Maniago è il più grosso centro della Pedemontana pordenonese, posto allo sbocco delle valli del Cellina e del Colvera. Confina con Montereale Valcellina, Andreis, Vajont, Frisanco, Fanna, Cavasso Nuovo, Vivaro e San Quirino. Dista 26 chilometri da Pordenone. Ha un'altezza di 283 metri sul livello del mare (piazza Italia), una superficie complessiva di 69,58 kmq e 11.289 abitanti. Comprende le frazioni di Campagna, Dandolo, Fratta, Maniago libero.
Le famiglie sono 4 mila 343, 5680 i maschi e 5609 le femmine. Gli stranieri residenti sono 424, l'etnia più rappresentata è quella albanese con 189 abitanti, segue quella marocchina con 56, 26 dal Bangladesh. Circa 400 gli appartenenti alle forze armate che risiedono a Maniago. Nella frazione di Campagna i residenti sono 1074, a Dandolo 424. Centoventicinque i km di strade, 21 di rete fognaria. Quattordici le aree verdi e 1920 i punti luce di illuminazione pubblica.
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QUANDO LA SERENISSIMA ARMATA CONQUISTÒ IL CASTELLO |
di ANGELO MAZZOTTA |
Pare sia stata la
presenza, in epoca romana, di una miniera di ferro sui fianchi della riva
scoscesa del torrente Colvera a dare l'avvio a quella che doveva divenire
la più nota e celebrata produzione di Maniago : le coltellerie. Oggi
coltelli, forbici, utensili da cucina fabbricati a Maniago raggiungono i
mercati di tutto il mondo e il Made in Maniago è una delle celebrate
griffes italiane. Se la storia della miniera romana sul Colvera non ha
basi documentate, è invece certo che intorno al XIV secolo fiorirono in
loco i battiferro, con la produzione di arnesi per l'agricoltura, la vita
domestica, le botteghe artigiane. La prima notizia certa di questa attività
è del 31 marzo 1380 e si riferisce a tale Linussio, che produceva falci
messoie, roncole, coltelli e altri arnesi in ferro battuto. La fama si
sparse e insieme a questi strumenti pacifici cominciarono ad arrivare
commissioni anche per la produzione di armi: pugnali, spade, punte di
alabarda, giavellotti e, infine, man mano che gli artigiani maniaghesi
miglioravano la loro capacità, anche armature per uomini e cavalli.
A Maniago , comunque, le armi non ci si limitava a produrle, si sapevano anche adoperare. Infatti la storia locale è costellata da imprese belliche, sia in difesa che in attacco. È il 981 quando per la prima volta si parla di Maniago in un atto ufficiale: da Ravenna l'imperatore Ottone II sancisce il dominio del Patriarca di Aquileia su corte, pieve e monte di Maniago . Molte indicazioni, oltre alla citata storia della miniera di ferro in Val Colvera, tuttavia fanno pensare che nella zona già in epoca romana vi fossero insediamenti, probabilmente militari. Lo stesso toponimo potrebbe derivare dal latino Manlius, dal nome dalla famiglia romana che aveva avuto in assegnazione il territorio. Alcuni frammenti databili all'VIII secolo indicano pure una probabile presenza longobarda. Il Patriarca d'Aquileia nel 1195 assegnò il paese, con castello e territorio, a una famiglia di nobiltà locale, che assunse, come era d'uso, il nome di conti di Maniago . Fu certo una buona scelta, tenuto conto dell'energia con la quale i nuovi signori di Maniago , appena una ventina d'anni dopo (1216), seppero respingere gli assalti al castello - costruito su un rilievo alle spalle dell'abitato, in posizione dominante - delle agguerrite soldatesche di due insegni uomini d'arme come Ezzelino da Romano e Vecellone da Camino. Lo stesso accadde nel 1309, in una contesa tutta friulana quando Enrico di Prampero e Gualtierpertoldo di Spilimbergo, alleati con quelli di Fanna, invasero Maniago , bruciarono il paese e diedero l'assalto al castello. Gli andò male anche stavolta. Il conte di Montepace, che guidava gli armati nel maniero, li respinse infliggendo loro gravi perdite. Guartierpertoldo ci rimise la reputazione, scappando a rifugiarsi nel castello di Montereale, Enrico di Prampero addirittura la vita, finendo decapitato nel castello di Udine. I Maniago , schieratisi contro la candidatura del cardinale francese Filippo d'Alencon, furono protagonisti anche nella lotta per l'investitura del Patriarcato d'Aquileia, durata dal 1365 al 1392. Per tre volte i partigiani del francese assaltarono il territorio, ma furono più volte battuti dai maniaghesi, guidati in battaglia dai conti Luchino, Odorico e Bartolomeo. Sconfitta cruenta: il Carrara rimase ucciso con 120 dei suoi, e altri 300 furono feriti. Non contenti, i Maniago contrattaccarono assaltando e saccheggiando 12 paesi alleati con i Carraresi. Ma anche per il castello di Maniago venne l'ora della capitolazione: nel 1420 fu espugnato dalle truppe della Serenissima, che conservò il dominio del territorio fino alla caduta della Repubblica, nel 1797. Quel che successe dopo fattelo dire a voce dall'ultimo conte di Maniago:
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