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Marco G. Corsini

La Pietra di Kensington

(I Vikinghi al centro dell’America del Nord 130 anni prima di Colombo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La pietra di Kensington, di granito scuro, che nella forma ricorda una lapide tombale, fu trovata ai primi di novembre del 1898 nella fattoria di Olof Ohman, di origini svedesi, presso Kensington in Minnesota. Padre e figlio trovarono la pietra alle pendici pantanose di una collina (quella che un tempo fu l’isola dove fu piantata la stele in runico) avvolta dalle radici di un pioppo. La notizia del ritrovamento fu data sui giornali all’inizio del 1899. Poiché fu subito chiaro che si trattava di un testo vikingo in runico, su due lati della stele, ne fu data immediata traduzione in svedese, norvegese e inglese:

Apografo dell’iscrizione frontale e del lato sinistro sulla stele di Kensington

8 : goter : ok : 22 : norrmen : po : opdagelsefard : fro : vinland : vest : vi : hade : lager : ved : 2 : skjar : en : dags : rise : norr : fro : deno : sten : vi : var : ok : fiske : en : dagh : aptir : vi : kom : hem : fan : 10 : man : rode : af : blod : og : ded : AVM : fraelse : af : illy / har 10 : mans : ve : havet : at : se : aptir : vore : skip : 14 : dagh : rise : from : deno : oh : ahr : 1362 :

8 göter ok 22 norrmen po opdagelsefard fro winland of west wi hade läger  wed 2 skjar en dags rise norr fro deno sten wi war ok fiske en dagh äptir wi korn hem fan 10 man röde af blod og ded AVM fräelse af illy / här 10 mans we havet at se äptir wore skip 14 dagh rise from deno öh ahr 1362.

 

“ (Siamo) 8 Goti e 22 Norvegesi in viaggio esplorativo da Vinland verso occidente. Ci accampammo presso due isolette rocciose a un giorno di cammino a nord di questa pietra. Un giorno siamo usciti a pescare. Quando tornammo trovammo dieci uomini rossi di sangue e morti. Ave Maria salvaci dal male. / Abbiamo dieci dei nostri sul mare a guardia delle nostre navi, a quattordici giorni di cammino da questa isola. Anno 1362 ”

 

 

Coloro che ebbero per primi sotto gli occhi il documento si pronunciarono (e alcuni si pronunciano tuttora) contro l’autenticità della pietra. Più passa il tempo e più si ingrossano le fila di coloro che invece ne sostengono l’autenticità.

A proposito dei cosiddetti  “esperti”  va ricordato che sono responsabili di mostruosi danni al patrimonio storico-culturale quando hanno sentenziato sul falso di testi scritti o altri reperti archeologici che, quando invece qualcun altro ha dimostrato essere autentici, erano nel frattempo dispersi o distrutti irreparabilmente. Io per natura sono un conservatore e sostengo che la dichiarazione di “falso” per un qualsiasi reperto storico-archeologico dovrebbe essere lasciata per diritto alle generazioni di almeno un secolo posteriori. E soprattutto dovrebbe essere prerogativa collegiale di autorità scientifiche indiscusse con precise e totali competenze interdisciplinari nella materia, oltre alla certezza che siano anche persone equilibrate e sane di mente. Poiché di recente mi sono trovato di fronte alla dichiarazione di falso di una statuetta della regina egizia Tetisheri (XVII dinastia) perciò collocata nel museo dei falsi al British Museum,  spero che questa expertise, primo provenga da autorità indiscussa, secondo spero che il “falso”  non consista nel faccino da parigina della sovrana tanto simile a quello della sua parente di Crosso definita da Evans “la Parigina”, perché se così fosse suggerirei alle autorità britanniche di ricollocarla tranquillamente al suo posto originario che le compete. Tetisheri, si da il caso, è Europa, una indeuropea hurrita, e mi stupirei davvero se non avesse i tratti somatici europei invece di quelli presunti (da qualsiasi incompetente che si possa intervistare in giro) camitici. Il mio grido di allarme è: non date mai retta agli “esperti”, soprattutto quando sviliscono l’autenticità di reperti storico-archeologici. Nel dubbio lasciate questo diritto ai posteri. Il principio che deve guidare è che il documento è autentico fino a prova del contrario, non che il documento è falso fino a che se ne provi l’autenticità. E solo le massima autorità indiscusse e riconosciute si devono assumere la responsabilità della dichiarazione di falso (non il primo arrivato) che resterà sempre sulla loro coscienza in bene o in male.

