INTERVISTA AI CHE SUDAKA

 A CURA DI PAULA PITZALIS E “EL MAGO”.

 

Che Sudaka: due dischi in Europa che stanno ottenendo un successo di pubblico. Chi siete oggi, la vostra “personalità”artistica, e chi…eravate ieri…

Chi eravamo e chi siamo? “Bueno!” Prima eravamo gli stessi di oggi , lottiamo di giorno in giorno nel senso che cerchiamo di vivere la nostra vita nella sua quotidianità, lavorando con la nostra musica sia a livello spirituale che culturale ed anche a livello economico perché la musica è il nostro principale lavoro.

Perché avete scelto Barcellona ?

Non saprei risponderti però sapevamo che era una città culturale dove avremmo potuto lavorare. Per esempio suonare nella strada.

Per questa ragione avete scelto il nome di Che Sudaka per la band?

Che Sudaka si formò un anno dopo che venimmo a Barcellona. Era il titolo di una canzone di “Correcaminos” che fu la nostra anteriore banda a Mar de Plata in Argentina e parlava di un essere che doveva cambiare per cercare d’essere migliore. Giustamente il ritornello diceva “ Che Sudaka”, e fu ciò che dovemmo cercare qui in Europa, cambiare un montone di cose per cercare soprattutto d’essere persone migliori.

Sono cambiate queste cose?

Stanno cambiando di giorno in giorno. Credo che per quanto possiamo seguitare a sbagliare o cadere continueremo a risollevarci con tanta speranza di continuare ad apprendere tante cose qui in Europa nel conoscere gente, luoghi e persone e riflettere sulle nostre esperienze fatte.

In un’intervista di Manu Chao, egli disse che quando lavorava con Radio Bemba decise di andare in Sud America in modo che i suoi artisti conoscessero da vicino le realtà che cantavano nelle loro canzoni. Adesso invece avviene il contrario.Una band latino americana viene in Europa. Quale realtà vedete voi in Europa?

Qui vediamo tante realtà che non sono così tanto buone. Il Sud America ne ha mille, anzi milioni di problemi ma di altro genere. L’Europa ha la noia, imborghesimento, ha molto e non sa utilizzarlo e il surplus imputridisce perché non sa utilizzarlo. Noi invece siamo un poco al di là…come posso spiegartelo in modo semplice…cerchiamo di approfittare di tutto il tempo…nel senso che l’Europa ha il tempo per respirare. Il Sud America e l’Africa , per esempio, non hanno tempo. Qui in Europa vi è questo, rimangono alcuni minuti per pensare.

Come lavorano i Che Sudaka? Nel senso come nascono le canzoni, la musica e le parole?

Non ci sono maniere particolari nel lavorare. Io sto sempre scrivendo canzoni ogni giorno.Scrivo testi mentre viaggio in treno…porto con me sempre un libricino…ed anche mio fratello, l’altro cantante,ed anche compositore di testi, “buttiamo giù” nel foglio le nostre canzoni…Siamo come i giornalisti,no? Andiamo in giro raccontando ciò che vediamo e poi diamo le nostre opinioni.La musica la scriviamo al 100% con la Band.La band era la stessa con la quale suonavamo per la strada e quelli che di turno suonavano con noi.Oggi è più di una Band, sei persone,quattro argentini e due colombiani. La maggioranza tra noi , almeno quattro, ha 31 anni, un altro 26 e 28…

Ciò significa che già avete le vostre esperienze e personalità artistiche  delineate…

Sì! La band è già da un anno e più che ha la sua formazione stabile ed a Barcellona si fa sempre più difficile mantenere per un anno e mezzo la stessa gente nel gruppo.

Perché?

Perché Barcellona è una città di passaggio. Poca gente si ferma a Barcellona a vivere. A noi è accaduto di venire qui e cercare di costruire qualcosa di più permanente, ossia di usarla come base. Adesso abbiamo una base a Buenos Aires, un’altra a Mar de Plata, un’altra a l’Hospitalet de Llobregat, una nuova in Galizia e poi chissà quelle che incontreremo di qui a poco.

Una musica che come i pastori è nomade? Un nomadismo musicale? E se è così possiamo definire la vostra musica il nomadismo musicale dei Che Sudaka?

