dagli
Scritti
letterari di Leonardo da Vinci
Chi
disputa allegando l’autorità, non adopera lo ingegno, ma più tosto la memoria.
Nessuna
umana investigazione si po’ dimandare vera scienza,
s’essa non passa per le matematiche dimostrazioni.
E
se tu dirai che le scienze, che principiano e finiscono nella mente abbino
verità, questo non si concede, ma si nega per molte ragioni, e prima, che in
tali discorsi mentali non accade esperienza, senza la quale nulla dà di sé
certezza.
La
sapienza è figliola della sperienza.
Chi
biasima la somma certezza della matematica si pasce di confusione, e mai porrà
silenzio alle contraddizioni delle sofistiche scienze, colle quali si impara
uno eterno gridore[1].
Molti
mi crederanno ragionevolmente potere riprendere allegando le mie prove essere
contro l’alturità[2] d’alquanti
uomini di gran reverenza apresso de’ loro inesperti iudizi, non considerando le mie cose essere nate sotto la
semplice e mera sperienzia, la quale è maestra vera.
Se
bene come loro non sapessi allegare gli altori[3], molto maggiore
e più degna cosa allegherò allegando la sperienzia,
maestra ai loro maestri. Costoro vanno sconfiati[4] e pomposi,
vestiti e ornati non delle loro, ma delle altrui fatiche, e le mie a me
medesimo non concedano; e se me inventore disprezzeranno, quanto maggiormente
loro, non inventori ma trombetti[5] e recitatori
delle altrui opere, potranno essere biasimati.
E’
da essere giudicati e non altramente stimati li omini
inventori, enterpetri tra la natura e gli uomini, a
comparazione de’ recitatori e trombetti delle altrui
opere, quant’è dall’obietto fori dello specchio alla similitudine d’esso
obietto apparente nello specchio: che l’uno per sé è qualche cosa, e l’altro è
niente.