Svetonio - De vita Caesarum
Liber I - Divus Iulius

XXXI - Cesare arriva al Rubicone

 [...] Consecutusque cohortis ad Rubiconem flumen, qui prouinciae eius finis erat, paulum constitit, ac reputans quantum moliretur, conuersus ad proximos: "etiam nunc", inquit, "regredi possumus; quod si ponticulum transierimus, omnia armis agenda erunt".

[...] Raggiunte le coorti presso il fiume Rubicone, che era il confine della nostra provincia, rimase fermo alcuni istanti, riflettendo su quanto facesse, e poi, rivoltosi ai soldati vicini, disse: "Possiamo tornare indietro anche subito; infatti se attraversiamo il ponticello ogni cosa dovrà essere portata a termine con le armi"

XXXII - Alea iacta est

Cunctanti ostentum tale factum est. quidam eximia magnitudine et forma in proximo sedens repente apparuit harundine canens; ad quem audiendum cum praeter pastores plurimi etiam ex stationibus milites concurrissent interque eos et aeneatores, rapta ab uno tuba prosiliuit ad flumen et ingenti spiritu classicum exorsus pertendit ad alteram ripam. tunc Caesar: "Eatur", inquit, "quo deorum ostenta et inimicorum iniquitas uocat. Alea iacta est".

All'esitante si presentò tale fatto. All'improvviso apparve una persona di esimia bravura e bellezza, che sedeva lì vicino suonando il flauto; essendo accorsi presso di lui molti pastori e anche molti soldati del presidio, fa i quali alcuni trombettieri, sottradda ad uno di loro la tromba, egli si precipitò al fiume e intrapresa con gran fiato una marcia militare si diresse verso la riva opposta. Allora Cesare disse: "Si vada dove i prodigi degli dei e l'iniquità dei nemici indicano. Il dado è tratto".

XXXIX - Cesare e gli spettacoli

Edidit spectacula varii generis: munus gladiatorium, ludos etiam regionatim urbe tota et quidem per omnium linguarum histriones, item circenses, athletas, naumachiam. [...] Ad quae omnia spectacula tantum undique confluxit hominum, ut plerique advenae aut inter vicos aut inter vias tabernaculis positis manerent; ac saepe prae turba elisi exanimatique sint plurimi et in his duo senatores.

Cesare fece rappresentare spettacoli di vario genere: un combattimento di gladiatori, e anche giochi per tutta la città, quartiere per quartiere, attori di tutte le lingue, e così pure giochi circensi, atleti e una naumachia. [...] A tutti questi spettacoli arrivò da ogni dove un numero tale di uomini che la maggior parte di quelli stranieri si fermarono in tende poste nei vicoli o nelle vie; e moltissimi persero la vita, spesso schiacciati dalla turba, e fra questi due senatori.

XL - Cesare riforma il calendario

Conversus hinc ad ordinandum rei publicae statum, fastos correxit, iam pridem vitio pontificum per intercalandi licentiam adeo turbatos, ut neque messium feriae aestate neque vindemiarum autumno competerent; annumque ad cursum solis accomodavit, ut trecentorum sexaginte quinque dierum esset, et, intercalario mense sublato, unus dies quarto quoque anno intercalaretur. Quo autem magis in posterum ex Kalendis Ianuariis novis temporum ratio congrueret, inter Novembrem et Decembrem mensem interiecit duos alios: fuitque is annus, quo haec constituebantur, quindecim mensium cum intercalario, qui ex consuetudine in eum annum inciderat.

Poi, voltosi ad ordinare la condizione dello stato, riformò il calendario, già da tempo per colpa dei pontefici e per la sfrenatezza delle aggiunte così mal ridotto che il tempo della mietitura non coincideva più con l'estate né quello della vendemmia con l'autunno; così fece coincidere l'anno al corso del sole in modo che fosse di 365 giorni e che, abolito il mese intercalario, si intercalasse invece un solo giorno ogni quattro anni. Poi inserì altri due mesi tra novembre e dicembre per rapportare per sempre il conteggio delle stagioni col nuovo inizio d'anno: così l'anno in cui furono istituite queste cose fu di 15 mesi compreso l'intercalario che, per consuetudine, cadeva proprio in quell'anno.

XLVI - Stranezze di Cesare

Habitauit primo in Subura modicis aedibus, post autem pontificatum maximum in Sacra uia domo publica. munditiarum lautitiarumque studiosissimum multi prodiderunt: uillam in Nemorensi a fundamentis incohatam magnoque sumptu absolutam, quia non tota ad animum ei responderat, totam diruisse, quanquam tenuem adhuc et obaeratum; in expeditionibus tessellata et sectilia pauimenta circumtulisse.

Abitò dapprima in una modesta casa nella strada Suburra, poi dopo il Pontificato Massimo in una casa pubblica nella via Sacra. Molti tramandarono che fu molto dedito al lusso e all'eleganza: distrusse dalle fondamenta una casa di campagna nella zona di Nemi appena costruita e pagata a gran prezzo perché non rispondeva pienamente alle sue idee; e ciò sebbene egli non fosse ancora grande e fosse invece pieno di debiti; Durante le sue spedizioni avrebbe portato con sé pavimenti a mosaico componibili.

XLVII - Cesare gay?

Britanniam petisse spe margaritarum, quarum amplitudinem conferentem interdum sua manu exegisse pondus; gemmas, toreumata, signa, tabulas operis antiqui semper animosissime comparasse; seruitia rectiora politioraque inmenso pretio, et cuius ipsum etiam puderet, sic ut rationibus uetaret inferri.