Nel caso della pietra di Kensington è bastato che il primo venuto, sicuramente non il massimo esperto di runico riconosciuto allora nel mondo, affermasse che si trattava di falso, e tutti gli altri dietro per non sfigurare. Perché è certo più semplice e comodo schierarsi con la massa negando l'autenticità del documento (ci hanno provato anche col Disco di Festo) che sostenere l'autenticità e poi dover dimostrare la propria competenza nello sviscerare tutte le informazioni offerte dal documento stesso. In poche parole gli incompetenti e ignoranti trovano nella prima ipotesi la sola possibilità che hanno di avere i riflettori puntati su di loro. La Pietra, dopo l’accusa di falso, tornò alla fattoria di Olof Ohman e servì a tenere ferma una porta, certo deteriorandosi nel frattempo, fino a che nel 1907 fu scoperta da Hjalmar Rued Holand, uno scrittore di origini norvegesi, il solito dilettante che tormenta i sogni degli "esperti", che invece sostenne l’autenticità del documento acquistandolo dal suo proprietario e ricollegandolo alla spedizione guidata da Paul Knutson che si proponeva la cristianizzazione dei Vikinghi dell’occidente. Infatti nella libreria reale di Copenaghen si conserva l’ordine di re Magnus Erikson a Knutson

“Magnus, per grazia di Dio re di Norvegia, Svezia e Skania, invia a tutti gli uomini che vedano o odano (il contenuto di) questa lettera buona salute e felicità. Noi desideriamo rendere noto che voi, [Paul Knutson], prenderete gli uomini che saliranno a bordo della Knorr [il vascello mercantile reale], sia nominati che non nominati, dalla mia guardia del corpo a anche dai trattenuti di altri gentiluomini che voi potreste desiderare di portare con voi nel viaggio, e che Paul Knutson, che avrà il comando sulla Knorr, avrà la piena autorità di selezionare gli uomini più adatti come ufficiali o truppa. Noi vi chiediamo di accettare questo nostro comando con un giusto buon volere per la causa, tanto più che noi lo facciamo per l’onore di Dio e per la salvezza delle nostre anime, e per la salvezza dei nostri predecessori, che in Groenlandia hanno stabilito la Cristianità e l’hanno mantenuta fino ai nostri giorni, e noi non permetteremo che essa perisca ai nostri giorni. Sappiate questo per sicuro, che chiunque sfidi questo nostro comando incontrerà il nostro severo dispiacere e perciò riceverà una punizione esemplare.”

”Eseguito a Bergen, Lunedì dopo il giorno di Simone e Giuda nel 36 anno del nostro regno (1354). Da Orm Ostenson, il nostro primo ministro, sigillato.” (da me tradotto dall’inglese, vedi alla fine di questo lavoro *)

 

Ovviamente questo è un eccellente appoggio all’iscrizione di Kensington e bisognerebbe dimostrare che sia un falso per togliere questo sostegno alla medesima. Secondo Holand la spedizione vikinga seguì l’itinerario Baia di Hudson, Lago Winnipeg risalendo il Fiume rosso fino ad una località presso Kensington. La pietra è oggi esposta al  Rune-Stone Museum di Alexandria, Minnesota. Dei coloni vikinghi non si ritrovarono le tracce, mentre i superstiti della spedizione di Knutson tornarono in patria due anni dopo la data dell’iscrizione di Kensington. Le obiezioni all’autenticità della pietra di Kensington trovano puntuale risposta, ma sono per lo più indice dell’ignoranza della materia proprio da parte di chi avanza le obiezioni. Consideriamo le più frequenti:

