Tacito - De origine et situ Germanorum

I

Germania omnis a Gallis Raetisque et Pannoniis Rheno et Danuvio fluminibus, a Sarmatis Dacisque mutuo metu aut montibus separatur: cetera Oceanus ambit, latos sinus et insularum inmensa spatia complectens, nuper cognitis quibusdam gentibus ac regibus, quos bellum aperuit. Rhenus, Raeticarum Alpium inaccesso ac praecipiti vertice ortus, modico flexu in occidentem versus septentrionali Oceano miscetur. Danuvius molli et clementer edito montis Abnobae iugo effusus pluris populos adit, donec in Ponticum mare sex meatibus erumpat: septimum os paludibus hauritur.

La Germania nel suo complesso è separata da Galli Rezi e dai Pannoni dal fiume Reno e dal fiume Danubio, dai Sarmati e dai Daci dalla paura reciproca e dai monti; l'Oceano circonda il resto del territorio, che abbraccia vaste penisole e interminabili spazi di isole, conosciuti in tempo recente genti e re, che la guerra rende noti. Il Reno, nato da una cima inaccessibile e scoscesa delle Alpi Retiche, flesso verso Occidente nella sua parte media, si mischia all'Oceano. Il Danubio, scaturito da un giogo del monte Abnobe, di facile e lieve pendenza, va verso un grande numero di popoli, fino a sfociare nel mar Nero in sei foci; la settima è inghiottita dalle paludi.

VI

Ne ferrum quidem superest, sicut ex genere telorum colligitur. Rari gladiis aut maioribus lanceis utuntur: hastas vel ipsorum vocabulo frameas gerunt angusto et brevi ferro, sed ita acri et ad usum habili, ut eodem telo, prout ratio poscit, vel comminus vel eminus pugnent. Et eques quidem scuto frameaque contentus est; pedites et missilia spargunt, pluraque singuli, atque in inmensum vibrant, nudi aut sagulo leves. Nulla cultus iactatio; scuta tantum lectissimis coloribus distinguunt. Paucis loricae, vix uni alterive cassis aut galea. Equi non forma, non velocitate conspicui. Sed nec variare gyros in morem nostrum docentur: in rectum aut uno flexu dextros agunt, ita coniuncto orbe, ut nemo posterior sit. In universum aestimanti plus penes peditem roboris; eoque mixti proeliantur, apta et congruente ad equestrem pugnam velocitate peditum, quos ex omni iuventute delectos ante aciem locant. Definitur et numerus; centeni ex singulis pagis sunt, idque ipsum inter suos vocantur, et quod primo numerus fuit, iam nomen et honor est. Acies per cuneos componitur. Cedere loco, dummodo rursus instes, consilii quam formidinis arbitrantur. Corpora suorum etiam in dubiis proeliis referunt. Scutum reliquisse praecipuum flagitium, nec aut sacris adesse aut concilium inire ignominioso fas; multique superstites bellorum infamiam laqueo finierunt.

Non abbonda nemmeno il ferro, come si può dedurre dal genere di armi. Pochi usano le spade o lance abbastanza grandi, portano aste, o con nome germanico framee, con una punta di ferro stretta e corta, così aguzza e adatta all’utilizzo pratico, che la stessa arma la usano per combattere sia da vicino che da lontano secondo l’occasione. Anche i cavalieri si accontentan solamente dello scudo e della framea, i fanti scagliano i proiettili, e ognuno (ne) scaglia in gran numero e molto lontano, (combattendo) nudi o coperti da un leggero mantello; non hanno alcuna ostentazione di eleganza, al massimo marcano gli scudi con colori ben scelti. Pochi hanno corazze, difficilmente uno o due hanno elmi di cuoio o di metallo. I cavalli non si segnalano né per la bellezza né per la velocità, ma non sono ammaestrati a fare diverse evoluzioni come è nostro uso: li spingono o davanti o a girare a destra, in un modo così compatto che nessuno rimanga indietro. Cavalieri e fanti combattono mescolati, per la prontezza dei fanti, adatta e appropriata alla battaglia equestre, (fanti) che, scelti fra tutta la gioventù, dispongono davanti l’esercito schierato. E il loro numero viene limitato. Sono cento per ciascun villaggio. La schiera si dispone a cunei. Credono che l’abbandonare il posto di battaglia sia proprio di una decisione più che della paura. Riportando indietro i cadaveri dei loro compagni anche durante le battaglie pericolose. È somma vergogna aver abbandonato il proprio scudo e non è lecito per chi è disonorato assistere ai sacrifici o entrare nelle riunioni; e molti superstiti della guerra posero fime all’infamia con la corda.