Sì!Ciò nasce a Barcellona e che è quello che più ci piace di qui. È un luogo dove stando tranquillo in un bar una notte sorseggiando una birra puoi viaggiare per venti paesi diversi, se te lo proponi, senza pagare un euro. Solamente, se presti l’udito a tutta la gente che ti circonda, l’immaginazione vola e se uno ha il tempo di lasciarla volare… per questo motivo che puoi cantare in “euskera” (lingua del popolo basco), in portoghese… ecc…nel disco puoi trovare anche un tipo che canta in sardo…e così a seguire fino a che si ha voglia di prestare l’attenzione a ciò.Ci sono persone di tantissime nazionalità a Barcellona che vivono alla giornata e mai sai quanto ci possono insegnare ognuno di loro.

In Italia vi è una band che si chiama “Elio e le Storie Tese” che registra dal vivo i suoi concerti e dopo questi rivende subito i CD al pubblico. Questo sembra essere il nuovo mercato alternativo discografico rispetto a quello tradizionale. Inoltre in questi ultimi mesi una band come i Rolling Stones iniziò il suo tour da Toronto in Canada facendo pagare l’entrata a 9 euro. Che pensi di ciò?

Io penso che noi musicisti ci dobbiamo preoccupare più delle nostre canzoni e musica e di regalarla…

…va bene…ma dovete anche vivere e mangiare…

…va bene ma regalandola si conseguono anche altre tantissime cose. Non so come spiegarlo ma si può vivere di “baratto” anche all’interno della musica. Uno può fare musica per un sorriso ed un sorriso porta amicizia…e questa amicizia porta altro…ci si rilassa di più. Non so, con la “Colifata” abbiamo venduto cinquemila copie nel quartiere e ne abbiamo regalato duemila. Con il “ Trippie Town”, il primo disco dei Che Sudaka, fu uguale,ne abbiamo venduto cinquemila e regalato due mila. “Dare per ricevere” ed è chiaro che siamo abituati alle cose materiali, alle case discografiche e multinazionali che da anni sono la Mafia della musica…adesso di colpo sembra che di colpo sia scomparsa…non sono molto certo che ciò sia finito ma una cosa è certa la mafia si maschera in altri modi. Sì lei continua a lavorare in altri modi. Chi sono i padroni delle compagnie di Internet? Suppongo la stessa mafia,no? Internet è libera ma loro o lei continua a guadagnare soldi per tutto il mondo. Sicuro!

Ci sono dei temi dei Che Sudaka ai quali siete più legati rispetto ad altri? Sempre vi è una canzone che nacque  in un determinato momento

Non so. A me piacciono tutte. Tutte le vecchie e tutte le nuove e tutte quelle della band anteriore. Tutte sono una foto. Nelle foto uno esce spettinato, in altre bene ma tutte sono fotografie che compongono una storia globale e nel globale mi piacciono tutte, le buone e le non. Alla gente non so. Avrà la propria visione dell’album dei Che Sudaka.

È un vissuto umano dove ogni canzone ha un migliore o peggior significato?

Forse chi le ascolta le vive in questo modo…

Che si riflette in loro in un determinato momento?

Ci riflettiamo noi nel momento di suonarle…io continuo ad essere innamorato delle canzoni ogni volta che le suoniamo…ossia se non sento emozioni per una canzone non la posso suonare…che sia mia o di altri. Sì, una canzone di qualsiasi band che mi piaccia deve “ mover la vena” , creare sentimento e se mi suscita un’emozione è già parte delle mie storie.  

Al di fuori della tua area musicale, quale è il tuo sogno? Il tuo sogno ed il sogno dei Che Sudaka.

Il mio sogno personale è di continuare a vivere con serenità di giorno in giorno …e che la gente stessa lo viva…Questo è un sogno…e il sogno dei Che Sudaka credo che sia di continuare a  convivere tra noi e con le persone che abbiamo incontrato nel cammino ed anche …ritornare a casa , ritornare al luogo dal quale partimmo,in Colombia quelli che sono colombiani, a Mar de Plata quelli di Mar de Plata e Buenos Aires quelli di Buenos Aires. Suonare per la gente che ci vide iniziare molto tempo fa e che la band il giorno che morirà, muoia in un modo degno.Muoia nel momento in cui deve morire e che non prolunghi la sua agonia come accade alla maggioranza delle bands. Questo è il sogno che vorrei per i Che Sudaka.

