Seneca - De Ira
Liber III

XXXVI

Omnes sensus perducendi sunt ad firmitatem; natura patientes sunt, si animus illos desit corrumpere, qui cotidie ad rationem reddendam uocandus est. Faciebat hoc Sextius, ut consummato die, cum se ad nocturnam quietem recepisset, interrogaret animum suum: "quod hodie malum tuum sanasti? Cui uitio obstitisti? Qua parte melior es?". Desinet ira et moderatior erit quae sciet sibi cotidie ad iudicem esse ueniendum. Quicquam ergo pulchrius hac consuetudine excutiendi totum diem? Qualis ille somnus post recognitionem sui sequitur, quam tranquillus, quam altus ac liber, cum aut laudatus est animus aut admonitus et speculator sui censorque secretus cognouit de moribus suis! Utor hac potestate et cotidie apud me causam dico. Cum sublatum e conspectu lumen est et conticuit uxor moris iam mei conscia, totum diem meum scrutor factaque ac dicta mea remetior; nihil mihi ipse abscondo, nihil transeo. Quare enim quicquam ex erroribus meis timeam, cum possim dicere: "uide ne istud amplius facias, nunc tibi ignosco. In illa disputatione pugnacius locutus es: noli postea congredi cum imperitis; nolunt discere qui numquam didicerunt. Illum liberius admonuisti quam debebas, itaque non emendasti sed offendisti: de cetero uide, [ne] non tantum an uerum sit quod dicis, sed an ille cui dicitur ueri patiens sit: admoneri bonus gaudet, pessimus quisque rectorem asperrime patitur.

Tutti i sensi devono essere ricondotti al controllo; per natura sono resistenti, se l'animo che ogni giorno deve necessariamente chiamato a fare il rendiconto, ha smesso di corromeperli. Faceva così Sesto, finita la giornata, una volta che si era ritirato per il riposo interrogava il suo animo: "Oggi, quale dei tuoi mali hai guarito? A quale vizio ti sei opposto? In quale parte ti sei migliorato?". Cesserà l'ira e sarà più moderato se saprà che ogni giorno si deve presentare davanti ad un giudice. Dunque cosa ci può essere di più bello di questa abitudine di passare in rassegna la giornata? Quale sonno viene dopo la ricognizione di sé: quanto tranquillo, quanto profondo e libero, quando l'animo o è lodato o ammonito, e come esploratore e censore segreto ha giudicato sui propri costumi. Io mi servo di questa facoltà ogni giorno, presso di me sostengo la mia causa. Quando il lume viene tolto dallo sguardo e la moglie già consapevole dei miei costumi, tace, esamino col pensiero tutta la mia giornata e ripenso alle mie azioni e a ciò che ho detto; non mi nascondo nulla, non passo sopra a niente. Perché dovrei temere qualcosa dai miei errori quando posso dire: "Vedi di non fare questa cosa in modo più grande, ora ti perdono. In quel discorso hai parlato con grande ardore: non voler in seguito scontrarti con un incompetente; non vogliono imparare coloro che mai impararono. Ammonisti quello più di quanto dovevi, ma così non lo hai corretto, ma offeso: vedi in futuro non tanto se non sia vero ciò che dici, ma se quello a cui è detto il vero non lo sopporti; l'uomo buono gioisce dell'essere rimproverato, ogni malvagio sopporta molto faticosamente uno che lo corregge.