XVI

Nullas Germanorum populis urbes habitari satis notum est, ne pati quidem inter se iunctas sedes. Colunt discreti ac diversi, ut fons, ut campus, ut nemus placuit. Vicos locant non in nostrum morem conexis et cohaerentibus aedificiis: suam quisque domum spatio circumdat, sive adversus casus ignis remedium sive inscitia aedificandi. Ne caementorum quidem apud illos aut tegularum usus: materia ad omnia utuntur informi et citra speciem aut delectationem. Quaedam loca diligentius inlinunt terra ita pura ac splendente, ut picturam ac lineamenta colorum imitetur. Solent et subterraneos specus aperire eosque multo insuper fimo onerant, suffugium hiemis et receptaculum frugibus, quia rigorem frigorum eius modi loci molliunt, et si quando hostis advenit, aperta populatur, abdita autem et defossa aut ignorantur aut eo ipso fallunt, quod quaerenda sunt.

È abbastanza noto che nessuna città è abitata dal popolo dei Germani, e non sopportano nemmeno di avere case vicine tra di loro. Vivono divisi e lontani; quando piace loro una fonte, un campo, una foreste, costruiscono le strade con gli edifici (ma) non tutti attaccati secondo il nostro costume: ognuno circonda la propria abitazione con uno spazio aperto, sia come rimedio contro l’eventualità di un incendio, sia per l’imperizia nel costruire. Preso di loro non c’è nemmeno l’uso di rozze pietre da costruzione o delle tegole. Usano un materiale informe idipendentemente dall’aspetto dall’estetica per fare tutte le cose. Ricoprono più attentamente alcuni posti con una terra pura e splenente così da imitare un disegno e i tratti di colore. Sono anche soliti aprire delle cantine sotterranee e sopra le ricoprono con molto letame, come rifugio per l'inverno e magazzino per i cereali, poiché posti di tale genere addolciscono il rigore dei freddi, e se per caso un giorno arriva un nemico saccheggia quelle aperte (mentre) quelle chiuse e coperte o vengono ignorate o passano inosservate proprio perché le deve cercare.

XIX

Ergo saepta pudicitia agunt, nullis spectaculorum inlecebris, nullis conviviorum inritationibus corruptae. Litterarum secreta viri pariter ac feminae ignorant. Paucissima in tam numerosa gente adulteria, quorum poena praesens et maritis permissa: abscisis crinibus nudatam coram propinquis expellit domo maritus ac per omnem vicum verbere agit; publicatae enim pudicitiae nulla venia: non forma, non aetate, non opibus maritum invenerit. Nemo enim illic vitia ridet, nec corrumpere et corrumpi saeculum vocatur. Melius quidem adhuc eae civitates, in quibus tantum virgines nubunt et eum spe votoque uxoris semel transigitur. Sic unum accipiunt maritum quo modo unum corpus unamque vitam, ne ulla cogitatio ultra, ne longior cupiditas, ne tamquam maritum, sed tamquam matrimonium ament. Numerum liberorum finire aut quemquam ex adgnatis necare flagitium habetur, plusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges.

