Perché, o rose, perchè languidette reclinate il capo e le vostre leggiadre foglie si staccano dalla corolla e tutto lo splendore dei vostri petali svanisce? Il vento non vi agita, nè il clima vi è avverso; ma il tepore primaverile ti accarezza, dolci venticelli soffiano, la notte umidetta vi imperla di fresche goccioline di rugiada. Perchè, o perchè mai, qual è il motivo per cui sofferenti reclinate la testa e i vostri petali cadono a terra? Perchè scompare tutto lo splendore delle vostre chiome? Forse che piangete Lucio, il vostro piccolo coltivatore che vi curava con i rastrellini dorati e che vi potava con le falcettine argentate? Oh, oh, povero padre, che cosa farò da vecchio? Misero vecchio, padre ancora più sventurato, che cosa mai potrai fare? E che cosa farà il vecchio? Che cosa farà il padre ancora più infelice? Piangete con me, o tristissime aiuole, piangete, o papaveri, e piangano i gigli, piangano i mirti l'accuditore a lungo amato, e gli allori piangano il loro curatore con le foglie e i petali che si seccano e i rami che soffrono. Chi vi curerà? Chi vi disseterà, fragilissimi ramoscelli e erbette? Chi vi proteggerà dai fastidiosi insetti e dalle folate di vento col sacro canto? Oh, oh, miseri ramoscelli, oh, oh erbette, e povere aiuole, ora che è morto il vostro piccolo coltivatore, intristirete e anche lo splendore del vostro fogliame svanirà. Ah misero vecchio, così tu stesso avvizzerai come il tronco d'albero abbandonato in un campo squallido, che si dissolve a poco a poco in polvere, che svanisce senza bagliore, senza fiamma vitale e senza fiamma di luce.
O caro figlio mio, o caro figlio, dormi;
chiudi, o tenerello, gli occhi, nascondi, o tenerello, le guance.
Lo stesso sonno dice: "Non chiudi ancora gli occhi?".
Ecco Luscula stanca è distesa davanti ai tuoi piedi.
E va bene così, Lucio nasconde e chiude gli occhi
e il sonno è diffuso sulla bocca rosea.
O venticello, vieni e favorisci dolcissimo il mio bambino.
Forse le fronde strepitano? Viene un'arietta così lieve;
O caro figlio mio, o caro figlio, nato unico, dormi.
Il venticello lo coccola col suo alito, la madre amata con le sue braccia.
Io certamente preparavo per te, o figlia, gli imenei dolci e le fiaccole
nuziali, già mi immaginavo i cari nipoti della stirpe; e le nenie vicino alla
culla e vecchio intonavo i canti da nonno. Ed ecco le fiaccole misere del
padre? Forse assisto da vecchio agli imenei di morte? Sono questi i conforti
ben graditi dai miei nipoti? O figlia, giaci, né parli carezzevole al vecchio
né amorevole al padre, ma rimani muta, in silenzio hai gli occhi chiusi. Questo
ha meritato il padre infelice? Muoviti o figlia, apri gli occhi e guardami e
conforta me che mi lamento. O vano desiderio, o vuote speranze di padre: eccole
in putrefazione. Quella bellezza dov'è andata a finire, o figlia, gioia della
misera madre? Ella ti preparava doni, ninnoli degni delle nozze e vesti degne
delle sposo: al posto dei doni e dei ninnoli lasciasti imenei di lutto, lacrime
e una fosca tenebra. Ti ornano a casa di corone di fiori e bruciano un profumo
sirio presso la camera nuziale, le gemelle, le sorelle a cui volevi tanto bene.
Cosa hai lasciato al posto delle ghirlande e del profumo sirio? Giorni senza
sole, notti senza stelle, notti insonni. Il fratellino vagisce per te fino a
stancarsi e continua a piangere amaramente nella culla: hai lasciato a quello
queste carezze e questi vezzeggiamenti.
Ma tu hai lasciato al vecchio padre una ferita cronica e inguaribile, un eterno
lutto e una capigliatura bianca al padre. O chi potrebbe collocare me che sono
il padre, me per caso genitore, in mezzo alle Sirti infuocate o sulle rupi di
Prometeo, o chi potrà istigare contro di me gli uccelli rapaci e le unghie di
avvoltoio? Non la furia della guerra, non una tempesta aspra del mare, non una
sciagura scesa dal cielo fiammeggiante, ti strappò a me, né la terra
sconquassata da una violenta scossa o le numerose cose che sono pericoli per la
vita dell'uomo: lo stesso fiore dell'età, e la bellezza e il pudore la nobile
serietà e la bellezza profusa dai tuoi occhi mi strappò a te (o perché numerose
bellezze gareggiano finché sono messe tutte insieme?). La tua stessa onestà, la
tua stessa bellezza ti hanno ceduto alla morte i loro diritti. Quali mortali!
Quale inclemenza! Il sole comincia il suo corso da Oriente e prosegue il suo
cammino, lo continua percorrendo il cielo finché non giunge ad Occidente; ma il
percorso della vita è incerto, ma l'età della morte spesso incombe e strappa a,
età di questo cammino il fiore della giovinezza, che è destinato a languire e
spoglia i rami della ricca speranza. O forse una volta, o mia Lucia, che mi eri
lieta agli occhi, avevi l'abitudine di presentarti da me blanda nell'aspetto?
Ecco desidero la singolare e caratteristica bellezza e tutti i capelli della
nobile fronte!