In Britannia sarebbe andato con la speranza di riportarne delle perle; paragonandone la grossezza, talvolta ne avrebbe valutato il peso di sua mano. Dicono che acquistò sempre molto appassionatamente gemme, vasi, statue, quadri antichi, ma anche schiavi, ben slanciati e raffinati, ad altissimo prezzo, tanto che se ne vergognava lui stesso al punto da non farli registrare nei suoi bilanci.

LIV - Cesare avido di denaro

Abstinentiam neque in imperiis neque in magistratibus praestitit. ut enim quidam monumentis suis testati sunt, in Hispania pro consule et a sociis pecunias accepit emendicatas in auxilium aeris alieni et Lusitanorum quaedam oppida, quanquam nec imperata detrectarent et aduenienti portas patefacerent, diripuit hostiliter. In Gallia fana templaque deum donis referta expilauit, urbes diruit saepius ob praedam quam ob delictum; unde factum, ut auro abundaret ternisque milibus nummum in libras promercale per Italiam prouinciasque diuenderet. In primo consulatu tria milia pondo auri furatus e Capitolio tantundem inaurati aeris reposuit. societates ac regna pretio dedit, ut qui uni Ptolemaeo prope sex milia talentorum suo Pompeique nomine abstulerit. postea uero euidentissimis rapinis ac sacrilegis et onera bellorum ciuilium et triumphorum ac munerum sustinuit impendia.

Non mostrò moderazione né durante il comando né durante le magistrature. Come infatti alcuni hanno dichiarato nei loro documenti, in Spagna prese dagli alleati denaro in aiuto per i debiti contratti e per desiderio di preda distrusse con ostilità alcune città fortificate dei Lusitani benché esse non si rifiutassero ai suoi ordini e avessero aperto le porte a lui che arrivava. In Gallia saccheggiò santuari e templi pieni di doni per il Dio, distrusse città, più spesso per bramosia di preda che per colpa dei nemici. Da qui consegue il fatto che abbondasse d'oro che mise in vendita, in Italia e nelle province, a tremila sesterzi la libbra. Nel primo consolato, rubò dal Campidoglio tremila libbre d'oro ed altrettaante ve ne rimise di bronzo dorato. Vendette per denaro alleanze e regni e per uno a Tolomeo, re degli Egizi, portò via quasi seimila talenti. Dopo in verità sostenne con evidentissime rapine e sacrilegi gli oneri delle guerre civili e le spese dei trionfi.

LXXXIV - I funerali di Cesare

Funere indicto rogus extructus est in Martio campo iuxta Iuliae tumulum et pro rostris aurata aedes ad simulacrum templi Veneris Genetricis collocata; intraque lectus eburneus auro ac purpura stratus et ad caput tropaeum cum ueste, in qua fuerat occisus. [...] Laudationis loco consul Antonius per praeconem pronuntiauit senatus consultum, quo omnia simul ei diuina atque humana decreuerat, item ius iurandum, quo se cuncti pro salute unius astrinxerant; quibus perpauca a se uerba addidit. Lectum pro rostris in forum magistratus et honoribus functi detulerunt. quem cum pars in Capitolini Iouis cella cremare pars in curia Pompei destinaret, repente duo quidam gladiis succincti ac bina iacula gestantes ardentibus cereis succenderunt confestimque circumstantium turba uirgulta arida et cum subselliis tribunalia, quicquid praeterea ad donum aderat, congessit. Deinde tibicines et scaenici artifices uestem, quam ex triumphorum instrumento ad praesentem usum induerant, detractam sibi atque discissam iniecere flammae et ueteranorum militum legionarii arma sua, quibus exculti funus celebrabant; matronae etiam pleraeque ornamenta sua, quae gerebant, et liberorum bullas atque praetextas. In summo publico luctu exterarum gentium multitudo circulatim suo quaeque more lamentata est praecipueque Iudaei, qui etiam noctibus continuis bustum frequentarunt.

Indetto il funerale fu allestito il rogo nel campo Marzio vicino al sepolcro della gens Iulia. Davanti alle tribune fu costruito un tempio dorato ad immagine del tempio di Venere Genitrice. All'interno fu posto il letto d'avorio ricoperto con oro e porpora e con all'estremità un trofeo con la veste nella quale era stato ucciso. [...] Il console Antonio, al posto dell'elogio funebre pronunziò con un annunciatore la decisione del Senato con la quale (esso) aveva decretato che tutto quanto in lui era insieme umano e divino, quindi il giuramento con il quale tutti quanti si erano impegnati a garantire la salvezza di lui solo! A tutto ciò aggiunse pochissime sue parole. I magistrati attuali e passati portarono il letto davanti alle tribune nel foro. Volendo alcuni cremarlo nella cella di Giove Capitolino e alcuni nella Curia Pompeia, improvvisamente due qualsiasi, cingendo le spade e portando due giavellotti entrarono con ceri accesi. Immediatamente la turba circostante accumulò rametti secchi, sgabelli del tribunale e qualunque altra cosa c'era per offerta; in seguito i flautisti e gli attori buttarono nelle fiamme la veste, tolta (a sé) e strappata, che avevano indossato per il presente uso dall'equipaggiamento dei trionfi, e le legioni dei soldati veterani gettavano le loro armi con le quali si erano adornati per la solennità del funerale. Nell'estremo lutto pubblico la moltitudine dei popoli stranieri a gruppi pianse lì intorno secondo il proprio costume, soprattutto i Giudei, che addirittura per continue notti frequentarono il rogo.