 

1)     L’iscrizione è troppo lunga e non corrisponde all’usuale contenuto delle brevi iscrizioni vikinghe. Sarà vero, ma nel caso di specie Paul Knutson non aveva intenzioni archeologiche, bensì di far conoscere a successive eventuali spedizioni inviate dal suo re o di suoi successori le tracce del suo viaggio, nel caso quasi certo che fossero rimasti uccisi tutti dagli indiani, come una specie di rapporto.

2)     I vikinghi si spostavano solo via mare e lungo la costa. E’ impossibile che la o le navi siano state ancorate a 14 giorni di viaggio dalla stele di Kensington, perché il viaggio a piedi sarebbe durato un anno, non 14 giorni. E’ del tutto logico pensare che nel XIV secolo la situazione geografica dell’America del Nord fosse ben diversa da quella che è oggi e che il mare allagasse molte terre che oggi sono all’asciutto. Dunque i nostri viaggiarono (magari anche su canoe ad imitazione degli indiani) costa costa in luoghi che oggi sono terraferma. Inoltre l’espressione delle distanze in giorni di viaggio erano intese come il tragitto percorso da una nave in un giorno e dunque supposto che le navi fossero ancorate nella Baia di Hudson ciò collima con l’indicazione della stele. Il falsario deve essere stato ben sciocco a sostenere che la stele è stata piantata su un’isola in un lago, dato che oggi c’è la terraferma. Si sarebbe tolto dai pasticci semplicemente affermando che la stele era stata piantata sulla terraferma dove si erano dovuti addentrare per nascondersi dagli indiani, e così avrebbe fatto contenti gli “esperti”.

