Virgilio - Georgicon
Liber I

vv. 1-31

Quid faciat laetas segetes, quo sidere terram
vertere, Maecenas, ulmisque adiungere vitis
conveniat, quae cura boum, qui cultus habendo
sit pecori, apibus quanta experientia parcis,
hinc canere incipiam. Vos, o clarissima mundi
lumina, labentem caelo quae ducitis annum;
Liber et alma Ceres, vestro si munere tellus
Chaoniam pingui glandem mutavit arista
poculaque inventis Acheloia miscuit uvis;
et vos, agrestum praesentia numina, Fauni,
ferte simul Faunique pedem Dryadesque puellae:
munera vestra cano; tuque o, cui prima frementem
fudit equom magno tellus percussa tridenti,
Neptune; et cultor nemorum, cui pinguia Ceae
ter centum nivei tondent dumeta iuvenci;
ipse nemus linquens patrium saltusque Lycaei,
Pan, ovium custos, tua si tibi Maenala curae,
adsis, o Tegeaee, favens, oleaeque Minerva
inventrix uncique puer monstrator aratri
et teneram ab radice ferens, Silvane, cupressum;
dique deaeque omnes, studium quibus arva tueri
quique novas alitis non ullo semine fruges
quique satis largum caelo demittitis imbrem;
tuque adeo, quem mox quae sint habitura deorum
concilia incertum est, urbisne visere, Caesar,
terrarumque velis curam et te maxumus orbis
auctorem frugum tempestatumque potentem
accipiat cingens materna tempora myrto;
an deus immensi venias maris ac tua nautae
numina sola colant, tibi serviat ultima Thyle
teque sibi generum Tethys emat omnibus undis;

Che cosa fecondi le messi, sotto quale stella convenga lavorare la terra, o Mecenate, legare gli olmi alle viti, quale cura dei buoi, come si curi l'allevamento delle pecore, quanta esperienza si debba dedicare alle api frugali, di qui inizierò a cantare. Voi, o splendidi astri, che guidate nel cielo il corso dell'anno; Libero e Cerere nutrice, se per vostro dono la terra trasformò la ghianda caonia nella turgida spiga e scoperto il succo dell'uva vi mescolò le acque dell'Acheloo; e voi, dininità protettrici dei contadini, Fauni, venite qui Fauni e fanciulle Driadi: canto i vostri doni; e tu, o Nettuno, a cui la terra colpita dal grande tridente generò il fremente cavallo; e tu abitatore dei boschi, per cui trecento bianchi giovenchi brucano i fiorenti cespugli di Cea; e tu, o Pan, custode delle pecore, lasciando il bosco patrio e le balze del Liceo, se ti sta a cuore il Menalo, assistimi o benigno di Tegea, e tu Minerva inventrice dell'olivo e tu o fanciullo che ci hai mostrato l'uso dell'adunco aratro, e tu Silvano, che porti un giovane cipresso dalla radice; e voi e dee tutte, a cui è cura di proteggere le campagne, tanto quelli che fate crescere senza alcun seme i prodotti inaspettati, quanto quelli che mandate quanto quelli che mandate giù dal cielo ai seminati abbondante pioggia; e principalmente tu, o Cesare, cui è incerto quali cori degli dei siano per possedere tra breve, se cioè vorrai visitare la città e la cura della terra, e il grandissimo orbe, cingendo la tempia col mirto materno, riceverà te protettore delle messi e reggitore delle meteore, oppure sarai dio dell'immenso mare, e i nocchieri onoreranno la tua sola divinità, l'estrema Tule servirà e te, e Tetide compererà per sè con tutte le onde;

