Plauto - Miles Gloriosus

Prologo

Meretricem Athenis Ephesum avehit.
Id dum ero amanti servos nuntiare volt
Legato peregre, ipsus captust in mari
Et eidem illi militi dono datust.
Suum arcessit erum Athenis et forat,
Geminis communem clam parietem in aedibus,
Licere ut quiret convenire amantibus.
Obharentis custos hos videt de tegulis:
Ridiculis autem, quasi sit alia, luditur.
Itemque impellit militem Palaestrio
Omissam faciat concubinam, quando ei
Senis vicini cupiat uxor nubere.
Ultro abeat orat, donat multa. Ipse in domo
Senis prehensus poenas pro moecho luit.

Il soldato porta via la meretrice da Atene ad Efeso
mentre il servo vuole annunciare ciò al padrone che (l')amava,
in missione all'estero, ma lui stesso fu catturato in mare
e venne dato in dono a quello stesso soldato.
Fa venire il suo padrone da Atene e buca,
di nascosto la parte comune nelle due case gemelle, 
richiede che sia possibile per i due amanti incontrarsi.
Un custode li vede dall'alto di un tetto mentre si abbracciano:
ma viene preso in giro con grandi burle, come se fosse un'altra.
Così Palestrione sprona il soldato
affinché lasci andar via la concubina, dato che
la moglie del vecchio vicino desidera sposarlo.
La prega di andarsene spontaneamente, le dona molte cose. Egli stesso
sorpreso nella casa del vecchio paga il fio come adultero

versi 1-75

PY: Pyrgopolynices; AR: Artotrogus

PY: Curate ut splendor meo sit clupeo clarior
quam solis radii esse olim quom sudumst solent,
ut, ubi usus veniat, contra conserta manu
praestringat oculorum aciem in ácie hostibus.
nam ego hanc machaeram mihi consolari volo,
ne lamentetur neve animum despondeat,
quia se iam pridem feriatam gestitem,
quae misera gestit et fratrem facere ex hostibus.
sed ubi Artotrogus hic est?
AR: Stat propter virum
fortem atque fortunatum et forma regia;
tum bellatorem... Mars haud ausit dicere
neque aequiperare suas virtutes ad tuas.
PY: Quemne ego servavi in campis Curculioniis,
ubi Bumbomachides Clutomistaridysarchides
erat imperator summus, Neptuni nepos?
AR: Memini. nempe illum dicis cum armis aureis,
cuius tu legiones difflavisti spiritu,
quasi ventus folia aut paniculum tectorium.
PY: Istuc quidem edepol nihil est.
AR: Nihil hercle hoc quidemst
praeut alia dicam... quae tu numquam feceris.
periuriorem hoc hominem si quis viderit
aut gloriarum pleniorem quam illic est,
me sibi habeto, ego me mancupio dabo;
nisi unum, epityrum estur insanum bene.
PY: Vbi tu es?
AR: Eccum. edepol vel elephanto in India,
quo pacto ei pugno praefregisti bracchium.
PY: Quid, bracchium?
AR: Illud dicere volui, femur.
PY: At indíligenter iceram.
AR: Pol si quidem
conisus esses, per corium, per viscera
perque os elephanti transmineret bracchium.
PY: Nolo istaec hic nunc.
AR: Ne hercle operae pretium quidemst
mihi te narrare tuas qui virtutes sciam.
venter creat omnis hasce aerumnas: auribus
peraurienda sunt, ne dentes dentiant,
et adsentandumst quidquid hic mentibitur.
PY: Quid illúc quod dico?
AR: Ehem, scío iam quid vis dicere.
factum hercle est, memini fieri.
PY: Quid id est?
AR: Quidquid est.
PY: Habes...
AR: Tabellas vis rogare? habeo, et stilum.
PY: Facete advortis tuom animum ad animum meum.
AR: Novisse mores tuos me meditate decet
curamque adhibere, ut praeolat mihi quod tu velis.
PY: Ecquid meministi?
AR: Memini: centum in Cilicia
et quinquaginta, centum in Scytholatronia,
triginta Sardos, sexaginta Macedones
sunt homines quos tu occidisti uno die.
PY: Quanta istaec hominum summast?
AR: Septem milia.
PY: Tantum esse oportet. recte rationem tenes.
AR: At nullos habeo scriptos: sic memini tamen.
PY: Edepol memoria es optuma.
AR: Offae monent.
PY: Dum tale facies quale adhuc, assiduo edes,
communicabo semper te mensa mea.
AR: Quid ín Cappadocia, ubi tu quingentos simul,
ni hebes machaera foret, uno ictu occideras?
PY: At peditastelli quia erant, sivi viverent.
AR: Quid tibi ego dicam, quód omnes mortales sciunt,
Pyrgopolynicem te unum in terra vivere
virtute et forma et factis invictissumum?
amant ted omnes mulieres, neque iniuria,
qui sis tam pulcher; vel illae quae here pallio
me reprehenderunt.
PY: Quid eae dixerunt tibi?
AR: Rogitabant: "hicine Achilles est?" inquit mihi.
"immo eius frater" inquam "est". ibi illarum altera
"ergo mecastor pulcher est" inquit mihi
"et liberalis. vide caesaries quam decet.
ne illae sunt fortunatae quae cum isto cubant".
PY: Itane aibant tandem?
AR: Quaen me ambae obsecraverint,
ut te hodie quasi pompam illa praeterducerem?
PY: Nimiast miseria nimis pulchrum esse hominem.
AR: Immo itast.
molestaé sunt: orant, ambiunt, exobsecrant
videre ut liceat, ad sese arcessi iubent,
ut tuo non liceat dare operam negotio.
PY: Videtur tempus esse, ut eamus ad forum,
ut in tabellis quos consignavi hic heri
latrones, ibus denumerem stipendium.
nam rex Seleucus me opere oravit maxumo,
ut sibi latrones cogerem et conscriberem.
regi hunc diem mihi operam decretumst dare.
AR: Age eamus ergo.
PY: Sequimini, satellites...

