Max Gazzè 

La lingua erudita del pop


di Andrea Silenzi - da "Musica!" 25 ottobre 2001

Il musicista romano pubblica il nuovo 
disco "Ognuno fa quello che gli pare?",
cercando un nuovo punto di equilibrio
fra musiche e parole

«Forse in questo disco c'è meno comicità rispetto al passato. L'ironia è meno palpabile, ma questo dipende solo dallo stato d'animo del momento. Non è una scelta definitiva: anzi, magari il prossimo disco lo registro con l'organo Bontempi dei bambini». Max Gazzé è un musicista che agisce d'istinto. eclettico, ed è animato da una curiosità che lo porta a entrare in contatto con mondi apparentemente inconciliabili con il suo Per il suo nuovo album, l'artista romano ha scelto un titolo emblematico: Ognuno fa quello che vuole? Un dubbio lecito nell'era dell'omologazione intellettuale e, poveri noi, della guerra. «E un disco partorito d'istinto» spiega l'autore «quando sono entrato in studio avevo già scritto ventiquattro canzoni. Poi ne ho scelte dieci, senza però seguire un progetto particolare. Ogni brano ha una sua ídentita e segue una sua direzione naturale. Forse alcune canzoni pretendono un ascolto più attento perché io e mio fratello - è lui che scrive i testi - stiamo cercando di lavorare su un linguaggio diverso. L'obiettivo è quello di dare alle parole un significato più preciso, addirittura più pastoso. E un tentativo di proporre un modo inusuale di raccontare le storie: con tutte le differenze del caso, il linguaggio delle canzoni può somigliare alla poesia, nel senso che aiuta a catturare uno stato d'animo, una sensazione. Anche per questo ho cercato di contrappuntare il significato delle parole con la musica. Magari è difficile riuscire a capire tutto questo già al primo ascolto, però vale la pena di tentare».

Gazzé è stato uno dei primi, in Italia, a capire l'importanza delle collaborazioni. Il suo obiettivo, però, va ben oltre la possibilità di realizzare dei duetti che nascono soltanto per pure opportunità díscografiche. «In questo disco ho inciso brani con Carmen Consoli (Il motore degli eventi), con Paola Turci (Il debole fra i due), con Francesco Magnelli (che ha prodotto Niente di nuovo). Con Carmen e Paola abbiamo fatto anche alcuni concerti nei mesi scorsi. Sono due artiste vere, che mi hanno molto influenzato, al punto che mi sono accorto di aver cantato un brano con lo stesso stile di Carmen. Però credo che le collaborazioni siano l'unico modo per far crescere la musica. Mischiare le carte è l'unica maniera per non restare infossati nel proprio mondo. Alla fine, è proprio dai contrasti che. possono nascere nuovi generi».

I tragici fatti di New York non hanno lasciato indifferente nemmeno un artista decisamente fuori schema come Gazzé:

«Non amore è un brano ispirato a quelle tragiche immagini. Uno scritto di getto, proprio quel giorno: sono andato via dallo studio di registrazione e l'ho scritto a casa. Non sono fatti che , possono essere ignorati: come persona mi rendo conto che le cose stanno cambiando, ma voglio pensare che tutto questo possa servire a far chiudere il cerchio per trovare davvero una pace stabile. Oggi il mondo è troppo piccolo, con Internet e la televisione che rimandano immagini da ogni parte del mondo. Nessuno può più far finta di niente di fronte ai bambini che muoiono o al flagello della fame. La speranza è di poter vivere tutti insieme sullo stesso pianeta. Certo, il mondo non si salva con le canzoni, ma ci sono casi in cui mi sento in dovere di inviare qualche messaggio. Nella storia della musica è sempre successo: è molto difficile non restare condizionati dagli eventi».

Serio, ma non serioso. Condannato al cambiamento dalla sua impossibilità di essere normale. Max Gazzé continua a lasciare aperte le porte del suo laboratorio musicale regalando suggerimenti e suggestioni. Come in Eclissi di periferia, commovente visione di un un intero quartiere-mostro che si alza in volo come un astronave e si dirige direttamente verso la Roma bene dei Parioli tra la gioia dei suoi abitanti. Fantasie surrealiste, cínquant'anni dopo il Miracolo a Mílano raccontato da De Sica. Oggi al posto del Duomo c'è un serpente di cemento lungo 2 chilometri. Eppure anche lì può nascondersi una poesia.