B MTNA
B BT W BNTW
K ‘AŠTRT ARŠ BDJ
L MLKJ
ŠNT ŠLŠ
III B JRH
KRR B JM
QBR ALM
W ŠNT
L MAŠ ALM
B BTJ ŠNT KM
H KKBM
AL
Probabilmente
ci sarebbe da rivedere la traduzione di questo documento punico (anche se la
revisione non è comunque
rilevante ai fini della traduzione del testo etrusco) e connesso con questa c’è
la resa vocalica del testo che i semitisti non danno (e fanno molto male). Per
questo lancio un appello ai madrelingua ebraica,
araba, aramaica, ecc. affinché mi suggeriscano come essi pronuncerebbero
questo testo nella loro lingua. Vedrò poi di ricavare dalle varie letture
suggerite quella più verisimile per il dialetto
e l’epoca specifici.
«
Alla signora Astarte questo è il luogo santo
che ha fatto e che ha donato Tebaria Welinaš, re su Kišria, nel mese del
sacrificio al sole,
in offerta nel tempio. L’ha costruito
poiché Astarte ha concesso l’inizio del suo regno
il terzo anno, nel mese di karar, dal
giorno del seppellimento. Sia la durata degli
anni del deposito, la durata degli anni del tempio, quante queste stelle ».
Foto
delle lamine auree in etrusco
Il
testo etrusco di TLE 874 e 875
ita
tmia icac heramasva vatieχe unialastres θemiasa
mec θuta θefariei
velianas sal cluvenias
turuce munistas θuvas tameresca ilacve tulerase
nac ci avil χurvar
tesiam eitale ilacve alsase nac atranes zilacal sel eitala acnasvers
itanim heramve avil eniaca pulumχva (874).
nac
θefarie veliiunas θamuce cleva etanal masan tiur
unias selace vacal tmial avilχval
amuce pulumχva snuiaφ (875).
χ
= kh; θ = th; φ = ph.
«
Codesta area sacra e questi
(valori) depositati furono consacrati a Uni-Astarte da Tiberio
della Velia, ordinato re sacerdote. Avendo dato
l’ordine della celebrazione, dedicò codesti suddetti altari e
le camere, dove aveva sostenuto da tre anni la raccolta
e l’organizzazione di codesta imposta e dove
era stato offerto, a partire dalla sepoltura,
della direzione di codesto ufficio
dell’imposta sulle nascite. Siano a codesto deposito
anni e signoria stellari
(cioè eterni) » (874).
«
Così Tiberio della Velia istituì le cerimonie della durata. A masan,
mese di Uni, officiò le offerte annuali del santuario e affisse gli
auguri stellari » (875).
Le
iscrizioni delle lamine d’oro di Pyrgi (500 a. C. ca.) sono posteriori
alla cacciata da Roma di Tarquinio il Superbo (509 a. C.), che
trovò rifugio a Cere, dove è attestata la tomba
gentilizia dei Tarkhna. Tra i seguaci che lo seguirono ci fu probabilmente Thefarie Veliana cioè Tiberio Veliano,
della Velia (un colle di Roma nei pressi
del Foro, tra Palatino ed Esquilino), nominato re-sacerdote
mekh thuta (il melek del testo punico) di Cere nello stesso periodo
in cui a Roma, dopo l’abbattimento
della monarchia, veniva istituito il rex
sacrorum (sacrificus, sacrificulus) per
svolgere le funzioni di carattere religioso che
prima erano di competenza del re. Quella di
thuta sembrerebbe essere stata la massima carica del sacerdozio,
comprendente la conoscenza dell’arte
augurale, necessaria per la
dedicazione del santuario.
A
Tiberio della Velia si deve dunque il
primo impianto del santuario di Pyrgi
nel suo aspetto attuale. Costui intorno al 500 a. C.
consacrò, vatiece, e dedicò, turuce, a Uni-Astarte il tempio B (più
antico di quello A) e l’annessa area C di altari sacrificali (tempio e altari
chiamati nelle lamine complessivamente t(a)mia e thuvas,
nonché il thesauros, heramu, un edificio costituito
da poco meno di 20 camere, tameres, allineate sul lato
orientale del tempio B per una lunghezza
complessiva di circa 70 m, destinate a
contenere le imposte sulle nascite: eitala
acnasvers. Nove altari in allineamento irregolare
fronteggiano alcune celle.
Le
iscrizioni pirgensi sorprendono
perché ci informano che Tiberio introduce
per la prima volta a Cere due istituzioni che a Roma secondo la
tradizione non sono anteriori al re Servio Tullio (600 a. C. ca.), e
cioè l’imposta sulle nascite, da versare al tesoro di Juno
Lucina, e, connesso colla prima, quella del computo degli anni, cioè le cerimonie (propiziatorie)
per cui annualmente il re sacerdote affiggeva gli
auguri stellari (pulumkhva snuiafh), cioè i
chiodi di bronzo, con capocchia dorata, chiamati ‘stelle’.