Progetti attuali? Nel cassetto ce ne sono sempre.

Ce ne sono molti! Registrare…abbiamo un tour più avanti. Giungiamo da un tour per noi alquanto lungo dalla Bretagna e dalla Galizia. Adesso viaggeremmo per la Germania, la Repubblica Ceca, Olanda, Svizzera, Austria,…chissà se il prossimo anno viaggeremo in Sud America…poi dobbiamo registrare un altro disco ma questo avverrà un poco più in la…e nell’ambito personale cercare di relazionarmi con la maggior quantità di gente possibile che sta facendo musica per associarsi e rendere le situazioni più facili per tutti.

Internet in questo modo può facilitare i contatti?

A me Internet sembra essere qualcosa di favoloso. Di fatto lo uso molto. Come strumento è molto importante oggi nel raggruppare la gente ma il problema è che , ne sono sicuro, usando Internet continuiamo a dare da mangiare agli stessi “cabrones” di sempre.

Si sta discutendo moltissimo oggi sul controllo di Internet e che gli stati devono avere su di esso. Secondo il tuo parere giungeranno a controllarlo?

Ciò è la violazione della privacy della persona. Loro possono fare con noi quello che vogliono. Hai visto che se uno vive in Iraq , per esempio, no ha diritto a nulla? Neanche alla vita…qui tuttavia ci fanno credere di essere liberi e per questo ti dicevo che in Europa c’è tempo ma in altri luoghi già non rimane tempo…Tu mi puoi chiedere che cosa penserei io se tra qualche tempo  ci controlleranno la posta elettronica…in Iraq non domandano…vanno ad uccidere la gente direttamente…così…per niente.

Los Cachos dei Che Sudaka:chi sono e che rappresentano?

Per me los Cachos dei Che Sudaka sono un “cavo” a terra nell’ambito professionale perché è il più semplice che abbiamo fatto, a parte di suonare per la strada,ed è incredibile che alla gente piaccia…e perché con una chitarra spagnola, un “cajòn” ed un basso, che la gente balli…a noi fa venir la pelle d’oca!(ridiamo).

Abituati da anni a suonare musica elettrica non conoscevamo la musica acustica. Da quando giungemmo a Barcellona, a parte il fatto di avere la nostra band punk, una band rumbapunk e reggae acustica è un’altra questione ed è anche un “cacho” dei Che Sudaka. È lo spirito dei Che Sudaka.

Una domanda personale, che rappresenta questo tatuaggio?

Questo tatuaggio è una carta di un mazzo di carte di mia  madre che è una parapsicologa e che significa nel tarocco egiziano: il dispensatore. Egli rappresenta colui che ci invia le cose dall’alta che in un’interpretazione personale sarebbe l’universo. Noi dobbiamo preoccuparci per seminare semi sani e poi raccogliere la semina.

Sei tu il pensatore del gruppo nel senso che hai un ruolo importante nella band?

No! Siamo come una squadra di calcio. C’è chi fa i goal,chi organizza il gioco,ecc.Per fortuna che i Che Sudaka oggi sono una squadra. Ed io sono parte della squadra…

Le copertine dei dischi rappresentano alcune immagini colorate e particolari. Perché?

Rappresentano un poco la confusione che abbiamo oggi tutti gli esseri umani nella testa in occidente. Abbiamo una mescolanza di simboli come la televisione,informazione, disinformazione, prodotti di qui e prodotti di là, simboli religiosi, mostri che ci vogliono divorare.

Che significa il titolo del disco: “Alerta Bihotza”?

In “euskera”significa “Attenzione Cuore”.

Perché “ Attenzione Cuore”?

Per lo stesso motivo del quale ti riferivo prima…perché c’è poco tempo per pensare…è il momento di attuare e di muoverci con il cuore.

Pensare con il cuore e lasciare la mente?

Pensare ed agire.Il cuore è come la musica che fanno i Che Sudaka. È ciò che ti sveglia ogni giorno per continuare ad andare avanti. Se il cuore non pulsa non c’è speranza.No?