Pertanto (le donne) vivono (ben) difese dalla loro pudicizia, non corrotte da nessuna attrattiva degli spettacoli, da nessuna eccitazione dei conviti. Gli uomini, allo stesso modo che le donne, ignorano i segreti della scrittura. Gli adulteri sono rarissimi, tra una popolazione così numerosa, (adulteri) dei quali la punizione esiste ed è affidata ai mariti: il marito, dopo aver(le) tagliato il capelli, denudata, di fronte ai parenti la caccia di casa e la insegue per tutto il villaggio a colpi di sferza. Non c’è alcun perdono infatti per chi è stata disonorata in pubblico: non potrà trovare un altro marito né con la bellezza, né con la giovinezza né con la dote. Infatti là nessuno ride dei vizi; né il corrompere ed essere corrotto viene definito come una moda. Più sagge ancora sono quelle tribù in cui si sposano solo le vergini, e si salda una volta per tutte il conto con le speranze e i desideri nuziali. Così esse prendono un solo marito, così come hanno una sola vita e un solo corpo affinché il loro pensiero non su altrove, il loro desiderio non si estenda oltre (il matrimonio) e affinché non amino l’uomo tanto come marito quanto come matrimonio. Limitare il numero dei figli o ucciderne qualcuno fra i nati è considerato una cosa infamante, e lì i buoni costumi valgono più che le buone leggi in altri paesi.

XXII

Statim e somno, quem plerumque in diem extrahunt, lavantur, saepius calida, ut apud quos plurimum hiems occupat. Lauti cibum capiunt: separatae singulis sedes et sua cuique mensa. Tum ad negotia nec minus saepe ad convivia procedunt armati. Diem noctemque continuare potando nulli probrum. Crebrae, ut inter vinolentos, rixae raro conviciis, saepius caede et vulneribus transiguntur. Sed et de reconciliandis in vicem inimicis et iungendis adfinitatibus et adsciscendis principibus, de pace denique ac bello plerumque in conviviis consultant, tamquam nullo magis tempore aut ad simplices cogitationes pateat animus aut ad magnas incalescat. Gens non astuta nec callida aperit adhuc secreta pectoris licentia ioci; ergo detecta et nuda omnium mens. Postera die retractatur, et salva utriusque temporis ratio est: deliberant, dum fingere nesciunt, constituunt, dum errare non possunt.

Appena levati dal sonno, che spesso prolungano fino a giorno inoltrato, si lavano, spesso con acqua calda, dato che presso di loro l’inverno occupa la maggior parte dell’anno. Levati, mangiano: a ciascuno sedie separate e il proprio tavolo. Allora si dirigono armati alle loro attività, e non meno spesso, ai banchetti. Non vi è nulla di vergognoso nel continuare a bere giorno e notte. Le frequenti risse, come fra gli ubriachi, venivano conclude di rado con (i soli) oltraggi, spesso con un’uccisione o con feriti. Ma sia circa il riconciliare vicendevolmente le inimicizie sia lo stringere le affinità sia l’eleggere dei capi, circa la pace infine e la guerra si consultano durante i banchetti, come se la mente non fosse disposta maggiormente in nessuna altra occasione. Una popolazione non astuta né accorta rende visibili i segreti dell’animo durante le sfrenatezze del gioco; di conseguenza l’animo di tutti è scoperto e indifeso. Il giorno seguente si ridiscute, [...] : deliberano non sapendo fingere, decidono non sapendo sbagliare.

XXIII

Potui umor ex hordeo aut frumento, in quandam similitudinem vini corruptus: proximi ripae et vinum mercantur. Cibi simplices, agrestia poma, recens fera aut lac concretum: sine apparatu, sine blandimentis expellunt famem. Adversus sitim non eadem temperantia. Si indulseris ebrietati suggerendo quantum concupiscunt, haud minus facile vitiis quam armis vincentur.

Come bevanda usano un liquido fatto con l’orzo e il frumento, che una volta fermentato ha una certa somiglianza al vino: e i più vicini alle sponde (del Reno) commerciano vino. I cibi sono semplici: frutti dei campi, bestie giovani i latte denso; cacciano la fame senza posate, senza condimenti; contro la sete non c’è la stessa moderazione moderazione. Se asseconderai l'ebbrezza con l'aggiungere quanto (vino) desiderano, saranno vinti non meno facilmente nei vizi piuttosto che nelle armi.