Livio - Ab Urbe Condita
Liber XXXI

I - Avvio alla narrazione della conquista della Grecia e dell'Oriente

Me quoque iuvat, velut ipse in parte laboris ac periculi fuerim, ad finem belli Punici pervenisse. nam etsi profiteri ausum perscripturum res omnes Romanas in partibus singulis tanti operis fatigari minime conveniat, tamen, cum in mentem venit tres et sexaginta annos--tot enim sunt a primo Punico ad secundum bellum finitum - aeque multa volumina occupasse mihi quam occupaverint quadringenti duodenonaginta anni a condita urbe ad Ap. Claudium consulem, qui primum bellum Carthaginiensibus intulit, iam provideo animo, velut qui proximis litori vadis inducti mare pedibus ingrediuntur, quidquid progredior, in vastiorem me altitudinem ac velut profundum invehi et crescere paene opus, quod prima quaeque perficiendo minui videbatur. [...]

È una gioia anche per me, come se ne avessi condiviso i travagli e i pericoli, essere giunto alla fine della guerra punica. Infatti anche se si addice pochissimo a chi ha osato dichiarare di voler scrivere tutta la storia di Roma sentirsi stanco nelle singole parti di una tanto grande trattazione, tuttavia, quando mi viene in mente che 63 anni - tanti infatti sono dalla prima guerra punica alla fine della seconda - mi hanno occupato tanti volumi quanti ne hanno occupati (all'inizio) 488 anni dalla fondazione di Roma al consolato di Appio Claudio, che per primo portò la guerra ai Cartaginesi, ormai ho l'impressione, similmente a quelli che avanzano nei guadi vicini alla spiaggia coprendo a piedi il mare, quanto più mi inoltro, di essere trasportato in una assai vasta profondità e come in un abisso, e che quasi l'opera cresca, che conducendo a termine ciascuna delle prime parti sembrava diminuire. [...]