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Per La Stellina di Medjugorje

Una speranza per tutti noi
La malattia è un destino. Si ammala chi è felice e spensierato; chi è triste o stressato; chi si cura della propria salute ma anche chi non se ne dà affatto pensiero. Tutti possiamo ammalarci.
Ci sono pagine scritte chissà dove e per chissà quale motivo che vogliono che il Libro della Nostra Vita diventi, ad un certo punto, buio, oscuro, difficile da vivere e da leggere.
Forse nella nostra limitatezza, riusciamo solo ad intuire il perché della sofferenza, il suo significato più intimo e veritiero.
Un giorno tutto ci apparirà più chiaro, ma anche adesso che ci troviamo qui, in questo mondo fugace e limitato, non possiamo fare a meno di constatare che anche nei percorsi più tortuosi e dolorosi è possibile guardare le cose da un'altra prospettiva, dare valore anche alle piccolezze, vedere il nostro cammino sotto un'altra Luce. Forse a volte è necessario il decadimento dei corpi per vedere emergere altre qualità, altre luci, lontane dalla materialità ma necessarie al sostentamento e alla cura delle anime. E questo percorso coinvolge non solo la persona malata ma anche coloro che la circondano.
Siamo nel 2011, Mariangela ha da pochi mesi superato il traguardo dei ventuno anni. E' un'età meravigliosa, piena di sogni, battaglie, progetti. Mariangela adora la sua famiglia tutta, stravede per il padre, la madre e il fratello; ha un fidanzato che adora -ricambiata- e vorrebbe a sua volta costruire una propria famiglia.
I progetti e le qualità ci sono, le possibilità pure, sia nello studio che nel lavoro. Lei si trova in quell'età in cui tutto comincia a prendere forma, in cui ci si imbatte nella realtà e si combatte per trasformare le proprie aspirazioni in concretezze.
E' una ragazza con uno splendido sorriso, di quelli che ti investono e ti riempiono di luce e ti scaldano il cuore, e i suoi occhi grandi e belli guizzano e sorridono anche loro mentre parla o ti sta ad ascoltare.
Il suo sguardo è aperto e amorevole e la sua voce è dolce e piacevole. I suoi capelli sono neri e fluenti, la sua pelle chiara e radiosa, i suoi modi sono gentili e educati. Non è mai invadente, mai maleducata, se usa espressioni colorite è solo per il piacere della risata e con la sua simpatia, la sua risata e le sue espressioni in dialetto siciliano riesce a conquistare l'affetto e l'attenzione di molti.
I bambini la adorano, lei sa come farsi volere bene: a volte nipotini e figliocci litigano tra di loro per avere l'esclusiva di starle in braccio, per stringerla e abbracciarla. E lei li riempie sempre di regalini e di baci.
Ama i vestiti e fare shopping, ma non è una fanatica della moda e delle marche; è solo perché le piacciono le cose belle. Ha il gusto del bello. E' credente, crede fermamente nel Giudizio finale di Dio. Ha sempre un pensiero e una preghiera per il nonno che l'ha lasciata da poco.
Purtroppo non sempre tutto va come vorremmo, e non sempre le persone che amiamo possono restare con noi.
Mariangela avvertiva da qualche tempo dei fastidi, all'apparenza banali.
Ma una sera, ai primi di ottobre, i dolori si fanno più forti, e il fratello decide di accompagnarla al Pronto Soccorso. I dottori capiscono subito che c'è qualcosa che non va.
Viene ricoverata e sottoposta a diversi controlli, purtroppo la diagnosi è delle peggiori: adenocarcinoma dello stomaco, un cancro in fase localmente avanzata.
Mariangela è ovviamente sconvolta, ma cerca di frenare le sue reazioni, i suoi pianti, soprattutto per non scoraggiare i suoi cari. Mari vuole rimanere qui, in questo mondo, con le persone che ama, e lo ripete diverse volte. La forza che esprime, nonostante le sofferenze, ha dell'incredibile.
I giorni si susseguono duri e bui, spesso costretta a letto da dolori atroci e dagli effetti collaterali degli interventi chirurgici e della chemioterapia. Eppure trova la forza quando sta bene di fare piccole passeggiate, anche nei corridoi degli ospedali, trascinandosi il carrello delle flebo, e di godersi il sole seppur da dietro una finestra d'ospedale. Alla fine del mese di Novembre, Mari torna a casa ma continuerà a recarsi periodicamente in ospedale per sottoporsi ai cicli di chemio. Decide allora di allontanare il fidanzato, perché è lacerata da mille pensieri e sensi di colpa e vorrebbe liberarlo dal carico di sofferenze.
