Martis Romani festae venere kalendae |
Sono tornate le Calende festive del Marte romano (questo per i nostri avi era l'inizio dell'anno), e da per tutto in giro con l'usato andirivieni, per le strade dell'Urbe e per le case, si scambiano doni. Ditemi, voi Pieridi, come si deve onorare la mia, o se m'inganno, a me pur sempre cara Neera. Sono vinte con i versi le belle, con l'oro le avide donne; ed ella sia lieta, poiché n'è degna, dei versi miei. Ma una bionda pergamena rivesta il mio libretto, candido come neve, e la pomice ne rada prima il bianco vello; e l'orlo più alto della carta leggera rechi fregi che, con scrittura adorna, indichino il mio nome, e siano dipinti i due pomi di sopra e di sotto; così curata si deve mandare l'opera. Voi, che inspiraste questi miei carmi vi prego, castalia ombra e fonte di Pieria, andate alla sua casa e offritele l'elegante libretto, così com'è; che non perda i suoi colori! Ella mi risponderà se il mio amore è ricambiato o meno ardente o se io sono del tutto caduto dal suo cuore. Ma prima porgetele un bel saluto,come a lei si conviene, e con sommessa voce ditele queste parole: "Questo modesto dono il tuo sposo d'un tempo, ora fratello, ti manda, casta Neera, e ti prego d'accettarlo e ti giura che gli sei più cara della vita, comunque vorrai essergli, sposa o sorella. O se gli dicessi: sposa! La speranza di chiamarti con tale nome gliela strapperà soltanto la smorta acqua di Dite, quando sarà spirato". |