Livio - Ab Urbe Condita
Liber VI

I - Motivi di difficoltà per la ricostruzione storica dei primi secoli di Roma

Quae ab condita urbe Roma ad captam eandem Romani sub regibus primum, consulibus deinde ac dictatoribus decemvirisque ac tribunis consularibus gessere, foris bella, domi seditiones, quinque libris exposui, res cum vetustate nimia obscuras uelut quae magno ex intervallo loci vix cernuntur, tum quid rarae per eadem tempora litterae fuere, una custodia fidelis memoriae rerum gestarum, et quod, etiam si quae in commentariis pontificum aliisque publicis privatisque erant monumentis, incensa urbe pleraeque interiere. Clariora deinceps certioraque ab secunda origine velut ab stirpibus laetius feraciusque renatae urbis gesta domi militiaeque exponentur. [...]

Ho esposto in cinque libri le guerre all'esterno e le rivolte all'interno che i Romani fecero dalla fondazione di Roma alla presa della stessa città, dapprima sotto i re, poi sotto i consoli, i dittatori, i decemviri e i tribuni consolari. Gli eventi sono oscuri tanto per l'eccessiva antichità, allo stesso modo di quegli oggetti che a stento si distinguono per la grande distanza, quanto perché in quei tempi le testimonianze scritte, uniche custodi fedeli della storia, erano scarse e brevi, e perché, anche se alcune notizie erano nei commentari dei pontefici e in altri documenti di carattere pubblico e privato, la città fu incendiata e la maggior parte andò perduta. Verranno esposti i successivi avvenimenti più chiari e sicuri in pace e in guerra dalla seconda fondazione, come se da nuove radici la città fosse rimasta con più letizia e ricchezza. [...]

II - Nuovi pericoli minacciano i Romani

Hinc Volsci, veteres hostes, ad exstinguendum nomen Romanum arma ceperant: hinc Etruriae principum ex omnibus populis coniurationem de bello ad fanum Voltumnae factam mercatores adferebant. Novus quoque terror accesserat defectione Latinorum Hernicorumque, qui post pugnam ad lacum Regillum factam per annos prope centum nunquam ambigua fide in amicitia populi Romani fuerant. Itaque cum tanti undique terrores circumstarent appareretque omnibus non odio solum apud hostes sed contemptu etiam inter socios nomen Romanum laborare, placuit eiusdem auspiciis defendi rem publicam cuius reciperata esset dictatoremque dici M. Furium Camillum

[...] Da un lato i Volsci, vecchi nemici, avevano preso le armi per estinguere il nome di Roma: dall'altro i mercanti riferivano di una congiura dei capi dell'Etruria ardita tra tutti i popoli presso il tempio di Voltumna. Anche un nuovo terrore si era agginto con la defezione dei Latini e degli Erni, che dopo la battaglia del lago Regillo per quasi cento anni erano stati in amicizia con il popolo Romano con una fedeltà sempre costante. Poiché da ogni parte circondavano tanti terrori e sembrava opportuno a tutti indebolire il nome di Roma non solo con l'odio presso i nemici ma anche con il disprezzo tra gli alleati, si decise di difendere lo stato con gli ordini di chi l'aveva anche salvato e di nominare dittatore Marco Furio Camillo. [...]