Passano i giorni tra alti e bassi. Inizia un nuovo anno. La madre non la lascia sola un attimo; il fratello cerca sempre di intrattenerla e farla ridere, di sollevarla con battute e scherzi, e spesso ci riesce, il padre lascia il lavoro per dedicarsi anima e corpo a lei, con grande sacrificio di risorse.
Ad aprile la Tac è incoraggiante e i familiari sono speranzosi.
Intanto nel cuore di Mari la Fede è cresciuta ogni giorno di più. Una signora le aveva regalato un fazzoletto, benedetto, della Madonnina di Medjugorje…..che diventerà la 'sua' Madonnina.
Si incoraggia vedendo che anche gli esami del sangue migliorano, ma sa bene che la Fede non è una questione di scambio: vuole soltanto vivere fino in fondo questa esperienza mistica, accettando tutto ciò che Dio ha in programma per lei. Nonostante la sua salute, comincia a pensare e pianificare un viaggio a Medjugorje. I medici le danno il permesso di partire.
Mari parte assieme ai suoi genitori e a un gruppo di preghiera di Palermo, L'Oasi della Speranza.
In questo gruppo conosce persone che la aiutano a realizzare così il suo sogno, quello di incontrare finalmente la sua Madonnina. La sera del 27 giugno effettuano la partenza dal porto di Palermo, Mari sta discretamente; recita in camera le preghiere come ogni sera. Dopo una prima tappa a Pompei, dove assiste alla Santa Messa, Mari riparte con il resto della comitiva in direzione di Pietrelcina. A causa del caldo, Mari decide di rinunciare al giro nella cittadina di Padre Pio, e rimane al ristorante dove aveva pranzato con il resto del gruppo. E' tranquilla e recita il Rosario.
Dopodichè si va a Bari da dove avverrà l'imbarco per Dubrovnik.
La traghettata dura circa dieci ore e poi ci vogliono altre quattro ore di pullman. Ma finalmente, dopo tanto caldo e tanta fatica, Mari è nella terra della sua Madonnina. Le lacrime iniziano a rigare il suo viso già quando intravede il cartello con la dicitura 'Medjugorje'. Quindi si reca alla Chiesa di San Giacomo, e lì il pianto dirompe completamente per la gioia e lo stupore di trovarsi in un luogo santo. L'indomani, Mari con la mamma e il papà e gli altri del gruppo di preghiera, inizia la scalata del Monte Podbrdo, nella cui cima si trova la statua della Vergine che testimonia il luogo delle apparizioni mariane. Incredibilmente Mari riesce a compiere tutta la scalata, nonostante le sue condizioni, il caldo e il cammino accidentato. Sembra quasi che una forza invisibile la sostenga e la spinga sempre più forte, sempre più in alto tanto da farle esclamare "Ma Chi mi ha preso in braccio?". In quelle ore anche il suo fisico sembra rinato, sente meno le sofferenze della malattia, tant'è vero che può permettersi di consumare solo due dosi di antidolorifico invece delle sette che i medici le avevano prescritto per l'intera durata del viaggio.
Mari si mette in ginocchio, in lacrime, dinanzi alla statua della Madonnina. Prega e depone delle foto sue e dei suoi cari ai piedi del simulacro. Finisce il percorso riscendendo a valle, con la stessa serenità e lo stesso entusiasmo con cui era salita e continua il suo pellegrinaggio, assistendo alle Sante Messe in italiano e ad uno dei suoi passatempi preferiti: lo shopping! Mari acquista tanti regalini per sé e soprattutto per gli altri. Il due luglio si alza di buon mattino per recarsi nel luogo dove la veggente Miriana sta per ricevere un nuovo messaggio dalla Vergine. Purtroppo non riesce a vedere Miriana, a causa della folla di persone che crea un muro invalicabile tra lei e la veggente. Rimane comunque lì a pregare in attesa di leggere il messaggio della Madonnina, che le viene portato in una lettera da Franco, il capo-comitiva.
Il viaggio di ritorno ha però una brutta sorpresa in serbo per Mariangela. Durante la sosta al porto di Dubrovnik, una caduta accidentale le provoca una frattura composta del femore. Torna in Italia dolorante, e dopo il ricovero all'ospedale di Avellino ritorna a casa sua, prima a Palermo e poi a Montemaggiore Belsito. Le sue condizioni peggiorano. Arrivano i responsi dell'ultima Tac eseguita a giugno. Purtroppo il male è avanzato ancora.