Per
quanto riguarda il primo istituto, « come scrive L. Pisone
nel primo libro dei suoi Annali, volendo sapere il numero di quelli che
vivevano a Roma, e cioè di quanti vi nascevano e morivano e di quanti
raggiungevano l’età virile, Tullio stabilì l’entità della
moneta che doveva essere versata dai parenti per ogni nato al
tesoro di Ilithia, che i Romani chiamano Hera
Phosphoros [Juno Lucina], al tesoro di Afrodite
del bosco, che essi chiamano Libitina, per coloro che morissero, ed al tesoro della Neotes [Juventas] per ogni adolescente
che cominci ad entrare nell’età virile. Lo scopo
era di conoscere ogni anno quanti erano gli abitanti
complessivamente e fra questi quanti erano in età di prestare il
servizio militare » (Dion. Hal. IV, 15, 5).
Lo
scopritore delle venti cellette, Giovanni Colonna, scrive a proposito dei
simboli fittili acroteriali che decoravano la fronte dell’edificio
e fra cui egli identifica il
simbolo del demone a testa di gallo su campo nero con Phosphoros-Lucifero:
«
dopo la scoperta del lungo edificio delle « venti celle » possono essere
assai più convenientemente assegnate a quest’ultimo, del cui tetto a falda
unica costituivano praticamente il solo ornamento. Il movimento unidirezionale
delle figure, dalla sinistra verso la destra dello spettatore, si adatta bene
ad un edificio a fronte unica, senza contare che il suo orientamento da (nord)
est a (sud) ovest evoca puntualmente la successione dei temi, dal Sole alla
Notte, dall’oriente all’occidente » (G. Colonna in Santuari d’Etruria,
Electa, Milano, 1985, p. 133).
La
pratica di scandire lo scorrere degli anni affiggendo chiodi è
attestata anche a Roma e a Volsinii. La testimonianza riguardante
Volsinii sede del Fanum Voltumnae cioè del santuario federale etrusco
potrebbe ingannarci sulla sua antichità, ma le riunioni a Volsinii sono
attestate tardi, fra VI e V secolo al più presto: «
E’ antica legge, scritta in lettere e
parole arcaiche, che il supremo magistrato alle idi di settembre [cioè
il 13 settembre] conficchi il chiodo; essa venne affissa sul lato
destro del tempio di Giove Ottimo Massimo, dalla parte dove
si trova la cappella di Minerva. Dicono che questo chiodo,
poiché rari erano in quell’epoca gli
scritti, fosse il segno indicativo del numero degli
anni, e che la legge fosse consacrata alla cappella
di Minerva, perché invenzione di Minerva è il
numero. – Anche a Volsini,
secondo quanto afferma
Cincio, relatore scrupoloso di tali
documenti, si possono vedere, piantati nel tempio di Norzia, divinità etrusca, i chiodi
indicativi del numero degli anni –. Il console Marco Orazio dedicò
il tempio di Giove Ottimo Massimo secondo il disposto di quella legge
un anno dopo la cacciata dei re; la cerimonia della fissione del chiodo passò poi
dai consoli ai dittatori, perché maggiore era
la loro autorità » (Livio, VII, 3).
Dunque
le prove attuali sono nel senso che non un’istituzione etrusca (per ipotesi
antichissima), quella della fissione del
chiodo annuale, fu importata a Roma, bensì un’istituzione della
tarda Roma etrusca e monarchica fu importata in Etruria.
Siamo
alla fine dell’apogeo della potenza etrusca. Se all’inaugurazione del
santuario d’età omerica i depositi di valori erano a garanzia degli scambi
commerciali, nel 500 a. C. i depositi sono costituiti prevalentemente
dalle tasse sulle nascite, ciò che serve a conoscere la consistenza
della popolazione per tutte le necessità di uno stato, prima fra tutte la
guerra. Fra poco, dopo la costruzione del tempio A, il volume dei traffici
diminuiranno sensibilmente e la strada Cere Pyrgi, divenuta via sacra, si
fermerà davanti al santuario,
mentre di secondaria importanza diventerà il tratto che proseguiva verso il
porto. Le entrate allora verranno dalle prostitute sacre che
occuperanno le venti camere per svolgervi le proprie prestazioni
(è questa l’interpretazione di G. Colonna: vedi la scheda su Pyrgi
di Servio, commentatore dell’Eneide; Plauto, la Cistellaria II, 3,
20ss; una satira del poeta Lucilio, della
seconda metà del II sec. a. C.). Il costume
delle prostitute sacre accompagnava il culto di Astarte in tutti
i centri portuali (tutto il mondo è paese).
Il saccheggio del santuario, nel 384 a. C., in occasione di una spedizione piratesca (ho dimostrato nei miei lavori, a partire dallo studio dell’Odissea, che gli unici pirati erano i Greci, che accusavano di pirateria gli Etruschi, che invece avevano propagandato, e si capisce bene perché rivolgendosi proprio ai Greci un codice di deontologia mercantile) contro la Corsica, fece ricavare a Dionisio di Siracusa un bottino di non meno di 1.000 talenti (Diodoro Siculo, 15, 14, 4).
Fine