vv. 121-159

 [...] Pater ipse colendi
haud facilem esse viam voluit, primusque per artem
movit agros curis acuens mortalia corda
nec torpere gravi passus sua regna veterno.
Ante Iovem nulli subigebant arva coloni;
ne signare quidem aut partiri limite campum
fas erat: in medium quaerebant ipsaque tellus
omnia liberius nullo poscente ferebat.
Ille malum virus serpentibus addidit atris
praedarique lupos iussit pontumque moveri,
mellaque decussit foliis ignemque removit
et passim rivis currentia vina repressit,
ut varias usus meditando extunderet artis
paulatim et sulcis frumenti quaereret herbam.
[Ut silicis venis abstrusum excuderet ignem.]
Tunc alnos primum fluvii sensere cavatas;
navita tum stellis numeros et nomina fecit,
Pleiadas, Hyadas, claramque Lycaonis Arcton;
tum laqueis captare feras et fallere visco
inventum et magnos canibus circumdare saltus;
atque alius latum funda iam verberat amnem
alta petens, pelagoque alius trahit humida lina;
tum ferri rigor atque argutae lamina serrae, -
nam primi cuneis scindebant fissile lignum
tum variae venere artes. Labor omnia vicit
inprobus et duris urgens in rebus egestas.
Prima Ceres ferro mortalis vertere terram
instituit, cum iam glandes atque arbuta sacrae
deficerent silvae et victum Dodona negaret.
Mox et frumentis labor additus, ut mala culmos
esset robigo segnisque horreret in arvis
carduus; intereunt segetes, subit aspera silva,
lappaeque tribolique, interque nitentia culta
infelix lolium et steriles dominantur avenae.
Quod nisi et adsiduis herbam insectabere rastris,
et sonitu terrebis aves, et ruris opaci
falce premes umbras votisque vocaveris imbrem,
heu magnum alterius frustra spectabis acervum,
concussaque famem in silvis solabere quercu.

[...] Lo stesso Padre
Volle che fosse difficile la via della coltivazione e per primo
Fece smuovere i campi con metodo aguzzando con le preoccupazioni gli intelletti umani
E non permise che il suo regno si intorpidisse in una dannosa inerzia.
Prima di Giove non vi erano contadini che lavorassero i campi;
Non era neppure lecito segnare o dividere con i confini i terreni;
(Gli uomini) cercavano (i frutti) per metterli in comune, la natura stessa
Donava tutto più generosamente senza che nessuno (la) sollecitasse.
Quello (Giove) aggiunse il malefico veleno ai funesti serpenti
E ordinò ai lupi di fare prede e che il mare si agitasse
E tolse il miele dalle piante e nascose il fuoco
E fermò il vino che scorreva ovunque a fiumi,
Affinché il bisogno, con l'aiuto della riflessione, suscitasse le varie arti
A poco a poco e per mezzo dei solchi cercasse il frumento,
Affinché traesse fuori il fuoco nascosto nelle vene della selce.
Allora i fiumi per la prima volta sentirono gli olmi scavati;
Il navigante contò e diede un nome alle stelle
Alle Pleiadi, alle Iadi e all'Orsa luminosa di Licaone;
Poi escogitò come catturare le belve con i lacci e ingannarle con il vischio
E circondare le radure con i cani
E uno già colpisce con la rete il fiume profondo
Cercando il fondo, un altro tira su le gocciolanti reti dal mare;
Poi vennero il duro ferro e la lama della stridula sega
(Infatti i primi uomini spaccavano il fondibile legno con i cunei)
Allora ebbero origine le varie arti. Il duro lavoro e il bisogno che
Preme nelle necessità, vincono ogni difficoltà.
Per prima Cerere insegnò ai mortali a volgere la terra con l'aratro
Quando ormai le ghiande e i corbezzoli dalla sacra selva
Venivano meno e Dodona negava il cibo.
Ben presto anche al frumento fu aggiunta la malattia, tanto che la ruggine
Maligna corrodesse gli steli e lo sterile cardo si ergesse irto di spine
Nei campi; ed ecco che le messi muoiono e subentra una boscaglia selvaggia
Ossia lappole e triboli e le erbe sterili dominano i campi.
Se non darai tregua con rastrelli frequenti all'erba
E non spaventerai gli uccelli col rumore, se non eliminerai l'ombra che ricopre
I poderi con la falce e non avrai chiamato la pioggia con le tue preghiere,
Invano, ahimè, starai a guardare il gran mucchio di raccolto altrui e
Per calmare la fame andrai a scuotere le querce nei boschi.