L'immobilità dovuta alla frattura, provoca un aumento violento dei dolori all'addome, tanto da costringerla a un ricovero d'urgenza. L'amore e la preoccupazione per la figlia spingono il padre, con l'aiuto del fratello di Mari, a cercare un posto dove possa trascorrere con dignità questo periodo così difficile. Alcuni amici del gruppo L'Oasi della Speranza suggeriscono e facilitano il ricovero a Palermo in un Centro di Terapia del Dolore altamente specializzato. E' lì che Mariangela passerà gli ultimi giorni della sua ricca e travagliata esistenza. Ma nel mentre i suoi genitori non si arrendono. Il padre effettua dei viaggi per parlare con altri dottori, per non lasciare nessuna strada intentata. Prima a Milano, dove il papà si reca da solo, e poi a Roma in compagnia di Mari e di tutta la famiglia. Ma purtroppo i responsi sono unanimi: il male nonostante i mesi di chemioterapia non è operabile e le speranze di salvarsi sono quasi nulle.
Mariangela è perfettamente consapevole delle sue condizioni e capisce quale sarà il probabile epilogo della sua vicenda terrena. Ma vuole continuare con la chemio, non vuole arrendersi, né lei né i suoi genitori. Mai, neanche nei momenti in cui il dolore la faceva contorcere e stringere al letto, mai ha invocato la morte. Non ha mai smesso di lottare. Ma le sue condizioni peggiorano, proprio quando un'altra Tac aveva evidenziato dei miglioramenti.
Anche nelle ultime ore Mari non abbandona mai la preghiera e soprattutto il Santo Rosario, tanto che un medico esclama: "Ma ce l'hai incollato alla mano?!". Ormai è rassegnata e serena. Dice che in questa vita ha esaurito i suoi compiti, e adesso deve andare Altrove, dalla sua Madonnina adorata. Utilizza il tempo che le rimane per rinnovare il suo continuo "grazie" ai medici per l'aiuto che le hanno fornito. Non si stanca mai di ringraziare "le amiche del suo cuore", come era solita chiamarle, la cui vicinanza "le dava una forza abnorme" cosi come lei stessa ripete. Mari non dimentica proprio nessuno, infatti chiede alla sua adorata "mammina" di porgere i più sentiti ringraziamenti a tutte le persone che in questi mesi hanno pregato per la sua guarigione, in modo particolare a Padre Domenico e ai membri dell'Oasi della Speranza.
Chiama al suo capezzale il fidanzato, con il quale scambia gli ultimi baci e le ultime parole d'amore. Il suo 'ti amo', ripetuto fino agli ultimi istanti, è detto con un filo di voce e si posa delicatamente come le sue carezze, mentre i suoi abbracci e i suoi baci sono calorosi e unici.
Raccomanda a tutti, soprattutto alla madre, di non piangere. Lei sarà felice nella sua nuova Vita. Parlando con la mamma, predispone ogni particolare della sua cerimonia funebre.
Vuole che il suo funerale sia come una festa, un grande matrimonio con petali e fiori bianchi per festeggiare le sue nozze con Dio, con le musiche e le canzoni della Madonnina di Medjugorje. Ha desiderato e ottenuto che a casa sua venisse costruita una nicchia con la statua della Vergine. Ha voluto la Sua Madonnina al proprio fianco fino agli ultimi istanti, ed infatti l'immagine con il volto della Madre Celeste l'ha accompagnata in un quadro accanto a lei; questa stessa immagine si è poi come trasposta su di lei, sul suo volto diventato sempre più simile a quello di Maria. Il suo messaggio è un messaggio di Fede e preghiera; fino all'ultimo ha ripetuto che vuole che tutti noi recitiamo ogni giorno il Santo Rosario, e se fosse guarita il suo desiderio sarebbe stato di andare a vivere a Medjugorje ad assistere Suor Cornelia nella cura dei bambini orfani e bisognosi. Nelle ultime ore ha rifiutato la sedazione completa, perché voleva rimanere vigile e cosciente fino alla fine, continuando a fare cenno con il dito ai cari che la circondavano di fare silenzio e di non piangere.
Il suo corpo e il suo viso sembravano emanare un'energia, un amore, una forza tenera e luminosa che quanti le stavano vicino avrebbero voluto non allontanarsi nemmeno per un istante dal suo letto.
Alle 18,40 circa del 23 agosto lascia questo mondo. "Qui non posso più vivere, vado in un'altra Vita e in un altro Posto dove sarò felice, ma non vi lascerò mai".
Raccontato da mamma Antonella e scritto da Antonio Sanzone



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