PY: Pirgopolinice; AR: Artotrogo

PY: Abbiate cura che il mio scudo abbia uno splendore
più abbagliante di quanto sono soliti essere i raggi del sole comunemente
quando il cielo è sereno, cosicché, quando (ne) capita l'uso, venuti alle mani, 
abbagli la vista ai nemici dirimpetto nel campo di battaglia.
Infatti io mi voglio consolare questa spada
affinché non pianga e non si perda d'animo,
poiché già da tempo la porto abitualmente oziosa,
lei che muore dalla voglia di fare salsicce dei nemici.
Ma dov'è questo Artotrogo?
AR: Sta vicino all'uomo forte
e fortunato e di dall'aspetto di un re; 
inoltre guerriero... Marte non oserebbe nominarti
né equiparare le sue virtù alle tue.
PY: Parli forse di quello che ha salvato nei campi gorgoglionei
dove era comandante supremo Bumbomachide Clitumistandisarchiche, Nipote di Nettuno?
AR: Mi ricordo. Sì, certo tu parli di quello con le armi d'oro,
le cui legioni hai spazzato via con un soffio,
come il vento spazza le foglie e le pannocchie dei tetti.
PY: E per Polluce questo nemmeno è niente.
AR: Per Ercole, questo neppure è niente
in confronto alle altre cose che dirò... che tu non hai ancora fatto.
Se qualcuno vedrà un uomo più bugiardo di questo
o più borioso di quello là,
mi tengo per sé, io stesso mi darò a lui come schiavo; 
se non per una sola cosa, si mangia (in casa sua) un'insalata di olive dannatamente buona.
PY: Dove stai?
AR: Eccomi, per Polluce, ad esempio
hai spezzato il braccio a un elefante in India in qualche modo.
PY: Che cosa, un braccio?
AR: Volevo dire una gamba.
PY: Eppure lo avevo colpito senza farci caso.
AR: Per Polluce, certamente se ti fossi impegnato
il braccio avrebbe attraversato la pelle, le budella e la bocca.
dell'elefante.
PY: Ma basta, ora.
AR: Per Ercole, neppure vale la pena che tu mi narri le tue qualità, che conosco.
La pancia provoca tutti questi guai:
divoro con le orecchie affinché i denti non crescano e devo dire di sì
qualunque cosa egli menta.
PY: Che stavo dicendo?
AR: Ehm, so già cosa mi vuoi dire, è avvenuto, per Ercole, mi ricordo che è avvenuto
PY: Che cosa?
AR: Qualsiasi cosa...
PY: Hai...
AR: Vuoi chiedere delle tavolette? Ce l'ho, e anche lo stilo.
PY: Adatti con grazia il tuo animo al mio 
AR: È mio dovere comprendere a fondo i tuoi desideri e prendermi cura di subodorare 
quello che vuoi.
PY: E dunque, di cosa di sei ricordato?
AR: Ricordo: centocinquanta in Sicilia, cento in Scizia, trenta a Sardi, sessanta in Macedonia sono gli uomini che tu hai ucciso in un solo giorno.
PY: Quanto fa il totale?
AR: Settemila.
PY: Deve essere una simile quantità: sai far bene i conti.
AR: Ma non ho nulla di scritto: infatti mi ricordo così.
PY: Per Polluce, sei di ottima memoria.
AR: I buoni bocconi esercitano la memoria.
PY: Finché ti comporterai tale quale fino a questo momento, mangerai assiduamente, 
ti farà sempre partecipe della mia mensa.
AR: E poi in Cappadocia, quando tu ne avresti uccisi cinquecento
con un colpo solo se non ti si fosse spuntata la spada.
PY: Ma poiché erano pivelli li ho lasciati vivere.
AR: Perché dirti ciò che tutti i mortali conoscono, cioè che tu Pirgopolinice sei unico, insuperabile
in coraggio e in aspetto e in imprese sulla terra.
Ti amano tutte le donne, e non a torto, tu sei così bello; ad esempio quelle che ieri mi hanno tirato per il mantello.
PY: Che cosa ti hanno detto?
AR: Mi facevano un sacco di domande "È Achille costui?" mi dice una
"Meglio, è suo fratello" dico io. Allora quell'altra
"Per Castore, è davvero bello" mi dice "e distinto. Guarda la folta capigliatura che gli dona.
Sono davvero fortunate quelle che vanno a letto con lui".
PY: Dicevano veramente così?
AR: Non mi hanno tutte e due supplicato
di farti passare oggi, come se tu fossi una processione per di là?
PY: È una vera disgrazia essere belli.
AR: È proprio così.
Sono moleste: pregano, sollecitano, scongiurano
che sia possibile vederti, ti ordinano di venire da loro
cosicché non ti è possibile dedicarti alle tue faccende.
PY: Sembra che sia ora di andare al foro
per pagare il soldo a quei soldati che ho segnato qui nei registri.
Infatti il re Selenio con molta insistenza mi ha pregato
di raccogliere e arruolargli dei soldati mercenari.
Ho stabilito di dedicarmi la giornata di oggi per questo.
AR: Suvvia, andiamo.
PY: Guardie, seguitemi.