3)  Le obiezioni più gravi concernono la lingua e l’epigrafia. AVM, cioè AV(e) M(aria), è scritto in latino e non in runico. Gli esperti furono concordi nel sostenere la pietra falsa perché il latino era stato introdotto tardi rispetto alle comunemente note iscrizioni runiche dell’XI e XII secolo. Ma poiché non sapevano leggere i segni che poi si sono rivelati dei numeri (e dunque il falsario avrebbe dovuto saperne più di loro) e questi indicano una data tarda, il XIV secolo, la loro obiezione deve cadere. Secondo le convenzioni del latino medievale ci si attenderebbe una separazione fra AV e M, come un segno soprascritto a continuazione della V e infatti subito dopo la V nell’iscrizione di Kensington si trova un’apice, ma l’obiezione è che li lo scalpellino aveva tracciato due punti di separazione, poi prediligendo l’apice. Orbene nelle iscrizioni latine medievali cristiane è attestata anche la separazione mediante semplice punto (AV.) o, che nel nostro caso è lo stesso, due punti, e dunque l’obiezione cade. Lo scalpellino poteva scegliere fra l’una e l’altra soluzione e alla fine ha scelto la prima. Più grave è l’obiezione che il testo pare piluccare il lessico da diverse lingue scandinave, perfino dall’islandese (opdagelse), ma proprio questa mi pare la prova più sicura dell’autenticità della stele, proprio perché il falsario prima di tutto avrebbe cercato negli archivi e nelle biblioteche un testo del XIV secolo, ovviamente solo in svedese, o in norvegese (cioè le lingue della spedizione), non certo in islandese, e solo dopo avrebbe proceduto a copiare pari pari le parole utili e a comporvi il testo (a piacere) più conveniente, senza dunque commettere errori e magari eliminando quell’inutile AVM fonte di possibili critiche da parte dei posteri. E’ proprio il semplicistico piluccare a destra e a manca (laddove si presume si sia inciso con tanta maestria il runico e si è avuta l’accortezza di incastrare la lapide a faccia in giù fra i rami di un pioppo secolare, si è montata tutta la messinscena così sapientemente e pazientemente) che dovrebbe far propendere per l’originale. Infieriva la peste quando il re Magnus ordinò la spedizione, tanto che qualcuno ha sospettato che i dieci trovati morti non fossero stati uccisi dagli indiani, bensì dalla peste che li aveva contagiati in Europa. Lo scalpellino sapeva incidere rapidamente su pietra e non è difficile pensare che Knutson se lo sia portato dietro apposta, proprio per lasciare una traccia visibile e duratura (che non è certo il messaggio scritto nella bottiglia) nell’eventualità prevedibile e prevista di un insuccesso, ma uno scalpellino da cimitero è probabilmente anche ignorante e scarsamente acculturato. In ogni caso la moria di peste portò in Scandinavia fra il 1355 e il 1375 al cambiamento di lingua ufficiale e gli scribi subentrati agli altri deceduti si espressero in vernacolo, cioè scandinavo moderno. Non è difficile pensare che tutta la spedizione fosse composta da gente poco acculturata, e basterebbe considerare il vocabolario, poverissimo, dello stesso  re Magnus. La Svezia è, se così si può dire, uscita dal medioevo solo con Gustavo I Vasa, il re guerrafondaio legato alla di recente recuperata e restaurata nave da guerra Vasa affondata il 10 agosto 1628 nel porto di Stoccolma, presagio funesto, come annota la regina Cristina nella sua Vita, che accompagnò la partenza del re per la guerra contro la Germania, dove trovò la morte nel 1633. Gli successe sua figlia Cristina di Svezia, firmataria della pace di Vestfalia nel 1648. Avendo abdicato il 3 novembre 1655 ed essendo venuta a Roma (capitale dello Stato Pontificio) a dicembre dello stesso anno per liberarsi dall’oppressivo e allucinante perfino clima medievale di corte, condusse una vita da avventuriera e anche fuori della legalità, ma diede prova di una cultura  che, seppure abbastanza disordinata, doveva solo a se stessa. Si circondò a Stoccolma di scienziati, eruditi, filosofi e in Italia  fondò l’Arcadia e un’accademia Reale, ma si diede anche a discutibili (perché prive di fondamento scientifico) pratiche alchemiche (è legata ad un aneddoto riguardante le magiche iscrizioni sulla Porta Magica della villa del Marchese di Palombara oggi in piazza Vittorio Emanuele) e astrologiche dietro a personaggi che come quelli analoghi odierni sono tanto alla moda quanto privi di qualsiasi conoscenza significativamente scientifica, come il gesuita Athanasius Kircher, menzionato a sproposito nella storia della decifrazione della scrittura egizia. Cristina è l’unico sovrano straniero sepolto in San Pietro. Chiedo scusa per essere uscito dal seminato ma non c’è dubbio che una certa primitività e approssimazione culturale sia evidente ai tempi di Cristina, figuriamoci a quelli di Magnus Erikson. Per me la pietra di Kensington è il più antico manufatto databile della storia nordamericana.

 

  

(*) ”Magnus, by the grace of God king of Norway, Sweden and Skaane, sends to all men who see or hear this letter good health and happiness. "We desire to make known that you, [Paul Knutson], are to take the men who are to go in the Knorr [the royal trading vessel] whether they be named or not named, from my bodyguard and also from among the retainers of other men whom you may wish to take on the voyage, and that Paul Knutson, who shall be the commandant upon the Knorr, shall have full authority to select the men who are best suited either as officers or men. We ask you to accept this, our command, with a right good will for the cause, inasmuch as we do it for the honor of God and for the sake of our soul, and for the sake of our predecessors, who in Greenland established Christianity and have maintained it to this time, and we will not let it perish in our days. Know this for truth, that whoever defies this, our command, shall meet with our serious displeasure and thereupon receive full punishment.”

”Executed at Bergen, Monday after Simon and Judah's day in the six and XXX year of our reign (1354). By Orm Ostenson, our regent, sealed.”

 

 

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